Emma BONINO - Deputato Opposizione
X Legislatura - Assemblea n. 698 - seduta del 22-10-1991
Sulla politica estera
1991 - Governo VII Andreotti - Legislatura n. 10 - Seduta n. 698
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , signor ministro, molte cose dette in quest' Aula stamattina, che condivido, mi aiutano ad approfondire certi aspetti particolari delle sue comunicazioni ed anche ad affrontare temi, sempre di politica estera , che non sono stati oggetto del suo intervento. credo che il presidente Piccoli non si sentirà imbarazzato — o meglio, non molto imbarazzato — se, facendo completamente mie le parole che ha pronunciato or ora in quest' Aula, non mi soffermerò sulle ragioni giuridiche e politiche che a mio avviso impongono oggi al nostro ed agli altri governi di operare — seppur con ritardo il riconoscimento immediato dell' autonomia e dell' indipendenza della repubblica croata e di quella slovena. do tutto ciò per detto, anche se il presidente Piccoli lo ha affermato meglio di me. voglio tuttavia aggiungere due osservazioni su questo tema. signor ministro, lei ha detto che i croati non saprebbero che farsene del riconoscimento unilaterale, mentre quello che vogliono è discutere con la Csce, con la Cee e così via . evidentemente incontriamo croati diversi; il vicepremier Tomac, che è iscritto al partito radicale ed ha partecipato al Consiglio federale, nonché gli stessi incontri avuti ieri a Zagabria, non confermano questa sua dichiarazione. anche noi sappiamo che il riconoscimento da parte del governo italiano non è l' unico atto necessario: in altre parole, non si può riconoscere questi Stati e poi sedersi. quel che noi le proponiamo è un metodo, consistente nel riconoscere e nel promuovere il riconoscimento, esattamente come recita l' emendamento che abbiamo presentato alla mozione Gava numero 1-00547. questo sarebbe l' atto politico di solidarietà che oggi può forse fermare gli aggressori serbi. veramente esso si sarebbe dovuto compiere da parecchio tempo. lei ci ha detto oggi: intanto lasciamo passare due mesi, poi vedremo. ma si tratta di due mesi che si aggiungono ai sei già trascorsi. anche se si tratta di una politica del « passo per passo » , come lei l' ha definita, mi pare che essa non ci porti in dirittura d' arrivo e comunque a raggiungere l' obiettivo. mi consenta poi di rilevare una contraddizione che non comprendo. il principio giuridico dell' autodeterminazione dei popoli a livello internazionale viene citato spesso, a mio avviso anche troppo. forse ciò avviene per coprire alibi di non intervento politico nei casi in cui, per alcuni popoli e governi, l' autodeterminazione è andata di pari passo con la non ingerenza, ed anche quando venivano violati i diritti umani . non capisco, dicevo, perché ad alcuni popoli, come gli sloveni e i croati, che si sono autodeterminati applicando quel principio nel rispetto di tutte le procedure democratiche, si dica: bene, vi siete autodeterminati, ma non è questo il momento per farlo. tale principio, quindi, rispecchia in realtà, come sempre, la politica dei due pesi e delle due misure. quel che abbiamo proposto e continuiamo a proporre è il riconoscimento da parte del governo italiano delle due repubbliche, slovena e croata, e di tutte le altre che avranno la possibilità di esprimere la propria autodeterminazione. questo, signor ministro, potrebbe essere un primo passo , in grado di rendere il nostro paese più credibile ed efficace nell' opera di promozione del riconoscimento da parte degli altri paesi della comunità europea dell' indipendenza e della sovranità delle repubbliche jugoslave. lei ha detto che, se ci fossimo comportati diversamente e se non fosse stata adottata una politica dei passi successivi, sarebbe stato peggio. mi consenta, ma questa affermazione è per lo meno opinabile, poiché evidentemente non possiamo sapere quali esiti avrebbe potuto avere la strada da noi proposta e non perseguita dal Governo. quello che sappiamo è che la politica del « passo-passo » ha portato a quindici o sedici dichiarazioni di tregua, tutte costantemente violate da un esercito serbo che non risponde alle autorità federali e che a volte pare non fare riferimento nemmeno alle autorità serbe, trattandosi evidentemente di un esercito golpista, che opera e manovra assolutamente in proprio . e questa la situazione in cui oggi ci troviamo. credo che sarebbe per noi irresponsabile — nel senso che una scelta del genere ci sottrarrebbe ambiti di responsabilità — rinviare la soluzione di altri due mesi, lasciando croati e serbi a vedersela da soli (come in buona sostanza auspicava non troppo tempo fa in Commissione il collega Rubbi). non ritengo che il ruolo della Comunità