Giulio ANDREOTTI - Presidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
X Legislatura - Assemblea n. 724 - seduta del 05-12-1991
Sul Consiglio superiore della magistratura
1991 - Governo VII Andreotti - Legislatura n. 10 - Seduta n. 724
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , gli argomenti che formano oggetto degli atti odierni di controllo parlamentare hanno un contenuto prevalentemente giuridico e, come tale, passibile di interpretazioni e di dispute. un punto, però, deve rimanere fermo. come già in altre occasioni ho avuto modo di dire in questa sede e al Senato, il Capo dello Stato rappresenta, come tale, super partes , un patrimonio ed un valore comune della nazione e deve essere tenuto fuori da ogni mischia politica. a nessuno sfugge il contesto difficile e delicato che stiamo attraversando, quando uno dei fini primari che dobbiamo senza indugi e titubanze conseguire è il raggiungimento di un sistema di prevenzione e di giustizia che arresti il ritmo inaudito di criminalità assassina di stampo mafioso, che specie in alcune province turba profondamente gli spiriti, disonora il buon nome dell' Italia e compromette fortemente le possibilità di crescita e di sviluppo che le nuove realtà europee potrebbero produrre. il Governo ha adottato e proposto innovazioni legislative, contro le quali. si è sviluppata una campagna ostile di cui il Parlamento avverte certamente la grave pericolosità, appesantita da astensioni dal lavoro tanto dolorose quanto inopportune e da inaccettabili manifestazioni di insofferenza. per valutare adeguatamente i fatti ai quali si riferiscono le interpellanze all' ordine del giorno è indispensabile considerare preliminarmente il vigente quadro normativo, specialmente per quanto concerne i profili costituzionali. l' istituzione del Consiglio superiore della magistratura , anche se intervenuta con un certo ritardo il presidente Einaudi in una memoria del 1956, concluso il suo settennato, affermava, nel suo stile conciso ed efficace, che « non essendo ancora stato costituito, non ho avuto occasione di presiedere, secondo ordina la Costituzione all' articolo 87, il Consiglio superiore della magistratura » — è una conseguenza diretta del riconoscimento dell' autonomia e dell' indipendenza dell' ordine giudiziario. in altri termini, il Consiglio è — come si legge nella relazione della commissione Paladin costituita nel 1990 dal presidente Cossiga — un « organo di garanzia, creato in funzione dell' indipendenza dei singoli magistrati ordinari e dell' autonomia del loro complessivo ordine rispetto agli altri poteri dello Stato » . lo rende evidente il nesso riscontrabile fra il primo comma dell' articolo 104 della Costituzione, concernente appunto la magistratura quale « ordine autonomo e indipendente » , e i commi successivi dello stesso articolo, contenenti la previsione e la disciplina organizzativa del Consiglio; lo conferma infine — oltre ai lavori preparatori della Costituente — la giurisprudenza della Corte costituzionale . se questo è un dato indiscusso, si è aperto, con la legge istitutiva del 1958, un ampio dibattito sulla natura del Consiglio e sui limiti dei suoi poteri. è prevalente l' opinione che si tratti di organo « di rilevanza costituzionale » o « di alta amministrazione » , posto che possono definirsi « costituzionali » soltanto quegli organi che partecipano all' attività normativa o di controllo della costituzionalità normativa ovvero alle funzioni generali di Governo e di indirizzo politico . alla tesi secondo la quale il Consiglio superiore della magistratura è entità rappresentativa della magistratura stessa — tesi sostenuta per ancorarvi un' attività propositiva del Consiglio e per legittimarne una funzione di indirizzo nei confronti dell' intera magistratura — è stato convincentemente obiettato che la particolare composizione dell' organo (un terzo dei suoi membri è designato dal Parlamento) e l' averne la Costituzione affidato la presidenza al Capo dello Stato impediscono siffatta configurazione. circa i poteri del Consiglio superiore della magistratura , se è vero — come fu chiarito in sede di Assemblea costituente — che l' articolo 105 della Costituzione si limita ad indicarne le attribuzioni aventi rilievo costituzionale, per cui la sfera operativa dell' organo non è riducibile alla enumerazione dei poteri contenuta nell' articolo in questione, è altrettanto vero che la materia dell' ordinamento giudiziario è sottoposta dall' articolo 108 della Costituzione a riserva di legge . il problema che, specificamente, si è posto in questi giorni con particolare intensità in ordine al funzionamento del Consiglio superiore della magistratura riguarda, come è noto, la formazione dell' ordine del giorno dei lavori dell' assemblea plenaria, nonché