Giuliano AMATO - Presidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
XI Legislatura - Assemblea n. 131 - seduta del 04-02-1993
Concernente la sfiducia al Governo
1993 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 131
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , non certo su mozione di sfiducia , ma con comunicazioni del Governo avrei chiesto io stesso in questi giorni — e i presidenti delle Camere ne erano informati — di presentarmi al Parlamento. era mia intenzione farlo, con il consenso dei colleghi di Governo, per tre fondamentali e semplici ragioni. la prima è che una fase di lavoro programmatico si è comunque conclusa. proprio la vicenda del prestito comunitario, deliberato dalla Comunità pochi giorni addietro, ne è testimonianza palese. siamo infatti alle prese con nuovi e più gravi problemi o, se vogliamo — tornerò su questo — , più aggravati problemi. in questa nuova situazione volevo, per ciò stesso, vedere rinnovata la delega a governare che le Camere e la maggioranza in esse ci hanno dato all' origine della vita del nostro Governo, giacché in nessun luogo del mondo retto da un ordinamento democratico che voglia funzionare, ma tanto meno in Italia oggi, con i problemi che il nostro paese oggi incontra, un Governo può esserci solo perché esiste. la discussione su una mozione di sfiducia non è istituzionalmente l' occasione più adatta per affrontare i temi che era mia intenzione affrontare. ma il modo stesso in cui è stata presentata e poi discussa la mozione mi autorizza, se non a farlo, a cominciare a farlo. abbiamo alle spalle — come dicevo — una fase di lavoro programmatico che ha corrisposto ad una fase della vita italiana e dei suoi problemi nella quale Governo e Parlamento hanno lavorato molto. e di questo occorre che l' opinione pubblica e il paese prendano conoscenza. abbiamo bisogno di cambiare le nostre istituzioni, abbiamo tanti guai e tanti difetti. è tuttavia un dato di fatto che tali istituzioni — il Parlamento e il Governo — che sono il cuore del sistema politico democratico, sotto la sferza di problemi incalzanti e con una bussola che è stata definita dal Governo e dalla sua maggioranza, hanno lavorato con intensità e hanno prodotto soluzioni con un ritmo che è stato particolarmente intenso ed anche particolarmente efficace. un lavoro al quale ci eravamo accinti, si era detto all' inizio, avvalendoci delle convergenze possibili sul programma che inizialmente avevamo presentato. abbiamo avuto la costante e intensa lealtà della maggioranza inizialmente costituitasi; abbiamo avuto, nel momento di maggiore difficoltà per il paese e per il Governo, l' apporto, non richiesto, del gruppo federalista europeo; abbiamo avuto in più momenti il consenso di altri gruppi. ciò ha consentito di svolgere il lavoro che abbiamo compiuto e da questo lavoro sono usciti cambiamenti rilevanti, cambiamenti anche duraturi, alcuni sicuramente positivi, altri che dovremo valutare e sperimentare, pronti a tutti gli aggiustamenti che l' esperienza rendesse necessari. due risultati fondamentali, comunque, sono stati raggiunti. abbiamo recuperato la stabilità del valore del risparmio degli italiani e la fiducia degli italiani nel presente e nel futuro del loro risparmio. non è questa la ricchezza dei ricchi, è la ricchezza di un paese, dei piccoli risparmiatori; è ciò cui ciascuna famiglia affida il proprio futuro, il futuro dei propri figli e le aspettative per la vecchiaia. ricordo il clima che c' era in quest' Aula l' ultima volta che avemmo occasione di fare insieme un dibattito quasi generale. eravamo a cavallo tra la prima e la seconda decade di settembre e fu l' occasione nella quale, a nome del Governo, annunciai che avremmo adottato tutte le misure che fossero state necessarie per salvaguardare l' Italia dai rischi gravissimi in cui in quel momento si trovava. ed era un clima teso, un clima fortemente preoccupato. intorno a noi vi erano inviti, che provenivano non da una sola parte, a non acquistare titoli di Stato ; inviti, a volte raccolti, a destinare altrove il proprio risparmio. la lira aveva un incerto valore, dopo uno scossone, una tempesta di cui dopo un po' ci si dette atto che non aveva investito soltanto la nostra valuta, ma che stava spazzando, e che ancora oggi continua a spazzare, quel che regge del sistema monetario europeo . i nostri titoli di Stato avevano per la verità scarsa fiducia dal mercato e il loro valore stava scendendo. voglio ricordare che essi non sono soltanto il risparmio degli italiani, ma sono, in un paese caratterizzato dal debito pubblico , l' ossigeno su cui vive lo Stato e su cui vive gran parte del paese, per quel circuito che io considero — come molti — perverso e che porta il trasferimento a ritrasferirsi in forma di debito che si viene accumulando. ebbene, da allora ad oggi, grazie anche ad una manovra che il Governo ha fatto e che il Parlamento ha tempestivamente condiviso — e di cui il Fondo Monetario Internazionale ha valutato positivamente la qualità, diversa rispetto alle manovre precedenti, e di cui ancora ieri la Commissione di Bruxelles ha apprezzato il senso qualitativo e i possibili effetti quantitativi — , il risparmio degli italiani è tornato ad avere un valore. gli interessi sul debito pubblico sono diminuiti di cinque punti rispetto ai momenti di maggiore difficoltà; avevano superato il 15 per cento nelle ultime settimane di settembre, ed ora stanno attorno al 10,5 per cento . i titoli pluriennali, quelli decennali, il cui valore era sceso al di sotto delle 90 lire (86-85 lire) — e su qualche giornale si era cominciato a scrivere che i titoli italiani si vendevano come quelli delle repubbliche sudamericane indebitate — sono tornati al di sopra delle 96 lire (valore del Btp decennale di ieri). siamo passati, come con felice espressione diceva ieri il collega Vizzini — e cito testualmente — « dalla stagione delle stragi alle grandi catture » . noi avevamo cominciato il nostro lavoro nel momento più drammatico, più triste e più doloroso del 1992, quando, l' uno dopo l' altro, due grandi magistrati e gli uomini che lavorarono per loro (e, nel caso di Falcone, anche la sua compagna) vennero travolti, trucidati, con due delitti assolutamente straordinari per il modo in cui furono concepiti ed attuati. e