Europea possa essere limitato a ciò e non credo che il governo italiano debba seguire una linea di questo tipo. in proposito, voglio aggiungere che il nostro paese ed il suo Governo non stanno dando un grande esempio di rispetto dei diritti umani e civili, del diritto internazionale e dei principi tanto proclamati e poi non applicati. signor ministro, vorrei approfittare della sua presenza per trattare brevemente un altro argomento, che peraltro non è stato esaminato nella sua introduzione, ma che è stato svolto nell' ambito di una conferenza governativa tenutasi alcuni giorni fa ed è attualmente oggetto di dibattito e di prese di posizione sulla stampa; mi sembra, quindi, corretto richiamarlo in questa sede. si tratta del problema dell' aiuto internazionale allo sviluppo, che spero potremo approfondire insieme con lei in sede di Commissione esteri. come ho spesso avuto occasione di dirle, in tema di cooperazione si registrano aspetti incomprensibili ed avvolti in un mistero che certamente lei non ci aiuta a rimuovere con l' ausilio dei necessari dati. non voglio entrare nel dettaglio, poiché quanto è accaduto soprattutto a livello di cooperazione bilaterale non ha bisogno di essere riportato in Assemblea; ad esempio, le notizie — o ciò che la stampa ha riportato — sull' Etiopia e la Somalia parlano per tutti. all' atto dell' insediamento nel suo attuale incarico, signor ministro, lei dichiarò in buona sostanza che in materia di aiuti multilaterali — o comunque per quanto riguarda la cooperazione allo sviluppo — bisognava mettere ordine fra le risorse già impegnate con trattati o progetti bilaterali, poiché la gestione precedente aveva già destinato completamente a vari scopi le risorse assegnate all' aiuto pubblico per i prossimi cinque anni. sarà come dice lei, signor ministro. rimane il fatto che i dati ufficiali dell' Ocse, resi noti pochi giorni fa, indicano che nel 1989 sono stati erogati 3,6 miliardi di dollari , a fronte dei 5 mila stanziati e che nel 1990 sono stati erogati 2,8 miliardi di dollari rispetto ai 5093 miliardi di lire stanziati. poiché evidentemente l' Ocse elabora le percentuali dell' aiuto pubblico allo sviluppo sulla base di quanto erogato e non di quanto stanziato, per il 1990 l' aiuto pubblico allo sviluppo del governo italiano si è ridotto allo 0,32 per cento . ho richiamato i dati per il 1989 e il 1990 (ripeto che per il 1990 sono stati erogati 2,8 miliardi di dollari a fronte dei 5093 stanziati), ma in nessuna sede riesco a conoscere il rapporto tra quanto erogato e quanto stanziato per il 1991. non posso quindi sapere, anche in riferimento al futuro dibattito relativo alla cooperazione (tagli, non tagli, reintegro), quanto sia stato speso nel 1991. un altro dato assolutamente fumoso, che non si riesce a conoscere, è relativo alla cifra stanziata: quanto sia stato già effettivamente impegnato e quanto sia ancora disponibile per i nuovi progetti per il 1992. detto tutto ciò, signor ministro, in un' occasione — e non ce ne sono molte — in cui lei assiste ad un dibattito, mi consenta di farle presente, a parte le riflessioni sulla conferenza governativa, che non ha dato la possibilità al Parlamento di concordare con il Governo un certo atteggiamento. non ha accettato infatti alcun rinvio né una riflessione comune. qualunque sia la situazione, rimane il fatto che a mio giudizio in tutta la materia della cooperazione bilaterale occorre — in questo caso sì — fermarsi, per riflettere e cercare di capire un po' meglio le priorità da un punto di vista geografico e dei settori di intervento. nulla osta , invece, signor ministro, ad un incremento dello stanziamento multilaterale. conosco le sue perplessità, che ha avuto modo di esporci. ma mi consenta di rilevare che, con riferimento ai risultati ottenuti, si tratta del settore che sicuramente funziona meglio. l' indicazione del Parlamento di destinare il 40 per cento delle somme allo stanziamento multilaterale non è stata seguita. a mio giudizio dobbiamo avviarci lungo la strada indicata, in attesa di rimettere ordine in materia di priorità sia geografiche sia di settore. lei stesso, ministro, in Commissione — non ricordo più in quale occasione — quando le abbiamo fatto presente che le Nazioni Unite hanno elaborato una serie di rapporti, proponendo nuovi criteri di intervento per lo sviluppo umano, ha rilevato che in realtà si era di fronte al primo rapporto, che i criteri e i dati non erano molto certi e che pertanto si doveva attendere per vedere cosa sarebbe successo. poco dopo, però, abbiamo scoperto che il vertice di Londra del G7 ha approvato i nuovi criteri e li ha fatti propri. per altro si tratta di documenti relativi al problema della cooperazione