Emma BONINO - Deputato Opposizione
XI Legislatura - Assemblea n. 15 - seduta del 03-07-1992
1992 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 15
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , colleghi, signor presidente del Consiglio , è un po' difficile, anche se non l' avevo previsto, resistere a fornire alcune risposte che mi urgono dentro rispetto all' intervento che ha preceduto il mio. d' altronde , non siamo nuovi, perché ci confrontiamo su questo tema dal 1975, quando il collega Carlo Casini , allora magistrato, in base alle leggi allora vigenti (quindi giustamente) decretò il mio arresto. è un dialogo che dura da molto tempo. credo che il collega Casini forse alcune volte dimentica di non essere il solo paladino contro l' aborto e che noi ci siamo mossi innanzitutto contro l' aborto clandestino . finché l' aborto è stato clandestino, fino al 1978, nessuno se ne occupava: la clandestinità unita all' ipocrisia andava bene a tutti, proprio a tutti. forse questo bisogna ricordare in quest' Aula; forse bisogna anche ricordare che la legge numero 194 è nata da un compromesso dell' allora Pci con la Democrazia Cristiana semplicemente per evitare un referendum in cui forse i cittadini avrebbero potuto esprimersi più liberamente. io definii questo compromesso un pateracchio, perché questa legge è un obbrobrio giuridico, non stabilendo se l' aborto sia un reato o meno, bensì che l' aborto compiuto con certe procedure ed in certe situazioni, dicasi negli ospedali pubblici, è sostanzialmente perdonato e non perseguibile, mentre se lo stesso intervento sanitario invece che all' ospedale San Camillo è eseguito in via della Camilluccia 132, costituisce un reato. è come se uno stabilisse che il furto alla Banca nazionale del lavoro è reato e quello alla cassa di risparmio no. questo è l' obbrobrio giuridico da cui nasce questa legge, il compromesso di fondo. giustamente il collega Casini dice: per favore, il Governo non si occupi delle coscienze dei cittadini. giustamente, perché è un appello alla laicità dello Stato e del Governo che io rivolgo. ma in fondo l' aborto è l' unico intervento sanitario che non segue il doppio binario di tutta la nostra struttura sanitaria, cioè il pubblico e il privato. ha un canale unico, cioè quello dell' ente pubblico, con tutte le distorsioni del caso. tornerò dopo su questa vicenda, ma mi premeva chiarire alcuni aspetti. noi eravamo quelli che nel 1972 in piazza San Pietro con un grande striscione dicevamo « no all' aborto clandestino , sì alla pillola » . è vero che vi è sempre il cammino dell' astinenza, perché nessuno lo vieta a chi se la sente di seguirlo, però mi pare non popolarissimo, o comunque non imponibile. allora, cari colleghi , le strade sono di nuovo poche perché occorre un sistema informativo , di prevenzione e contraccettivo che invece manca, perché lo stesso ministro sostanzialmente dice che altre parti della legge, ivi comprese quelle sui consultori, non sono state applicate. francamente, non ci addebiti questa responsabilità, ministro Bompiani, perché mi pare che non abbiamo mai avuto responsabilità di Governo, né prima né oggi. perché non si mettono in piedi strumenti di prevenzione? uno si stufa anche di dirlo, ma abortire non è un piacere per nessuno (anche se vi saranno eccezioni). se lei, signor ministro, come leggo sulla stampa, divide le donne in donne pie che non pongono problemi e tossicodipendenti, come se in mezzo non vi fossero le altre — spero che non l' abbia realmente detto; ma questo è quanto ho letto — , uno si sente poco cittadino italiano, perché pia non sono e tossicodipendente neanche, se non dalle sigarette: mi chiedo quindi se ho diritto di cittadinanza...! è vero che possiamo tornare a dialogare, ma mi rifiuto di credere che l' unico diritto riconosciuto debba essere quello dello zigote. mi rifiuto di credere che milioni di donne italiane — che poi sono le vostre mogli, le vostre madri, le vostre figlie e sorelle, che sono persone perbene — non abbiano coscienza e responsabilità. questo è ridicolo. la legge numero 194 stabilisce persino che è più responsabile il medico! sono cose dell'altro mondo ! questo è il « papocchio » che fu concepito nel 1978 per evitare il referendum e adesso ne subiamo tutte le conseguenze. non sostengo che un dialogo non si debba riaprire, se mai è stato chiuso, ma non bisogna attribuire ad altri posizioni ideologiche che in assoluto non hanno. la