sembrò che in quel momento lo Stato fosse scosso, che noi fossimo scossi, che non potessimo più civilmente presentarci nella città di Palermo, perché i delitti c' erano stati e perché l' opinione collettiva era che se delitti di tale natura erano stati possibili, voleva dire che lo Stato non era interamente, come avrebbe dovuto, dall' altra parte. e con questa infamante accusa ci trovammo noi stessi, che pure governavamo da poco, alle prese con un problema non meno esistenziale per una collettività ed un sistema istituzionale di quello di cui poc' anzi parlavo. ebbene, oggi il clima che respiriamo è diverso. non abbiamo vinto la guerra (è una guerra lunga, questa), ma abbiamo vinto più di una battaglia in questi mesi. e sono battaglie che contano, che danno fiducia ai cittadini, che danno fiducia agli uomini che nello Stato lavorano perché si vinca, e non perché si perda. e neppur questo è stato casuale, e credo lo si debba ad un lavoro che sicuramente risale a prima della nascita dell' attuale Governo e di cui non potremmo in coscienza interamente appropriarci. tuttavia, certo, noi stessi di questo abbiamo avuto una parte. hanno avuto una parte il ministro di grazia e Giustizia ed il ministro dell'Interno di questo Governo, i quali hanno presentato con coraggio norme su cui prima si era discusso. essi hanno saputo sconnettere la normativa necessaria per combattere la guerra contro la mafia da quella ordinaria del codice di procedura penale , e su questa strada hanno creato le premesse perché si lottasse, con maggiore efficacia e con la necessaria durezza, contro un nemico nei confronti del quale la durezza è un' esigenza necessaria per la difesa dei diritti dei cittadini. quei ministri hanno affrontato i loro rischi e hanno rappresentato un Governo all' interno del quale nessuno aveva nulla da temere da un attacco a fondo contro la mafia, perché nessuno in questo Governo ha nulla da temere da chiunque, del mondo mafioso, si penta o meno, parli, dica, abbia collusioni da rivelare o da far valere. del resto, dato che si è aperta una singolare gara in alcune élites del nostro paese per stabilire chi sia il più minacciato dalla mafia (sembra quasi, come ai tempi del terrorismo, che sia uno status symbol essere sotto questa minaccia), posso assicurare, alla luce delle carte che mi vengono mandate, che contengono minacce vere e presunte, che è sicuramente il ministro di grazia e Giustizia di questo Governo la persona più minacciata. abbiamo adottato significative riforme, da tempo perseguite, sulle quali tornerò: la riforma previdenziale e quella della sanità, l' autonomia impositiva degli enti locali , la riforma del pubblico impiego . ma non vi è solo questo, che è già stato ricordato. siamo entrati in questioni sollevate da giusti referendum e su di esse abbiamo già raggiunto risultati, insieme al Parlamento. abbiamo ora presentato iniziative di cui sollecitiamo alle Camere l' approvazione. abbiamo posto fine all' intervento straordinario nel Mezzogiorno per recuperare la capacità di un intervento pubblico più ordinato, più coerente e maggiormente finalizzato nello stesso meridione, oltre che nelle altre aree depresse del paese. ciò per avere finalmente la garanzia che le risorse che la collettività nazionale destina alle sue aree depresse si indirizzino al loro sviluppo, e soprattutto non si disperdano altrove. abbiamo privato il ministro del Tesoro del suo residuo potere di nominare presidenti e vicepresidenti neanche di banche, ma di fondazioni che posseggono banche, togliendo così dal tavolo del Governo — e mi auguro dello stesso Parlamento — discussioni che è bene avvengano là dove le banche sono. siamo intervenuti sulla questione della droga, materia sulla quale l' esperienza non può non avere il suo peso, e nella fermezza del principio — che abbiamo ritenuto irrinunciabile — della illiceità dello stesso consumo della droga abbiamo aderito — ed abbiamo fatto bene — al presupposto secondo il quale non è il carcere il luogo dove il tossicodipendente può trovare una cura ed una riabilitazione. siamo intervenuti in materia di riordino delle partecipazioni statali . dobbiamo discutere in questa sede — ed abbiamo già cominciato a farlo — sugli indirizzi industriali che a ciò debbono connettersi ed ai quali devono collegarsi le operazioni di vendita, di dismissione, di ricollocazione. su questo il discorso è e deve essere portato avanti. permettetemi soltanto di notare in punta di penna (veramente sto parlando: non so come si possa dire, per un discorso orale) che se non avessimo fatto l' intervento drastico che abbiamo operato sulla ridefinizione degli stessi organi che reggono quelle imprese, sarebbe oggi assai più sgradevole per tutti assistere a ciò cui stiamo assistendo in materia di tangenti e simili. credo che abbiamo cominciato a cambiare l' atteggiamento del Governo e di una parte del Parlamento sulla questione ambientale, non soltanto perché abbiamo presentato un disegno di legge sulla valutazione di impatto ambientale che affianca il disegno di legge sugli appalti pubblici e che insieme abbiamo voluto far arrivare in Parlamento, ma anche perché nel lavoro che abbiamo iniziato, e di cui quel disegno di legge è una delle espressioni, si fa finalmente strada ciò che da tempo giustamente viene chiesto da chiunque abbia a cuore i problemi ambientali, si tratti dei nostri amici Verdi — che ne sono stati i primi portatori — , si tratti dei tanti colleghi dei più diversi gruppi che, non meno di loro, spesso si fanno carico dei medesimi problemi: e cioè che la politica ambientale non può essere il vincolo ex-post che sopraggiunge dopo e che proprio perché sopraggiunge dopo viene avvertito come un impiccio di cui nel più rapido tempo possibile occorre liberarsi, ma deve essere incorporato ed introitato nella concezione stessa e nella progettazione stessa dell' opera che comunque modifica il territorio. solo così infatti il profilo ambientale diventa positivo, diventa non un vincolo, ma un fine, e riesce a caratterizzare, fra l' altro senza perdite di tempo, il lavoro che dobbiamo pur continuare a fare sul nostro territorio. questo tra l' altro è l' unico modo di sottrarsi ad una visione puramente conservativa del territorio. l' attenzione che abbiamo dato alle norme di prevenzione