inviatimi da suoi uffici. visto che taluni principi e criteri sono stati approvati, essi devono essere posti a fondamento di un certo tipo di azione politica. di tutto ciò, però, non vi è neanche l' ombra. lei, onorevole ministro, sembra molto perplesso su alcune questioni. ha difeso strenuamente il suo operato: ci è sembrato per la verità un po' scontato, ma ce lo aspettavamo. e stato altresì molto categorico nel rifiutare il metodo dell' iniziativa unilaterale, che può renderci più forti e credibili nella nostra — anzi nella sua — azione politica. rimane il fatto che, non essendovi evidentemente una politica estera della Comunità Europea , altri governi si muovono nella direzione indicata. se guardassimo alla cooperazione o ai problemi del debito, dovremmo registrare che il 17 ottobre il governo inglese ha deciso di applicare unilateralmente i principi stabiliti a Trinidad, i famosi Trinidad terms . poiché non so se avremo un' altra occasione in Commissione o in Aula per discutere nuovamente dell' argomento, ne ho voluto parlare oggi. so che vi è una iniziativa in corso : lei ha dichiarato, alla fine della conferenza governativa, che i mille miliardi di tagli previsti dal Governo sarebbero stati reintegrati; anzi è stato approvato in tal senso un ordine del giorno da parte della Commissione esteri del Senato. occorre capire, però, come saranno spesi non solo questi mille miliardi, ma l' intero ammontare destinato alla cooperazione allo sviluppo, quali direzioni verranno individuate e con quali priorità. per concludere, signor presidente , colleghi, signor ministro, consentitemi qualche riflessione. se considerassimo in particolare il nostro paese, ci accorgeremmo che la politica estera è sempre di più portata avanti dall' Esecutivo, magari con prese di posizione contrastanti (ne ha parlato il presidente Caria) rispetto alle indicazioni contenute nei documenti del Parlamento. di conseguenza, quest' ultimo è tagliato fuori. a volte il Parlamento viene convocato — se si eccettua il periodo della guerra nel Golfo — a posteriori , solo per ratificare; a volte, addirittura, non viene neppure convocato per ratificare, tanto che le informazioni su quanto i governi riuniti a Londra, piuttosto che a Bangkok, o in altre sedi, hanno deciso e intendono fare vengono tratte dalla stampa. assistiamo sempre di più da una parte al rafforzamento dell' Esecutivo, quasi all' usurpazione, da parte del Governo, di competenze in materia di politica estera ; dall' altra (e credo che il dibattito odierno ne sia la prova) si assiste all' abdicazione da parte dei parlamentari e del Parlamento rispetto a proprie prerogative e competenze. so perfettamente, per esperienza personale, che interessarsi di politica estera non è semplice e soprattutto non rende in termini elettorali. immagino che chi ha necessità — e l' abbiamo tutti — di farsi eleggere si occupi di tutto meno che di politica estera . altri argomenti rendono molto di più! per esempio rende parecchio occuparsi di pensioni o far finta — per quanto mi risulta — di interessarsene. è altrettanto vero però che l' assenza di giornalisti (signor presidente , mi sto girando verso le tribune della stampa in cui sono presenti soltanto la corrispondente di Radio Radicale ed un altro giornalista che mi pare scriva su La Stampa )... si tratta di uno sciopero perenne, per quanto riguarda i giornalisti parlamentari. devo dire che purtroppo la stampa non aiuta. normalmente essa è pronta a passare da una catastrofe ad una guerra, da un' epidemia ad un naufragio, mentre è molto disattenta — mi sembra — sul lavoro, meno evidente ma più difficile, che si svolge per la costruzione di una politica e di un diritto internazionale , o nei confronti dei piccoli o grandi passi che in questo settore vengono compiuti. da un certo punto di vista comprendo, anche se non condivido, l' abdicazione di molti parlamentari italiani sui temi di politica estera per i motivi che ho precedentemente espresso. tuttavia, proprio perché non la condivido e perché non me la sento di limitare la mia attività e la mia responsabilità politica agli interventi in Assemblea, oltre che a quelli ripetutamente svolti in Commissione, non ritengo si possa continuare ad assistere al fatto che quando si riesce a far votare un documento di indirizzo o di impegno per il Governo, questo viene puntualmente disatteso. poi ci si ritrova al dibattito successivo come quello odierno in cui non solo io, ma tutti coloro che sono intervenuti immagino che quanti sono a sostegno della linea politica seguita dal Governo parleranno in altro momento, giacché nessuna voce si è espressa a favore — deplorano questo fatto. è più tollerabile una pura attività istituzionale