Ciriaco DE MITA - Deputato Opposizione
X Legislatura - Assemblea n. 668 - seduta del 25-07-1991
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1991 - Governo II Berlusconi - Legislatura n. 14 - Seduta n. 162
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , siamo ormai quasi alla conclusione di un dibattito che sbaglieremmo tutti se lo volessimo assumere per il modo che lo determina anziché per la natura e la qualità dei problemi che lo impongono. sarebbe un grosso errore non soltanto di stile, ma anche una occasione mancata che l' Assemblea manifesterebbe a non saper cogliere questa difficoltà per trasformarla, come insegna il Machiavelli, in una grande opportunità. certo, i problemi del nostro paese non sono soltanto istituzionali (La Malfa ha ragione), ma le istituzioni sono la condizione entro la quale si affrontano e si risolvono anche i problemi politici. la questione istituzionale, evocata in vario modo, oggi è al centro della nostra attenzione e per le riflessioni fatte, per le indicazioni date, per i suggerimenti qui raccolti, essa fa perno sulle condizioni di governabilità, stabilità e legittimazione democratica del Governo. il punto di partenza è questo. e tale questione, onorevoli colleghi , non è, a ben vedere, una questione che si pone oggi con riferimento all' ordinamento. peccato che l' onorevole Amato nella sua lunga, interessante e dotta dissertazione sull' evoluzione delle istituzioni abbia trascurato questa considerazione. il problema della governabilità, della stabilità dell' Esecutivo non fu risolto dai costituenti. due furono le questioni rimaste in sospeso: quella della stabilità del Governo e quella del bicameralismo. del resto, sono problemi che ci trasciniamo, anche se il primo, quello della stabilità del Governo, nell' esperienza democratica del nostro paese ebbe una risposta non in termini giuridico-formali, ma in termini politici. agli onorevoli Amato e Barbera, che si sono soffermati su questo problema, e a tutti coloro che riflettono sulla storia politica del nostro paese vorrei suggerire una riflessione diversa, per un dialogo, per capire, per cogliere il nesso inevitabile tra processi politici ed istituzioni. se la nostra riflessione non procede in questo modo, infatti, corriamo un duplice rischio: o immaginare un modello astratto di ordinamento, che non saremmo in condizioni di realizzare e, se lo realizzassimo, non sarebbe funzionale allo sviluppo della democrazia; o, viceversa, desiderando l' impossibile, rimanere impantanati nella difficoltà che stiamo vivendo. la storia politica italiana del dopoguerra non è una storia di scontro tra conservazione e progresso. essa è l' invenzione, da parte di De Gasperi , dei cattolici popolari — Giuliano Amato! — , dei rappresentanti della istituzione moderna della democrazia, del Partito Popolare di massa (come la Democrazia Cristiana ), che dà risposta ad un problema che, come tu hai osservato, si poneva già prima; un problema che non ha riscontro nelle istituzioni dal punto di vista formale, ma che dal punto di vista politico è la straordinaria novità del nostro paese. la coalizione degasperiana non è la maggioranza, non è la somma dei partiti per avere il 50 per cento . essa è l' associazione tra forze popolari ideologicamente diverse, con strategie politiche diverse, quali erano i partiti nell' immediato dopoguerra (il marxista, il socialdemocratico, il laico, il liberale e il repubblicano), che si mettono insieme per creare le condizioni per il governo dei processi di trasformazione di una società. ieri La Malfa ci ha ricordato che la storia è questa: noi sappiamo che la storia è questa, e facciamo riferimento a tale esperienza quando ipotizziamo un modello istituzionale che ricostituisca tale condizione. certo, non abbiamo la pretesa di affermare che questa è l' unica soluzione possibile. trovo singolare che nella discussione che si sta svolgendo in quest' Aula, anziché misurarsi con le risposte che si avanzano (credo che nessuno possa avere la pretesa di dire: questa è la verità) e fare uno sforzo per analizzare i fatti e, sul fatto, dare la risposta