la convocazione della stessa. la questione non è nuova. essa è infatti insorta vari anni or sono, già sul finire del settennato del presidente Pertini. in epoca più recente, e più precisamente nel dicembre del 1985, il presidente della Repubblica manifestò la sua contrarietà a che il Consiglio superiore della magistratura dibattesse nella seduta prevista per il 3 dicembre sulle critiche mosse dall' allora presidente del Consiglio dei ministri ad una sentenza del tribunale di Roma. in quella occasione, il presidente fece valere che « la valutazione dei comportamenti del presidente del Consiglio dei ministri è attribuita in via esclusiva al Parlamento nazionale e non può assolutamente di essa intendersi sotto nessun profilo investito un organo, anche se di alta amministrazione, quale il Consiglio superiore della magistratura » . nel novembre 1990 alcuni membri del Consiglio superiore della magistratura proposero di inserire all' ordine del giorno del Consiglio stesso la discussione su alcune valutazioni espresse dal ministro guardasigilli Vassalli in merito ad atti e comportamenti di un giudice istruttore . anche in quella occasione il presidente della Repubblica negò il suo assenso, rilevando ancora che un ministro della Repubblica risponde solo dinanzi al Parlamento ed aggiungendo che, essendo quello specifico ministro titolare dell' iniziativa dell' azione disciplinare nei confronti dei magistrati, doveva evitarsi qualunque discussione che potesse costituire anticipazione del giudizio sulla eventuale azione disciplinare . seguì nella seduta del 22 novembre 1990 una approfondita ed ampia discussione, nel corso della quale i componenti del Consiglio confrontarono le loro contrastanti posizioni sulla interpretazione delle norme del regolamento interno che disciplinano la formazione dell' ordine del giorno . all' esigenza di fare chiarezza in materia non poteva non essere sensibile il presidente della Repubblica , che tanto si è adoperato anche in altri settori — penso, ad esempio, alle questioni relative al Consiglio supremo di difesa ed al comando delle forze armate — per la definizione dei rapporti tra i soggetti istituzionali più consona al dettato della Costituzione. sulle disposizioni del regolamento interno del Consiglio superiore della magistratura che disciplinano la formazione dell' ordine del giorno , e sul loro coordinamento con i principi generali dell' ordinamento, occorre essere molto precisi. gli articoli 87, decimo comma, e 104, secondo comma, della Costituzione stabiliscono che il presidente della Repubblica presiede il Consiglio superiore della magistratura . l' articolo 18 della legge 24 marzo 1958, numero 195, sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura , precisa che lo stesso è convocato dal presidente della Repubblica . questa previsione figura altresì nel regolamento interno del Consiglio superiore della magistratura , all' articolo 4e, per quanto riguarda la formazione dell' ordine del giorno , all' articolo 45. quest' ultimo subordina la comunicazione dell' ordine del giorno a tutti i componenti del Consiglio al previo assenso del presidente, salva la possibilità del Consiglio di deliberare, all' inizio di ciascuna seduta ed in caso di particolare urgenza, di aggiungere all' ordine del giorno della seduta stessa altri argomenti. l' articolo 46, primo comma, del regolamento interno dispone inoltre che ciascun componente può comunque richiedere l' inserzione di un determinato argomento all' ordine del giorno , aggiungendo che il Consiglio delibera in proposito e, se accoglie la richiesta, fissa la data della discussione anche in presenza di eventuale opposizione del vicepresidente. quest' ultimo è in ogni caso tenuto a fissare la data della discussione quando la richiesta sia stata sottoscritta da almeno un quarto dei componenti del Consiglio. sempre il regolamento interno del Consiglio superiore della magistratura , al successivo articolo 50, prevede che al termine di ogni seduta, indipendentemente dal procedimento normale di convocazione da parte del presidente, il Consiglio può deliberare a maggioranza la data della sua successiva convocazione e l' ordine del giorno di tale seduta. se questo è il quadro normativo all' interno del quale si situa la questione che qui ci interessa, osservo innanzitutto che la regola che si trae dalle disposizioni sopra richiamate è che l' ordine del giorno non si può formare né la seduta si può tenere senza l' assenso del presidente. questa regola prevede tre eccezioni, delle quali è utile chiarire la portata. la prima è quella dell' inserimento di un determinato argomento, originariamente non previsto, all' ordine del giorno di una seduta in corso : ciò per altro può avvenire solo previa delibera del Consiglio, ma subordinatamente