mia opinione, molto semplicemente, è che di fronte a qualunque fenomeno sociale, sia esso l' aborto clandestino , la droga, l' emigrazione o l' immigrazione di massa, la proibizione è sempre fallita. sostengo che i fenomeni sociali vanno governati e che la pura repressione non ha mai dato alcun esito, se non catastrofico. i fenomeni sociali, ripeto, vanno regolamentati. il paragone con la droga mi pare evidente. sono molto legata, signor ministro, ad un principio sicuramente liberale secondo il quale non esiste crimine se non vi è la vittima. per quanto riguarda il consumo di droga, per esempio, mi chiedo come sia possibile criminalizzare un comportamento individuale se si tratta di hashish e non, invece, se si tratta di alcool. ma da dove nasce questa cultura dell' obbrobrio? da dove nasce questa cultura della repressione e della penalizzazione per governare i fenomeni sociali? nulla vieta, anzi sono da auspicare, campagne di informazione e di dissuasione; non ritengo affatto che la cultura della droga faccia bene alla salute, sostengo semplicemente che bisogna stabilire fino a dove arriva il controllo dello Stato e dove comincia la libertà individuale. in tal senso, gli slabbramenti e le incursioni in questi anni hanno dato vita a mostri giuridici, come se davvero lo Stato dovesse imporre la quantità di burro da mangiare per non elevare il tasso di colesterolo attraverso una legge penale. ho fatto questa digressione che non avevo previsto se non, forse, nella parte finale del mio intervento, perché vi è un altro aspetto che mi preoccupa molto. inanzitutto, per essere chiara, vorrei ribadire che nessuno sostiene che l' aborto sia bello. siamo partiti per combattere la piaga dell' aborto clandestino che veniva praticato nell' indifferenza ipocrita di tutti; siamo arrivati a parlare di prevenzione (ma assai poco in questo campo è stato fatto) per poi lasciare la decisione alla coscienza ed alla responsabilità individuale. non vi è altra strada. questo discorso mi mette a disagio perché quando ci si occupa di bambini nati, magari un po' gialli o un po' africani, quando si tratta di vita umana in Bosnia o in Croazia, questo afflato e questa passione francamente vengono un po' meno. non parlo in termini individuali, perché non stiamo facendo riferimenti personali, ma in termini politici. dico cioè che l' afflato, sotto il profilo politico, viene un po' meno di fronte a questi casi. la collega Fronza Crepaz ha espresso un concetto che mi trova consenziente. mi riferisco a quanto ha detto in merito alla ricerca di un valore diverso da quello rappresentato dall' avere il conto in banca (possibilmente in Svizzera, perché è più fine!) o dall' ispirarsi ad un becero consumismo. la collega Fronza ha identificato tale valore nella famiglia. pur considerando un po' azzardata tale identificazione, condivido l' orientamento volto a dimostrare che senza valori, senza speranze, senza grandi progetti non è pensabile proporre una politica né è possibile conferire una qualsiasi legittimazione ad organizzazioni politiche o di partito. devo dire che mi sento poco rappresentata dai grandi discorsi sulla famiglia, probabilmente perché ho scelto un tipo di famiglia diverso da quello tradizionale o semplicemente perché credo di perseguire, sia pure con passione laica, alcuni valori precisi. certo, si è mogli, madri, fratelli, sorelle, anziani, giovani ma, prima di tutto, si è cittadini e cittadine di questo paese, titolari di alcuni diritti ma anche di doveri e responsabilità. è questo il fulcro del mio ragionamento. in sostanza, va considerato l' individuo con i suoi diritti ed i suoi doveri, che poi può aggregarsi ed organizzarsi in famiglia, da solo o in un diverso tipo di famiglia. è questo il punto fondamentale che ritengo debba essere posto al centro dell' attenzione. non mi sento quindi di esprimere alcuna opposizione ideologica nei confronti di chi sceglie un certo tipo di organizzazione dei propri affetti e, quindi, di responsabilità, se è vero che amare vuol dire essere responsabili non solo di se stessi ma anche di altri. nessuna opposizione ideologica dunque per chi ha scelto un certo modo di organizzare se stesso ed i propri affetti. chiedo tuttavia altrettanta tolleranza e rispetto nei confronti di chi sceglie di organizzarsi in modo diverso e che non per questo diventa portatore di valori « minori » né meno pio (nel senso della pietas latina). non vale il discorso: o