Giuliano AMATO - Presidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
XI Legislatura - Assemblea n. 155 - seduta del 16-03-1993
Concernenti la moralizzazione della vita pubblica
1993 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 155
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , in un momento così gravido di tensioni e di rischi di autentica disgregazione, questo dibattito offre in realtà alcuni elementi di fiducia che ritengo mio dovere sottolineare in partenza. credo che le mozioni parlamentari — i documenti con i quali i vari gruppi definiscono i loro indirizzi e le loro proposte — abbiano un valore, un profondo valore politico, spesso misconosciuto dalla cronaca, che tende ad ignorare questi documenti e ad attribuire maggior peso alle battute di quello di noi che passa nel corridoio accanto. in realtà, il profondo della politica non è fatto da quelle battute, bensì da ciò che matura nei singoli gruppi parlamentari , che riflette, diversamente da quelle battute, l' opinione di tutti voi che vi radunate in assemblee, che discutete, che raccogliete poi un precipitato di ciò che voi sentite, di ciò che voi valutate. le mozioni con le quali e sulle quali questo dibattito è stato aperto sono, appunto, il frutto di tale più ponderata e meditata politica. ebbene, se si leggono i documenti in questione, ci si accorge — ci piaccia o no — che gli stessi prospettano una netta bipartizione: da una parte, coloro che mettono a fuoco la critica al Governo e alle misure da esso adottate come tema centrale, in qualche caso addirittura quasi esclusivo, e dall' altra coloro che , al di là di ciò e a prescindere da ciò, mettono a fuoco (e si capisce che questo è il loro asse centrale e principale) un insieme di indirizzi e di proposte per il futuro, un' indicazione di riforme necessarie. ebbene, sono da questa parte — lo si trae dalla lettura del fascicolo parlamentare che raccoglie le mozioni — non soltanto i gruppi della maggioranza che ha dato la sua fiducia al Governo, ma anche gli altri, in primo luogo il gruppo repubblicano, il gruppo del Pds e lo stesso gruppo per il quale parla Pannella e che io non riesco mai a capire con quale nome debba essere chiamato: federalista europeo, radicale, Pannella... federalista europeo! chiedo scusa! ma non vi è solo questo; vi è anche, nell' insieme, una rilevante assonanza nelle riforme proposte, nella tastiera alla quale si vuole far ricorso. registro questo come un fatto politico: tale è e tale va considerato. non ne ricavo più di quanto esso possa esprimere, ma sbaglierei se non sottolineassi ciò che esso oggettivamente, comunque, esprime: un linguaggio comune, una comune consapevolezza che questa nostra Repubblica in difficoltà la possiamo salvare soltanto trasformandola, e trasformandola non con i traumi, ma con una efficace azione di riforma (salvo, poi, confrontarci e misurarci sul merito delle singole riforme). ed entro allora nel merito, proprio perché dobbiamo essere certi che determinati temi di riforma sono per noi la necessaria e forse limitata e parziale esemplificazione di un cambiamento che modifichi in profondità assetti, abitudini, radici di rapporti collusivi che non si estinguono colpendone soltanto le punte. è il cambiamento — mi sia consentito di dirlo e, in qualche modo, di rivendicarlo — che il mio Governo ritenne di avviare quando iniziò a recidere i rapporti fra i partiti e le partecipazioni statali e quando impostò, nella riforma sanitaria , un governo delle unità sanitarie locali affidato a tecnici, scelti con concorsi, e non ad altri. è parso a lungo un eccesso da linguaggio oppositorio che si parlasse, al riguardo e in relazione a queste aree, di un sistema di potere. onestà vuole che, di fronte a quanto sta emergendo, si ammetta che di ciò, invece, può essersi trattato. non è chiaro chi ne abbia fatto parte, quanti ne abbiano profittato e quanti siano stati i sistemi di potere e se sia giusto parlarne al singolare o se non sia invece più giusto parlarne al plurale. qualcosa, però, che rende questo linguaggio pertinente, onestà vuole che si ammetta, a questo punto (difficile e cieco sarebbe non ammetterlo), vi sia stato. per tale motivo, cambiamento dovrà anche significare rinnovamento profondo non soltanto di regole, ma anche di personale politico. ma ciò che va rincorso e ciò che va rimosso non sono soltanto gli ultimi strati. se vogliamo — come molti interventi hanno dimostrato di volere — arrivare alle radici di quella che chiamiamo questione morale , allora è una lunga storia d' Italia che ci torna davanti, quando affrontiamo temi di questa natura: è la storia di una nazione che nasce non trainata da un forte ceto industriale, ma con un ceto industriale debole che instaura presto con lo Stato un rapporto fatto di ausili, collusioni, concessioni a poco prezzo, commesse precostituite. uno Stato nel quale l' amministrazione non