alla presenza di situazioni di particolare urgenza. osservo, a questo proposito, che è stato sostenuto che, in tal caso, il Consiglio deve deliberare all' unanimità e alla presenza di tutti i suoi membri — presidente compreso — , e che comunque l' argomento da trattare deve riguardare esclusivamente l' attività ordinaria del consesso. la seconda riguarda le richieste sottoscritte da almeno un quarto dei componenti del Consiglio o, se presentate a titolo individuale, accolte dal Consiglio stesso. in questi casi, la norma si limita a prevedere la fissazione della data della riunione. il problema che sembrerebbe porsi è di accertare se, una volta fissata tale data, la formalizzazione e la comunicazione a tutti i membri del Consiglio dell' ordine del giorno ricadano sotto la disciplina generale prevista dall' articolo 45. la terza eccezione è quella dell' articolo 50. quest' ultima disposizione, peraltro, è stata per prassi costante oggetto di un' applicazione ben delimitata al caso in cui in una determinata seduta non fosse stata possibile, per mancanza di tempo, la trattazione di tutti gli argomenti inclusi nell' ordine del giorno della seduta stessa. in altri termini, la disposizione è stata di norma interpretata come volta a superare l' altrimenti assunto formalismo che imporrebbe di riformulare secondo la regola generale l' ordine del giorno anche per questioni che non fosse stato possibile trattare nella riunione nella cui agenda esse figuravano. questa interpretazione è stata avvalorata anche dalla constatazione che la norma in questione richiama espressamente l' ordinario procedimento ed il rispetto dei termini di preavviso per l' inserimento di nuovi argomenti. come è noto, il problema di cui ci occupiamo si è posto proprio perché nella fattispecie, il Consiglio superiore della magistratura , al termine della seduta del 13 novembre 1991, ha ritenuto di poter fondare sull' articolo 50 del proprio regolamento interno la convocazione e la relativa fissazione dell' ordine del giorno di una successiva riunione per il 20 novembre. riunione da destinarsi all' esame di cinque richieste di parere — relative all' interpretazione di norme in materia di attività degli uffici del Pubblico ministero e di formazione dei ruoli dei dibattimenti penali anche dinanzi alle corti di assise — alle quali il presidente della Repubblica aveva ritenuto di negare in precedenza l' assenso. diniego fondato sul rilievo che l' emanazione di pareri sull' interpretazion e di norme processuali e sostanziali non rientra nelle attribuzioni del Consiglio superiore della magistratura , come lo stesso Consiglio ha più volte affermato in un passato anche molto recente. a questo proposito, sembra che le osservazioni precedentemente svolte conducan o a considerare quanto meno opinabile l' affermazione contenuta in una delle interpellanze di cui oggi discutiamo, secondo la quale l' articolo 50 del regolamento interno del Consiglio superiore della magistratura disporrebbe, « senza possibilità di equivoco » , che l' ordine del giorno possa essere approvato dal Consiglio stesso senza il previo assenso del presidente della Repubblica . osservo, per inciso, che anche l' affermazione secondo la quale il regolamento interno del Consiglio superiore della magistratura è stato promulgato dall' attuale presidente della Repubblica , pur se corretta quanto al dato temporale, è incompleta. quello approvato il 6 aprile 1988 altro non è, infatti, che un testo coordinato delle varie modificazioni del regolamento interno che si erano succedute nel corso degli anni e che, per altro, non avevano mai riguardato l' attuale articolo 50, rimasto sostanzialmente inalterato rispetto a redazioni precedenti. molto si è discusso in questi armi, in relazione alla norma costituzionale che conferisce al presidente della Repubblica la presidenza del Consiglio superiore della magistratura , sul significato di questa presidenza, su suo concreto valore, sul ruolo del presidente e sui suoi poteri. se ne è discusso in varie sedi, politiche e dottrinali, e qui, come è evidente, non mi è possibile riassumere nè enunciare tutte le posizioni e tutte le sfumature di ciascuna di esse. credo però che nessuno si dorrà se ricorderò, prima di ogni altra, la parola di uno dei padri della nostra Costituzione, che, con grande precisione e lucidità, ha descritto l' aspetto essenziale del problema. mi riferisco a Costantino Mortati secondo il quale « la decisione presa di mettere a capo del Consiglio superiore della magistratura il presidente della Repubblica deve essere valutata come espressione del proposito di accentuare la supremazia della funzione ed altresì di fornire un' alta garanzia di apoliticità di tale organo, facendovi intervenire, come primus inter pares , colui che ha