Giulio ANDREOTTI - Presidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
X Legislatura - Assemblea n. 679 - seduta del 25-09-1991
Situazione in Jugoslavia
1991 - Governo VII Andreotti - Legislatura n. 10 - Seduta n. 679
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli Deputati , ho ascoltato con attenzione l' illustrazione delle interpellanze e la lettura del testo delle interrogazioni all' ordine del giorno di questa nostra seduta. sia le une che le altre riflettono la preoccupazione con cui l' opinione pubblica italiana ed il Parlamento, che ne è l' espressione, seguono gli avvenimenti drammatici della vicina Jugoslavia. il Governo ha fatto e sta facendo la sua parte, e fin dall' inizio di questa crisi ha riferito più volte sia in Aula che alle competenti Commissioni, da ultimo in Senato, con l' intervento del ministro De Michelis , venerdì scorso. lasciando per un momento da parte considerazioni di ordine storico, attinenti fra l' altro alla presenza di una consistente ed attiva minoranza italiana, la constatazione che tensioni così forti abbiano a verificarsi ai confini della nostra nazione induce a ritenere che più che mai la nostra posizione deve essere strettamente legata a quella delle istanze comunitarie ed internazionali di cui siamo parte. per questo fummo noi durante l' ultimo Consiglio europeo a proporre l' invio immediato dei tre ministri della troika, evitando in extremis l' irreparabile e ci siamo tenuti in stretto contatto con l' Austria e con gli altri Stati confinanti. siamo consapevoli che le tensioni in corso modificheranno in profondità i rapporti tra comunità diverse per cultura, per tradizioni e per religione finora riunite in un vincolo federale che è andato sempre più allentandosi, come constatammo anche a Dubrovnik in occasione della Esagonale. il problema che abbiamo davanti a noi non è riconducibile al tentativo di recuperare un modus vivendi tra Zagabria e Belgrado. questo è l' aspetto direi vistoso ed attuale, ed anche drammatico, di uno stato di malessere più generale, che coinvolge tutte le repubbliche e che va considerato attentamente nel contesto di un processo ben più profondo di trasformazione. e ciò che in questo momento appare essenziale è tentare di « governare » le tensioni non perdendo di vista la complessità del quadro di insieme. in questo contesto, la risposta che la comunità internazionale e le nazioni che la compongono e, in particolare, quelle europee, sono chiamate a fornire deve tendere, a parere del Governo, ad aiutare in maniera concreta e decisa le popolazioni interessate ad inserire le proprie legittime aspirazioni in una prospettiva di condizioni di civile convivenza. per quanto ci siamo tanto impegnati, assieme ai nostri partners europei, per varie e successive intese di cessazione delle ostilità, nelle quali abbiamo riposto speranze ed aspettative. per questo non ci siamo lasciati scoraggiare dalle loro ripetute violazioni ed, anzi, abbiamo continuato a svolgere tutte le possibili pressioni nel senso della direzione, quella negoziale, che ci sembrava e ci sembra tutt' ora la sola percorribile. per questo, ancora, abbiamo operato perché la nostra azione e quella dei nostri partners europei, volta a provocare il ravvicinamento delle posizioni in presenza , non fornisse all' una o all' altra parte facili alibi per sottrarsi, appunto, all' incontro negoziale. certo, la strada della pacificazione e, quindi, dell' instaurazione ad opera delle popolazioni direttamente interessate di un nuovo assetto istituzionale, ispirato a principi di democrazia, è apparsa finora lastricata di insuccessi; ma sarebbe un errore ritenere che le difficoltà possano essere evitate, almeno nell' immediato futuro, attraverso altre iniziative non sufficientemente meditate in presenza di una situazione generale della quale non ci sfugge la complessità e che rischierebbero quasi fatalmente di far perdere — lo ripeto — all' azione della comunità internazionale il carattere di un appoggio obiettivo ed attento alle esigenze e agli interessi di tutte le parti in causa. questo non significa affatto incapacità a cogliere quanto di buono, di giusto, di fondato vi sia in talune posizioni ed i ministri De Michelis e Genscher, nella dichiarazione comune di Venezia del 15 settembre, hanno sottolineato la necessità di dare un segnale forte per il ritiro delle forze armate serbe dalla Croazia. e vengo al punto cruciale