giuridica (ex facto oritur jus : è un insegnamento che non dovremmo dimenticare), discettiamo in astratto su quale possa essere la risoluzione migliore possibile. la Democrazia Cristiana ha avanzato una sua proposta, che noi riteniamo di grande significato e di grande valore. pensiamo che non sia l' unica, esclusiva, ma che vada giudicata per quella che è, per come la proponiamo. il tentativo di liquidare la proposta democristiana, tutto incentrato sulla discussione sul premio di maggioranza e sull' accostamento alla legge Acerbo , può essere utile per una discussione non solo in piazza, ma anche in Parlamento; ma certamente non serve a farci capire il problema. ad Amato vorrei dire (non so se quanto ho letto sia vero) che la proposta del premio di maggioranza è stata avanzata dai socialisti per primi, nel 1945, con una nota anonima sull' Avanti! (edizione di Milano). in presenza della discussione sui sistemi elettorali da adottare all' epoca della Costituente, i socialisti avanzarono questa ipotesi. con quale logica? c' era, anche allora, la preoccupazione che la proporzionale non fosse funzionale a risolvere il problema della governabilità. quindi, demonizzare un meccanismo o giudicarlo separatamente dai processi politici che si vogliono governare è, a mio avviso, una astrazione che non ci aiuta ad andare molto lontano. quella dei governi di coalizione è un' esperienza tutta italiana. io non condivido le affermazioni che spesso si leggono che noi dovremmo adeguarci all' Europa per uscire dalle difficoltà. l' adeguamento all' Europa deve avvenire su un altro piano, per altri problemi, per altre ragioni. dal punto di vista istituzionale, non è così. e appare singolare a noi che non vogliamo essere provinciali, a noi che denunciamo il limite del provincialismo come una condizione insufficiente per risolvere i problemi, indicare il semipresidenzialismo francese come la via per uscire dalle difficoltà. i socialisti avanzano questa ipotesi, neppure completandola con il riferimento al sistema elettorale ; l' avanzano soltanto sul piano dell' indicazione generale, ignorando che negli ultimi anni Mitterrand e il partito socialista , riflettendo sul meccanismo introdotto in Francia e sul sistema elettorale vigente in quel paese hanno avvertito le difficoltà di quel meccanismo. il sistema maggioritario a doppio turno (che i liberali avanzano come una soluzione e che in realtà, sperimentato in Francia, ha dimostrato di non essere tale), è un meccanismo che serve a stabilire subito chi vince e chi perde, ma poi crea enormi difficoltà quanto a garanzia di governabilità. per quale ragione? lo dico a tutti coloro che vogliono analizzare questo problema con riferimento alla storia e ai disagi che esistono all' interno di una società, anziché con la tentazione di disegnare un modello giuridico astratto. cosa succede infatti in Francia con il sistema a doppio turno , con i blocchi contrapposti (che De Gasperi scongiurava la Democrazia Cristiana di non favorire mai nel sistema politico italiano, perché diversamente sarebbero stati un limite all' avanzamento del processo democratico)? nel momento elettorale, questo sistema consente la possibilità di vincere perché, utilizzando le estreme, il meccanismo della vittoria è assicurato. ma poi, quando si passa alla fase del Governo, le estreme non aiutano il governo dei processi di trasformazione, anzi hanno una spinta sugli estremi opposti o in termini di conservazione, se sono da una parte, o in termini di disegni velleitari, se sono dall' altra. cioè, il meccanismo che in astratto, al momento del passaggio del voto, consente l' individuazione del vincitore, in realtà, al momento della gestione del potere, crea una difficoltà enorme sulla quale, Giuliano Amato (credo di avertelo detto anche in epoca passata), i socialisti e Mitterrand stanno riflettendo. la loro preoccupazione è concorrere a creare un meccanismo elettorale che consenta coalizioni centrali, non nel senso della moderazione, ma nel senso dell' accorpamento tra forze politiche che, rappresentando gli interessi generali della collettività, poi