Achille OCCHETTO - Deputato Astensione
X Legislatura - Assemblea n. 668 - seduta del 25-07-1991
1991 - Governo II Leone - Legislatura n. 5 - Seduta n. 9
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , il dibattito che si è fin qui svolto sul messaggio inviato alle Camere dal presidente Cossiga è indubbiamente evento di primaria importanza. attraverso il Parlamento esso mette l' intero paese, i poteri e le espressioni della società civile , l' opinione pubblica , di fronte al tema cruciale della crisi della Repubblica e alla prospettiva che ne scaturisce necessariamente di un processo di riforma che investe le nostre istituzioni. e mette tutti e ciascuno di fronte alle proprie responsabilità. che il presidente della Repubblica solleciti una discussione più sui temi da lui indicati che sulle posizioni di merito che egli espone, ci sembra un suggerimento saggio, rispettoso dei poteri e delle competenze dei più diversi organi, anche se un' osservazione va pur fatta. avremmo voluto, e ci sembra che sarebbe stato più saggio da parte sua, una maggiore attenzione alla pluralità delle posizioni in campo. anch' io ritengo, come altri colleghi, che il messaggio non possa essere isolato dal contesto di una serie di esternazioni che hanno determinato un clima, una certa lettura del processo riformatore. non intendo intervenire sulle riflessioni storico-politiche che il messaggio svolge intorno al processi che hanno portato alla nascita della Costituzione, anche se colpisce la rappresentazione di una vicenda politico costituzionale assai complessa e a tratti drammatica; una vicenda nel corso della quale la democrazia italiana si irrobustì anche per la forza con cui l' opposizione seppe farsi sperimentata ed accorta tutrice del progetto costituzionale. colpisce — dicevo — che essa venga ridotta, da un lato, ad una pura proiezione del conflitto di campo tra est e ovest e, dall' altro, ad una sorta di alternanza politologica tra conventio ad excludendum e conventio ad consociandum . lasciamo stare. le nostre valutazioni e i nostri giudizi si differenziano in modo assai netto da quelli che il presidente esprime. contemporaneamente non ci può sfuggire che, almeno in parte, la ricostruzione storica che ci viene fornita dal messaggio presidenziale è funzionale ad un immediato obiettivo politico e ad una particolare visione del rinnovamento costituzionale. si tratta, infatti, di una ricostruzione che di fatto mette in secondo piano la diretta responsabilità politica delle varie compagini governative che si sono avvicendate dal 48 in poi. e devo dire all' onorevole Magri che, essendo io un fermo e convinto sostenitore della necessità della riforma del nostro sistema politico , non condivido la tesi di quanti attribuiscono importanza capitale e dirimente solo alle responsabilità politiche delle classi dirigenti . ma non condivido nemmeno, come lui, la tesi di quanti, concentrando esclusivamente la loro attenzione sulle distorsioni del sistema politico , tendono ad una ricostruzione dei fatti che sostanzialmente prescinde dalle responsabilità politiche e di Governo. è di fronte a noi il censimento dei problemi sociali e politici, delle difficoltà reali e dei nodi da sciogliere. si tratta — molti lo hanno ricordato in questi giorni di problemi enormi: la crisi dei partiti legata alla loro occupazione del potere, la lentezza del processo legislativo , la fragilità dei governi e la scarsa autorità delle coalizioni governative a causa dei loro conflitti interni, la commistione tra politica ed amministrazione, un debito fuori controllo, l' inefficienza dei servizi pubblici , lo stato di emergenza creato dalla forza crescente delle organizzazioni criminali, il dissesto della giustizia, l' assoluta mancanza di pari opportunità in vastissimi settori della vita economica e sociale, a partire dal dominio delle grandi concentrazioni nel settore dell' informazione. ebbene, la causa di questi mali non va ricercata nella Costituzione. c' è una responsabilità delle classi dirigenti che non va dimenticata; o, se si vuole, non si possono convertire le critiche alle persone in critiche alle istituzioni. ma non solo di questo si tratta. la nostra Costituzione indica la strada di uno sviluppo riformatore della società, dei rapporti tra Stato e mercato, tra uguaglianza e libertà, tra i valori dell' individuo e della socialità che possono iscriversi negli orizzonti di un