Bettino CRAXI - Presidente del Consiglio Maggioranza
X Legislatura - Assemblea n. 617 - seduta del 18-04-1991
1991 - Governo II Spadolini - Legislatura n. 8 - Seduta n. 552
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , signor presidente del Consiglio , onorevoli colleghi , vi è chi continua ancora a pensare che forse sarebbe stato meglio anticipare il viaggio elettorale. così era del resto capitato alle cinque legislature che, negli ultimi venti anni, avevano preceduto l' attuale. una volta per incidente, una per calcolo, si era in questo modo sempre evitato il rischio di campagne elettorali troppo prolungate, con tutto il peso del logorio che a tutti può sempre derivarne. la grande maggioranza delle forze politiche , invece, questa volta, a differenza della precedente, che vide il caso più unico che raro di un Governo addirittura « sfiduciato » dalle stesse forze che ne facevano parte, si è dichiarata favorevole a percorrere sino in fondo il cammino della legislatura. chi ne era meno convinto ne ha preso subito atto. si tratta del resto di un orientamento perfettamente legittimo e non privo di argomenti; esso può semmai infastidire, quando viene presentato ed accompagnato da argomenti speciosi ed enfasi tragicomiche, quasi che con le elezioni fossero in arrivo l' alluvione, la peste, una minaccia totalitaria, o quando tutto questo è alimentato dalla retorica di comitati parlamentari, magari presieduti di fatto da presidenti che né dalla Costituzione né dai regolamenti hanno ricevuto mandato per presiederli. comunque, di fronte alla necessità di percorrere l' anno conclusivo della legislatura, per definizione e per natura un anno difficile, era dovere della maggioranza definire un tracciato adeguato e far nascere un Governo rinnovato, in modo tale da tentare di farne un anno di cose fatte e non di polemiche sulle cose da fare. ne è uscito un programma limitato, ma ciò non di meno importante, utile e necessario. nel corso della crisi sono venute ancor meglio in luce una grande difficoltà ed una grande diversità, che dividono ancora le forze politiche della maggioranza e di tutto il Parlamento in materia di riforme istituzionali o, meglio, su taluni dei loro aspetti essenziali. mentre da un lato, si sono rinsaldate le fila di una maggioranza che ora tuttavia dovrà dare prova della propria compattezza e della propria capacità decisionale ed operativa, dall' altro si è persa la collaborazione del partito repubblicano per il noto incidente polemico che, nel giro di poche ore, si è trasformato in una rottura politica del tutto imprevista. il quadro delle difficoltà e degli ostacoli che il Governo ed il Parlamento dovranno affrontare non può essere sottovalutato da nessuno. resta molto difficile la congiuntura internazionale, anche dopo che il peggio è passato e che la guerra, che ci ha visti almeno politicamente pienamente responsabili, si è conclusa con la liberazione del Kuwait in un tempo fortunatamente assai breve. ma già quando ancora i generali americani, i « generali stupidi e ciccioni » , come li apostrofava Cavallari su La Repubblica all' inizio del conflitto, stavano guidando la campagna vittoriosa verso la sua conclusione senza superare i vincoli del mandato delle Nazioni Unite , già allora erano emersi con chiarezza all' orizzonte tutti i contorni di un dopoguerra che sarebbe stato tormentato e ingovernabile. finito il martirio dei kuwaitiani e l' incubo sulle città irachene e israeliane, è iniziato il massacro delle popolazioni curde, un nuovo capitolo della tragedia di un popolo disperso e disperato, la persecuzione sanguinosa degli oppositori iracheni, della resistenza armata e dei civili inermi. onorevole presidente , non mi chiedo dove siano ora i pacifoidi vestiti a lutto; alcuni certamente ad insultare quel boia assassino del ministro De Michelis ! mi chiedo invece se l' Italia stia facendo tutto il suo possibile per concorrere all' azione di soccorso internazionale che vede in prima fila altri paesi occidentali alleati ed amici. ancora più intricato si è fatto il nodo palestinese; la guerra ha reso più profondo il fossato della sfiducia, dell' incomprensione e dell' odio. occorrono nuove iniziative ed anche uomini nuovi, capaci di tessere