organizzano le condizioni di Governo per poter guidare i processi di trasformazione che caratterizzano le società moderne avanzate come la nostra. ora, su questo problema la proposta della Dc non è come l' ha spiegata Amato (mi è sembrato tanto che descrivesse la posizione socialista più che la posizione democristiana!). ma se c' è un equivoco, è meglio che l' equivoco scompaia e che ragioniamo con riferimento alla reale intenzione che abbiamo. e la proposta democratica cristiana su questo problema non ritiene la legge elettorale lo strumento risolutivo di tutto; essa è solo uno dei momenti della proposta. quando l' esperienza dei governi di coalizione finisce (e l' esperienza dei governi di coalizione è una cosa sulla quale tutti dovremmo riflettere), una delle cose che mi sorprende di più (lo dico riferendomi a tutti i vari fermenti che esistono nel mondo della sinistra politica del nostro paese) è che mentre c' è una grandissima attenzione a rivedere tutta la loro storia passata, le sinistre hanno tentazioni dissacranti, oltre il necessario, nei confronti della Dc e della sua esperienza storico-politica. è come se ci fosse un complesso, quello di non fare i conti con alcuni errori che la sinistra nel dopoguerra ha commesso nel nostro paese e di immaginare che la sua difficoltà dal dopoguerra in poi sia dovuta alla cattiveria della Democrazia Cristiana , dando così una lettura della nostra storia politica non dico falsa, ma certamente stravolta. onorevoli colleghi , questa invece non è la storia del nostro paese: la storia del nostro paese è completamente diversa. fin dalla formazione del centrismo, che vide uno scontro politico all' interno della Democrazia Cristiana aspro e duro, tale da mettere in contrapposizione il mondo cattolico e la Democrazia Cristiana sulla scelta democratica che De Gasperi operò. De Gasperi chiamò allora le forze politiche democratiche — credo che adesso questo termine possa essere compreso più agevolmente — per organizzare la democrazia possibile. l' onorevole Occhetto ha richiamato questa espressione, che certamente non è nella tradizione della cultura marxista, qualche tempo fa, indicandola come il modello teorico astratto giusto per guidare i processi di trasformazione del paese. quella scelta fu una scelta di democrazia, fu una scelta di libertà: della democrazia e della libertà possibili. si crearono le premesse per una crescita ulteriore. successivamente, l' associazione del partito socialista alla direzione del Governo non avvenne per caso, ma per il concorso attivo delle forze che diedero vita a quell' esperienza: il partito socialista , la Democrazia Cristiana e le forze laiche. per far questo la Democrazia Cristiana pagò in termini elettorali un prezzo altissimo, ma conseguì un risultato democratico di grande vantaggio, consentendo il concorso di forze non a sostegno dello Stato democratico — come si diceva — ma il coinvolgimento di larghe masse, per favorire una larghissima partecipazione popolare. Giuliano Amato, a questo riguardo c' è diversità concettuale tra la tua e la nostra analisi. nella tua analisi ho la sensazione che il ruolo dei partiti scompaia e che vi sia la tentazione di risolvere il problema con riferimento ad una struttura del potere che abbia una razionalità in sé. se fosse così... e per qualcuno è così, alcune indicazioni rischiano di essere intese così, ebbene tali indicazioni introducono sul piano del processo democratico un rischio dal quale difficilmente potremo liberarci. affermare oggi — e lo abbiamo letto — che la storia è rimasta bloccata significa dire una non verità. la crisi nostra, la difficoltà nostra discende dal fatto che questo processo, quello dell' allargamento dell' area democratica intorno alle istituzioni è finito, si è esaurito perché tutte le forze sono state coinvolte ed hanno una potenziale disponibilità a concorrere alla rifondazione del potere. è su questo problema che la riflessione politica del nostro paese va avanti dalla fine del centrosinistra. abbiamo introdotto un meccanismo distorto: non quello di definire l' istituzione, la cui amministrazione