nasce neutrale, nel quale l' impresa non è avvezza al mercato nel quale l' incontro tra pubblico e privato non è l' incontro tra l' arbitro e un giocatore, ma tra due giocatori. e si creano così le avventure comuni, si creano i rapporti che non sono fra Stato ed industria...... ma tra uomini che stanno nello Stato e uomini che stanno nell' industria. è uno Stato nel quale l' opposizione è a lungo guidata da filosofie che non vogliono lo Stato regolatore, ma lo Stato gestore in nome di interessi superiori. e ci vorrà una lunga maturazione perché questa opposizione arrivi ad ammettere, in principio, che il ruolo dello Stato è quello di regolare. in tal senso (mi sia consentito notarlo, perché queste sono cose che sfuggono, così come sfugge in genere ciò che si scrive nei documenti), è di particolare importanza che tra le misure indicate ai fini del risanamento e della questione morale vi sia, nel documento presentato dal gruppo del Pds, l' indicazione dell' abolizione dell' intervento straordinario nel Mezzogiorno. ritrovo qui una radice. probabilmente non sbaglio se faccio il nome di Michele Salvati come ispiratore di tale indicazione, della quale capisco il senso. è la storia di un paese dove lo Stato è debole e dove riemerge in ciascun settore la forza delle corporazioni, dove in luogo della legalità repubblicana esiste la legalità che ciascuna categoria dà a se stessa ; ed esistono perciò tante legalità che finiscono per patteggiare tra di loro, dentro o fuori la legge della Repubblica. a ciascuno il suo, che ciascuno tratta per sé. e ciascuno lo tratta spesso attraverso mandarinati eterni, sottratti a verifica e ad elezioni, che si avvezzano al negoziato e non alla sottoposizione di ognuno alla legge. i tempi sono maturi per cambiare tutto questo, se il nostro paese deve realmente cambiare. è l' ingresso in Europa (lo diciamo molte volte) che ce lo chiede, e chiede a tutti voi, colleghi parlamentari, il coraggio e la responsabilità di far assumere e riassumere al Parlamento responsabilità che sono sue. è infatti responsabilità del Parlamento creare e mantenere la supremazia della legge nei confronti di tutte le categorie, quali che esse siano. è vero che la Costituzione della Repubblica è stata tradita, e lo è stata nella sua prima regola, che anche con eccesso ha diffuso nella disciplina dei vari campi: la regola della riserva di legge . il giudice è soggetto alla legge, la libertà di pensiero è regolata dalla legge, il diritto alla salute è regolato dalla legge. e appartiene alla storia deformata di questo paese che il magistrato sia regolato da se stesso ... che il sistema dell' informazione... splendido argomento! dicevo, che il sistema dell' informazione sia regolato dagli informatori. trovano il loro significato, in quest' ottica ed in questo orizzonte, le riforme di cui qui si è parlato e su cui ora brevemente intendo soffermarmi. la riforma che è proposta da più mozioni e per la quale il Governo è già intervenuto riguarda la restaurazione di una più forte legalità nell' azione amministrativa . trovo consenso nelle mozioni parlamentari intorno all' iniziativa rafforzata del Governo, un decreto legge , per l' istituzione delle procure regionali della Corte dei conti e per l' attribuzione ad esse di un' azione diretta al giudice amministrativo, a tutela dell' interesse oggettivo, e legittimo all' imparzialità e alla legalità dell' azione amministrativa . ovviamente, anche questa è destinata a suscitare critiche e di fronte a questa invoco nuovamente il senso di responsabilità del Parlamento, come tutore della legalità repubblicana e non come cassa di risonanza delle resistenze corporative di questo o quel corpo dello Stato, perché di ciò assai spesso si tratta quando misure di tale natura vengono sottoposte a critiche. intanto, sgombriamo subito il campo da un' osservazione rumorosamente ripresa dai quotidiani nella giornata di ieri in ordine all' effetto di una disposizione contenuta nel decreto del Governo circa i termini di prescrizione dell' azione di responsabilità davanti alla Corte dei conti . voglio ricordare che la disposizione che abbiamo introdotto in quel decreto non fa che estendere a tutti la norma-principio che il Parlamento intese scrivere nel 1990 con l' articolo della legge numero 142...... quando questo Parlamento ritenne fosse eccessivamente dura la previsione della lunghissima prescrizione, con seguito addirittura nei confronti degli eredi, dell' azione di responsabilità davanti alla Corte dei conti e stabilì quindi di introdurre un termine quinquennale. questo portò i soggetti pubblici non coperti da quella norma ad agire davanti alla Corte costituzionale per sottolineare la disparità di trattamento ed anche per chiarire incertezze circa il dies a quo del nuovo termine di prescrizione. un' ordinanza della Corte costituzionale , firmata fra l' altro dall' attuale presidente della