cui la maggior parte delle interpellanze e delle interrogazioni fa riferimento, cioè il riconoscimento della Croazia e della Slovenia. la posizione del governo italiano è stata già espressa con chiarezza dal ministro degli Esteri ; di fronte a questa prospettiva non esistono preclusioni di carattere politico. il problema davanti a noi è quello del momento. credo che sia bene ricordare ancora una volta che a Brioni il 7 luglio scorso la troika comunitaria non mise in discussione il principio della indipendenza: chiese, piuttosto, che la relativa dichiarazione venisse « sospesa » per non pregiudicare la prospettiva di una soluzione globale della crisi in atto. l' interrogativo cui dobbiamo rispondere è se sia opportuno continuare a privilegiare la via negoziale piuttosto che forzare la mano rischiando così di porre la situazione fuori controllo. l' azione svolta dalla Comunità Europea , l' attivazione del meccanismo di urgenza in ambito Csce deciso a Berlino nel giugno scorso ed il ricorso alle Nazioni Unite costituiscono altrettanti strumenti dei quali la comunità internazionale vuole servirsi proprio per mantenere aperti i canali del dialogo. le alterne vicende, caratterizzate da segnali contraddittori, evidenziano comunque l' intensità degli sforzi compiuti dai dodici, anche negli ultimi giorni, per giungere ad una tregua. Lord Carrington , il negoziatore comunitario, era riuscito a conseguire il 17 settembre ad Igalo un accordo tra i presidenti delle repubbliche serba e croata ed il ministro della Difesa Kadjevic; accordo che, di fatto, ha mostrato una maggiore solidità rispetto agli accordi analoghi già concordati tra le parti e mai successivamente rispettati. l' intesa prevedeva il cessate-il-fuoco, lo scioglimento delle unità paramilitari ed il ritiro delle forze contrapposte sulle posizioni di partenza. immediatamente dopo la firma, gli scontri sul terreno erano andati diminuendo, anche se il 19 settembre una formazione meccanizzata, partita da Belgrado, si era mossa verso la Croazia per rompere l' assedio che le forze croate mantenevano intorno alle caserme ed alle installazioni militari federali. lo spostamento della colonna verso le zone contese della Croazia comportava necessariamente anche l' attraversamento della Bosnia-Erzegovina, suscitando timori e reazioni da parte delle autorità di quella repubblica e della popolazione locale. la dirigenza di Sarajevo decideva la mobilitazione delle sue forze di difesa territoriale, mentre le comunità croate e parzialmente quelle musulmane frapponevano ostacoli all' avanzata delle truppe inviate da Belgrado. si verificavano pertanto incidenti e la crescente tensione rischiava di coinvolgere nel conflitto anche quella repubblica. un ulteriore elemento di preoccupazione per il possibile estendersi degli scontri ed il loro degenerare in una guerra aperta si aggiungeva il 21 settembre quando il ministro della Difesa Kadjevic annunciava pubblicamente l' intenzione delle forze armate federali di agire in tutta la Croazia. sul terreno, gli scontri si moltiplicavano e il presidente Tudjman proponeva al ministro Kadjevic un cessate-il-fuoco, offrendo in cambio lo sblocco delle installazioni militari federali. la proposta non veniva accolta, ma non in termini tali da non lasciare aperta la possibilità di un negoziato. domenica scorsa, smentendo le previsioni più pessimistiche formulate nelle ultime ore, il presidente Tudjman ed il ministro Kadjevic raggiungevano un' intesa per il cessate-il-fuoco a partire dalle ore 15. tale ultima tregua, che significativamente è stata concordata sulle stesse linee di quella di Igalo, si dimostrava fin dall' inizio più stabile di quelle decise in precedenza. sul terreno, gli scontri diminuivano sostanzialmente, limitandosi ad episodi sporadici, probabilmente provocati da elementi non controllati dalle autorità federali e repubblicane. comunque ancora si spara e ci sono morti. e questo inquieta e sprona ad intensificare le presenze degli osservatori e il dispiegamento di tutti i buoni uffici, compresi quelli dell' Onu, che se ne sta occupando proprio in queste ore nel Consiglio di sicurezza . il raggiungimento della tregua si presenta come un elemento importante per facilitare i lavori della conferenza di pace convocata per domani all' Aja. ricordo che la precedente sessione era stata aggiornata su richiesta dei rappresentanti sloveno e croato in considerazione della