consenta anche di alternarsi nella sua direzione; stiamo invece portando avanti un discorso, che ricompare soprattutto nelle parole delle varie anime che costituivano una volta il partito comunista , per il quale si teorizza una istituzione in funzione dell' alternativa. le istituzioni non sono, non possono essere in funzione di qualcuno o di qualcosa, perché quando fosse così, sarebbero un diritto a favore di qualcuno e, in tal caso, costituirebbero un privilegio. le istituzioni sono funzionali alla risoluzione dei problemi, e dalla qualità della risposta ai problemi che si pongono si organizzano schieramenti che si possono contrapporre, in alternanza, nella gestione del potere. ora, se non facciamo una riflessione su tale questione, non ne veniamo fuori. Giuliano Amato ha detto che la Democrazia Cristiana è sola: io non so chi è solo e chi è in compagnia. siamo un po' tutti soli. ma neppure questa è una novità. già Moro nelle sue altissime riflessioni sulla situazione politica, descrivendo il rapporto tra i partiti, faceva riferimento ad una condizione di indifferenza, nel senso che venivano meno — sono venuti meno — i riferimenti ideologici, culturali e tradizionali che aggregavano le forze. oggi diciamo tutti che è caduto il muro di Berlino , che le ideologie non ci sono più, ma la tentazione di questo richiamo del passato per costruire la nostra solidarietà nel futuro rimane. quando sento dire che la sinistra è progressista — probabilmente lo diventerà, questo non lo escludo: è tra i suoi obiettivi! — con riferimento alla ideologia marxista e alla storia passata, mi sembra tanto di essere in una posizione neppure di conservazione ma di estinzione sul piano culturale e politico anziché di indicazione di qualcosa di più avanzato e moderno. certamente la Democrazia Cristiana , per la cultura che ha avuto (lo dico non ai democristiani ma ai rappresentanti degli altri partiti), per la cultura dei cattolici popolari e per la loro concezione della democrazia, per l' ispirazione religiosa che ha caratterizzato la cultura di questo partito, onorevole Martelli — l' ispirazione religiosa per i cattolici è stata una motivazione della libertà — si è posta, e i cattolici democratici si sono posti in Italia — in virtù di questa motivazione — come riferimento civile, non religioso, per i credenti e per i non credenti. la spiegazione del successo di questo partito sta in questo e l' appannamento del nostro partito sta nell' aver qualche volta trascurato tale riferimento. ma dal punto di vista culturale certamente oggi, tra le culture politiche alle quali si può fare riferimento, quella dei cattolici popolari non dico sia la straordinaria o la sola novità, ma certamente è una cultura con la quale bisogna farei conti. nonostante ciò, nonostante tale retroterra culturale, anche la Democrazia Cristiana sarebbe travolta se con riferimento a tale processo non si facesse carico di concorrere con gli altri a ricostruire regole del potere, istituzioni democratiche forti, che consentano al nostro paese di uscire dalla difficoltà che lo attanaglia. il punto di partenza è quello del Governo. quali proposte sono state avanzate, Giuliano Amato? sono due. una prima, del partito socialista e se non sbaglio del Movimento Sociale e del partito liberale , che prefigura l' istituzione Governo organizzata intorno alla forma di repubblica presidenziale , non definita. io non sono tra coloro che per il fatto che non sia definita ritengono che non abbia significato. la categoria generale c' è; è una forma istituzionale efficace, che in alcune esperienze di paesi democratici ha svolto e svolge un suo ruolo, mentre in altri, e stranamente in quello che voi indicate come modello, ha notevoli difficoltà, sulle quali i socialisti francesi riflettono, ma è comunque un' indicazione. il resto del Parlamento ne ipotizza un' altra, su cui c' è uno schieramento vastissimo: ritiene cioè di risolvere il problema della stabilità, della governabilità e della legittimità del governo parlamentare in maniera diversa. qui, la proposta che è emersa è abbastanza raccordata ad interessi più larghi. circa