socialismo autenticamente democratico. ecco perché una determinata ricostruzione storica rischia di non essere neutra rispetto al progetto politico che ci sta dinanzi. e dico questo non dimenticando che, quando si parla di sovranità popolare , la stessa sovranità popolare va riempita di contenuti nuovi, che permettano un suo effettivo esercizio, collegato a quanto prevede l' articolo 3 della Costituzione, quello relativo all' obbligo di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l' uguaglianza dei cittadini. alla luce di queste sommarie considerazioni, credo di poter dire che il fascino delle interpretazioni globali, se non è sorretto da un' analisi determinata, non ci permette di fare un' analisi storica, ma — al contrario ci conduce diritto diritto ad una sorta di filosofia della storia e cioè di ideologia. non si può certo rimproverare a me di non aver avvertito la portata del crollo del muro dei muri; tuttavia ritengo che il peso determinante della divisione del mondo in blocchi contrapposti che ha caratterizzato questi quarantacinque anni di storia mondiale, non possa in alcun modo offuscare le caratteristiche originali ed inedite della storia vera della democrazia italiana e della genesi del patto costituzionale. in questo senso storicamente ineludibile noi continuiamo a dire che i valori della Costituzione sono intangibili e rivendichiamo a merito della sinistra italiana le grandi ed appassionate battaglie per la loro realizzazione. naturalmente questa impostazione storicamente e culturalmente corretta non implica, a nostro avviso, l' assunzione di posizioni conservatrici. la stessa Costituzione, come ogni opera storica ed umana, è sottoposta alla verifica dell' esperienza ed al logoramento ed alla prova degli eventi, in particolare alla necessità di adeguare l' ordinamento e le regole alle esigenze dei tempi. noi riteniamo che anche certi valori, come la libertà, debbano fare i conti con l' evoluzione delle tecnologie e con l' emergere di nuovi diritti. valgano per tutti temi cruciali come l' informazione, la democrazia economica ed i poteri sovranazionali. tuttavia, la prima Repubblica poggia le sue fondamenta sulla Resistenza; sarebbe ben misera cosa fondare una nuova Repubblica sulle tavole rotonde o su generici appelli plebiscitari. noi non siamo quindi per una nuova Costituzione, ma per una revisione profonda, fortemente innovativa, di quella parte della Costituzione che attiene alla forma di governo , all' organizzazione regionalistica ed autonomista della Repubblica. siamo favorevoli non solo alla riforma del sistema politico , ma anche alla più generale riforma dello Stato, dei poteri e delle regole; siamo per dare corpo e voce ai nuovi diritti di cittadinanza. ma il nucleo del messaggio è ben altro: è quello in cui si affronta il problema cruciale del metodo delle riforme. sono tre le strade fondamentali che vengono indicate: la prima è quella di una revisione dell' attuale Costituzione con la procedura prevista dall' articolo 138; la seconda consiste nell' attribuzione alle Camere attuali o a quelle che saranno prossimamente elette di veri e propri poteri costituenti, di poteri, cioè, non vincolati al proprio esercizio dalle norme dell' articolo 138; la terza è l' elezione di un' Assemblea costituente , dotata di veri e propri poteri costituenti e, quindi, senza limitazioni procedurali o di merito derivanti dalla Costituzione vigente. insomma, il Capo dello Stato sembra contrapporre il processo di revisione costituzionale normato dall' articolo 138 — in forza del quale non si potrebbe operare alcuna delle riforme di cui si parla, dal monocameralismo alla questione delle forme di governo , al regime presidenziale o semi presidenziale — ad un processo costituente in forza del quale si determina una vera e propria fuoriuscita dal sistema costituzionale vigente. ciò che verrebbe in tal modo instaurato è un nuovo ordinamento, con una diversa base di legittimazione: è quello che Cossiga evoca quando fa riferimento ad un processo popolare sovrano di rifondazione dei propri ordinamenti. su questo punto non sono consentiti equivoci: non si può in alcun modo prendere in considerazione l' ipotesi che il passaggio riformatore avvenga mediante sospensione del vecchio ordinamento. intendiamo qui riaffermare un punto di principio: qualsivoglia modifica o revisione della Costituzione non può avvenire che nel rispetto