Gianfranco FINI - Ministro degli Affari Esteri - Vicepresidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
X Legislatura - Assemblea n. 667 - seduta del 24-07-1991
Circa l'impegno delle truppe italiane in Afghanistan
1991 - Governo II Prodi - Legislatura n. 15 - Seduta n. 79
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , qualche settimana fa, avvicinandosi la data di questo dibattito, Norberto Bobbio poneva un interrogativo che per alcuni tra i veterani di questo palazzo, e soprattutto per l' attuale inquilino di Palazzo Chigi , era ed è una speranza: « tra una sfuriata e l' altra, di facezia in facezia, non andrà a finire si chiedeva Bobbio — che il messaggio di Cossiga alle Camere, che pur merita di essere discusso, nessuno vorrà prenderlo sul serio? » il Movimento Sociale Italiano , lo affermo subito, il messaggio del Capo dello Stato lo ha preso e lo prende sul serio, così come è doveroso fare per i suoi contenuti, per la sua volontà rinnovatrice, per l' assoluto disinteresse personale e l' altrettanto evidente esclusivo interesse nazionale che lo ispirano. sono certo che, come da noi, il messaggio del Capo dello Stato è stato preso sul serio e favorevolmente accolto dai nostri connazionali, dai cittadini italiani in patria e all' estero, di cui finalmente un autorità dello Stato si ricorda. il messaggio lo hanno preso sul serio tutti coloro — e sono certamente la maggioranza — che nelle parole di Cossiga hanno trovato un' ulteriore e autorevolissima conferma della necessità vitale per l' Italia di rinnovare e di riformare le istituzioni politiche, per costruire uno Stato degno di tale nome e degno delle aspettative della nazione; uno Stato finalmente liberato dall' ipoteca della partitocrazia, divenuta ormai sinonimo di inefficienza, di corruzione, di collusioni malavitose, di sperpero del pubblico denaro. in questo senso, il messaggio di Cossiga alle Camere è per noi qualcosa di più nobile e di più autorevole del pur importante esercizio di un potere costituzionale del presidente della Repubblica . quali che siano le conseguenze politiche di questo dibattito, con il messaggio presidenziale, con i suoi contenuti e con le sue finalità credo che saremo tutti chiamati a confrontarci anche in seguito. alle Camere Cossiga ha infatti sostanzialmente trasmesso la volontà della comunità nazionale, una chiara volontà di rinnovamento della politica, che si è già espressa il 19 giugno con il referendum e che non può essere ulteriormente disattesa dal Parlamento, pena il suo definitivo discredito agli occhi del popolo italiano . il tentativo, messo in atto da più parti, di sminuire l' importanza del dibattito odierno, la volontà di ridurlo ad una accademica e sterile dissertazione di diritto e di ingegneria costituzionale, la decisione sconcertante del Governo di parteciparvi con un ruolo solo notarile (come se il problema non lo riguardasse) sono per noi comportamenti offensivi, rivolti verso il popolo italiano ancor più e ancor prima che verso il presidente della Repubblica . tali comportamenti dimostrano che quanto di vecchio, di inutile e persino di dannoso esiste nelle nostre istituzioni è duro a morire, perché c' è chi si ostina a non voler prendere atto che la società italiana (riprendo un concetto espresso dallo stesso Cossiga) è profondamente cambiata in questo quarantennio, ha esigenze ed aspirazioni di varia natura, molto diverse da quelle che la caratterizzavano nel 1946; ed è duro a morire soprattutto perché c' è chi finge di ignorare che gli italiani non sono più disposti a delegare ai partiti, e solo ad essi, il compito di organizzare lo Stato. l' insofferenza verso la partitocrazia dei suoi sistemi feudali di Governo della cosa pubblica è reale, radicale, crescente. certo, si può discutere e persino ironizzare sulle quotidiane esternazioni di Cossiga, ma non si può fingere di non sentire le altrettanto quotidiane imprecazioni degli italiani contro i guasti del sistema dei partiti. la Democrazia Cristiana può certo tentare di eludere questo problema che è il problema di fondo , e quindi presentare (come ha fatto) una riduttiva ipotesi di riforma elettorale , che secondo noi serve a rafforzare, anziché a cambiare il sistema vigente. certo, all' onorevole Scalfaro può dispiacere il discorso del collega Franchi, che egli ha definito il Te Deum di ringraziamento; ma l' onorevole Scalfaro è uomo troppo intelligente per non sapere che non soltanto a noi, ma anche a molti italiani fuori di quest' Aula, non sono piaciute le sue parole, che assomigliano troppo al de profundis