che non ha sbocchi. secondo l' analisi condotta dal partito radicale da alcuni anni si nota che in particolare per quanto riguarda i temi importanti e complessi non è più possibile trovare una soluzione adeguata a livello nazionale . abbiamo altresì notato che il rafforzamento degli esecutivi ha portato ad affidare la politica estera ai governi o ai diplomatici, mentre la gente e chi la rappresenta ne è esautorato. in base a tali analisi abbiamo avviato la « ragionevole follia » della costruzione del partito transnazionale ; ovvero l' idea di riunire persone e parlamentari che al di là degli schieramenti nazionali sappiano organizzarsi ed unirsi in una struttura permanentemente dedicata alla difesa del diritto alla costruzione di un diritto internazionale che spesso è carente, della non violenza e della democrazia. vede, signor ministro, ho sentito l' altro giorno nel corso di una intervista che le è stato chiesto un giudizio in merito all' iniziativa non violenta che Marco Pannella sta conducendo da 15 giorni a sostegno del riconoscimento immediato dell' indipendenza della Slovenia e della Croazia. la sua risposta, francamente sibillina, è stata più o meno questa: se il signor Pannella attua uno sciopero della fame in sostegno della politica della Comunità Europea , sono favorevole; se invece non è a sostegno della politica della Comunità Europea , sono contrario. a prescindere dal fatto che le motivazioni dell' iniziativa sono note ed espresse — e quindi non mi pare che possano sussistere ambiguità — , certamente chi ha strumenti di governo non è « costretto » a ricorrere ad iniziative non violente perché, appunto, dispone di altri strumenti. rimane il fatto che la necessità di costruire un' organizzazione che non lasci tutto in mano ai soli governi e ai soli diplomatici a me sembra, di giorno in giorno, sempre più evidente. certamente lei, anche in merito a tale domanda, ha assunto un atteggiamento... lascio a lei la scelta dell' aggettivo per definirlo. rimane il fatto che in una situazione così difficile come quella attuale 150 studenti di Dubrovnik esuli a Zagabria hanno iniziato ieri uno sciopero della fame . nella giornata di ieri si sono riuniti cantando di fronte al parlamento e oggi sono in piazza a Zagabria. di fronte all' inerzia o, meglio, al fallimento della politica o della diplomazia, di fronte al persistere di combattimenti ed aggressioni, 150 studenti assumono un' iniziativa non violenta — e voi potete immaginare quanto sia difficile in quella situazione — per la democrazia, perché il principio dell' autodeterminazione dei popoli, una volta che è stato enunciato, venga riconosciuto subito e non tra 2 o 6 o 8 o ancora 42 mesi, per la pace e la democrazia anche per i serbi e perché quindi prevalga tale impostazione. lo fanno a sostegno del loro diritto, servendosi di uno strumento inconsueto; lo fanno pensando che, se al di là delle frontiere c' è chi lo fa per loro, loro stessi possono farlo. credo che questi segnali debbano essere accolti con maggiore rispetto e con maggiore attenzione. per quanto ci riguarda, anche per dimostrare una presenza vera e concreta a difesa del diritto e di ciò che abbiamo sostenuto, il Consiglio federale del partito radicale si radunerà a Zagabria, dal 31 ottobre al 3 novembre, con la partecipazione di parlamentari provenienti da tutte le parti d' Europa e segnatamente dall' est europeo. sappiamo perfettamente che si tratta di una iniziativa difficile, ma vogliamo dare un aiuto a chi oggi si trova in difficoltà; siamo consapevoli che solo con una organizzazione di tipo permanente si può nutrire la speranza di prevenire le crisi, anziché rincorrerle passo dopo passo, lentamente, come lei, signor ministro, ci ha detto. onorevole De Michelis , lei ci ha spiegato che è meglio costruire l' Europa lentamente, dal basso; ma non so quale sia il basso. nel nostro paese, per esempio, il « basso » si è espresso con il referendum in un certo modo, ma non mi sembra sia stato molto ascoltato. forse lei, signor ministro, voleva dire che bisogna ridurci ad accettare il livello più basso delle mediazioni! ho terminato, signor presidente ; adesso la parola passa al Parlamento e agli altri colleghi. prima della conclusione di questo dibattito, prevista per domani mattina, spero che tutti i colleghi ed anche lei, signor ministro, abbiate un ripensamento dal quale possa nascere il dubbio che è bene cambiare politica e, di fronte alle aggressioni, alla guerra, alle armi, assumere un atteggiamento più intransigente, senza nascondersi dietro vari alibi e senza proseguire con una politica che, dopo Londra, ci porta ad essere, a pronunciarci e ad agire in un certo senso come i nipotini di Ribbentrop.