impossibilità di proseguire il negoziato perdurando gli scontri sul terreno. nel momento in cui vi parlo la tensione continua a rimanere elevata soprattutto in alcune località. lo sblocco delle caserme federali ed il ripristino della libertà di navigazione da e per i porti croati contribuirebbero certamente a rendere meno esasperati gli animi, nonché a consentire di portare aiuto alle popolazioni colpite dai recenti eventi bellici. tali sviluppi sarebbero particolarmente positivi anche in relazione alla situazione che si era andata creando in località a noi più vicine, quali Zara e l' intera Dalmazia. vorrei ora far cenno alla situazione della minoranza italiana, che, nel corso delle ultime settimane, ha più volte sottolineato le difficoltà alle quali potrebbe essere confrontata in conseguenza del peggioramento della situazione jugoslava, chiedendo un adeguato sostegno al nostro Governo sia per l' immediato, nel caso malaugurato che i conflitti in corso dovessero giungere ad investire anche l' Istria e la zona di Fiume, sia a più lungo termine in rapporto alla situazione che essa potrebbe trovarsi ad affrontare nel nuovo contesto istituzionale jugoslavo. per quanto riguarda l' incolumità dei connazionali, sono state predisposte le misure necessarie per l' accoglienza in Italia, in caso di necessità, per i più deboli e per i più esposti. il Governo, inoltre, ha ottenuto l' invio di speciali missioni di osservatori comunitari a Zara, Fiume e Pola, insistendo perché tali missioni vengano trasformate in postazioni a carattere permanente, proprio per evitare un allargamento del conflitto alle aree abitate dalla minoranza. in vista, infine, di possibili esodi di massa, è stata approntata — con il coordinamento del ministro per l' immigrazione e gli italiani all' estero — una complessa pianificazione per la sistemazione temporanea degli esuli in strutture ricettive messe a disposizione dall' amministrazione della difesa o dalle prefetture o ancora impiantate su aree demaniali a cura del ministero della protezione civile . quanto alla situazione della minoranza nel futuro assetto jugoslavo, ci è stata fatta presente, da parte dei rappresentanti dei nostri connazionali, la necessità di un' adeguata tutela internazionale che garantisca in particolare l' indivisibilità della minoranza stessa. non vi è dubbio a questo proposito che non appena la situazione lo consentirà occorrerà affrontare questo problema anche nella prospettiva di un superamento delle disposizioni del trattato di Osimo relativo alla tutela delle minoranze, in modo da assicurare a queste ultime un adeguato livello di protezione della nuova realtà istituzionale. l' Italia, d' altra parte, ha chiesto ed ottenuto che nella conferenza di pace in corso tutte le minoranze possano essere sentite e possano presentare le proprie istanze. in questo quadro anche la nostra minoranza potrà presentare le proprie esigenze e proposte. un primo progetto di promemoria è stato consegnato al sottosegretario Vitalone il 21 settembre scorso a Mestre in occasione del convegno « Croazia nostra vicina » . in ogni caso, da parte italiana è stato assicurato il massimo impegno per ottenere adeguate garanzie per le minoranze nelle repubbliche di Slovenia e Croazia che consenta anche agli italiani colà residenti di godere di un trattamento omogeneo nei vari settori di attività con piena libertà umana e civile, soggettività politica ed economica, nonché autonomia organizzativa. tali iniziative di carattere prettamente politico verranno ovviamente affiancate da un' idonea assistenza economico-culturale a valere su tutti gli strumenti disponibili. il Governo ha avuto modo di fornire tali assicurazioni in varie occasioni, in particolare nell' incontro del 6 settembre scorso a Roma tra il ministro De Michelis e gli esponenti della minoranza italiana. signor presidente , onorevoli colleghi , a proposito dell' azione italiana, desidero sottolineare alcuni principi fondamentali ai quali abbiamo inteso ispirarci e continueremo ad ispirarci in futuro. innanzitutto la nostra politica è quella concordata nell' ambito della cooperazione politica europea . essa si ispira al carattere inaccettabile del ricorso alla forza, al carattere altrettanto inaccettabile di qualsiasi modifica dei confini con la forza, al rispetto dei diritti di tutti coloro che vivono in Jugoslavia, alla necessità di tenere conto di tutte le preoccupazioni