che la Democrazia Cristiana , suo tramite, ha recitato di fronte alla necessità vitale di cambiare. la Democrazia Cristiana , per non correre il rischio di vedere conclusa una quarantennale gestione del potere che di fatto l' ha trasformata in partito Stato , può anche rilanciare il rituale, anch' esso quarantennale, quindi stantio, invito all' attuale Pds a sedersi al tavolo dei conservatori dell' esistente, affidando ad alcuni tra gli uomini della sinistra il compito di guidare il partito trasversale che insinua che Cossiga è un caso clinico, e perciò lo considera inattendibile. la Democrazia Cristiana può persino assicurare al Pds una futura e concreta gratitudine, sotto forma di un rinnovato consociativismo nella gestione del potere. lo stesso onorevole Andreotti può certamente continuare ad ironizzare, più o meno a sproposito, e a gloriare la repubblica parlamentare dei partiti, riproponendo quindi se stesso , che del parlamentarismo e della partitocrazia è la quarantennale incarnazione. certo, può accadere, come accade, tutto ciò e tanto altro ancora; ma assai difficilmente la Democrazia Cristiana di Luigi XIV — Andreotti e i suoi ricorrenti fornai delle botteghe oscure riusciranno ad impedire all' Italia di voltare pagina e di archiviare la Repubblica dei partiti. oggi infatti la maggioranza degli italiani è cosciente di ciò che già quarant' anni fa scriveva Maranini: « i partiti si presentano come organismi dotati di burocrazia, finanza, stampa, inevitabilmente collegati alle organizzazioni economiche, sindacali, lobbistiche, delle quali riflettono le lotte e gli interessi; veri stati nello Stato, ordinamenti giuridici, cioè autonomi, essi mettono in crisi con il loro particolarismo, e talvolta con il loro illiberalismo, il debole Stato liberalparlamentare, al quale si presenta un compito ben più grave di quello per il quale era attrezzato. non si tratta più di difendere l' individuo contro l' individuo, ma si tratta di difendere l' individuo e la legge contro potenti organizzazioni. queste a loro volta traggono sempre nuovo alimento dal senso di panico potenziale che pervade gli individui a causa della carenza dello Stato. l' individuo, sentendosi indifeso dal maggior ordinamento, che è lo Stato, cerca negli ordinamenti minori e particolari la sua garanzia, e a quegli ordinamenti paga il tributo di obbedienza che lo Stato non sa più esigere » . scritte quarant' anni addietro, sono parole che a noi paiono profetiche. per il Movimento Sociale Italiano non è quindi in discussione la necessità di cambiare radicalmente le istituzioni. del resto, non potrebbe essere altrimenti se andando indietro nel tempo si ricordano onestamente i nostri precedenti al riguardo, dall' ipotesi, già allora, di repubblica presidenziale con cui nel 1946 Costamagna si contrapponeva dalle colonne di Rivolta ideale ai teorici della restaurazione del sistema prefascista, fino al progetto globale di riforma delle istituzioni che negli anni Settanta Almirante propagandò e che trovò poi riscontro negli Atti parlamentari della Commissione Bozzi con la relazione dell' onorevole Franchi. non voglio comunque in questa sede dilungarmi nel rivendicare al Movimento Sociale meriti o diritti di primogenitura — che pur, a mio avviso, ci sono — per aver da tempo intuito che la crisi è una crisi del sistema e non nel sistema, e che consequenzialmente occorre con le riforme istituzionali dar vita ad un nuovo tipo di sistema politico , maggiormente in grado di soddisfare le esigenze degli italiani. la necessità di porre in sintonia il sistema politico e la società civile , eliminando così non solo i ritardi del primo ma anche la sfiducia della seconda, è comunque il concetto da cui parte anche il Capo dello Stato nel suo messaggio. scrive infatti Cossiga: « da tempo sale dal paese una pressante e sempre più insistente domanda di rinnovamento in vista di un reale adeguamento delle strutture esistenti alle sfide del presente e del futuro. occorre infatti consentire all' Italia, giunta alle soglie del terzo millennio, di affrontare efficacemente i problemi postulati dal processo di sviluppo e di maturazione al suo interno e da un inserimento nell' Europa e nella comunità internazionale che sia effettivamente commisurato al suo accresciuto peso e al ruolo che il nostro paese, in base al grande retaggio del suo passato e ai traguardi raggiunti nei quarant' anni di vita repubblicana, è chiamato a svolgere con responsabilità e in piena e riconosciuta dignità » . le linee strategiche del nostro progetto di riforma delle istituzioni, di