pio o tossicodipendente! mi sembra francamente che simili posizioni siano infelici... esaurita questa digressione, signor presidente del Consiglio , mi avvio a trattare due questioni affrontate nelle dichiarazioni programmatiche , evitando qualsiasi riferimento al problema delle tangenti perché mi sembra che il mormorio, il vocìo o, se si preferisce, il frastuono ed il fracasso siano già consistenti. non intendo inoltre richiamare la questione delle riforme istituzionali o elettorali. mi limito a far presente che presso gli organismi competenti sono depositate richieste di referendum che, una volta tanto, sarebbe bene svolgere, evitando papocchi prematuri e cercando di non essere terrorizzati dal giudizio che i cittadini potranno esprimere attraverso il responso delle urne. mi riferisco, in particolare, al referendum sul finanziamento dei partiti, promosso solo dalla nostra parte politica . sarebbe bene garantire lo svolgimento di questo referendum prima ancora di pensare a riforme strane dei partiti, ad autoriforme, a partiti più o meno « leggeri » . penso a quelli che si sono addormentati ieri da partitocratici e si sono svegliati questa mattina da Savonarola... io non ho l' animo del giustiziere! credo però che una campagna referendaria che consenta lo svolgimento di un dibattito vero, in particolare sul finanziamento pubblico ai partiti, possa facilitare un minimo di riflessione su dove vogliamo andare a parare. ricordo che quando noi radicali, all' inizio degli anni Ottanta , inventammo la parola « partitocrazia » questa sembrava una parolaccia, non la usava nessuno! certo, essa non compariva sul vocabolario, ed ha anche un brutto suono: direi che è un po' cacofonica, ma visto ciò che sottintende è giusto che sia tale! della parola « partitocrazia » ! poi è diventata molto di moda. successivamente, è emersa una certa frenesia di riforme, da quella dei partiti a quelle delle istituzioni. per anni non si è parlato di tali questioni a poi è venuto un periodo in cui ogni mattina, scorrendo i giornali, si trovavano innovazioni, proposte di riforma e via dicendo. la crisi della politica è sicuramente crisi delle istituzioni, certamente della « forma partito » , ma è anche una crisi di valori proprio all' interno dei partiti. signor presidente del Consiglio , se noi decidessimo di adottare il sistema uninominale secco all' inglese (e certo sarebbe un successo, una rivoluzione per il nostro paese) e i due schieramenti contrapposti non fossero portatori di speranze, di progetti antitetici, il cambiamento risulterebbe allora inutile. ritengo, infatti, che senza grandi ideali e grandi speranze non si possa andare da nessuna parte! qualcuno si è stupito per il fatto che il 9 aprile i conservatori inglesi abbiano vinto per la terza volta le elezioni. in realtà, ciò è abbastanza comprensibile se solo si consideri che oggi gli schieramenti conservatore e laburista hanno differenze che sono francamente poco evidenti. nella Francia mitterrandiana, per favorire la partecipazione della gente alle urne si è addirittura inventato lo spauracchio Le Pen ; altrimenti, non si era in grado di comprendere chi si sarebbe andati a votare. tuttavia, signor presidente del Consiglio , questo virus non è diffuso soltanto nelle società ricche e un po' adagiate sul fatto che la democrazia rappresenti un valore di per sé, che esiste comunque e che non deve essere difeso ogni giorno (infatti, se si dà per scontata la sua esistenza, una mattina ci si sveglia e ci si trova in piena partitocrazia, perché non si è prestata molta attenzione a una serie di meccanismi). ma esso si è diffuso anche in Africa, ha caratterizzato il nuovo processo democratico africano. in Burkina Faso , dove la partecipazione al referendum per l' uscita dalla dittatura aveva raggiunto la percentuale dell' 87 per cento , l' anno dopo, alle elezioni politiche , solo il 30 per cento ha votato! lo stesso discorso vale per tanti altri paesi come, ad esempio, la Mauritania e gli stessi USA, è inutile che glielo ricordi. perché si verifica tutto questo? perché se la politica e la forma di organizzazione politica che la governa, vale a dire il sistema dei partiti, si riducono a semplici comitati d' affari (spesso, si tratta di comitati d' affari sporchi, perché per fare gli affari puliti è inutile avere un partito), tutto questo è certamente poco galvanizzante, poco appassionante! se, poi, si arriva addirittura agli inviti « ad