Bettino CRAXI - Presidente del Consiglio Maggioranza
X Legislatura - Assemblea n. 698 - seduta del 22-10-1991
Sulla condizione politica del Governo
1991 - Governo II Spadolini - Legislatura n. 8 - Seduta n. 583
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , tutte le crisi che ci circondano, tutte le difficoltà ed i nuovi problemi, le tensioni che rimbalzano su di noi come effetto diretto e indiretto di una straordinaria precipitazione di avvenimenti per la crisi radicale di uno dei grandi sistemi dominanti nel mondo, sono incomparabilmente più sopportabili della minaccia della quale ci sentiamo liberati: quella di una guerra che in un giorno indefinito sarebbe potuta esplodere tra sistemi contrapposti ma in armi, pacificamente coesistenti ma in perenne contrasto di influenze tra di loro. il nuovo orizzonte di pace ha un valore ed un significato epocale. le generazioni uscite dalla seconda guerra mondiale , protagoniste o testimoni di una delle più grandi tragedie della storia europea e mondiale, quelle che hanno vissuto e sono state condizionate dagli aspri contesti della guerra fredda , e le nuove che hanno sempre temuto un ritorno del passato, hanno ora di fronte una prospettiva di pace che si presenta in tutta la sua ampiezza, la sua irreversibilità, le sue potenzialità. naturalmente, essa porta con sé il peso di un' eredità negativa, di contraddizioni e di crisi non risolte. ostacoli e incognite numerose e varie, ma nessuna di natura tale da poter rovesciare il corso delle cose; nessuna in grado di frenare od arrestare il consolidamento della pace tanto in Europa che nel resto del mondo. si potrà ora procedere ancora più speditamente sulla via del disarmo, nucleare, chimico e convenzionale. le spese militari potranno e dovranno essere progressivamente e drasticamente ridotte. immense risorse potranno essere liberate e destinate a scopi civili, ad obiettivi di sviluppo a fini di solidarietà internazionale. esplode una stagione che vede e dovrà vedere insieme la riaffermazione dei diritti del popoli alla loro indipendenza, alla loro sovranità e libertà; rafforzerà la difesa dei diritti umani ovunque essi siano ancora conculcati, limitati, misconosciuti, mentre dovrà avanzare una nuova consapevolezza delle diseguaglianze che ancora separano il mondo, dividendo in un contrasto stridente ed ingiusto paesi e continenti. la questione dello sviluppo diseguale, delle distanze tra paesi ricchi e paesi poveri che tendono ad aumentare piuttosto che a ridursi, delle condizioni minime sanitarie, ambientali e civili che debbono essere costruite, rappresenta la vera, essenziale questione sociale del nostro tempo. il crollo del sistema comunista è giunto improvviso, inarrestabile ed in termini che nessuno avrebbe potuto prevedere e forse neanche immaginare. in due anni è stato scritto l' ultimo capitolo della più grande vicenda rivoluzionaria di questo secolo, che era degenerata, per le sue premesse ideologiche e lungo il corso della sua storia, nel totalitarismo, nell' imperialismo e nel militarismo. si è alzato il sipario della verità su di una potenza militare in una società sottosviluppata, come in anni recenti era stata definita l' Unione Sovietica . tornano insieme alla mente le parole antiche ed incredibilmente profetiche che uno dei fondatori del partito socialista italiano, Filippo Turati, a proposito della rivoluzione russa e dell' enorme eco e seguito che essa andava raccogliendo in Europa ed in Italia, pronunciava — nel lontano 1919 di fronte al congresso socialista di Bologna. parlando appunto della Russia di quegli anni Turati diceva: « probabilmente avremo questo triste effetto: che la miseria, il terrore, la mancanza di ogni libero consenso — basti ricordare che in Russia non esiste libertà stampa, il diritto di riunione è conculcato, il lavoro è militarizzato e i più presi di mira dalla persecuzione governativa sono i