ed aspirazioni legittime. in tale quadro l' azione comunitaria ha via via esercitato pressioni su tutte le parti in causa, cercando di convincere, mediante una costante azione politico-diplomatica, i contendenti ad evitare un aggravamento della tensione e a mostrare la flessibilità necessaria per un componimento dei contrasti. il problema del momento del riconoscimento dell' indipendenza della Croazia e della Slovenia va dunque inserito — lo ripeto — in tale contesto, evitando che un' iniziativa affrettata renda più acuti i contrasti, lasciando, tra l' altro, insoluti altri problemi non meno gravi nel contesto jugoslavo, quali appunto quelli della Macedonia, del Kosovo e della Bosnia-Erzegovina. questo non significa minimamente disconoscere l' inequivocabile decisione che i popoli croato e sloveno hanno liberamente espresso con il voto. noi dobbiamo aiutare tutte le repubbliche a scegliersi la propria strada in un contesto costituente nel quale è fortemente auspicabile che siano salvaguardati spazi di comune interesse. è questo anche il pensiero che ho raccolto l' altro ieri a Mosca. il presidente Gorbaciov mi ha detto di avere inviato un preciso messaggio al presidente e al ministro della Difesa . le valutazioni di quel Governo hanno una particolare importanza anche come membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite . ed ho utilizzato allo stesso fine anche i colloqui con il governo cinese. onorevoli colleghi , si è discusso in modo approfondito sulle varie proposte di inviare in Jugoslavia una forza di interposizione che possa garantire in modo adeguato il rispetto del cessate-il-fuoco e su tali ipotesi sono state avanzate illazioni ed interpretazioni spesso non aderenti alla realtà. i dodici, il 19 settembre, hanno esaminato politicamente tale possibilità, giungendo alla conclusione di affidare all' Ueo uno studio approfondito di essa. ricordo che lunedì 23 settembre si è riunito a Bonn un gruppo ad hoc dell' Ueo che ha prefigurato tre possibili scenari di intervento. tali scenari, che restano subordinati alla stabilizzazione del « cessate-il-fuoco » ed all' accordo delle parti direttamente interessate, contemplano un' intensificazione del sostegno logistico all' azione degli osservatori europei presenti in Jugoslavia, una concreta protezione dell' azione degli osservatori, un diretto controllo delle aree di conflitto in funzione di deterrente contro la violazione della tregua. l' iniziativa dell' Ueo dovrebbe, dunque, svolgersi in funzione dell' opera degli osservatori, che andrebbero comunque aumentati ed inviati, anche in funzione preventiva, in zone non ancora coinvolte negli scontri. io credo sia saggio per il momento fermarsi qui e mantenere al riguardo un grande riserbo per non diminuire le possibilità di accordo tra le parti. domani l' apposito gruppo di lavoro tornerà a riunirsi per mettere a punto le varie opzioni, in modo da consentire un sollecito esame di esse da parte dei ministri degli Esteri dei dodici. al di là di tali iniziative, che tendono a stabilizzare la situazione sul terreno, mi pare opportuno in questa sede insistere sulla necessità che la crisi jugoslava trovi una soluzione definitiva e globale attraverso un negoziato che abbiamo sollecitato a livello bilaterale e sostenuto nel quadro dei dodici. la conferenza di pace de l' Aja, alla quale abbiamo fornito e continueremo a fornire ogni appoggio, dovrebbe auspicabilmente concludersi con un accordo che, nel pieno rispetto delle volontà e delle esigenze delle singole repubbliche, consenta di mantenere una qualche forma di cooperazione fra le varie entità jugoslave. in particolare, riteniamo che sarebbe estremamente positivo se si giungesse ad uno spazio economico comune, in cui venga vietata una frammentazione anacronistica del mercato jugoslavo, nonché ad uno spazio legale comune, inteso soprattutto come garanzia dei diritti dell' uomo e delle minoranze. tali sono i nostri auspici ma, come più volte è stato chiarito sia dal nostro Governo sia dai dodici, il destino della Jugoslavia verrà deciso dai suoi popoli in modo del tutto indipendente ed autonomo. la Comunità Europea ed i suoi stati membri potranno fornire ogni possibile sostegno per giungere ad una soluzione della crisi, ma è necessario ripetere con chiarezza che non possono sostituirsi ai legittimi rappresentanti jugoslavi nella loro ricerca di una via d' uscita negoziata, stabile ed equa.