le fila di un dialogo diretto, di sanare i contrasti interarabi, di muoversi con realismo verso una costruzione che contenga ad un tempo i capisaldi dell' indipendenza, della sicurezza di tutti, della pacifica convivenza e di una storica congiunzione federale giordano-palestinese. quando le iniziative europee diverranno meno declamatorie e più concrete e non saranno solo « interessanti » , come ha detto diplomaticamente il segretario generale delle Nazioni Unite , più forte sarà allora la pressione per una iniziativa internazionale risolutiva, che deve porre al centro innanzitutto il dialogo e il negoziato diretto tra le parti più direttamente interessate; una iniziativa che deve vedere la luce nell' anno che abbiamo di fronte e non essere ricacciata ancora indietro, non si sa dove e non si sa fino a quando. hanno ripreso ad esplodere bombe, in una Beirut che pareva pacificata al punto tale da far immaginare la possibilità di mettere finalmente mano alle opere di ricostruzione, per le quali vi è la legittima attesa di un significativo concorso anche di nazioni europee tra cui l' Italia. più in generale come un fantasma del passato, forse mosso da centri propulsori che sono a loro volta fantasmi del passato ma che ancora non si danno per vinti, è riapparso il fenomeno terroristico; è riapparso contemporaneamente in vari paesi e in vari continenti. in Italia è stato nostro involontario e sgraditissimo ospite. e il segno di tensioni che si stanno accumulando e che bisogna prepararsi ad affrontare in tempo. premono in un unico tumultuoso processo di trasformazione e di transizione le fragilità politiche, i conflitti, i problemi non risolti che la crisi epocale del sistema comunista ha determinato e porta ancora con sé. premono le regioni povere del sud dell' Europa e del sud del Mediterraneo, soffocate dal sottosviluppo, dal debito, dalla disoccupazione e dal disordine demografico. battono alle porte delle regioni europee forti e opulente e quindi del centro-nord ed anche di regioni progredite del sud dell' Italia. la pacifica, imprevista e sconvolgente invasione albanese non deve solo spingerci ad affrontare soluzioni e mezzi di emergenza per una situazione di emergenza, ma deve indurci ad una riflessione di più ampia portata sul nostro ruolo e sui nostri doveri internazionali, in un mondo ed in una regione dove tutti i processi di internazionalizzazione sono destinati a crescere di estensione e di intensità. tutto questo deve comportare mutamenti sia di ordine culturale sia di ordine strutturale, rispetto ai quali la nostra situazione odierna, nella quale tuttavia non mancano tante iniziative di buona volontà sia pubbliche che private, presenta soprattutto un quadro di impreparazione e di ritardo. non mancano purtroppo neppure gli atteggiamenti di insensibilità e di miopia, per non dire dei casi di miserabile chiusura del tutto intollerabili in un civilissimo e internazionalissimo paese quale il nostro è ed è portato sempre più ad essere. onorevole presidente del Consiglio non metteremo certamente a posto in un anno le cose di casa nostra. l' anno parlamentare poi, come sappiamo, è in realtà assai più ridotto; se il ritmo non sarà accelerato, per contare in settimane l' anno parlamentare basteranno le dita delle mani; accelerandolo, si potranno aggiungere al massimo quelle di un piede. molte questioni saranno rimesse alla responsabilità della prossima legislatura, dopo che gli elettori avranno avuto la possibilità di dire la loro. leggendo in un recente sondaggio sugli umori degli italiani e sulla loro sensibilità alle varie questioni di interesse sociale generale e collettivo ho visto con particolare favore guadagnare punti nella scala delle priorità — guidate dal problema della sanità e della disoccupazione, della lotta alla criminalità e alla droga e della difesa dell' ambiente — i temi della crisi della finanza pubblica e delle riforme istituzionali . considero questo un buon segno: le riforme istituzionali non sono più una disputa chiusa nel recinto degli addetti ai lavori; la crisi della finanza pubblica non è più un tema di fronte al quale si preferisce e si trova più comodo voltare la testa dall' altra parte. l' idea di una grande riforma delle nostre