come suo specifico compito la cura degli interessi generali, ad di sopra delle divisioni politiche » . « è quindi esatto » — prosegue Mortati — « ritenere che la funzione adempiuta dal Capo dello Stato quale presidente del Consiglio Superiore della Magistratura non è né puramente simbolica, né si risolve in quella ordinaria di ogni presidenza collegiale... » . in questo stesso ordine di idee, altri — che pure in occasioni recenti non hanno risparmiato prese di posizioni divergenti rispetto al Capo dello Stato — hanno posto in risalto la funzione propria del presidente della Repubblica di garante del rispetto della Costituzione « tanto nei confronti degli organi titolari dell' indirizzo politico di maggioranza, quanto nei confronti dello stesso Consiglio superiore della magistratura » . consentitemi di ribadire i punti fermi che si ricavano da quanto sin qui esposto. in primo luogo, è un fatto che la legge assegna solo al presidente della Repubblica il potere di convocare il Consiglio superiore della magistratura . è un fatto altresì che lo stesso regolamento interno del Consiglio preveda che l' inserzione degli argomenti all' ordine del giorno delle riunioni avvenga previo assenso del presidente. è un fatto infine che la norma regolamentare sulla fissazione della data e dell' ordine del giorno da parte del Consiglio è stata intesa fino ad ora come relativa alla posposizione ad altra seduta di argomenti che avessero già ottenuto l' assenso, e che tale interpretazione è stata sempre considerata conforme alla Costituzione ed alla legge. a fronte di ciò, è ben vero che il testo letterale di alcune norme può indurre a ritenere che, in via di eccezione, sia consentita l' autoconvocazione su ordine del giorno deliberato a maggioranza, senza il preventivo assenso del presidente. ma una tale interpretazione pone problemi di grande rilievo. se, da una parte, l' eccezionale autoconvocazione è prevista in organi collegiali anche di altissima rappresentanza politica , per evitare che la volontà di chi lo presiede possa, in casi estremi, paralizzare o limitare la funzionalità, l' efficienza e l' operatività dell' organo, dall' altra non può negarsi la necessità di tutelare l' interesse istituzionale al controllo sulla legalità formale dell' oggetto della futura discussione e sulla rispondenza di tale oggetto alle attribuzioni proprie dell' organo. ma — si legge in alcune interpellanze — esiste l' articolo 50 del regolamento interno, che è stato riconosciuto dalla stessa commissione Paladin come « vera e propria fonte dell' ordinamento generale » . sul fatto che dall' articolo 50 sia possibile trarre « senza equivoco » le conseguenze di principio che ne traggono alcuni onorevoli interpellanti, mi sono già soffermato in precedenza. per quanto attiene al valore del regolamento, è certamente vero che esso ha un rilievo anche esterno, come accade per le procedure per il conferimento degli uffici direttivi e come si verifica per il Governo, che, pur essendo esterno al Consiglio, è comunque tenuto a rispettarne le norme regolamentari. ma la stessa relazione della commissione Paladin chiarisce, a questo proposito, che il regolamento non può non « fare i conti, in questo campo, con la legge numero 195 e con la Carta Costituzionale » , sì che la commissione « è dell' avviso che i poteri di determinazione dell' ordine del giorno , sia pure nella forma dell' assenso, siano insiti nelle previsioni normative che affidano al Capo dello Stato la presidenza del Consiglio superiore della magistratura » . ciò posto — afferma inoltre la relazione — « ... in ogni caso il presidente dovrebbe essere messo nella possibilità di manifestare il proprio assenso o dissenso... giacché, diversamente, la presidenza che gli è conferita verrebbe a mancare di ogni consistente effettività » . certo, non vi è dubbio che i singoli componenti del collegio abbiano diritto a richiedere la convocazione e la inclusione di argomenti all' ordine del giorno e che a questo diritto corrisponda un potere-dovere negli organi di direzione del Consiglio. di questo diritto è traccia nel regolamento e comunque esso è deducibile dai princìpi generali. ma è altrettanto certo che il Consiglio superiore della magistratura è un organo a competenze legislativamente determinate, per cui — come ho più sopra indicato — esiste e va tutelato un precipuo interesse dell' ordinamento al controllo della rispondenza dell' oggetto delle deliberazioni alle attribuzioni proprie dell' organo stesso. si tratta di una esigenza alla quale sembra tanto più difficile sottrarsi se si pensa, da una parte, alla rilevanza dell' organo e, dall' altra, alla circostanza che la sua presidenza è attribuita alla suprema magistratura della Repubblica quale garante della legittimità e del coordinamento