andare al mare » , che certo non sono un buon viatico, invece di partecipare ad un referendum,...! signor presidente del Consiglio , onorevoli colleghi , diciamocelo chiaramente: oggi la politica si vivacizza soltanto o attraverso falsi dibattiti televisivi, oppure attraverso trasmissioni come quella cui tempo fa ho avuto modo di assistere su Raiuno (mi riferisco alla trasmissione « droga: che fare? » , che — lo dico per chi non avesse avuto modo di assistervi — era veramente incredibile!). certamente, noi saremo un po' pazzi, ma su tematiche come quelle della droga siamo portatori di una posizione che ha una sua ragionevolezza, che non è semplicemente legata a noi, ma sta avanzando anche in altri mondi. e la televisione di Stato realizza una trasmissione di due ore, nel corso della quale ritiene di proporre un solo punto di vista . onorevoli colleghi , ma la democrazia si basa sul contraddittorio! essa non consiste nell' addormentare le coscienze e l' informazione deve procurare l' opinione: ricordo che, ad avviso di Sciascia, noi siamo in una situazione in cui l' informazione non crea opinione! e, infatti, oggi cosa accade? oggi avviene, infatti, che tutti si sentono vivacizzati dalla storia delle tangenti ed ognuno aspetta nuovi elenchi dai telegiornali della sera. ebbene, tutto ciò non crea opinione, né rivolta democratica, ma allarga semplicemente il mugugno e persino un senso di invidia generalizzata, essendovi chi è invidioso di chi è stato più furbo di lui. bisognerebbe, invece, effettuare un serio dibattito sul sistema di finanziamento dei partiti. ne vogliamo discutere o facciamo tutti finta di non sapere nulla, fino al punto che responsabili e dirigenti di partito, si svegliano una mattina e scoprono di non conoscere il bilancio del proprio partito, di non aver fatto mai il conto di quanti funzionari vi lavorino, di quanto vengano pagati e di quanto provenga dal finanziamento pubblico? vengono quindi al pettine alcuni nodi. noi siamo forse l' unica formazione politica che, contrariamente agli schemi tradizionali, ha sempre posto al centro dei suoi congressi non il problema della linea o del quadro politico , ma il bilancio del partito. siamo stati gli unici ad affermare quasi ogni anno di non potercela fare, sostenendo: « non ce la si fa, non è possibile, chiudiamo! » . questo non perché siamo degli spreconi. e se noi non siamo degli spreconi e gli altri non si pongono il problema, allora qualche conto non quadra. torniamo quindi a parlare di servizi alla politica, non di soldi. in democrazia il servizio alla politica si identifica esattamente con l' informazione: non si tratta infatti né delle clientele, né delle reti, né dei funzionari, né degli organismi parastatali che oggi i partiti sono diventati, ma dell' informazione. un partito esiste nel momento in cui la sua proposta politica viene conosciuta. essa può essere successivamente rifiutata o anche svillaneggiata, ma intanto deve essere conosciuta. il nodo è quello dell' informazione, quello della Rai-TV. noi saremo pure degli eccessivi — è una nostra caratteristica, succede — a distanza di anni, però, messo in piedi un centro di ascolto, raccolti dei dati, si scopre che tanto eccessivi non eravamo. si scopre che in partitocrazia non è più necessaria la violenza fisica, ma bastano il silenzio e la censura a risolvere qualsiasi problema. noi passiamo oggi come quelli che vogliono la droga libera, possibilmente agli angoli delle strade e, perché no, all' asilo nido . ebbene, signor presidente del Consiglio , mi consenta di dire che questa è una violazione, non dell' immagine (di cui non mi importa nulla), ma dell' identità di una proposta politica, che in questi termini non ci appartiene. qual è il risarcimento possibile, in termini politici, questa ferita gravissima dell' identità politica di una formazione? non ci sono strumenti utilizzabili in tal senso: non v' è magistratura, non v' è nulla! per chi non si rassegna e non vuole essere complice di questo stato di cose , restano certo aperte poche strade. ho voluto ricordare alcune questioni che toccano noi radicali per parlarle, signor presidente , di quello che in politichese verrebbe definito il quadro politico che si è venuto determinando per questo Governo. non voglio parlare a nome di altri, parlo per la mia forza politica nel rilevare che sicuramente, signor presidente del Consiglio , lei non ha cercato convergenze altre che il quadripartito. non