assoluto delle norme che la Costituzione stessa prevede a quel fine. due devono essere i riferimenti essenziali nel comportamento di ogni organo dello Stato e di ogni attore politico: l' impegno più risoluto per dare risposta alla domanda di riforme ed il più rigoroso rispetto delle norme in vigore , dei poteri e delle responsabilità così come sono attualmente stabiliti. consideriamo sia da respingere fermamente ogni ipotesi di indebolimento della Costituzione mediante la contrapposizione, a cui si fa ricorso nel messaggio, fra poteri costituenti e poteri costituiti. solo la piena assunzione di responsabilità da parte del Parlamento ed il pieno esercizio dei poteri ad esso attribuiti garantiscono l' ordine istituzionale, la concretezza e l' efficacia del processo di riforme. sentiamo di dover ribadire — a fronte di sollecitazioni sempre più fitte e talvolta disparate ad imboccare la via delle riforme ed a fronte di manovre difficilmente decifrabili, che paiono oscurarne il percorso — che il Parlamento è il depositario di ogni potere in materia di riforma elettorale ed istituzionale. il Parlamento, nel rispetto delle norme in vigore , è il solo che possa decidere senza strappi di legittimità anche in materia di procedure e di strumenti finalizzati alle riforme. vi è oggi l' assoluto bisogno che il Parlamento, se vuole dar corpo e senso al dibattito che stiamo svolgendo, si attrezzi per operare immediatamente, raccogliendo anche la sollecitazione scaturita dalla consultazione referendaria. è questo un grande banco di prova per una sinistra rinnovata. se alla crisi della Repubblica non è seguito un collasso istituzionale ed è stato fin qui contrastato con successo ogni sbocco avventuristico o conservatore, ciò si deve anche al ruolo che abbiamo svolto, al nostro impegno ed alla nostra responsabilità di forza di opposizione. inoltre, ciò si deve alla scelta, cui abbiamo aderito fino in fondo e senza riserve, di un rinnovamento della sinistra come chiave e premessa di una rifondazione democratica dello Stato. si tratta di dare concretezza ed incisività a questa prospettiva, che è tutt' uno con la domanda di riforma della politica. vediamo che il partito socialista reitera la sua proposta relativa alla scelta con voto popolare di un Capo dello Stato che sia munito di poteri di alta direzione politica. è una proposta in sé del tutto legittima; l' abbiamo detto più volte, anche se non ne condividiamo quello che ci pare il senso e se intravediamo un percorso costituzionalmente assai accidentato. quel che è certo è che essa pare costituirsi a prescindere da una prospettiva di ricambio del ceto di Governo e da una prospettiva di alternativa. in ultima istanza essa finisce con il penalizzare — almeno questo pare a noi — proprio quel processo di riavvicinamento, addirittura di convergenza, tra le forze che hanno una comune origine nel movimento operaio e socialista e che — lo sappiamo bene può rappresentare un elemento essenziale per l' alternativa e il rinnovamento della sinistra, a patto che i partiti e le forze di sinistra sappiano essere interlocutori affidabili di una domanda di riforma della politica, di nuovi valori, di profonde trasformazioni dello Stato e della società italiana , che emerge dal paese. allora io dico: se dobbiamo riformare regole e poteri della nostra vita pubblica , è bene che la sinistra vada ad un confronto limpido, che se ne discuta senza artifici, manovre, messaggi trasversali. deponiamo i pregiudizi di ogni segno, ma abbiamo l' onestà e il rigore necessari a non occultare o camuffare consensi e dissensi politici di merito. se non affronteremo i termini duri di questo confronto è inutile farsi illusioni: la sinistra non sarà in grado di porre in termini nuovi il problema del Governo dell' Italia; non sarà in grado di voltare pagina rispetto al regime di questo decennio, verrà meno alla propria funzione nazionale, non saprà elaborare (e non lo saprà il Pds, ma, certo, neanche i socialisti, per non parlare di quell' arco vastissimo di forze progressiste che non hanno ancora diretta o indiretta espressione di Governo) una proposta di governo forte dei processi economici, sociali e istituzionali, una proposta che per ciò stesso esige ricambio ed alleanza. non ci sarà riforma della politica se si rimarrà all' interno del sistema di potere democristiano, di quella commistione clientelare di responsabilità pubblica e di interesse