socialisti di tutte le scuole — e infine la pretesa irrazionale di forzare l' evoluzione economica, tutto ciò ha portato e porterà ineluttabilmente lo scoraggiamento di qualsiasi attività produttiva ed avverrà questo paradosso: che un paese così vasto, ricco di tutte le risorse, che ha l' enorme vantaggio di non essere tributario all' estero, che quindi non può essere boicottato, che ha dovizia di miniere, di cereali, di ogni ben di Dio, che avrebbe potuto, con più sapiente gradualità di provvedimenti, diventare l' antesignano della nuova civiltà, per avergli imposto una rivoluzione ad oltranza per la quale è manifestamente immature dovrà varcare attraverso un' infinita Odissea di dolori, forse di ritorni verso il passato, e nel miglior caso dovrà soffrire per l' adattamento necessario al nuovo regime, decenni di patimenti e di povertà, mentre fin da ora è costretto a creare una immensa macchina militaristica, quale non ha alcun altro Stato e che è permanente pericolo per qualunque presente o futura democrazia » . la crisi generale del sistema comunista si è mossa e si muove in tre aree e in tre stadi successivi. nella prima si è espressa la rivendicazione di libertà dei paesi costretti entro un regime autoritario a sovranità limitata . uno dopo l' altro i paesi dell' Europa orientale si sono liberati e resi indipendenti, praticamente senza colpo ferire . a tappe forzate si è realizzata l' unificazione tedesca, che ha risposto alla profonda aspirazione di un popolo, anche se ha determinato squilibri che forse sono stati, all' inizio, sottovalutati. nella seconda campeggia la crisi dell' Urss, che non è solo la crisi finale del dominio del partito comunista , dopo il suo estremo tentativo golpista, ma è la crisi di tutta la costruzione sovietica e financo di quella zarista, con la rivendicazione di indipendenza delle repubbliche e con un insieme di problemi aperti e tutt' altro che risolti, di ordine militare, economico, politico-istituzionale. infine, anche nella stessa federazione russa , dove convivono vere e proprie nazioni diverse, e nelle repubbliche di frontiera, cresce lo spirito di autonomia e di indipendenza. lo scenario dell' est ex comunista presenta quindi un quadro di quasi inestricabile complessità. su di esso pesano difficoltà, incertezze e pericoli su cui oggi è ancora assai difficile pronunciarsi. certo è che nessuna ristrutturazione e riconversione economica sarà possibile senza un forte e continuativo aiuto europeo ed occidentale. incerto è invece il futuro dei conflitti già in atto o dei conflitti potenziali, mentre affiorano esasperazioni ed estremismi nazionalistici, razzistici e religiosi. incerti sono gli interlocutori su cui poter fondare una cooperazione economica efficace, con basi salde. indefinito è il terreno su cui innestare un forte concorso alle trasformazioni che sono richieste, auspicate, proclamate. la politica di aiuti, che l' Italia condivide e a cui dovrà partecipare, gli aiuti di emergenza ma soprattutto gli interventi diretti a ricostituire in condizioni di economia di mercato nuovi meccanismi di sviluppo, ha di fronte a sé una via irta di ostacoli. e tra le previsioni che si stanno delineando non ultime sono quelle che riguardano il formarsi di incontrollabili flussi immigratori diretti verso un Occidente europeo dove anche i paesi più prosperi non appaiono affatto né attrezzati, né predisposti ad accoglierli e ad assorbirli. i paesi del centro e del nord dell' Europa premono già alle porte della Comunità Europea . ora si aggiungono le pressioni e le richieste di altri paesi europei dell' est. l' Europa dei dodici, in affanno con i suoi problemi interni, alle prese con le riforme necessarie per ridare respiro alla Comunità, impegnata a realizzare il traguardo dell' unione economica e monetaria, si trova di fronte ad una nuova, più grande ed ineludibile responsabilità. non può aprire le porte, ma non