Corte, il professor Casavola, chiarì già nel 1992 che il nuovo termine quinquennale non va all' indietro, ma decorre dall' entrata in vigore della legge, da quel momento in poi. e la Corte ha tuttora davanti, come questione, quella della disparità di trattamento in ordine all' applicazione di tale termine. il nostro decreto ha esteso a fattispecie a cui ancora non era arrivata la normativa introdotta dal Parlamento, intendendo quella volta — io ritengo — introdurre una norma-principio. quanto al fatto che le funzioni di Pubblico ministero siano qui attribuite alla procura regionale della Corte dei conti , anziché a qualcuno che stia dentro il Consiglio di Stato , questo francamente appartiene a ciò su cui questo Parlamento ha il diritto dovere di governare e non di essere governato. e se qualcuno dice che l' articolo 108 della Costituzione impone che i pubblici ministeri siano costituiti presso le giurisdizioni dove operano, questo qualcuno fa solo una lettura interessata della Costituzione, che in tale articolo si presta anche ad altre letture. è stata poi manifestata da parte vostra (ed anche su questo il Governo è d' accordo) l' esigenza di rendere più trasparente la situazione reddituale e patrimoniale di noi parlamentari e di altri soggetti pubblici. è un tema che ricorre nelle mozioni, è un tema sul quale anche il Governo era intervenuto, e rimane in piedi la sua proposta, pur se in diversa forma, perché è vero — l' ho detto al Senato e lo ripeto qui — che è fondamentalmente ridicolo che se noi non facciamo la nostra dichiarazione reddituale e patrimoniale l' unica sanzione a cui andiamo incontro è che il presidente ne dia notizia all' Assemblea. il Governo ha proposto di sostituire questa blanda sanzione con la previsione che in tale caso, cioè nel caso di omessa dichiarazione da parte nostra, sia la Guardia di Finanza a provvedere andando a verificare i redditi e i patrimoni di quel ciascuno di noi che ha omesso questo adempimento. e il Governo ha altresì proposto (e la proposta pende davanti a voi) che le nostre dichiarazioni, anziché giacere, come spesso accade per quelle che non rientrano nelle categorie sorteggiate, siano, a prescindere dai sorteggi, tutti gli anni sottoposte con priorità alla verifica degli uffici finanziari. spero che questo applauso venga anche dopo che la Guardia di Finanza è passata. ho notato che c' è un grande interesse anche per la questione, che io considero rilevante e importante, dei codici deontologici. questi infatti, al di là delle norme di legge, colgono un punto importante dei rapporti che ciascun amministratore o figura pubblica può e deve intrattenere con i titolari di interessi che hanno in quanto tali relazioni con la Pubblica Amministrazione o con le istituzioni. è anche attraverso i codici deontologici che si rompe e si interrompe quel tipo di rapporto interprivato tra i giocatori che ha sostituito e prevenuto in Italia, troppo spesso, il rapporto tra arbitro e giocatore, quale deve essere quello che intercorre tra pubblico e privato. sono convinto anch' io, come viene scritto in diverse delle mozioni presentate, che codici deontologici siano necessari tanto per le figure parlamentari quanto per le figure che stanno nell' amministrazione. proprio per questo ho già preso contatto con i presidenti delle Camere perché si dia vita ad una commissione interistituzionale che ne elabori il ceppo comune per tutte le figure, rimettendo poi i congegni sanzionatoli ai rispettivi ordinamenti. e ho anche pregato il presidente della Commissione antimafia di approfondire un lavoro (sapevo che già c' era stato un inizio in tal senso) per identificare i criteri-guida rispetto ad un problema che è — ahimè! — più italiano che di altri, e cioè quello del codice deontologico per il politico e l' amministratore che opera in aree a maggior rischio di interferenza della criminalità organizzata e delle tipologie di comportamento che possano interessare quest' area. il presidente della Commissione antimafia ha accolto di buon grado l' invito ad avviarsi lungo questa strada. c' è il tema del finanziamento della politica, sul quale una risposta, dopo il referendum, a questo punto è chiaro che dovrà essere trovata... e per il quale non è evidentemente possibile ignorare che discipline che si adottano per il futuro non possono non avere una ripercussione sulle discipline attinenti al passato... ed esiste il problema, che il collega Ayala ha testé evocato, della cosiddetta soluzione politica, intesa questa come necessario contemperamento che il Parlamento dovrà trovare tra le inestinguibili esigenze di giustizia e la necessità che questo paese ha, come ogni paese non potrebbe non avere, di vivere il suo futuro attraverso il lavoro e non attraverso una lunga e defatigante stagione di infiniti processi. su questo sarà il Parlamento a dover rispondere. io mi limito a fare una osservazione. in