ambientale ed il lavoro che collaborativamente viene svolto in seno al Governo sulle varie progettazioni che ci interessano testimoniano di questo cambio. molta strada dovrà essere fatta, che dovrà investire non soltanto la progettazione delle opere pubbliche , ma la stessa progettazione degli insediamenti industriali e le modalità produttive che vengono seguite negli insediamenti industriali per ridurre ciò che residua, per evitare scorie, scarichi eccessivi; ma sento che finalmente siamo su questa strada. non posso dire io (lo affermo scherzosamente) che, una volta che si arrivi su questa strada, forse il ministro dell' Ambiente , come uno dei ministri che se la vede con gli altri, diventa una collocazione addirittura sbagliata per un problema così orizzontale. ma è molto prematuro dire questo ora e sarebbe un guaio dirlo ora e trarne delle conseguenze ora; si finirebbe per danneggiare ciò che in realtà si vuole sostenere. con questo, credo, una buona parte del nuovo di cui l' Italia ha bisogno, del nuovo di cui si parla, del nuovo di cui tanti parlano ha cominciato, sta cominciando a diventare realtà. ci si chiede se di questo nuovo facciano parte anche le modifiche dello stato sociale che abbiamo introdotto. di questo dobbiamo parlare; proprio negli accenti sereni, ancorché critici, che in quest' Aula tra ieri e oggi sono stati rivolti a noi sotto questo profilo, nella serenità di quegli accenti colgo la premessa per parlarne, con qualche elemento analitico, pronto ad affrontare, quando sarà il momento, ogni discussione su ciò che abbiamo cercato di fare. intanto, tutti sappiamo che da anni eravamo attanagliati da una sorta di contraddizione. tutti quanti, infatti, ci lamentavamo dei difetti del nostro stato sociale . tutti lo chiamavamo stato sociale all' italiana, tutti gli attribuivamo i difetti di assistenzialismo, di clientelismo, di diseguaglianze che coprivano false eguaglianze. questi difetti erano enunciati da tutti in termini generali (e non dico ciò che in privato tanti sostenevamo del nostro stato sociale , del nostro sistema sanitario , del nostro sistema previdenziale !). poi, ogni volta che si prospettava la possibilità, l' opportunità di cambiare qualcosa, è sempre regolarmente scattata la difesa dello stato sociale . il nostro non era (a detta di molti o di tutti) un vero stato sociale ; lo chiamavamo — ripeto — , con una sorta di masochismo, stato sociale all' italiana, ma al primo tentativo di cambiarlo l' espressione « all' italiana » spariva e rimaneva, nella sua sacertà, lo stato sociale ! questa contraddizione doveva prima o poi essere rotta, ma certo doveva essere rotta facendo salvi due principi fondamentali, quelli dei quali tutti parliamo: il principio dell' equità, nelle sue molteplici applicazioni possibili; il principio, da tanti enunciato, secondo il quale lo Stato non può dare tutto a tutti. faccio qualche cenno in materia di fisco, di sanità, di previdenza. e scusatemi della relativa analiticità, ma formule sintetiche del tipo « lo stato sociale è stato smantellato » ovvero « lo stato sociale non è stato smantellato » finiscono per essere aprioristiche e incomprensibili entrambe se non vediamo che cosa esattamente è stato fatto e dove può essere difeso o criticato. ebbene, le modifiche fondamentali che abbiamo introdotto nel fisco sono le seguenti. innanzitutto, abbiamo introdotto una minimum tax sul lavoro autonomo , una tassa minima, caratterizzata da una sicura approssimazione rispetto all' accertamento analitico e tuttavia tale da consentire di alzare redditi medi dichiarati da categorie di lavoro autonomo e professionale che stavano abbondantemente sotto i 20 milioni (tra i 12 e i 14 milioni in molti casi, salvo alcune sottocategorie) e che avevano indotto i sindacati dei lavoratoli a dire: « insomma, non è credibile che se tu hai un dipendente dichiari al fisco meno del dipendente stesso. se sei la San Vincenzo , ci credo poco; se non sei la San Vincenzo , non ti credo per niente! » . ebbene, noi non abbiamo introdotto la tassa minima esattamente in questo significato (sarebbe stato fra l' altro impossibile), nel senso cioè che ciascuno pagasse non meno del suo dipendente, ma abbiamo portato i livelli medi della dichiarazione che ci si aspetta dal lavoratore autonomo verso la media almeno dei lavoratori dipendenti . gli oneri deducibili sono diventati detrazioni. questa è stata un' altra misura sulla quale abbiamo avuto parecchie critiche e riserve. la ratio che ha ispirato la modifica è fondamentalmente una ratio di equità; del resto questa era una richiesta che da anni facevano i sindacati dei lavoratori. per chi conosce la materia fiscale (non la faccio lunga perché altrimenti rischio di perdere la vostra attenzione e non voglio), quando un onere è deducibile (tutti quelli che fanno il modello 740 hanno presenti le spese mediche, le spese per il mutuo, le spese per la polizza assicurativa e quant' altro), la stessa somma di onere deducibile comporta un risparmio molto superiore per il contribuente ricco rispetto al risparmio che determina nel contribuente povero, perché l' onere deducibile comporta una deduzione che è operata sull' aliquota marginale del contribuente che la fa. quindi se io sono ricco... paga certo più tasse, lo so! però 400 mila lire al 53 per cento valgono di più; al 20, 30 per cento medio di un operaio valgono di meno. aver trasformato gli oneri deducibili in detrazioni fa sì che per la stessa somma lo Stato dia, a prescindere dal reddito del contribuente, lo stesso beneficio. fondamentalmente è così, Franco. la restituzione del fiscal drag è stata eliminata: questo è un punto sul quale le contestazioni sono state forti. era nostro intendimento — e si tratta di uno dei punti in ordine a quali ho un sospeso anche con i rappresentanti del mondo del lavoro — acquisire attraverso le detrazioni la stessa tutela della fascia più debole dei contribuenti che ieri dipendeva dalla restituzione del fiscal drag , che finiva per avere gli stessi effetti che prima descrivevo per gli oneri deducibili a fronte delle detrazioni. non so se abbiamo raggiunto realmente il risultato di questo scambio tra non restituzione del fiscal drag e detrazioni, ma è un discorso che so essere ancora aperto. nella sanità siamo passati dall' esenzione