le può neppure chiudere. l' idea di una Comunità Europea globale ed onnicomprensiva appare oggi un' utopia. uno sforzo concreto per favorire la creazione di spazi economici aperti nell' Europa dell' est è invece una realtà che deve essere affrontata rapidamente e con lungimiranza. il COMECON è scomparso in una mattina e non potrà certo essere ricostruito, neppure in forme nuove. se il vuoto che ne è derivato fosse riempito da una confusione babelica nelle relazioni economiche, commerciali, monetarie, i fenomeni depressivi si moltiplicherebbero e le crisi sociali assumerebbero un carattere esplosivo. difficoltà ancora maggiori investono l' Unione Sovietica , in crisi per le diverse vie imboccate dalle repubbliche, per il disordine diffuso, che è il peggiore viatico per una ripresa economica . molte di queste realtà guardano con interesse e con speranza all' Italia, e l' Italia, penso, dal canto suo seguirà nell' ambito delle sue possibilità una linea di apertura, di collaborazione, di responsabilità. ma, come tutti avvertono, siamo di fronte ad un problema che non investe solo la responsabilità dei maggiori paesi europei . è un problema europeo ed occidentale, ed è un problema dell' Occidente e di tutti i paesi industrializzati avanzati. e invece prima di ogni altro un problema europeo il conflitto serbocroato, che già ha presentato il volto sanguinoso e terribile di una vera e propria guerra di eserciti e di bande. la Slovenia e la Croazia proclamano la loro indipendenza. si tratta di un processo irreversibile, destinato a farsi compiuto. il problema dei territori abitati da popolazioni serbe non è un problema pretestuoso. esso deve trovare una soluzione d' intesa, una soluzione pacifica, negoziata, equilibrata, garantita. una futura unione tra le repubbliche della vecchia federazione jugoslava, quale viene disegnata dagli strateghi della diplomazia europea, potrà essere solo il frutto di una libera scelta e non potrebbe essere imposta da nessuno, né con le armi e neppure con un atto politico, per autorevole che esso sia. l' Europa politica ha resistito saggiamente alla tentazione di inviare soldati in armi per dividere i contendenti. essi sarebbero stati inevitabilmente coinvolti in uno scontro che ha messo in mostra punte di fanatismo e di estremismo irrazionale. tuttavia essa deve ora mantenersi fermissima nella richiesta che il cessate-il-fuoco diventi definitivo e che i termini di una ragionevole mediazione siano considerati, approfonditi e, alla fine, accettati da tutte le parti, giacché le alternative sarebbero solo tragiche. del resto, serbi e croati non debbono scavare troppo lontano nella storia per convincersi che un conflitto di questa natura non avrebbe fine, non avrebbe né vinti né vincitori, ma determinerebbe solo una crudele realtà fatta di morti, di vittime innocenti, di distruzioni e di miseria. è urgente e necessaria la pace in Jugoslavia; siamo entrati in una fase decisiva per la pace in Medio Oriente . gli USA hanno buttato sulla bilancia tutto il peso della loro influenza, l' Unione Sovietica ha riallacciato le sue relazioni con Israele e farà valere la sua influenza, l' Europa può riflettere su ciò che poteva fare e che non ha fatto, senza per questo spogliarsi di una responsabilità che egualmente le tocca. i paesi arabi, nella loro grande maggioranza, hanno dato prova di grande moderazione e di grande flessibilità, ed anche l' Olp, indebolita da tanti inutili errori, ha affrontato la nuova situazione con ragionevolezza e con realismo. nella preparazione della conferenza di Madrid sono state fatte ad Israele molte concessioni, nella speranza che anche il suo Governo si mostri alla fine capace di affrontare la nuova situazione con ragionevolezza, con realismo e con lungimiranza. sono passati dall' inizio di questo tragico conflitto quarantaquattro anni, attraversati da cinque guerre, da uno stato continuo di