le ha cercate. ma soprattutto e, per quanto ci riguarda, innanzitutto, lei non ha preso in considerazione neppure disponibilità ufficialmente espresse. è attuazione dell' articolo 92 della Costituzione? può darsi. è obbedienza a diktat esterni? può darsi. ma quello che mi interessa — lo dico senza iattanza, ma anche con molta concretezza, perché credo che la mia storia politica non possa dare adito a dubbi né a lei né a chi ci ascolta da Radio Radicale sul fatto che, magari, stessi cercando di ottenere qualche poltroncina — è che lei, e sicuramente il paese, avrebbe tratto utilità dal patrimonio di quello che siamo (non dai numeri, come lei può immaginare). avrebbe tratto utilità da chi ha saputo, pure nei piccoli numeri — i duemila iscritti in Italia, senza consiglieri comunali, provinciali o regionali e senza funzionari di partito, proporre a questo paese leggi di Governo dei fenomeni sociali. lei ha pensato e ritenuto — forse per presunzione, non lo so — di poter fare a meno di tale patrimonio. io credo sia stato un errore. certo, come lei può immaginare, per quanto ci riguarda questo è più comodo. ma, semplicemente, le posizioni comode o scontate non ci sono mai appartenute: avremmo fatto altro, forse, invece che il partito radicale . alcuni valori — non solo ideali — ed alcune realizzazioni concrete che abbiamo perseguito e fatto vivere in vent' anni sarebbero stati — ripeto — un utile patrimonio per lei e per tutti. intanto, per esempio, la credibilità; o, ancora, un altro valore in desuetudine in questo momento, non solo nella classe politica : l' onestà. in proposito, non credo che esista una società civile dura, pura e perbene — tutti belli, onesti e puliti — e, dall' altra parte, una classe politica corrotta. non è assolutamente vero: sono strane invenzioni che non stanno né in cielo né in terra . eppure, pagando tutto lo scotto possibile ed immaginabile, abbiamo dimostrato che è possibile far politica da onesti, in modo efficace. non perché siamo nati onesti, ma perché abbiamo ricercato nelle regole del nostro statuto i binari che consentissero esattamente questo sbocco. non si tratta di essere più o meno onesti in partenza; magari, è anche questo, per carità! ma il problema è di capire quali siano all' interno di un' organizzazione politica — governo, partito o associazione — le regole che permettano e favoriscano determinati sbocchi rispetto ad altri. certo abbiamo pagato tutto ciò durissimamente, non solo con l' ostracismo politico, ma nella capacità concreta e nella reale possibilità di portare avanti le nostre iniziative. lei capisce bene, signor presidente del Consiglio , che, se la pagina di un giornale — cito per tutti Il Corriere della Sera costa 200 milioni e se la Rai non è agibile per i motivi che ho esposto in precedenza, c' è da domandarsi cosa possa fare una forza politica . voi, nei vostri partiti, cosa fate? insomma, forse avremmo potuto dare qualcosa in termini di capacità di invenzione politica. piuttosto che gestire l' esistente, infatti, abbiamo sempre cercato — pur nel nostro piccolo — di inventare il possibile, anzi, il probabile. ci si dice che spesso abbiamo avanzato proposte premature rispetto ai tempi: ma quanto utili! perché, se non si comincia mai, non si arriva. forse, sulla base degli schemi tradizionali saremmo stati degli alleati scomodi, magari poco omologabili, per altri versi non ricattabili. tuttavia, ritengo che saremmo stati utili, soprattutto in un momento così difficile per il paese; una fase nella quale credo che le caratteristiche cui ho fatto riferimento non siano un patrimonio marginale, al quale prestare poca attenzione perché supportato soltanto da sei voti. forse, quella soluzione avrebbe potuto essere un inizio di coinvolgimento altrui. non mi è mai capitata una simile esperienza, ma immagino che formare un Governo sia un dato di iniziativa politica e non un conto notarile di quanti si è. è stata un' offerta responsabile e difficilissima, perché, secondo gli schemi tradizionali, perché avremmo dovuto farlo? perché intervenire proprio nel momento in cui il discredito nei confronti dei partiti è così diffuso? proprio perché riteniamo che il problema non sia gestire l' esistente, ma sempre, e oggi a maggior ragione, inventare il possibile, anzi, meglio, tentare il probabile. tutto questo non l' abbiamo visto neanche in termini di indicazioni politiche che possiamo aver dato. forse lei, onorevole