al bonus. tutta Italia si lamentava del fatto che, essendo esenti soltanto gli anziani e pochissime altre categorie che raggiungevano nel loro insieme il 20 per cento della popolazione, si arrivasse ad una esenzione dal ticket farmaceutico corrispondente ad oltre il 60 per cento dei farmaci venduti. ora, è ben vero che la popolazione anziana ha un consumo medio superiore alla giovane, ma di sicuro si nascondeva qui qualcosa che non funzionava, di cui tutti parlavano e che tutti ammettevano esserci, vale a dire... certo, si può sempre parlar male dell' industria farmaceutica! si può sempre trovare un singolo sul quale scaricare le responsabilità, ma le piccole ingiustizie di massa sono non meno ingiustizie delle altre! ed esse determinano anche una corrosione della credibilità dello Stato. anche le piccole ingiustizie! anche il fatto che su un unico anziano vengano « caricate » ricette dei nipoti, delle zie e dei cugini! questo stava accadendo. no, no! io non ho dato dell' imbroglione agli anziani, l' ho dato alle nipoti, alle cugine e alle sorelle, non agli anziani! non agli anziani! e abbiamo introdotto il bonus. abbiamo connesso alcune prestazioni al reddito... basta ora! abbiamo connesso alcune prestazioni al reddito. questa è stata un' altra misura molto discussa e che, certo, troverà una sua crescente validità via via che l' evasione fiscale verrà emergendo, ma non vi è dubbio che l' alternativa che ci siamo visti offrire in Parlamento, di fronte alle esigenze di maggior finanziamento del sistema sanitario , ci è parsa meno praticabile. voglio segnalare ciò, perché queste cose hanno un loro aspetto concreto, non vivono nell' astratto. dicevo dunque che l' alternativa che ci veniva offerta in Parlamento rispetto all' incremento della contribuzione personale per gli appartenenti alle fasce superiori di reddito era quella di aumentare il contributo sanitario a carico di tutti. io ebbi una discussione con l' amico Pomicino che sosteneva questa tesi, condivisa anche da gruppi dell' opposizione, poiché mi pareva che essa finisse per determinare una distribuzione tra tutti della maggiore spesa, venendo a negare il principio che, quando lo Stato non può dare tutto a tutti, se toglie una parte non dell' assistenza ma della relativa gratuità della medesima, cerca di farlo sulle fasce di reddito superiore. nella previdenza c' è stata l' elevazione dell' età pensionabile , la progressiva equalizzazione delle pensioni di anzianità, dell' età necessaria per andare in pensionamento di anzianità, e c' è stato il riferimento per i nuovi assunti e per quelli con minore anzianità all' intera vita lavorativa anziché agli ultimi anni, il che fra l' altro corrisponde ad un' esigenza, che per la prima volta lessi nel programma del Pds del novembre 1991, di assicurare una riduzione dell' evasione contributiva, giacché, se ci si riferisce all' intera attività lavorativa, ci sarà interesse al pagamento dei contributi per l' intera vita lavorativa e non solo per gli anni che contano ai fini del pensionamento. certo, questo pone un problema che noi vogliamo risolvere in primo luogo con i fondi pensione, ma che esiste egualmente per i nuovi assunti: qual è il livello medio di pensione che si avrà alla fine del processo? qual è il livello a seconda delle fasce di reddito nelle quali costoro finiranno per collocarsi in ragione della loro qualifica e del loro lavoro? e anche su questo dobbiamo ancora discutere. voglio dire serenamente che le cose che abbiamo fatto, quelle che incidono strutturalmente sullo stato sociale , sono queste ed è su queste che è utile vi sia una discussione analitica. se questa viene fatta in buona fede , se verrà svolta da noi in tutte le occasioni in un Parlamento in cui non vi siano contrapposizioni rigide tra maggioranza ed altri, i risultati potranno essere ancora più proficui. così come proficui potranno esserlo sul tema che oggi più ci preoccupa, quello della disoccupazione che è il precipitato ultimo e il più grave di una vicenda congiunturale e di vizi e di problemi di ben più vasta portata, che sono poi fondamentalmente, come diceva giustamente ieri l' onorevole La Malfa , i limiti interni ed internazionali alla crescita. non ci dobbiamo mai dimenticare infatti che al fondo non si tratta di un problema di ammortizzatori sociali , ma di un problema di crescita. perché i posti di lavoro vengono dalla crescita, dallo sviluppo. certo, nel breve periodo è doveroso, e lo stiamo facendo, intervenire con strumenti di carattere congiunturale. a tale proposito ci sono gli investimenti pubblici. ogni paese che si trovi nella situazione in cui versa oggi l' Italia — e sono tanti i paesi che si trovano in questo momento in tale situazione — ricorre agli investimenti pubblici ed agli incentivi alle imprese, soprattutto alle piccole imprese . leggevo ieri che l' amministrazione Clinton si accinge ad incrementare il suo fabbisogno per poter stanziare un fondo destinato in parte a investimenti pubblici e in parte ad incentivi alle imprese. il Governo presta attenzione alle aree di crisi. proprio oggi, questa mattina, alla Presidenza del Consiglio è stato concluso l' accordo — e ne sono contento — per l' area di Piombino, siglato dai sindacati e dalla controparte; accordo che permette una nuova formula di pubblico-privato, che proprio a Piombino, nella ex Ilva, si sta sperimentando; formula che consente di assorbire la manodopera, che rischiava di rimanere espulsa, anche con impegni del sistema pubblico per interventi infrastrutturali. ci sono gli ammortizzatori sociali e ci sono le politiche attive e di flessibilità del lavoro. faccio presente che gli strumenti della flessibilità non possono essere evocati in formule astratte e poi non tradotti mai in concreto, perché sappiamo quali siano tali strumenti. sono quel collocamento interinale di cui si parla del nostro decreto legge , i salari di ingresso o altre formule di questa natura, purché siano usate non per ridurre occupazione ma per aumentarla. ed è per questo che non li abbiamo messi nelle mani di una parte sola e nemmeno in quelle del Governo, ma — così dice il decreto — nelle mani dell' interesse negoziale delle parti. in tal modo, non appena il sindacato, che sa rappresentare i lavoratori e lo farà sul luogo di lavoro, verificasse