fra i poteri dello Stato. anche questo aspetto è efficacemente affrontato nella relazione Paladin, laddove, proprio con riferimento al rapporto tra l' assenso e la capacità deliberativa del Consiglio, si legge che « l' atto in questione si colloca piuttosto al limite delle funzioni e delle facoltà consiliari, nella tutela delle attribuzioni proprie degli altri poteri dello Stato » . tutto ciò conduce ad affermare la necessità di grande chiarezza normativa, certezza nell' attribuzione dei compiti istituzionali, rispetto del dettato costituzionale. ecco perché l' ordinamento giudiziario , come dispone là Costituzione, deve essere adottato con legge del Parlamento; ecco perché con legge del Parlamento debbono essere definite le competenze del Consiglio superiore della magistratura ; ecco perché su queste competenze non debbono esservi incertezze. vengo ora alla questione, evocata in molte delle interpellanze, relativa alla controfirma apposta dal ministro di grazia e Giustizia. tale controfirma, è da rilevare, venne apposta non già alla lettera indirizzata dal Capo dello Stato al vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura , ma alle lettere con le quali il presidente della Repubblica ne accompagnava la trasmissione ai presidenti della Camera dei Deputati e del Senato. la controfirma — desidero precisare — fu apposta dal ministro guardasigilli d' accordo con me. essa si riferisce alla comunicazione fatta dal presidente della Repubblica al Parlamento del contrasto insorto con il Consiglio superiore della magistratura , una comunicazione certamente conforme a regole di correttezza costituzionale. oltre che legittima, la controfirma è anche opportuna, dato che nel caso concreto il presidente della Repubblica aveva responsabilmente deciso di investire della questione il Parlamento ed il Governo condivideva e condivide l' esigenza di una iniziativa legislativa chiarificatrice. il Governo è infatti consapevole che le questioni di cui si discute sono sintomatiche quanto meno di uno stato di incertezza che non può non pregiudicare il corretto funzionamento delle istituzioni che è nostro compito e dovere migliorare e non certo minare e distruggere. il Governo ha condiviso i messaggi sul tema della giustizia che il presidente della Repubblica ha inviato al Parlamento e, in occasione della presentazione del suo programma, ha sottolineato l' importanza di prestare ogni attenzione al funzionamento del Consiglio superiore della magistratura ed alla disciplina del suo potere regolamentare , materia che, come ebbi modo di dire allora, non potrà non essere compresa nel più vasto disegno, ora più che mai necessario, di aggiornamento e di riforma costituzionale . le Camere, infatti, accanto alle revisioni strutturali ed agli eventuali chiarimenti normativi (che io penso siano da collocarsi armonicamente nel quadro della riforma dello Stato, per l' attuazione della quale la prossima legislatura dovrà fare quello che non è stato possibile fare in questa) debbono dare al popolo italiano che esse rappresentano un messaggio di certezza e di assunzione di responsabilità. signor presidente , colleghi, quando la Costituzione, a tutela della libertà dei cittadini, solennemente afferma che il giudice è soggetto soltanto alla legge, vuole proprio impedire che tra la legge ed il singolo giudice possano frapporsi provedimenti, da chiunque emessi, che non siano indicati dalla legge o ad essa conformi. di fronte ad eventuali ambiguità interpretative, ciascuno ha il diritto — nel rigoroso rispetto dei principi dell' ordinamento e utilizzando gli strumenti di tutela che esso appresta — di difendere la propria interpretazione della norma e del sistema nel quale essa si colloca. ma, indipendentemente da ogni altra forma di eventuale soluzione del problema — e penso in particolare alla possibilità sia pure un po' ardua che la Corte costituzionale venga investita per conflitto di attribuzione — , il nostro ordinamento è fondato sulla assoluta preminenza della sovranità popolare cui ci richiama spesso il presidente della Repubblica . al Parlamento, quindi, prima e più che ad altri organi ed istituzioni, spetta di farsi carico di affrontare la questione dopo averne valutato in profondità tutti gli aspetti e tutte le implicazioni. l' intervento del Parlamento è la migliore garanzia per tutti che in materie di tanto rilievo siano rispettate le indicazioni che solo i rappresentanti della sovranità popolare possono fornire. attraversiamo un momento difficile nel quale da parte di tutti occorre assoluta obiettività, rigoroso rispetto delle leggi, dedizione appassionata a far sì che dagli indubbi progressi dell' Italia democratica non derivi paradossalmente una disgregazione inaccettabile del tessuto civile e morale della nostra nazione.