assenza di una risposta diversa da quella che oggi proviene dalle leggi vigenti, colui il quale oggi, in base alla legge vigente, viene perseguito per illecito finanziamento di partito, ai sensi dell'articolo 7 della vigente legge sul finanziamento dei partiti, va incontro alla possibilità, largamente maggioritaria direi, in base — ripeto — alle leggi vigenti, di poter patteggiare una pena inferiore ai due anni e di avere la sospensione condizionale, non soltanto per la pena principale, ma per tutte le pene accessorie. vale a dire che ha la possibilità di rimanere fondamentalmente dov' è. questa è la situazione quale risulta dal combinato disposto tra la legge vigente sui partiti e l' attuale codice di procedura penale . certo, ha ragione chi dice che vi è una connessione tra la soluzione politica e la nuova legge elettorale . anch' io ritengo che parte cruciale ed essenziale di questa soluzione politica sia una legge elettorale che favorisca il ricambio, e che favorisca però la possibilità in questo Parlamento di avere una maggioranza e di avere un Governo! è per questo... è perciò, come dicevo, la nuova legge elettorale una parte cruciale del tema che si chiama soluzione politica. non è del resto casuale che un documento predisposto dalle colleghe di tutti i gruppi presenti in quest' Aula, proprio questo indichi come primo punto; perché è probabilmente in questo il segno e lo strumento principale per realizzare il cambiamento di cui c' è bisogno. vorrei esprimere su questo un' opinione personale, che non riflette quella del Governo — che non ha maturato opinioni sulla legge elettorale — ma che ritengo di dovervi esporre, con l' occhio di chi guarda al futuro Parlamento come ad un Parlamento di cui non farà parte e che osserverà dall' esterno. la soddisfazione è reciproca, cari colleghi , per quanto mi riguarda! onorevoli colleghi , forse se vi accomodate vi trattengo ancora per pochi minuti. mi sento più a mio agio se siete seduti. volevo soltanto offrirvi una riflessione personale sulle caratteristiche del sistema elettorale al quale si sta pensando. vedo con personale interesse e con piacere che ci si sta vieppiù orientando verso un sistema nel quale la correzione proporzionale diminuisce, andando nella direzione, il che è utile se abbiamo bisogno — e ne abbiamo bisogno — di nuove formazioni politiche , di un' ipotesi... ci si avvia verso un' ipotesi tendenzialmente maggioritaria; probabilmente, a quanto capisco, verso un sistema maggioritario a due turni. voglio però segnalarvi, poiché si tratta di un argomento molto presente nelle discussioni sul sistema elettorale fino a qualche tempo fa (che è scivolato dall' attenzione negli ultimi tempi), che 630 collegi uninominali sono veramente molto, molto piccoli. sono praticamente un terzo dei collegi senatoriali esistenti. è possibile ad un sistema politico , sia pure in trasformazione, sostenere contemporaneamente la trasformazione dei suoi partiti politici e delle sue forze politiche e la scelta per l' eligendo di un serbatoio elettorale così piccolo? quando si parla di questo con i colleghi inglesi, essi dicono che la forza del loro sistema sta nel fatto che in collegi piccoli (hanno infatti collegi altrettanto piccoli quanto sarebbero i nostri per 630 deputati) il candidato ha prospettive in quanto è laburista o conservatore,...... in quanto cioè vi è una forte tenuta della forza politica e della lealtà politica, tradizionale in quel sistema. in una fase in cui noi andremo alle elezioni con realtà politiche assai più labili e deboli, perché nasceranno nuove forze e nuovi aggregati, il rischio di una straordinaria iniezione di localismi, non più riconducibili a realtà generali in questa Aula, diventa fortissimo. cari colleghi , il sistema maggioritario presuppone il dimezzamento della Camera dei Deputati , diciamolo con chiarezza... anche se l' argomento è molto scomodo! è questo ciò che è necessario fare. prima se ne parlava, oggi non se ne parla più. qualunque osservatore straniero del Parlamento italiano nota come questo sia il bicameralismo più paritario che esista al mondo. non vi sono al mondo un Senato ed una Camera che esercitino poteri così identici. come è stato possibile al Senato in cinquant' anni esercitare i suoi poteri con 315 componenti, mentre la Camera per gli stessi poteri ne deve avere 630?! evidentemente in questa Camera vi sono 315 persone di cui la Camera potrebbe fare a meno! non so di chi, esattamente, ma è indiscutibile che si tratta di un argomento difficile da valicare. mi sono permesso di sottoporvelo molto sommessamente (è un' opinione non del presidente del Consiglio , ma di una persona che ha la ventura di parlare da questo luogo). ritengo che, se arrivassimo a riproporre l' argomento della riduzione del numero dei deputati, esso sarebbe molto più apprezzato di tante altre cose per le quali si cerca di farsi apprezzare.