privato, che ha alimentato la formazione di un quasi regime di cui tutti stiamo constatando i costi devastanti, a cominciare dallo Stato, come ricordava proprio La Malfa ieri, ma che tuttavia, assorbendo nella propria orbita una parte della sinistra, è diventato l' ostacolo più poderoso sulla via di un fisiologico ricambio di classi dirigenti e di ceto politico. la via che sta di fronte a noi è quella che può consentirci di disegnare e tradurre in realtà regole e poteri di una democrazia matura. questo Parlamento ha davanti a sé meno di un anno; sono mesi preziosi. abbiamo detto che debbono essere impegnati per affrontare una legge elettorale , che consenta ai cittadini di eleggere il nuovo Parlamento con regole nuove, che garantiscano in primo luogo il potere del cittadini, la trasparenza e la moralità della vita pubblica . abbiamo già indicato per parte nostra una linea precisa di riforma istituzionale : dare ai cittadini il potere dei determinare con il voto gli indirizzi, i programmi, le maggioranze di Governo. ma abbiamo anche detto che la nostra è una proposta aperta, la cui logica non è quella del premio di maggioranza a un partito. si tratta inoltre di attribuire a una Camera con un ridotto numero di membri la pienezza del potere legislativo , di rafforzare poteri e competenze delle regioni facendo capo a una seconda assemblea nazionale (la Camera delle regioni), di regolare e riformare poteri e strumenti essenziali, Pubblica Amministrazione e informazione in primo luogo; problemi, cioè, che sono, a quanto pare, cari anche ad Amato, che qui li ha affrontati con grande passione. ma se non opereremo più tempestivamente in questa direzione, il paese sarà consegnato a una democrazia povera e a uno sviluppo bloccato. sono queste le cose che intendiamo fare subito, per le quali ci batteremo. sentiamo come nostra, come Amato, la convinzione sobriamente espressa dal presidente Roosevelt nel discorso del 4 marzo 1933: « la politica che preferisco » — diceva — « è di fare prima le cose che devono essere fatte prima » . allora vediamo quali sono e arriverò a questo punto. ma al presidente della Repubblica , da questa sede, con la più viva consapevolezza delle responsabilità che la Costituzione gli attribuisce, ripropongo una riflessione. e nostra convinzione che per ragioni storiche e funzionali sia necessaria una riforma del nostro sistema politico e degli assetti istituzionali. questa convinzione si accompagna in noi alla fermissima volontà di procedere secondo quanto la Costituzione prevede e prescrive e alla convinzione che il confronto fra le diverse proposte e le diverse ipotesi debba avvenire, come previsto e prescritto, in questa Camera e nel Senato, senza che altri poteri dello Stato intervengano a sostegno di questa o di quella soluzione. a quanti si lamentano per il fatto che emergano con grande nobiltà posizioni conservatrici, noi chiediamo una riflessione critica. non è forse l' avere sostenuto una via avventurosa, di rottura istituzionale, accompagnata da un furore incapace di collegarsi ai necessari elementi di continuità con il meglio della democrazia italiana, della sua storia, delle sue passioni, delle sue sofferenze; non è forse una simile linea di rottura istituzionale che finisce per dare prestigio e nobiltà alle posizioni conservatrici? dico questo con la forza che ci viene come Pds dall' avere per parte nostra abbandonato posizioni nobilmente conservatrici. noi ci siamo mossi — vorrei ricordarlo ai compagni socialisti — con l' obiettivo di superare in avanti quello che poteva essere il vero rischio della sinistra, quello cioè di rimanere invischiata in una contesa tra generiche posizioni di rottura istituzionale e posizioni di mera difesa dell' esistente, incapaci di cogliere le impazienze, le contraddizioni nuove, il profondo travaglio del tempo che stiamo attraversando. entrambi questi atteggiamenti aprono la strada a soluzioni pericolose, a rotture che possono evolvere in direzione autoritaria. per questo noi non ci collochiamo sulla trincea della conservazione istituzionale. e vorrei dire a Forlani, che ha parlato di autoriforma dei partiti, che noi abbiamo rinnovato noi stessi per contribuire a rinnovare tutto il sistema politico . non solo; noi veniamo da una riunione del nostro Consiglio nazionale nel corso della quale abbiamo chiuso con nettezza senza precedenti verso ogni ipotesi di politica dei due « forni » . la scelta dell' alternativa non come formula da contrapporre ad un altra formula, ma come politica, come strategia di tutta la sinistra, ne è uscita ancora più forte e ancora più limpida. non prepariamoci dunque — vorrei dirlo ai compagni socialisti — al solito vecchio gioco di denunciare presunti accordi tra Pds e Dc per rendere eterni i reali accordi tra Dc e Psi! ed ho apprezzato, nell' intervento di Amato, il fatto che non vi sia stato questa volta un simile riferimento. dico questo perché il momento della verità è giunto per tutti. noi abbiamo abbandonato posizioni che potevano anche apparire ambigue. la prospettiva dell' alternativa alla Dc e al suo sistema di potere è per noi netta e chiara. non abbiamo mai pensato che l' alternativa fosse la nostra cooptazione nella vecchia politica. la Dc, nel suo complesso, non può non essere considerata come il grande partito moderato del nostro paese, interprete e beneficiario principale dei meccanismi di rivoluzione passiva che le strategie consociative hanno continuato fin qui ad alimentare. vorrei dire all' onorevole De Mita che il consenso che alla Dc viene da vasti ceti popolari, la presenza nel partito della Dc di orientamenti socialmente avanzati o addirittura di vere e proprie forze di sinistra non sono sufficienti a garantire un superamento del sistema di potere e quindi a fondare un' alleanza di progresso con questo partito. in questo la sinistra è progressista, De Mita ; non in riferimento all' ideologia marxista, ma in riferimento al modo di essere della Democrazia Cristiana . nei confronti di un grande partito moderato, un partito di sinistra, un partito che vuole combattere la vecchia tara trasformistica del nostro paese, ha una sola linea strategica: l' opposizione e la sfida democratica! in questo contesto, a nostro avviso, devono collocarsi i cattolici e la riforma elettorale pone anche ad essi un problema di coerenza tra programmi, alleanze e schieramenti. in questo quadro si misura anche la credibilità del partito socialista come forza di cambiamento. non cerchiamo dunque di truccare le carte, di prepararci magari a vecchi scontri, a cose già viste: il conflitto simulato tra la Dc ed il Psi per tornare a governare insieme. chiedo a Craxi di non farlo non solo perché si tratta di un canovaccio noto che non fa più effetto e che nessun virtuosismo della commedia dell'arte riuscirebbe a rivitalizzare; ma perché, per quanto ci riguarda, si rischia di prendere un abbaglio. noi non solo non stiamo preparando accordi strategici con la Dc, ma anche per quanto riguarda la legge elettorale ci presentiamo con una prospettiva completamente diversa da quella che si configura attraverso la proposta democristiana. non esiste nessuna ipotesi o possibilità di accordo a due tra Dc e Pds per fare una legge elettorale alle spalle del partito socialista italiano! non crediamo che si possa aprire una nuova fase della storia della Repubblica attraverso scorribande corsare che dividono le forze democratiche e, in particolare, la sinistra. certo, ad un dato punto, se non si vuole stare fermi, occorrerà decidere a maggioranza. ma, allora, diciamoci come stanno le cose! non è possibile far passare una legge elettorale attraverso un accordo tra Dc e Pds, perché noi non lo vogliamo (e lo stesso De Mita ha invocato un accordo più largo), perché le posizioni di merito sono molto lontane, perché non siamo disposti a scherzare con le cose serie, a mettere in campo, non si sa con quale prospettiva strategica per la sinistra, un Governo DC-PDS per fare la riforma elettorale . non siamo né degli ingenui né degli irresponsabili, tanto meno quando si tratta delle sorti della sinistra italiana. nello stesso tempo non è possibile un accordo tra Dc e Psi sulle questioni istituzionali capace di risolvere il problema. che fare, dunque? non resta che mettere in campo le varie proposte. e anche il partito socialista , mantenendosi al riparo dalla grande riforma, se non vuole favorire anch' esso, come rischia di avvenire, uno stallo istituzionale, deve mettere in campo la sua proposta. quindi, non resta che perseguire la strada di una più ampia ed unitaria ricerca istituzionale. come metteva bene in evidenza Barbera, le differenze, per quanto rilevanti, non sono sempre incomponibili; ciò che le rende incomponibili è l' incomunicabilità e il sospetto, l' utilizzazione dei propri progetti più come bandiere