l' elezione del presidente del Consiglio non mi interessa discutere sui particolari o stabilire questa o quella procedura. la sostanza qual è? noi vogliamo recuperare la stabilità e la legittimità del governo parlamentare conservando — ecco, noi vogliamo conservare: non so se siamo conservatori dicendo questo, ma comunque lo affermiamo con chiarezza — le istituzioni della democrazia pluralista, che ha costituito il reticolo entro il quale c' è la straordinaria storia tormentata, ma una storia di libertà del nostro paese. per far questo, per un Governo che diventi stabile avvertiamo l' esigenza che esso abbia una legittimità democratica, cioè che non venga eletto un presidente del Consiglio a caso, dopo di che rimane. noi vogliamo, per chi viene eletto — per il fatto che venga eletto — , che sia coinvolto il popolo nel giudizio sulla possibilità dell' elezione. si discute tanto di sovranità popolare . quando si individua una forma della democrazia rappresentativa , attenti a far riferimento alla sovranità popolare astratta! la sovranità popolare astratta non esiste. la sovranità popolare si esercita, e nel regime democratico la si esercita con riferimento ad una proposta, ad una idea, ad una indicazione. quando la sovranità popolare si esercita di per sé, già i classici ci hanno spiegato che il passaggio alla demagogia è inevitabile, come ieri d' altronde ha ricordato Forlani. visto che siamo tutti preoccupati di reinvestire la volontà popolare nella gestione di questo processo di adeguamento, mi chiedo perché, quando indichiamo una forma — che può anche essere discutibile ma certamente forma è — si dica: no, questo non va. questa è la nostra proposta. la proposta elettorale è solo della Democrazia Cristiana ? non mi parrebbe, perché tutti hanno parlato di riforme elettorali . sull' argomento voglio discutere con molta serenità dicendo — non per finzione, ma perché parliamo con grande convinzione, come ieri ha fatto Forlani per tutta la Democrazia Cristiana — che questa è la nostra proposta e che siamo convinti della sua giustezza. non pensiamo, però, di imporla agli altri senza un confronto, senza cercare spazi d' intesa. noi mettiamo nel conto anche la possibilità che prevalga non solo una diversa legge elettorale , ma anche un diverso sistema di governo. vogliamo soltanto che, una volta posto il problema, si individuino le vie democratiche possibili per arrivare ad una conclusione. questa, sì, è una nostra esigenza. mi pare però non sia solo nostra. non capirei il dibattito che abbiamo fatto e non capirei neppure tutti gli atti di ossequio al Capo dello Stato per il messaggio che ha inviato, se poi concludessimo col niente. l' atto di ossequio, il rilievo che si è dato al messaggio, indipendentemente dalle motivazioni, si legittima straordinariamente per la difficoltà esistente. quindi, una discussione sulla sua legittimità o meno può anche essere sostenuta dal punto di vista giuridico, ma non avrebbe nessun significato dal punto di vista politico. noi dobbiamo fare questo sforzo. sulla legge elettorale — l' ha già detto Forlani ed io ora lo dico a Giuliano Amato — la nostra proposta è quella più duttile; non dico la più democratica, ma certamente quella più aderente alla condizione del quadro politico che esiste nel paese, alla sua possibile evoluzione. infatti, pretende che le forze che si associano per il Governo del paese, per il tempo dato in cui l' associazione c' è, si impegnino a governare. l' esperienza politica di questi anni ci ha dimostrato che è mancato proprio questo. ed anche l' onorevole La Malfa , che pure ha dedicato la sua attenzione a problemi diversi, all' interno del suo ragionamento ha dovuto riconoscere che la difficoltà è legata anche al venir meno dello spirito di coalizione. la nostra proposta è funzionale proprio a far crescere lo spirito di coalizione, senza imporlo, creando la convenienza a realizzarlo e partendo dal presupposto che, quando forze politiche hanno indirizzo di Governo comune, hanno per l' appunto convenienza ad associarsi. perché il premio? per la sollecitazione che il processo esige; e