che questi strumenti vengono usati per ridurre l' occupazione e riassumere, potrebbe bloccarne — e farebbe bene — l' utilizzazione. ma, al di là di queste politiche di breve periodo, ci sono le questioni di fondo che esistevano già prima e che la vicenda congiunturale non fa che aggravare. vi è il problema del sistema industriale italiano, caratterizzato da una piccola impresa , troppo piccola ormai per essere competitiva su un mercato aperto e bisognosa perciò di aggregazioni e di investimenti per raggiungere livelli dimensionali più adeguati. vi sono i problemi di una grande impresa, sia essa pubblica o privata, rimasta per troppi anni indietro, in primo luogo sul terreno della ricerca e dell' innovazione, che in molti casi ormai è fonte più di indebitamento che di sviluppo. vi è il problema della divisione internazionale del lavoro tra aree dei nostri paesi e aree in cui i nostri paesi sono collocati. in quest' ambito vi è il problema drammatico del Mezzogiorno d' Italia, parte di un paese a dotazione infrastrutturale inferiore ad altri, con un costo del lavoro superiore a quello di paesi vicini che hanno una similare bassa dotazione infrastrutturale e che, come più volte abbiamo detto, rischia di restare schiacciato tra i respingenti delle zone in cui il costo del lavoro è altrettanto elevato, ma la dotazione infrastrutturale è migliore e i paesi in cui, a parità di dotazione infrastrutturale, il costo del lavoro è minore. da qui l' essenzialità di un intervento in primo luogo infrastrutturale per recuperare al Mezzogiorno le prospettive stesse dello sviluppo e dell' occupazione. ma vi è anche il problema dell' intera Europa, perché il rapporto tra parti sviluppate del mondo ad alto costo del lavoro e parti del mondo che realizzano le medesime produzioni a basso costo costituisce ormai un problema effettivo, che dobbiamo saper affrontare. e c' è, per l' Italia, la questione del risanamento. è nel sistema della destinazione delle risorse finanziarie, che perdura in modo distorto da noi, il difetto principale del nostro sviluppo. è una questione che va affrontata con chiarezza. ho la netta sensazione che ci stiamo dividendo tra coloro che della cosiddetta rendita non si occupano e coloro che pensano che l' unico modo di occuparsene sia tassarla. c' è da chiedersi se sia questo il modo di affrontare il problema della allocazione delle risorse finanziarie in un mercato aperto, quale quello di cui facciamo parte, o se il vero problema della rendita e dei modi che ne determinano la formazione non sia nelle politiche fiscali che seguono nel loro insieme i paesi europei e gli USA. accennavo ieri privatamente al collega Reichlin, che di questi problemi ha fatto quasi una professione, senza essere d' accordo con lui...... se l' antica utopia di contrapporre al capitalismo della rendita un' azione progressista di respiro internazionale (quanto internazionale riesce ad essere il capitalismo della rendita), non indichi ancora una strada migliore di quella di chiudere l' Italia al di fuori dell' Europa, tassare le sue rendite e, da quel momento in poi, non far più parte del mercato integrato di cui tutti vogliono far parte. sono grandi temi; temi sui quali credo che il Governo, la maggioranza, abbiano interesse a trovare soluzioni non da soli ma che, certo, se affrontati da un' esigua maggioranza finiscono per avere un respiro inferiore a quello che potrebbero avere. ciò è vero anche per la politica estera , in un momento così delicato per la vita dell' Europa, per i rapporti tra l' Europa e le turbolenze che abbiamo intorno a noi. quando si afferma che l' Italia ha avuto un ruolo marginale negli ultimi mesi in Europa si dice — mi spiace — semplicemente il falso. l' Italia non ha affatto avuto un ruolo marginale nel corso dei difficili negoziati che abbiamo dovuto affrontare durante l' estate e l' autunno per fare in modo che la Danimarca rimanesse agganciata al treno europeo; giacché, se si fosse sganciata, vi era il rischio che si perdesse lungo un binario morto l' intero treno dell' Europa di Maastricht. la stessa Gran Bretagna rappresenta un problema che si è posto dietro al referendum danese; è interesse di chi crede nell' Europa fare in modo che, dietro il treno danese, non si finisca con il trovarsi appunto su un binario morto. su questo abbiamo lavorato e lo stesso abbiamo fatto perché si aprissero fin d' ora i negoziati con gli altri paesi che avevano chiesto di entrare in Europa (i paesi nordici e l' Austria), che rappresentano comunque un rafforzamento dell' Europa comunitaria. allo stesso modo stiamo cercando di lavorare perché l' Europa affronti al meglio le questioni relative alla ex Jugoslavia. a tale proposito devo dire che la voce dell' Europa non si è fatta sentire come noi avremmo voluto affinché venisse respinta una soluzione che, pur di dare la pace, accettasse la purezza etnica. si sta lavorando attorno a soluzioni che devono portare alla pace, ma non si possono accettare soluzioni che rappresentino la prevaricazione di chi usa le armi e la violenza per imporre la purezza etnica. è questo un punto fermo del governo italiano e vogliamo che costituisca un punto fermo della politica europea . anche per questo abbiamo voluto accompagnare il nostro sforzo diplomatico con l' istituzione di una commissione che fornisca alle autorità sovranazionali competenti un progetto esecutivo per l' istituzione di quel tribunale sui crimini di guerra e di pace contro i diritti dell' umanità, che rappresenta il vero strumento con cui la comunità internazionale può operare dall' alto, a garanzia dei diritti e contro le prevaricazioni. è questa la ragione per cui abbiamo avviato un rapporto di collaborazione informativa con gli albanesi del Kosovo, i quali devono sapere che intorno a loro c' è qualcuno che è attento ai loro problemi e che, per questo, non li abbandona da soli in una situazione difficile. per questo stiamo lavorando attivamente perché il Consiglio di sicurezza ammetta tra gli stati membri l' ex Repubblica di Macedonia. non è ammissibile che tra gli esiti dell' ex Jugoslavia vi siano quattro repubbliche e che una sia fuori, che siano cinque e che sempre quell' una sia fuori, che si moltiplichino e che sempre quell' una sia fuori. noi abbiamo sin qui rispettato le ragioni