tensioni, di ostilità, di terrorismi e di aggressioni. ora, per la prima volta, tutto è sul tavolo di un negoziato che il segretario di Stato americano James Baker, che lo ha fortemente voluto, giudica « estremamente difficile, irto di ostacoli e che probabilmente lungo il cammino subirà delle interruzioni » . tuttavia la speranza di una soluzione pacifica si è talmente radicata in tutto il mondo che nessuno potrebbe impunemente assumersi la responsabilità di farlo fallire. Israele ha a portata di mano non solo la sua sicurezza, che nessuno più minaccia, ma soprattutto le chiavi di una coesistenza pacifica nella regione e del suo futuro, pacifico sviluppo. il popolo palestinese (e chi ne ha difeso il suo buon diritto) attende una soluzione giusta ed equilibrata che assicuri ad un tempo la sua libertà, la sua indipendenza ed il suo pacifico sviluppo. al tavolo di Madrid siede una delegazione giordano-palestinese ed io continuo a credere che una federazione tra lo Stato giordano ed uno Stato palestinese , in un contesto di garanzie internazionali e regionali, può essere più che mai lo sbocco naturale e definitivo di una crisi che tutti ci auguriamo sia ormai giunta al suo ultimo capitolo. nel suo ruolo internazionale l' Italia, ben radicata nelle sue alleanze europee e occidentali, deve attrezzarsi per concorrere a consolidare la pace ovunque essa possa far valere la sua voce e la sua presenza. il suo ruolo è essenziale nella regione mediterranea, con un sistema di relazione e di scambi che deve intensificarsi con tutti i paesi della riva sud del Mediterraneo, dal Marocco sino al Libano. la sua presenza è importante nel resto dell' Europa e soprattutto nei paesi che ci sono più vicini per considerazioni geopolitiche e per legami storici, a partire dall' assistenza che è necessaria ed urgente per la piccola Albania. ci sono paesi del terzo mondo e dell' Africa, in particolare, con i quali è stata iniziata una cooperazione che non deve essere interrotta. in diversi paesi occorrono interventi umanitari urgenti e penso tra gli altri alle sofferenze di popolazioni somale ed eritree che non debbono lasciarci indifferenti. una presenza che si manifesti non solo attraverso una disponibilità di risorse, ma anche con la mobilitazione di energie e di iniziative industriali e commerciali, con una presenza fattiva del volontariato, di tecnici, di medici, di operatori sociali, senza dimenticare, in questo capitolo della povertà, i poveri che vivono soprattutto in piccole e dimenticate comunità italiane. signor ministro, noi anni fa eravamo il fanalino di coda dei paesi industrializzati nell' aiuto ai paesi più poveri. poi siamo entrati in campo con maggiore impegno e con maggiore generosità. non sono mancati gli sprechi ed una inutile dispersione di risorse, che vanno invece meglio concentrate in aree ben definite. ma la sola cosa che non ci possiamo permettere è quella di ritornare ad essere il fanalino di coda . io mi auguro che quando la legge finanziaria arriverà alla Camera sarà già stata corretta, allora, la cifra che riduce drasticamente il nostro impegno nella politica della cooperazione. la attribuisco ad un errore materiale. non posso pensare che si sia trattato di una deliberata scelta politica, una scelta che noi non potremmo in nessun modo condividere. sono certo che il ministro degli Esteri condivide le nostre riflessioni e le nostre idee e colgo l' occasione per ringraziarlo per l' impegno e per la serietà con cui ha affrontato situazioni e momenti di grande difficoltà. il Governo mantenga integri tutti i suoi fondamentali principi ed indirizzi di politica europea ed internazionale. eviti quelle incertezze e quelle contraddizioni, che possono solo indebolire di fronte ai paesi amici ed alleati l' immagine ed il prestigio dell' Italia. così facendo il Governo della Repubblica continuerà ad avere la nostra collaborazione ed il nostro sostegno.