Amato, non ha potuto o voluto. certamente — mi creda, signor presidente , glielo assicuro — non è l' intervento accorato, deluso o rabbioso di chi è stato escluso. credo che vent' anni di attività politica possano testimoniarlo. deduco che lei, onorevole Amato, abbia avuto lo stesso atteggiamento nei confronti di altri e che quindi vi fosse l' indicazione di una chiusura a quattro. lei ha affermato che, per quanto riguarda il programma, c' è poco da spaziare. gli obiettivi, per nostra fortuna o sfortuna, ce li impone l' Europa. se legge i programmi degli ultimi governi sono enunciati gli stessi obiettivi, ovviamente meno pressanti. basti ricordare la riforma pensionistica , quella sanitaria e, se vuole, ne aggiungiamo altre: erano tutte previste per lo meno nei cinque governi precedenti. sono parlamentare dal 1976 e da allora sento parlare di riforma delle pensioni ; ebbene, per una maledizione proveniente da qualche parte non si riesce a realizzarla. certo, come dicevo, questa volta gli obiettivi sono più pressanti perché li impone l' Europa, che in qualche misura da questo punto di vista ci viene in soccorso. infatti, questa è esattamente la sua forza, signor presidente del Consiglio . come, con quale credibilità e con quali misure, si arrivi a raggiungere gli obiettivi indicati è un altro discorso. il problema non è quindi discutere sul programma (e su un punto di esso tornerò alla fine del mio intervento), ma capire con quali nuovi segnali e con quale nuova credibilità ci si; muova. non si tratta solo di quanto afferma il collega Rutelli, le cui considerazioni condivido: la gente normalmente si domanda per quale ragione debba pagare oggi il dissesto a chi lo ha provocato. tra l' altro, questa è un' accusa ingiusta e ingenerosa: infatti, nonostante il dissesto, la stragrande maggioranza della popolazione italiana a breve termine ha ottenuto benefici; abbiamo goduto un po' tutti del boom economico, ancorché gonfiato. il problema di fondo è quello che ho indicato. per tale ragione abbiamo dato certe indicazioni, come lei ricorderà: dal coinvolgimento di Ciampi da una parte, a quello dei Verdi dall' altra con, ovviamente, assunzioni di responsabilità. è un percorso che non si è potuto o voluto seguire. ovviamente non si tratta né di vendetta né di altro. constato semplicemente — e non mi riferisco alle cose da fare, decise per fortuna da altri, persino riguardo ai tempi — che aperture o indicazioni di svolta non si sono volute o potute dare. a che cosa la porterà tutto ciò, signor presidente del Consiglio ? lei dice che sui singoli provvedimenti cercherà nuove maggioranze. questo è esattamente la ricerca e lo stimolo del particolarismo e degli interessi particolari. ho una preoccupazione, perché lei in pratica dovrà ricercare su ogni provvedimento qualche convergenza in più. sarà, di volta in volta, il turno dei Verdi, o di qualche parte del Pds o, forse, dei repubblicani; mi pare, infatti, che non ci siamo molto con i numeri. lei ha frequentato il Parlamento e sa cosa succeda normalmente al momento del voto, soprattutto — anzi, solo — se è segreto: il coraggio non alberga da queste parti. ebbene, lei sarà costretto ad andare a cercare « spezzoni » di voti sui singoli provvedimenti. per quanto riguarda la legge delega , certo il Governo avrà bisogno del parere delle Commissioni, ma non per i decreti legislativi di attuazione. tuttavia, lo stesso parere positivo della Commissione competente si baserà su quello che, con una brutta parola, potremmo definire patteggiamento, comunque su un accordo tra spezzoni di certi altri partiti che saranno determinanti come se facessero parte della maggioranza, in più senza assumersi alcuna responsabilità. questo è quanto accadrà. volente o no lei, in qualche modo, sarà costretto a stimolare il particolarismo delle singole forze politiche su specifici provvedimenti. in definitiva, assisteremo ad una riedizione camuffata del consociativismo, forse meno stabile e più articolato, più o meno sotterraneo, meno esplicito e responsabile proprio perché non ha responsabilità di gestione; ma a questo lei sarà costretto. spero di essere riuscita a spiegare il mio punto di vista non solo per lei, ma per le conseguenze che questo sistema di gestione politica avrà. volevo chiudere il mio intervento richiamando una parte soltanto accennata nel suo programma, che lei ha però affrontato in sede di replica al termine del dibattito che si è