della solidarietà comunitaria che ci legano all' amica Grecia, la quale ha suoi palesi problemi interni di fronte al riconoscimento dell' ex Repubblica di Macedonia, ma non possiamo più a lungo, in nome della solidarietà comunitaria, essere corresponsabili di un' ingiustizia che è anche fonte di instabilità. il Consiglio di sicurezza dovrebbe procedere al più presto; in ogni caso, ritengo che per l' Italia il riconoscimento dell' ex Repubblica di Macedonia debba essere ritenuto imminente. è vero, questione morale ed istituzionale solo in parte le assunsi nel programma di Governo , e credo che fosse giusto così, perché vi erano tanti aspetti che investivano e continuano ad investire delicate regole del gioco , che è bene siano valutate, discusse e condivise da tutti i giocatori. sempre più, però, sento io stesso il peso su tutto il sistema istituzionale della perdurante presenza di tali questioni largamente irrisolte. qualcosa si è fatto: anche qui è giusto segnalare ciò che si è fatto sull' una e sull' altra. credo che in materia istituzionale — non lo considerate una deformazione professionale — quello che si sta avviando con la riforma del pubblico impiego e dei moduli organizzativi della Pubblica Amministrazione sia qualcosa che, per i cittadini e per la parte in cui una riforma istituzionale viene direttamente percepita da loro come migliorativa di rapporti e di servizi, non è un cambiamento marginale. il maggior peso che nei provvedimenti che stiamo adottando cerchiamo di dare alle regioni rappresenta anch' esso il segno di un indirizzo. sono convinto che molto, molto, debba essere fatto per rafforzare la dimensione regionale del nostro Stato. vedi, c' è un punto sul quale noi non siamo d' accordo. vedi, Formentini... volevo rispondere a Formentini su questo, perché si tratta di un punto sul quale la chiarezza è d' obbligo, perché voi parlate molto di federalismo, federalismo... altri — credo anch' io compreso — in certi momenti abbiamo detto: regionalismo ai limiti del federalismo, buttando là una formula che è anch' essa poco chiara quanto le vostre. allora, cerchiamo di capirci. io ho un sospetto; se il mio sospetto è infondato, si potrà dimostrare che è infondato. colgo a volte, nelle motivazioni e nelle argomentazioni che sostengono il vostro federalismo, l' aspettativa rivolta ai vostri elettori e ai vostri concittadini che, quando tale federalismo si realizzerà, ciascuna regione destinerà le risorse che produce esclusivamente al Governo di se medesima e che quindi voi pagherete le tasse, ma tutto quello che pagherete ritornerà direttamente a voi. io su questo federalismo non sarò mai d' accordo, perché questo federalismo rompe quello che è il principio essenziale dell' unità nazionale ! Formentini, non mi interrompere, ora svolgo l' argomento; ne parleremo con calma! abbiamo tanti modi per discuterne: non ci abituiamo a questo meccanismo di interruzioni per cui nessuno capisce più niente! dicevo che quel federalismo è contrario all' unità nazionale , perché è contrario alla ragione primigenia dell' unità nazionale , rappresentata dalla potestà impositiva dello Stato in funzione di redistribuzione. e se si priva uno Stato centrale della possibilità di redistribuire risorse fra aree forti ed aree deboli, si cancella l' unità nazionale e quel principio di solidarietà fra i cittadini che è la vera anima dell' unità nazionale . se le cose stanno così o non stanno così ce lo dovremo chiarire... guarda che si sente solo l' urlo e l' urlo non ha un significato! quindi, puoi astenerti dall' urlare così; è privo di significato! non vi è dubbio, signor presidente . dimenticavo... in sostanza, se ci chiariamo su questo, e se manteniamo fermo il principio dell' unità nazionale e le sue implicazioni essenziali, su questa premessa il massimo di regionalismo diviene il massimo di funzionalità di uno Stato responsabile. perché non è possibile far funzionare le cose dal centro, non è possibile affermare il principio di responsabilità se non decentrando le responsabilità. da questo punto di vista devo dire che anch' io nel Governo ho a volte i miei problemi, che a volte ci sono delle difficoltà. ne cito una che interessa — ed è stata sollevata prima — i nostri amici altoatesini: vi sono norme della Repubblica italiana che sono scritte; lo statuto della regione Trentino Alto Adige e una legge conseguente, prevedono che negli organi giurisdizionali non può non essere applicata la proporzionale etnica. è scritto nello statuto, è scritto nella legge: quindi, la sezione della Corte d'appello di Bolzano non può non seguire questa regola. so che molti non sono d' accordo: ma non si può non essere d' accordo con le leggi costituzionali e con le leggi ordinarie della Repubblica. e questo è un problema che non dovrebbe essere problema. ma su questa strada di riordinamento — fatemi fare almeno questo cenno, prima che qualcuno mi voti la fiducia e qualcun altro la sfiducia — vorrei — e sarei contento e noi saremmo contenti — che l' occasione rappresentata dai referendum promossi dalle regioni, di cui la Corte costituzionale ha dichiarato l' ammissibilità (devo ancora leggere la motivazione; in astratto non sarei riuscito a capire come mai, per il ministero dell'Agricoltura , si ammetta la possibilità di abrogazione trattandosi di materia regionale, mentre lo stesso non valga per il ministero della Sanità , che è materia regionale anch' essa), fosse colta non per « mettere delle pezze » , ma per elaborare ed approvare insieme, Governo e Parlamento, una legge di riorganizzazione dei ministeri al fine di ridurli ad un numero di dieci o dodici, permettendo di riordinarli per grandi comparti all' interno dei quali si prevedano anche connessioni fra ambiente, territorio, risorse agricole e naturali, attività produttive , attività sociali. anche questa è un' importante riforma dello Stato. certo, la riforma di cui più si sente il bisogno in materia istituzionale è quella di cui tanto si sta discutendo in Parlamento: la legge elettorale . proprio la difficoltà nel raggiungere un risultato nella legge elettorale crea le maggiori incertezze sul nostro futuro; incertezze sulla forma che avrà la politica, sugli schieramenti possibili che si contrapporranno. è un passaggio difficile per molti gruppi politici . fino a quando è materia parlamentare segnalerei di sicuro due esigenze: innanzitutto che vi siano meccanismi che non salvino la proporzionale che abbiamo avuto finora, perché il processo di frammentazione e disgregazione al quale stiamo andando incontro ha bisogno di essere invertito. occorrono contenitori più ampi dei consensi collettivi e delle rappresentanze politiche. in secondo luogo — non lo sottovalutate, pensando alla questione morale — , preoccupiamoci anche di creare congegni elettorali affrontando i quali non vi siano giustificazioni agli alti costi. tra i fini di una riforma elettorale oggi, in Italia, non si può non mettere quello di costi inferiori a quelli praticati in passato. anche sulla parte che scotta di più, la questione morale , qualcosa è stato fatto; ma ci scorrerò rapidamente, perché, lo sappiamo, sono sempre le stesse cose: il disegno di legge sugli appalti, che ora è stato presentato dal ministro Merloni e che è un buon provvedimento. era ora; ed è stato presentato. vi sono poi le nuove discipline in materia di nomine. vi faccio una segnalazione; scusate, forse è un mio gusto da deformazione professionale, ma tra una protesta, una critica e un lavorio ho anche improvvisato, fra noi: il disegno di legge sulla Biennale presenta un convegno che sottopongo alla vostra attenzione. il congegno fa capo a designazioni che sono le più larghe, di istituzioni culturali o scientifiche diverse, e che salvaguarda — perché va salvaguardato e non va negato — il potere ultimo di nomina da parte delle istituzioni politiche nazionali, regionali e locali, ma sempre come potere di scelta all' interno di rose formulate da istituzioni culturali e scientifiche. questo può diventare un modello per affrontare con equilibrio, per il futuro, un nuovo modo di fare le nomine. l' Italia ha anche bisogno di un codice deontologico; se ne parla poco da noi, ne hanno parlato molto i francesi, ne parlano e li praticano negli USA. è qualcosa a cui anche dobbiamo pensare: per i funzionari amministrativi, per i rappresentanti politici, per gli stessi titolari di imprese (ma questo riguarda le imprese). trovo assolutamente urgente affrontare la questione dei controlli amministrativi e delle garanzie di credibilità e di professionalità dei titolari dell' azione non solo politica, ma anche amministrativa. altrimenti rischiamo di veder cumulare le distorsioni di cui poi ci lamentiamo. quando si entra nel vivo di tale questione so perfettamente, colleghi, che si entra in argomenti su cui le opinioni sono fortemente divaricate e si rischia di essere interrotti prima ancora di aver cominciato a parlare. permettetemi, perciò, in un secondo, prima di vedere con freddezza i fatti dei quali stiamo parlando e poi di esprimere un' opinione su di essi. ora, per quanto riguarda i fatti come li potrebbe vedere un estraneo che considerasse quello che è venuto accadendo in Italia in questi anni e che accade ancora in questi giorni, egli noterebbe, con la freddezza dell' osservatore, i seguenti fenomeni. in primo luogo, non potrebbe non notare il reticolo sempre più fitto e asfissiante dei fenomeni di corruzione che non sono soltanto fenomeni di erogazioni casuali, occasionali o anche periodiche, ma che sembrano essere divenuti nel « macro » e nel « micro » , a giudicare dai fatti che comunque sono emersi — altro è stabilire chi ne sia il colpevole — , una macchina fiscale che lo Stato italiano non può non invidiare; una macchina la cui capacità di esazione continua, minuziosa, analitica è assolutamente superiore a quella che le istituzioni hanno sin qui dimostrato. questo sarebbe il primo fenomeno ad essere notato. il secondo fenomeno, correlativo a questo e in qualche modo coevo nella sua evoluzione — non voglio entrare nelle cause, perché il discorso diventerebbe lungo; intendo solo osservare il fenomeno — , è rappresentato da un indebolimento progressivo dei controlli amministrativi, che pure esistono. infatti, ciò che impressiona è che vi sia stato questo verminaio così articolato e fitto in sedi a fronte delle quali esistono istituzioni di controllo amministrativo e che questo controllo non abbia funzionato, si sia spaventosamente indebolito. il terzo fenomeno che l' osservatore noterebbe è che in tale vuoto lasciato dai controlli amministrativi è progressivamente entrato il giudice penale il quale, proprio in ragione del vuoto, è stato sollecitato — in più casi chiamato — ad occupare uno spazio che altri prima di lui — se non al suo posto, ma di sicuro prima di lui — avrebbe potuto e dovuto occupare. si arriva, perciò sul piano istituzionale a sicure alterazioni; anche qui mi limito ad osservare i fatti. se qualcuno si domandasse oggi quale dovrebbe essere lo spazio tipico della giustizia amministrativa , dell' eccesso di potere, oggettivamente avrebbe difficoltà ad individuarlo. oggi lo spazio dell' eccesso di potere sembra essere interamente occupato dall' abuso di potere; lo spazio dell' illecito amministrativo, l' atto compiuto per un fine diverso da quello previsto dalla legge, è uno spazio che viene ab initio occupato dall' abuso di potere, che è illecito penale. questa dilatazione della giustizia penale al posto della giustizia amministrativa porta con sé, inevitabilmente, anche una dilatazione di istituti sostanziali e processuali del nostro diritto penale. vi è una dilatazione di figure di reato; vi è chiaramente un uso di istituti del codice di procedura penale , quali sono quelli, per esempio, che portano alla carcerazione preventiva, che è sicuramente molto più intenso di quanto, presumo, avessero previsto gli autori del codice di procedura penale . inoltre, con la dilatazione del fenomeno, vi è la moltiplicazione di una serie di effetti extrapenali, che poi si riflettono in fenomeni anche di rilevanza ora istituzionale ora politica. è un fenomeno comune del quale si parla — ora, se ne parlo io in quest' Aula di sicuro susciterò qualche protesta, ma in privato ne parlano tutti — che gli amministratori locali ormai hanno paura a firmare anche gli atti di cui si sentono sicuri e magari telefonano prima alla procura per sapere se possano farlo o meno. anche questa è una distorsione, poiché l' autorità giudiziaria sostituisce gli organi di consulenza amministrativa. vi sono poi altri fenomeni