istituzioni, cioè una riforma che comporti anche una vasta revisione costituzionale, ha fatto molta strada, anche se ci ha impiegato un tempo infinito. chi non ha la memoria corta ricorda quante polemiche, quante demonizzazioni e quante scomuniche vi sono state. ora le questioni sono all' ordine del giorno tanto di questo che soprattutto del prossimo Parlamento, e sarà molto difficile toglierle per rimetterle nel cassetto; sarà difficile evitarle, sarà difficile trattarle alla maniera del Gattopardo. il problema è tenuto aperto ed in evidenza non da una campagna politica di sostenitori più o meno coerenti, piuttosto dalla realtà dei fatti che incalza e chiede che si determinino rinnovamenti e cambiamenti profondi. è da un lato la crisi, che è sotto gli occhi di tutti, del sistema politico e del sistema dei partiti che lo sorregge e che con esso si identifica. e la crisi di autorevolezza, di efficienza e di moderna capacità di governo dello Stato e delle sue amministrazioni. è la mancata realizzazione del decentramento regionale, il bisogno di forti autonomie in contrapposizione al centralismo burocratico che incombe. è il desiderio molto diffuso di una partecipazione sempre più diretta alla vita democratica , di cui l' elezione mediante suffragio universale del Capo dello Stato rappresenta un momento saliente. è il proposito di riformare il Parlamento, non è per indebolirlo ma per rafforzarlo nei suoi poteri, nelle sue prerogative, nel suo ruolo fondamentale. l' Italia non ha bisogno di un salvatore della patria, di un unto del Signore, di un uomo o — perché no? — di una donna della Provvidenza: l' Italia ha bisogno di consolidare la sua libera democrazia, di uno Stato più moderno ed efficiente. di un' amministrazione più governabile per poter governare, di vere e vaste autonomie, senza per questo sconfinare nel separatismo distruttivo delle repubblichette. l' elezione diretta di un presidente della Repubblica , con poteri di alta direzione politica, è un modello già sperimentato in grandi e libere democrazie dell' Occidente. la vita della democrazia parlamentare ne avrebbe un sostegno e non un ostacolo; semmai, altri modelli, che pure vedo proporre, rappresenterebbero la mutilazione della democrazia parlamentare . non è offensivo, anzi è perfettamente legittimo che il modello presidenziale di cui parliamo non sia accolto. sono invece offensivi gli argomenti che in qualche caso vengono usati, come se si trattasse non di una grande riforma destinata a consolidare la democrazia, ma di un diabolico piano di strangolamento della vita democratica . ed in nome della democrazia ci si oppone fieramente a che il popolo, che nella democrazia è o dovrebbe essere il sovrano, possa pronunciarsi su di una questione di questa natura e di questa portata. questo è un atteggiamento illegittimo che limita gli spazi e le possibilità della vita democratica . noi, per quanto ci riguarda, prendiamo atto dell' orientamento che in questo momento prevale tra le forze politiche , e tuttavia sappiamo egualmente che diverso sembra essere l' orientamento che prevale tra i cittadini della Repubblica. a nostro giudizio, non è possibile immaginare un processo di revisione costituzionale che investa aspetti essenziali della forma della Repubblica, che non comporti anche un libero giudizio dei cittadini posti in condizione di scegliere tra tesi diverse. noi ci auguriamo che questa resistenza conservatrice sia superata, che questo rifiuto non sia ripetuto quando la questione sarà riproposta e che in luogo della politica del rifiuto si faccia strada un atteggiamento più lungimirante e più fiducioso nella maturità e della serenità dei cittadini e più rispettoso del fondamentale principio della sovranità popolare . detto questo, noi non abbiamo sollevato una questione pregiudiziale , come del resto avevamo da tempo annunziato. dal dissenso che si è manifestato non abbiamo tratto motivo per una rottura, che i più avrebbero considerato solo pretestuosa e che del resto non ci avrebbe aiutato ad avvicinarci alla soluzione del problema. sono caduti o sono stati abbattuti altre volte muri di conservazione e tabù che sembravano inattaccabili. sarà così, presto o tardi, anche per questo. il presidente del