quella nuova Repubblica che abbiamo individuato come il traguardo cui l' Italia deve giungere, sono sostanzialmente note alle Camere e sono state ribadite ieri e oggi negli interventi degli onorevoli Franchi e Parlato. mi limiterò quindi a richiamarne i capisaldi per affrontare, subito dopo, un' altra questione che è poi per noi la questione di fondo che il Movimento Sociale Italiano vuol porre al centro di questo dibattito. ribadisco quindi che il Movimento Sociale auspica una Repubblica di tipo presidenziale, secondo quello che comunemente è definito il modello francese. ha detto e scritto giustamente l' onorevole Franchi: « fino ad oggi in Italia si è agitato contro l' ipotesi del presidenzialismo lo spettro del cosiddetto complesso del tiranno, e si è presentato il sistema presidenziale in antitesi alla democrazia e come minaccia per la libertà. ma si tratta di un' azione propagandistica infondata nei suoi presupposti, messa in atto da alcuni come autodifesa. la gente sa che il presidenzialismo è tipico dei paesi di democrazia classica e che la sua antitesi è il sistema democratico parlamentare nella sua degenerazione, il parlamentarismo, non la democrazia di cui il presidenzialismo è la più alta proiezione costituzionalmente realizzabile » . il sistema presidenziale che il Movimento Sociale propone agli italiani ha caratteristiche originali innestate sul classico principio fondamentale. la chiave di volta è la doppia legittimazione parallela del potere esecutivo e del potere legislativo . il popolo elegge i propri rappresentanti al Parlamento e separatamente elegge il Capo dello Stato , che è anche capo dell' Esecutivo e forma il Governo sulla base di questo rapporto diretto tra governanti e governati: da una parte la delega necessaria per il potere legislativo , dall' altra la diretta investitura del Governo da parte del popolo. è il momento magico della partecipazione! il principio presidenzialista si cala poi nel sistema e lo pervade. così, anche per noi, il sindaco è eletto direttamente dal popolo, depositario della sovranità, è affrancato dall' ipoteca dei partiti e al popolo risponde senza intermediari perché il presidenzialismo è anche la fine dell' intermediazione partitocratica che separa gli elettori dagli eletti, i governanti dai governati. e l' eletto dal popolo, che è sintesi di autorità e libertà, recupera all' Esecutivo il decisionismo ed alla società la tempestività della realizzazione. basterà solo l' accortezza per scongiurare quella tentazione totalitaria di cui parlava François Ravel, di alcuni contrappesi sul versante dei controlli e dei mandati, potenziando i primi e accorciando eventualmente i secondi. ma il discorso sull' assemblea elettiva, dal Parlamento ai consigli degli enti locali , impone anche una riflessione sulla rappresentanza politica oggi travolta dalla crisi. il riformatore, la futura Assemblea costituente , sarà chiamato ad integrare il concetto di interesse e a recuperare quello di competenza, perché oggi i rappresentanti rappresentano certamente se stessi , rappresentano in molti casi i loro partiti, ma assai difficilmente rappresentano compiutamente il popolo, in quanto non riassumono la totalità dell' interesse dell' individuo e a volte ne ignorano la competenza, che è componente indispensabile dell' efficienza. i partiti possono anche interpretare, e a volte interpretano, l' interesse universale dell' individuo, le spiritualità dei suoi ideali; ma in quanto appartenente ad una categoria del lavoro, l' individuo ha interessi particolari che nessuno rappresenta nell' assemblea delle decisioni. allora, l' integrazione della rappresentanza attraverso l' espressione della politica e della tecnica e la sintesi degli interessi universali e particolari si impone come riforma costituzionale che ridimensioni il ruolo dei partiti ed attribuisca alle categorie produttrici il giusto spazio nelle assemblee elettive, realizzando in tal modo una delle più attese innovazioni capaci di mutare il sistema politico e la vita della società, e confermando l' originalità della nostra proposta che modifica, perfezionandolo, il sistema semipresidenziale francese. ribadito quindi che anche per il Movimento Sociale il vero sovrano è il popolo e tracciate, seppur sommariamente, le coordinate del nostro progetto di riforma, è comunque — come dicevo poc' anzi — su un altra questione che il Movimento Sociale Italiano vuole attirare l' attenzione del Parlamento. si tratta di una questione di fondo che precede tutte le altre, che tutte le orienta e su cui il Capo