svolto al Senato. voglio citarla e non certo perché mi ecciti nel parlarne. leggo testualmente: « se vogliamo eccitarci nel parlarne possiamo farlo. ma se vogliamo domandarci quale contributo concretamente possiamo dare per risolverlo » — si sta parlando del problema nord sud — « quello che noi possiamo fare è ridurre il nostro fabbisogno, riorganizzare i nostri servizi, ovvero occuparci del nostro paese » . scusi, presidente, il significato è questo, sia nel programma sia nella replica, che sto citando testualmente! cito testualmente: « allora ci accorgiamo, cari colleghi , se vogliamo fare qualche cosa di concreto, che ricadiamo nei nostri problemi interni, che il primo e più importante contributo che noi possiamo dare alla crescita del mondo e alla riduzione del debito dei paesi terzi, allo sviluppo dei paesi dell' altra sponda del Mediterraneo, che hanno tanto bisogno del nostro aiuto, è ridurre il nostro fabbisogno, riorganizzare i nostri servizi, destinare le risorse finanziarie allo sviluppo » , eccetera, eccetera. allora, se vuole, vado avanti: « consentirci di non concorrere con i nostri tassi, con la nostra inflazione, con le nostre debolezze ad un mondo che noi impoveriamo per la nostra incapacità di uscire dalle ragioni della nostra povertà » . signor presidente , lei evidentemente è convinto di quello che afferma, tant' è che lo scrive. se mi consente, credo che le cose non stiano così o non dovrebbero essere così, non solo perché esiste un ministro degli Esteri che, ancorché accompagnato da sottosegretari poco entusiasti, dovrà fare comunque il suo mestiere; non solo perché esistono scadenze internazionali; ma perché esiste un bilancio per la cooperazione nord sud nel nostro paese che prevede uno stanziamento di 5 mila miliardi, bloccati tra l' altro — come lei ben saprà — da un articolo di uno dei provvedimenti collegati alla legge finanziaria . la Camera — così come il Senato — di fronte al disastro della gestione dell' aiuto allo sviluppo , impose al signor ministro di poter spendere solo il 50 per cento del fondi, vincolando la restante somma alla presentazione di nuovi programmi e nuove priorità, nonché al parere delle Commissioni. siamo al 3 dicembre dell' anno scorso , ma in Commissione o nel CICS, non abbiamo visto né nuovi programmi né nuove priorità; nulla di nulla! deduco quindi che dei 5 mila miliardi, 2.500 siano ancora da spendere; forse perché la Corte dei conti non avrà dato l' autorizzazione, per il vincolo di un articolo di legge. deduco altresì, onorevole presidente del Consiglio , che, poiché siamo a luglio, o lei pensa di poter utilizzare i finanziamenti in questione per il 1992, per rientrare appunto dal disavanzo, oppure dobbiamo riconoscere che — piaccia o non piaccia — esiste per forza di legge (perché non dovrebbe esser stato speso) il 50 per cento della somma stanziata per l' aiuto allo sviluppo . almeno così mi auguro, perché la nebulosità (per non dire di peggio) dell' intera gestione degli aiuti allo sviluppo , in particolare all' interno del ministero degli Esteri , negli ultimi anni è diventata davvero grande, diciamo così, impenetrabile. ciò che sappiamo come parlamentari lo abbiamo letto sulla stampa; resta comunque il problema di capire che cosa vogliamo. onorevole Amato, io sono convinta che, proprio mentre ci sforziamo di riassestare il nostro paese, quello che succede in Jugoslavia o in Algeria inciderà profondamente in Italia. mi riferisco, ad esempio, al problema delle ondate migratorie, altro fenomeno che non potremo proibire accada, ma dovremo solo regolare. allora, credo che in questa situazione di priorità internazionale, le Nazioni Unite siano un qualcosa che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo! sicuramente l' Onu deve però subire un processo di riforma assolutamente indispensabile, ovvero un processo di invenzione politica; senza diritto, infatti, senza regole, senza autorità preposte al monitoraggio e all' applicazione, non si va da nessuna parte! ed io sono molto preoccupata del fatto che, di fronte alla non costruzione del diritto, si pongano in essere invece organismi particolari: penso al G7, per esempio, che non ha a base alcun trattato. altri organismi fioriscono in questo modo: non hanno regole, non hanno responsabilità. a chi rispondono? e questo processo, questa necessità di inventare regole nuove, finito l' ordine del terrore e della spartizione dei due grandi blocchi, credo