Consiglio ha fatto bene ieri a sottolineare ripetutamente lo stato sempre più insostenibile della finanza pubblica ; uno squilibrio ormai sempre più assurdo, che produce un cumulo di effetti negativi che alla lunga potrebbero risultare rovinosi; un' anomalia italiana rispetto ai grandi paesi industrializzati e rispetto al resto dell' Europa; un ostacolo di prima grandezza sulla via dell' integrazione europea . purtroppo devo osservare che anni di vacche grasse sono passati senza che si siano raggiunti i risultati che era lecito e doveroso attendersi. sono stati ancora anni da cicala; e non dovevano esserlo assolutamente. mentre le entrate sono cresciute — e notevolmente — ed insieme è cresciuta — e notevolmente — la pressione fiscale , le spese sono cresciute ancora di più, ed il deficit, aumentato nel 1990, è in aumento nel 1991. e gran parte di questa crescita è dovuta a maggiori interessi sul debito pubblico . occorrono correzioni di linea che siano chiare, nette e non contraddittorie. i tassi italiani sono superiori di 2,8 punti financo a quelli del Regno Unito , che ha un' inflazione superiore a quella italiana di tre punti, e sono più elevati di 5,6 punti rispetto a quelli degli USA, che hanno una crescita dei prezzi analoga a quella italiana. né vale, per giustificare tale linea sui tassi tenuti alti artificialmente, avanzare l' esigenza di combattere l' inflazione, quando poi contemporaneamente la si alimenta con rincari di tariffe, di prezzi e con altri vari aumenti fuori quadro. occorre cambiare linea, puntando invece sulla lotta all' inflazione, ed occorre farlo tempestivamente. e mi permetto di aggiungere, a scanso di equivoci , che considero del tutto illusorio e mistificatorio agitare il tema delle privatizzazioni come mezzo risolutore dei nostri squilibri di finanza pubblica . varrebbe semmai la pena di sottolineare come il tema delle vendite dei beni dello Stato e della collettività non dovrebbe mai essere trattato in termini tali da suscitare l' entusiasmo smodato degli aspiranti compratori e dei loro amici, che a volte vediamo lanciati in vere e proprie campagne promozionali. preoccupa fortemente, sopra ogni cosa, il futuro delle aree più stagnanti e meno sviluppate del Mezzogiorno d' Italia, in una fase internazionale in cui sono destinati ad intensificarsi i flussi di iniziative e di risorse verso il sud e verso l' est, con un vasto processo che tuttavia potrebbe addirittura saltare a piè pari il sud depresso italiano. per questo, non c' è da scandalizzarsi di quanto si può dire e si dice in Germania e altrove a proposito delle nostre regioni a rischio, infestate dalla criminalità. sono più o meno le stesse denunce fatte dalle imprese italiane quando sono state interrogate su questo tema. la preoccupazione ancor più grande è che l' immagine del nostro paese nel suo complesso subisca un logorio, una menomazione, che l' Italia soffra una riduzione del suo ruolo internazionale, con il danno generale che ne può derivare e che sarebbe ad un tempo economico, politico e morale. purtroppo i dati della realtà sono impressionanti e probabilmente lo è ancor di più la realtà sommersa, che non conosciamo ma che sappiamo esistere: una minaccia organizzata ed estesa che incombe sulle città, sui quartieri e sui loro abitanti dediti a sane attività produttive . sappiamo benissimo che ai margini di una società che altrove è marcata dai tratti dell' opulenza esplodono problemi che non sono solo di natura criminale e di ordine pubblico , ma sono problemi drammatici di natura sociale e civile. si deve agire su piani diversi, senza ulteriori rinvii e senza errori destinati a seminare sfiducia e disorientamento nelle popolazioni, negli apparati pubblici e negli operatori economici. nel cantiere parlamentare vi sono molte iniziative di rilievo, in parte già esaminate e in parte approvate, la cui definitiva approvazione è o sarebbe a portata di mano. lo è in questo senso la legge di riordino del servizio sanitario nazionale e lo sono importantissimi provvedimenti per la tutela dell'ambiente e per la giustizia. la stessa politica abitativa potrebbe uscire dal limbo in cui staziona inconcludentemente da troppo tempo. le leggi di riforma universitaria sono sulla dirittura