dello Stato si è pronunciato. mi riferisco alla necessità prioritaria che le riforme scaturiscano da quello che Cossiga chiama il « nuovo patto nazionale » , un patto che mobiliti e raccolga le energie ed i contributi di tutti gli italiani, senza ulteriori odiose discriminazioni tra vincitori e vinti, in un clima di autentica ed operosa pacificazione nazionale. noi siamo consapevoli, onorevoli colleghi , che questo argomento, quando viene posto dal Movimento Sociale Italiano , genera subito, per le radici ideali e politiche e l' origine storica del Movimento Sociale , imbarazzo e sospetto. né mancano coloro che immediatamente strillano contro il pericolo fascista, a loro dire incombente. del resto, fino ad oggi la questione della pacificazione nazionale, del nuovo patto tra tutti gli italiani, è stata elusa (e siamo l' unico paese d' Europa ad averlo fatto), perché solo il Movimento Sociale , il movimento che chiamò a raccolta i vinti di ieri, l' ha posta. oggi, a quasi mezzo secolo dalla guerra civile e dalla Costituente, sappiamo tutti perché ciò accadde: perché la nostra Repubblica, le nostre istituzioni nacquero con quello che Crisafulli chiamò un « vizio di origine » , nacquero ponendo a fondamento di se stesse un mito unificante di parte, nacquero contro una parte degli italiani. quasi vent' anni fa, nel gennaio 1973, il futuro giudice della Corte costituzionale , Vezio Crisafulli, scriveva: « noi dobbiamo parlare delle istituzioni, quindi della Costituzione sulla quale si fondano. e possiamo ormai parlare della Costituzione con il dovuto distacco perché è finito il tempo dei discorsi celebrativi e delle grandi illusioni » . appunto parlandone con il dovuto distacco, credo che il vizio d' origine della Costituzione che ci regge sia quello di essere sorta e di porsi come Costituzione antifascista. « una Costituzione » — dice Crisafulli, e lo dice nel 1973 — « non può essere antifascista, antisocialista o che so io, o quantomeno non può assumere a proprio motivo centrale e caratterizzante il suo essere contro una qualche precedente esperienza » . in troppe sue disposizioni la nostra Costituzione si presenta come una specie di risposta polemica ad un recente passato. in altri termini, i nostri costituenti hanno riprodotto, e per giunta codificato in formule rigide, spesso minuziose, tutte le cause delle disfunzioni, delle storture del vecchio sistema parlamentare italiano che già scricchiolava agli inizi del primo dopoguerra. più recentemente, chiedendosi provocatoriamente se per caso è nella Carta Costituzionale che si annidi la più rilevante tra le sacche di socialismo reale presenti in Italia, Adolfo Urso ha scritto: « la nostra Carta Costituzionale fu stilata dai rappresentanti italiani dei due blocchi che avevano vinto e che già si apprestavano ad un confronto globale, ed è concepita come una sorta di terra di nessuno, con poteri deboli e succubi dei partiti, o meglio dei due partiti che avevano egemonizzato di comune accordo maggioranze e opposizione. è nata, la Costituzione, in una logica di guerra fredda come compromesso tra due sistemi, ma ha realizzato in Italia una sorta di muro di Berlino nelle coscienze e spesso nelle famiglie e proprio per questo essa è oggi largamente superata » . oggi, anche in questo dibattito, noi possiamo e dobbiamo serenamente interrogarci sul motivo per cui ciò accade, sulle conseguenze che ne derivarono ma soprattutto sulla opportunità di rinnovare la scelta di allora. siamo consapevoli, presidente e colleghi, che l' analisi delle ragioni storiche per cui ciò accadde, che noi sostanzialmente individuiamo nella ipoteca politica che il comunismo pose nel 1946 sulla nostra Repubblica ottenendo così il riconoscimento di unica opposizione costituzionale, è ancora lontana dal raggiungere l' unanimità dei consensi. ciò vale anche per il giudizio sulle conseguenze che nel tempo derivarono dalla scelta dei costituenti e che sono state a nostro avviso pesantemente negative. scelte che hanno portato ad una situazione efficacemente descritta dal professor La Pergola (cito per l' ennesima volta non un uomo di parte ma un uomo che appartiene alla più autentica cultura democratica): « un popolo privo della sovranità che ad esso dovrebbe competere, un Governo instabile costretto all' efficienza, la mancanza di una classe dirigente , partiti e sindacati che sostituendosi e sovrapponendosi di fatto agli organi rappresentativi si sono al tempo stesso allontanati o estraniati addirittura dalla base della società politica, chiusi, oligarchici, irresponsabili ma non per