per dividersi e contarsi che come strumenti per delineare le comuni regole del gioco . noi siamo per determinare responsabilmente le condizioni di questa più ampia ricerca unitaria; e sono fermamente convinto che è possibile sentirsi accomunati dall' obiettivo di rafforzare insieme cittadini, Parlamento e Governo; che è possibile sentirsi accomunati dall' obiettivo di rafforzare le istituzioni, rilanciando la funzione progettuale dei partiti nella società. ma qualsiasi grande riforma, lo voglio dire a Craxi, non può che basarsi in primo luogo sulla legge elettorale — e mi sembra ovvio — e questa è la vera grande novità che attendiamo dal partito socialista : che si dichiari disposto ad entrare in campo su questo terreno per discutere con tutti noi, comuni mortali, di simili modeste questioni. ed ho capito bene quanto ha detto Amato: la riforma elettorale deve essere favorita da un' evoluzione dei rapporti politici. benissimo! per parte nostra, lo abbiamo già detto e lo ripetiamo, la riforma elettorale e la costruzione di un' alleanza politica a sinistra devono marciare in parallelo. la riforma elettorale è dunque per unire la sinistra e non già per dividerla. per questo saremmo disposti a lavorare assieme a voi, compagni socialisti, per prospettare a tutte le forze politiche democratiche una comune ipotesi di lavoro , a prescindere dalle diversità di posizioni sul presidenzialismo. scarichiamo — per stare alla colorita metafora dell' onorevole Amato — tutte le pistole e le pregiudiziali, anche quella presidenziale, per affrontare quei temi appassionanti (e che in modo appassionato Amato ha qui affrontato) che ci vedono concordi: dall' informazione alla democrazia economica, alla riforma della Pubblica Amministrazione . e, badate, sarebbe grave per il cittadino comune non avere una sana Pubblica Amministrazione e una seria democrazia economica perché ci siamo reciprocamente bloccati su delle pregiudiziali, su posizioni di bandiera. così si discute a sinistra, se si lavora per l' unità, e non attraverso trabocchetti ed inutili agguati. è in questo contesto che siamo noia rilanciare completamente e su basi solide la prospettiva dell' unità delle forze che si ispirano agli ideali del socialismo. non solo non temiamo tale prospettiva, ma la perseguiamo, a condizione però che si faccia sul serio sul piano della ricerca programmatica, delle grandi opzioni sociali ed economiche, delle alleanze e del comune impegno di coalizione; a patto cioè che si parta dall' Italia, dalla politica e non dall' ideologia. per questo, io dico, non è questione di ricorso al popolo. le elezioni non sono uno scandalo — ci mancherebbe altro! — , ma abbiamo già detto altre volte che se si vogliono le elezioni occorre venire qui, in Parlamento, a dire chiaramente che si vuole cambiare politica e tipo di governo, che si vuole cominciare ad aprire un' altra prospettiva. in caso contrario, le elezioni a ottobre o in primavera non cambieranno niente per la sinistra e per lo stesso partito socialista . solo un serio tentativo unitario, da perseguire di qui alla primavera, potrebbe cambiare la politica italiana e fornire una nuova prospettiva e speranza agli elettori. ma, se non è così, non cerchiamo, proprio nel momento in cui si discute di voler cambiare il vecchio sistema politico , di ricorrere ai trucchi più consunti di quel vecchio sistema, non cerchiamo, dopo la tragedia, di recitare la farsa, non mettiamo in campo scontri falsi tra contendenti che si vogliono già accordare sul risultato. ecco perché l' alternanza è il problema centrale che noi poniamo, che individua una maggioranza ma anche (voglio dirlo a De Mita ) una opposizione democratica che lavora per l' alternativa. una cosa è certa: una nuova fase della Repubblica non può nascere da una farsa e dalla rappresentazione sbiadita di un vecchio trucco. c' è bisogno di ben altro! ci stiamo misurando con il fallimento delle strategie moderate e l' alternativa si presenta come una necessità vitale per il paese e per il suo Governo. è una strada tutt' altro che semplice, lo sappiamo, ma per la sinistra, per tutta la sinistra, se saprà superare le proprie divisioni e giovarsi in una rinnovata prospettiva unitaria della molteplicità delle proprie esperienze, delle proprie tradizioni e delle proprie risorse, questa è la sfida più esaltante, la riconquista di una grande vocazione unitaria nazionale e riformatrice.