d' arrivo, le medie e le piccole imprese aspettano un sostegno concreto e favorevole per la loro organizzazione. insomma, le cose da fare non mancano, anche se il tempo è poco e le condizioni turbolente. improvvisamente, inaspettatamente, imprevedibilmente è sorta una complicazione da cui è derivato un problema politico. la vicenda è precipitata in un litigio, e questo tipo di litigi, come si sa, finiscono sempre con parole grosse, salvo poi, dopo qualche tempo, rientrare nella normalità e nella cordialità dei rapporti. nel dicembre dello scorso anno , ricevendo un volumetto scritto dall' amico onorevole Oscar Mammì (edito da Passigli), contenente 99 aforismi, intitolato Nel mio piccolo , leggevo a pagina 25: « la democrazia è pazienza » . nel caso in questione, si è trattato di una regola o di un consiglio poco seguiti e poco ascoltati. non desidero comunque entrare in questa polemica: lo farò solo se vi sarò trascinato a forza. ho però il dovere di ripetere una osservazione che ho già fatto di fronte al Capo dello Stato , garante della Costituzione. come sappiamo, l' articolo 92, negli anni, è stato sistematicamente violato, con il consenso di tutti i partiti che formavano le maggioranze di Governo. qualche volta un velo sottilissimo tentava di salvare le forme, altre volte la violazione era più scoperta e brutale. contemporaneamente abbiamo assistito alle invocazioni e alle predicazioni in favore del rispetto dell' articolo 92. ora, se un presidente del Consiglio , in una propria valutazione di un determinato passaggio nella formazione del Governo, esercita con atto inconsueto i poteri conferitigli dalla Costituzione, egli si muove su un terreno di incontestabile legittimità; illegittima è, semmai, la posizione di chi lo contesta: illegittima costituzionalmente, e quindi fragile politicamente! in questi mesi abbiamo superato un periodo di difficoltà di non poco peso. mi auguro che sarà superata, presto o tardi, anche la difficoltà insorta nella collaborazione con i repubblicani, che dichiarano ora di non fare più parte della maggioranza di Governo. si temeva lo scioglimento del Parlamento, e invece esso si appresta a dare la fiducia ad un nuovo Governo. si voleva fare il processo al presidente della Repubblica e sollevare un « caso Cossiga » di fronte alle Camere, e invece il Capo dello Stato sta tranquillamente al suo posto, con il libro della Costituzione aperto al tavolo. si temeva che, addirittura, il popolo potesse occuparsi di questioni costituzionali, ma il timore almeno per il momento, è stato fugato. si sono ventilati governi costituenti, istituzionali, assembleari, di garanzia, e di fantasia, ma tutto, come è già successo altre volte, è durato lo spazio di poche ore. nelle prove difficili che si presenteranno il Governo avrà il nostro sostegno. il suo compito è quello di produrre il massimo sforzo di realizzazione, anche in vista del confronto elettorale. nessuno pensa che la sua aspirazione possa essere quella di sopravvivere, di bighellonare, in attesa che il tempo passi o di scansare il rischio e la fatica. se il suo compito sarà ostacolato fuori misura da un eccesso di tensioni, di polemiche, di conflittualità propagandistiche e preelettorali dagli effetti paralizzanti, allora ad un certo punto sarà meglio parlare al paese e con il paese il linguaggio della franchezza e del futuro. chiamati in causa, non più tardi di ieri l' altro, come irresponsabili (anche se non solo noi per la verità), ancora una volta diamo una prova di responsabilità democratica. noi confermiamo la nostra linea di collaborazione con la Democrazia Cristiana , il partito socialdemocratico e il partito liberale , ed il nostro desiderio di mantenere un rapporto non conflittuale con gli amici repubblicani. noi continueremo a lavorare nel paese in un dialogo aperto con forze di ispirazione socialista, democratica, laica ed ecologista per delineare una prospettiva di avvenire imperniata, innanzitutto, su di una concentrazione di forze progressiste raccolte sotto l' insegna dell' unità socialista. le linee della nostra politica, onorevole presidente , sono chiare, come chiari sono i termini su cui poggia il voto di fiducia e l' impegno socialista su cui il Governo potrà contare.