questo omogenei, scuola e magistratura politicizzate; uno Stato caratterizzato insomma non solo dalla dislocazione dell' autorità dalle sedi competenti, ma anche dall' incertezza delle situazioni giuridiche soggettive e dal quale i principi dello stato di diritto vanno scomparendo, con il risultato che l' obiettività del comando cede il passo alla personalità dell' obbligazione politica e all' infeudamento del singolo all' uno o all' altro centro di potere... » . ma se il giudizio circa le ragioni e le conseguenze dell' innegabile vizio di origine della nostra Costituzione sono ancora oggi oggetto di valutazioni diverse, non altrettanto si può dire — io credo — circa l' opportunità di ribadire la scelta di allora. oggi infatti nessun italiano sostiene la necessità di discriminare aprioristicamente una componente della comunità nazionale in forza di eventi accaduti cinquanta anni or sono. non la sostiene il popolo italiano e non la sostiene il presidente della Repubblica che anche a tale riguardo si dimostra in pieno accordo con il sovrano reale. tanto nel messaggio alle Camere quanto in un successivo messaggio rivolto al Movimento Sociale in occasione della festa de Il Secolo d'Italia , il pensiero del presidente della Repubblica è infatti chiarissimo al riguardo. così scrive Francesco Cossiga: « di fronte ai preoccupanti sintomi di una crescente disaffezione dei cittadini al nostro sistema di governo, che contribuiscono non poco ad accentuare i mali più evidenti della nostra società, appare in effetti giunto il momento di porre in essere un grande sforzo collettivo che consenta di individuare la via da seguire per por mano ad un' opera compiuta ed incisiva di rinnovamento delle istituzioni e, come ha dimostrato anche la recente prova referendaria, è questo uno sforzo al quale il popolo, depositario della sovranità reale, potrà e dovrà essere, anche in forza della vigile attenzione e della viva sensibilità finora dimostrate, in qualche modo associato. il processo riformatore deve perciò trarre alimento dalla primaria esigenza di recuperare appieno la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche e rappresentative, consentendo in primo luogo ai partiti di tornare alla loro più autentica vocazione eliminando quegli impedimenti e quei condizionamenti che sono andati via via gravando sul loro funzionamento e contribuendo nuovamente a rendere vitale il circuito democratico nel quale devono combinarsi, in una opportuna ed efficace sintesi, sovranità popolare , democrazia partecipativa , istituti di rappresentanza. al processo riformatore deve quindi accompagnarsi un impegno globale di tutta la società, che si fondi su una aperta, libera e compiuta volontà politica e civile. mutate le condizioni storiche che condussero al glorioso patto alla base della Costituzione del 1948, venuti ormai definitivamente meno i complessi intrecci di vicende, che nei decenni trascorsi hanno attraversato la storia dell' Italia ed hanno condizionato la stessa applicazione degli ordinamenti repubblicani, è ora possibile guardare con maggiore speranza e fiducia ad un nuovo grande patto nazionale che, sulla base di una ritrovata ed armoniosa conciliazione fra tutte le forze politiche , valga a costituire il fondamento di rinnovate istituzioni democratiche e repubblicane. né potranno essere più addotti a scusante o a motivo di rinvio, spiriti di rivalsa o di rivincita o contrapposizioni ideologiche tali da giustificare la frapposizione di ulteriori ostacoli a questo irrinunciabile ed irrinviabile incontro fra cittadini e forze politiche , in vista di un nuovo patto per una rinnovata Repubblica. « abbiamo bisogno » — conclude Cossiga — « di una democrazia compiuta e governante e questa democrazia compiuta e governante siamo oggi chiamati a edificarla insieme » . il Movimento Sociale Italiano concorda pienamente con queste affermazioni del presidente della Repubblica . e il Te Deum non è al Capo dello Stato , semmai al contenuto di questo nobile messaggio. è un ringraziamento alla pacificazione; è un ringraziamento che noi sentiamo doveroso nei confronti di coloro che , investiti di altissime cariche istituzionali, ritengono che in Italia non debbano più esistere cittadini di serie A o di serie B in ragione delle scelte che in molti casi fecero i loro padri. il Movimento Sociale Italiano non chiede agli antifascisti di rinnegare le loro scelte, così come nessuno, io credo, può avere la pretesa di chiedere a noi di fare altrettanto. ognuno ha il diritto di continuare a credere nelle proprie idee. ed anzi