diversamente non saremmo in presenza della difficoltà. tutte le proposte di nuovi sistemi elettorali avanzate — la nostra, quella del Pds e quella dei liberali — in realtà funzionano così: nella prima fase registrano le opinioni diverse, cioè in un primo momento i partiti si contano per le opinioni che hanno. su questo punto non c' e differenza in nessuna delle proposte. dopo, la proposta del Pds presuppone il premio alla coalizione. e dico subito che, quando si demonizza il premio, non si può demonizzare quello degli altri e pensare che il proprio sia utile. in realtà — è la mia opinione, ma si può discutere anche questo sistema — è funzionale non solo alla coalizione ed ai fini della governabilità, ma anche alla coalizione che perde. non vorrei essere maligno, ma prospetto la mia riflessione al collega Barbera: il premio alla coalizione che perde mi sa tanto di previsione funzionale ad un partito, piuttosto che alle istituzioni del paese. individuare chi governa è necessario, mentre individuare che a perdere siano uno o più non conta ai fini della stabilità di Governo. questo mi porta a ritenere impropria la proposta dello sbarramento. è vero che esso è previsto nell' esperienza tedesca, ma è anche vero che la situazione politica tedesca è diversa dalla nostra. lo sbarramento in questo concordo con Barbera — non sarebbe funzionale a risolvere il problema della stabilità del Governo. in astratto esso dovrebbe fermare la frammentazione: ma, stiamo attenti, la frammentazione non è la ragione, ma la conseguenza. il male di cui soffriamo nel nostro paese è la mancanza di una autorità legittimata a governare, non il pluralismo minoritario dell' opposizione. sarei quindi molto cauto ad interrompere l' inizio di ogni movimento, perché le forze politiche nuove nascono dal poco, non nascono con una grande forza. introdurre uno sbarramento potrebbe essere una via rischiosa. le due proposte rispondono quindi alla stessa logica, con una differenza. dico ai socialisti, che sostengono che la prima delle due è fatta per la vittoria della Democrazia Cristiana , che, nel breve periodo, se ipotizziamo che la coalizione di Governo possibile comprenda tra gli altri anche Democrazia Cristiana e partito socialista , si tratterebbe di una legge elettorale non funzionale soltanto alla Dc, ma alla aggregazione dei partiti per il Governo del paese. ma in prospettiva il ruolo del partito socialista — lo riconosco non per concessione, ma perché lo capisco — guarda alla possibilità di una forza, unica, unitaria, federata, che metta insieme le forze di provenienza della sinistra e raggiunga nello schieramento politico del paese una consistenza molto più forte. le istituzioni non possono prevedere il futuro, lo amministrano. com' è allora regolato il processo all' interno di questa istituzione? finché queste forze hanno convenienza ad associarsi per il Governo del paese si associano; quando esse valutassero, l' una e l' altra, non una soltanto di esse, che l' indicazione da dare aggrega forze diverse e non mette più insieme il partito socialista e la Democrazia Cristiana , la soluzione sarebbe funzionale anche a tale disegno. faccio però il futurologo rilevando che credo non sia difficile prevedere, con molto realismo, per quanto ci è dato di prevedere, che anche il processo di unificazione socialista non approderà nei tempi brevi alla maggioranza assoluta . probabilmente darà, mi auguro che dia consistenza ad una grande forza, ad un altro partito, a dimensione popolare, come la Democrazia Cristiana , culturalmente ispirato in maniera diversa. i partiti infatti non sono soltanto figli dell' ingegneria e della pubblicità: essi sono figli della storia di un paese. e la storia dei paesi è fatta anche di errori, non solo di virtù, anche perché gli errori generano virtù e le virtù errori. in questo processo continuo, questa grande forza della sinistra può venir fuori ed io mi auguro che venga fuori. ma questo meccanismo non la preclude, questo meccanismo non la contrasta — non vorrei eccedere nella spiegazione della proposta — , oso ritenere che questo meccanismo la favorisca.