che si stanno verificando. ebbene, questi fenomeni stanno accadendo. vi è un grande problema che in un clima di forte contrapposizione non può essere adeguatamente affrontato. e capisco che, affinché non venga affrontato in un clima di forte contrapposizione, occorre un equilibrato atteggiamento da parte di tutti. io ritengo irrinunciabile — e lo dico con estrema chiarezza ai colleghi di tutti i gruppi — che per arrivare ad affrontare in modo costruttivo ed utile queste distorsioni occorra in primo luogo che si ammetta — e che la si ammetta in tutta la sua gravità — la dimensione intollerabile raggiunta dalla corruzione amministrativa e politica in Italia, perché se non si fa questo, non sarà mai accettato qualunque argomento che riguardi le distorsioni a cui il sistema è arrivato. invoco pertanto caldamente tutti a farsi carico di questa prioritaria esigenza. non può bastare dire: era un errore in cui in tanti eravamo caduti! non può bastare dire: tutti sapevamo che era un sistema irregolare! non lo sapevamo tutti che era un sistema così ramificato! non lo sapevano tutti! non lo sapevano tutti... e forse molti di questi che urlano lo sapevano più di altri!... un sistema... un sistema che ha prodotto una degenerazione così ampia e ramificata non può, senza una profonda autocritica, rendere credibili e accettate le critiche, pur legittime, che fa alle deformazioni a cui sta portando la stessa cura del male che ha fatto. ed è fondamentale che questo aspetto venga compreso da tutti, perché questo che alcuni hanno chiamato errore, questa che è stata definita irregolarità nella quale si viveva, sta determinando una delegittimazione del ceto politico che peserà per anni sulla classe dirigente di questo paese!... e che può provocare dei danni inenarrabili per il futuro del nostro paese. pertanto, pur prendendo atto... su questa premessa, su questa irrinunciabile premessa, è essenziale ribadire il principio che ciascun potere pubblico deve essere esercitato con misura, che vi è una regola essenziale, primordiale e fondamentale dello stato di diritto e della divisione dei poteri che esige da ciascuno misura nell' esercizio del proprio potere; una misura che nessuna legge può sostituire e che nessuna norma può violentare! non vorrei mai che vi fossero norme che interferissero con la professione giornalistica, e non debbono esserci: ma deve esserci misura nell' esercizio della professione giornalistica. non ritengo che debbano esservi norme diverse da quelle che garantiscono a ciascun potere l' indipendenza da ciascun altro, ma ciascun potere, indipendente da ciascun altro, deve avvertire tutta la responsabilità della misura nell' esercizio di ciò che gli compete. ed è, se mi permettete, in nome di questa misura, misura che non è il linciaggio — che è esattamente il contrario di ciò di cui stiamo parlando — che chiedo a voi, onorevoli colleghi , e lo chiedo all' onorevole Occhetto, di darmi atto che non ho tre ministri che possa considerare colpevoli di qualche cosa! al ministro Goria la Camera ha concesso la fiducia proprio su tale questione. il ministro Conte, poi, è stato ritenuto dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere (diciassette voti contro uno o due, di quella parte...), totalmente estraneo ai fatti che gli erano stati contestati... ho infine il ministro De Lorenzo , che attende fiduciosamente il giudizio della Giunta per le autorizzazioni a procedere , che ancora non si è espressa. lo si capisce anche dall' andamento di questo dibattito, onorevoli colleghi , che il futuro che abbiamo davanti non è facile, così come non sono facili i problemi che abbiamo davanti. c' è — e lo percepiamo tutti — un nuovo verso il quale dobbiamo arrivare, un nuovo fatto di stabilità, di credibilità, di nobiltà (come stamane è stato detto), di superamento dei colli di bottiglia che attanagliano il nostro sviluppo. dobbiamo avviarci verso questo futuro con chiarezza di propositi e grande senso di responsabilità . portiamoci pure la nostra speranza; non ci portiamo però i nostri sogni. portiamoci la verità e non ci portiamo le nostre convenienze. la speranza di un risanamento possibile c' è, purché di risanamento si tratti. il nuovo che aspettiamo, come tanti nuovi mai giunti che sono stati aspettati in passato, al di là dei quali si sperava che le compatibilità economiche cadessero e si sciogliessero in nome della diversità del futuro, questo nuovo è un sogno. occorre il massimo di equità; occorre salvaguardare la solidarietà. non è possibile pensare di fare un' azione di risanamento distribuendo risorse che non ci sono e che costerebbero alla collettività assai più di quelle che riesce faticosamente a trovare. il nostro futuro — ce lo dobbiamo tutti ricordare — è l' Europa e non è l' Argentina di alcuni anni fa; è verso quell' Europa che noi ci dobbiamo dirigere. portiamoci la nostra voglia di verità e non le nostre convenienze: il che significa che il rinnovamento morale deve investire tutto ciò che deve investire, e non soltanto quelli che vengono assunti come nemici politici da crocifiggere in nome della questione morale . su queste premesse io colloco l' impegno del Governo per andare verso quel nuovo e per confrontarci con gruppi anche diversi da quelli della maggioranza che fin qui ci ha sostenuto, d' accordo con questa maggioranza, perché lo sforzo sia più intenso, più forte, più condiviso. sono pronto a tornare in Parlamento in un' occasione diversa da questa per entrare nel merito delle questioni e per verificare su quali sia possibile corroborare la nostra azione con consensi più forti. ma la chiarezza è assolutamente fondamentale. dobbiamo sapere quali sono i problemi che abbiamo; dobbiamo avere la responsabilità di cercare di risolverli non con formule retoriche, ma con soluzioni vere. questo è ciò che noi desideriamo fare. questo Governo — l' ho detto fin dall' inizio — vuole essere un Governo, non un simulacro di Governo. questo Governo vuole esistere per cambiare e non per campare. il giorno che ci accorgessimo che le condizioni parlamentari ci consentono soltanto di campare e non di cambiare, non riterremmo di restare qui solo perché è tanto difficile trovare qualcun altro. quel giorno saremmo noi a porre il problema che oggi è stato posto con una mozione di sfiducia .