sia un tema prioritario che non può tuttavia consentirci disattenzioni o mancato impegno. certo questo è molto difficile, come lo è sempre quando si tratta di inventare qualcosa che non c' è. e spero che finisca anche per i miei colleghi l' alibi del cattivo yankee che risolve tutto, perché è troppo comodo. tuttavia credo che all' ombra di questo alibi spesso si nasconda la mancata responsabilità dell' Europa o del nostro paese: dal momento che si è dichiarata l' esistenza del cattivo yankee, tutto il resto viene di conseguenza. pertanto, che sia Rio che sia la Jugoslavia o qualunque altra cosa, se gli USA assumono una posizione negativa, ciò pare esimere tutti dall' assumere le proprie responsabilità e quindi dal colmare un vuoto politico. spero che il nuovo ministro degli Esteri sia più attento alle indicazioni parlamentari e meno refrattario a frequentare Aule parlamentari, così da poter avviare nuovamente il dibattito su tali questioni. infatti, gli aiuti allo sviluppo — e già il nome è bruttissimo! — sono sempre stati vincolati o condizionati agli affari oppure a zone o paesi alleati politicamente o posti in zone strategiche rilevanti. nessuno ha mai aiutato per niente! e il problema che si pone oggi riguarda proprio l' invenzione del nuovo criterio. noi riteniamo e proponiamo da anni che il nuovo criterio sia quello dello sviluppo sostenibile, in particolare di quello democratico dei paesi in via di sviluppo , e che non esista cooperazione allo sviluppo se non si fa leva sul rispetto dei diritti umani ed individuali. da anni preconizziamo il dovere di ingerenza a tutela dei diritti umani fondamentali, quando essi siano violati; mi sembra che timidamente stiamo arrivando a questo obiettivo, anche se, certo, allora eravamo molto soli. credo sia arrivato il momento di rimettere in discussione il famoso concetto-tabù dell' autodeterminazione dei popoli, quando esso non implichi l' affermazione del diritto individuale, del diritto politico . in base a questo tabù, per il quale ci si fermava alle frontiere, in termini di cooperazione abbiamo sostenuto fino all' ultimo i peggiori dittatori (mi riferisco all' Africa, ad esempio); dittatori crudeli e corrotti come nel caso (cito un esempio che tutti conoscono e sul quale non entro nel dettaglio) della Somalia. dal momento che l' equilibrio è cambiato, tutto questo panorama deve essere rivisto. lei dice, signor presidente del Consiglio , che servono proposte concrete; io vorrei avanzarne una, che poi sottoporrò al ministro degli Esteri . mi riferisco all' impiego del complesso dei finanziamenti pari al 50 per cento ; credo che tale somma non debba andare a residuo passivo e che non debba servire a risanare il deficit del paese a scapito di vite umane (nere, africane, gialle o filippine). poiché ci siamo dimostrati incapaci di gestire correttamente un rapporto bilaterale, penso che questa somma debba essere indirizzata velocemente verso il canale multilaterale delle Nazioni Unite , rispetto alle quali vi sono stati da parte nostra spaventosi ritardi nei pagamenti con la conseguenza di rimettere in discussione programmi seri già avviati. il Governo si è dimostrato incapace di gestire correttamente l' aiuto bilaterale. mentre ripensiamo alle priorità (e non di aree geografiche), credo che dovremmo riprendere utilmente un rapporto, anche finanziario, con le Nazioni Unite , perché ciò ha anche il significato di un rapporto politico. è questo il contributo che intendevo fornire a nome della nostra parte politica , spero in termini concreti, in materia di politica estera . vorrei esprimere un' ultima preghiera. da anni aspettiamo un progetto di legge che definisca con chiarezza gli aiuti ai paesi dell'est , che non hanno nulla a che vedere con la cooperazione allo sviluppo (potrebbero rientrare nell' ambito del commercio con l' estero o in altri settori). in merito a questo provvedimento vi sono state molte promesse, ma esso non è mai arrivato; credo peraltro che sarebbe un elemento di chiarezza, se non altro in termini di rendiconto e di bilancio, oltre che sul piano politico. mi auguro che il nuovo ministro degli Esteri voglia anzitutto prendere atto dei progetti rimasti in sospeso o non attuati dal suo predecessore, e mi auguro altresì, nella sede di cui ho parlato, di poter contribuire responsabilmente e in modo concreto alla soluzione di un problema che a mio avviso non può essere accantonato neppure nell' emergenza.