auguriamoci insieme che i partiti siano sempre più veicolo di idee e non di interessi. ma tutti abbiamo altresì il dovere di comprendere che l' Italia odierna non è più quella del 1946 e di credere alla necessità di una nuova Costituente da cui escano istituzioni politiche profondamente rinnovate, sulla base dei valori e degli ideali unanimemente riconosciuti dal nostro popolo. l' azione delle forze politiche che vogliono il rinnovamento delle istituzioni — che non a caso sono quelle che non parteciparono o comunque non determinarono i momenti salienti della Costituente — deve quindi tendere a realizzare questa alta e nobile aspirazione. proprio perché è in evidente contrasto con essa, il Movimento Sociale Italiano rifiuta di limitare a semplici ritocchi dell' esistente il campo di intervento delle forze. non abbiamo bisogno di una riforma elettorale da approvare in questo scampolo di legislatura; una riforma che, nel metodo, ha per noi l' insopportabile aspetto di un mutamento delle regole del gioco con i giocatori già scesi in campo e che, nel merito, assomiglia troppo ad un abito cucito su misura per consentire alla Democrazia Cristiana di perpetuare la sua centralità. l' Italia ha bisogno di un autentico rinnovamento del sistema politico da attuarsi compiutamente nella prossima legislatura che per noi assume, quindi, la dignità di legislatura costituente; tale processo va però avviato nei mesi che ci separano dal voto. per noi la sopravvivenza di questa legislatura ha un senso solo se le forze politiche che vogliono riformare davvero le istituzioni affrontano e risolvono il problema delle procedure necessarie per giungere alle riforme. anche a tale riguardo, il Movimento Sociale Italiano accoglie il messaggio del presidente. occupandosi del chi e del come, Cossiga ha indicato, infatti, alcune strade percorribili, senza preferirne alcuna. d' altronde non poteva farlo, però ha detto a chiare lettere — e questo è per noi motivo di soddisfazione — che in ogni caso l' ultima parola deve spettare ai cittadini attraverso un referendum. perché, se così non fosse e se dunque ad avere il sopravvento dovesse essere il sovrano legale, in forma di quel famigerato articolo 138 che assomiglia ogni giorno di più al lucchetto di una catena che imprigiona il rinnovamento delle istituzioni e impedisce di fatto ai cittadini di intervenire direttamente, le riforme o non si farebbero mai o sarebbero esclusiva prerogativa dei partiti, sempre più simili alla felice definizione del Maranini di « tiranni senza volto » . l' articolo 138, a nostro avviso, lede la sovranità del popolo in almeno due importanti circostanze: perché consente soltanto, una volta azionato, di dire « sì » o « no » alla proposta votata dal Parlamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti. come dire che i cittadini, in questo caso, possono o approvare la proposta di chi governa, dando via libera alle riforme volute dal palazzo, o respingerla ma lasciando le cose come stanno. in secondo luogo, perché nega persino il diritto di dire « sì » o « no » alla proposta del palazzo, se questa è approvata dalle Camere con il voto della maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, affermando così una incomprensibile supremazia dei due terzi del Parlamento sul popolo sovrano , col paradosso di instaurare una democrazia in cui quanto più ampio è l' accordo tra i partiti tanto minore è lo spazio di libertà dei cittadini ed in cui i rappresentanti del popolo sovrano finiscono con il diventare i rappresentanti sovrani del popolo. il sovrano legale, il Parlamento, non può impedire per principio al sovrano reale, al popolo, di pronunciarsi direttamente sul cambiamento delle norme fondamentali. ecco perché per noi la vera e importante partita si gioca nel far saltare il lucchetto previsto dall' articolo 138. se così non dovesse essere, ci troveremmo di fronte ad un vero e proprio regime oligarchico, in cui per cambiare la Costituzione non è ammesso né concesso il ricorso diretto al voto popolare. il Movimento Sociale è certo di non sbagliare affermando che il presidente della Repubblica , apertamente schieratosi col sovrano reale, farà tutto quanto in suo potere perché ciò non accada, come del resto ha già iniziato a fare. e di questa determinazione siamo grati al Capo dello Stato . confidiamo che il Parlamento, al termine di questo dibattito, sappia fare altrettanto e dimostrare così nei fatti che i parlamentari rappresentano il popolo e non i partiti. per quanto ci riguarda, anche se siamo scettici, faremo come sempre la nostra parte.