Emma BONINO - Deputato Opposizione
X Legislatura - Assemblea n. 574 - seduta del 16-01-1991
Sulla situazione del Golfo Persico
1991 - Governo VI Andreotti - Legislatura n. 10 - Seduta n. 574
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , voglio anzitutto dire al collega Franco Russo che finalmente siamo d' accordo sulla differenza che c' è tra il pacifista e il non violento : ci siamo perfettamente capiti su questo punto. il collega Russo, infatti, ha terminato il suo intervento affermando che il pacifista corrisponde ad un concetto che si spiega da sé, è cioè colui che accetta e vuole la pace a qualunque costo. è proprio così. invece il non violento è colui che pretende, magari a qualunque costo, l' applicazione e l' osservanza del diritto internazionale . posso affermare quindi che a questo proposito non esistono più equivoci. il pacifista (lo riscontriamo nella storia) è colui che , quando si invadono paesi come l' Austria, la Polonia ed i Sudeti, chiede che non si reagisca e prepara, consciamente o no, disastri maggiori; il non violento è chi, anche in situazioni difficili come quella odierna, in cui magari non c' è più nulla da fare e vede che le sue proposte non vengono accettate perché così è stato nei dieci anni precedenti, a causa di una politica aggressiva, si pone il problema di strappare un centimetro in più, un millimetro in più, di ottenere che sia fatto un passo avanti nella costruzione di strumenti che garantiscano, almeno per una prossima volta, il rispetto del diritto internazionale e che non permettano più prevaricazioni, annessioni ed altri atti del genere. se si prendono in considerazione gli avvenimenti degli ultimi cinque mesi, mi sembra si possa affermare che tale periodo ha fotografato (se vi fosse bisogno di una ulteriore verifica) il fallimento della politica estera portata avanti dai paesi del nord del mondo (in particolare dal nostro), nonché di una politica di rapporti internazionali basati sul potere, sugli affari (quando andava bene, altrimenti sulle tangenti; non c' è mai un limite al peggio!), sulla vendita delle armi, sul sostegno a questo o a quel dittatore perché per avventura governava un paese magari strategicamente utile nello scacchiere internazionale. il nostro è uno Stato che sull' altare degli affari e delle divisioni strategiche ha sacrificato e non ha mai fatto valere nei rapporti di politica estera come valore prioritario l' unica cosa di cui dovremmo essere orgogliosi: la democrazia (con tutti i limiti che sono apparsi evidenti in questi giorni). il nostro paese non ha mai posto a base della politica estera e dei rapporti internazionali i diritti della persona , i diritti umani , civili e politici, che molto spesso sono stati invece usati nei comizi della domenica, sono stati perseguiti quando non costavano nulla, ma messi da parte nel momento in cui avevano un costo, magari puramente in termini di denaro o di tangenti. mi sembra (tornerò più avanti su questo aspetto) che il tema del fallimento della politica del riarmo a scacchiere non sia stato neppure accennato dal presidente del Consiglio o da altri colleghi della maggioranza. in questo momento l' onorevole Andreotti è assente, ma penso che il ministro Maccanico gli riferirà quanto sto dicendo. la stessa Radio Radicale sta svolgendo un ruolo di informazione non solo per i cittadini, ma anche per il Governo. è vero che tutta la vicenda prende le mosse dal 2 agosto scorso, ma è un po' inquietante e sconcertante che non sia stata spesa neppure una parola sui particolari rapporti degli anni precedenti con i paesi o con i dittatori arabi. il secondo elemento che si è manifestato in questi mesi è il seguente. per la prima volta le Nazioni Unite , attraverso il Consiglio di sicurezza , hanno affermato con molta forza il diritto internazionale , anche se per il momento mancano gli strumenti adeguati per rendere concreta tale affermazione. è vero che non esistono ancora gli strumenti esecutivi, non vi è cioè un adeguato corpo di peacekeeping agli ordini del Consiglio di sicurezza ; ma è importante che questo elemento, che attualmente è ancora insufficiente ma comunque rilevante, sia stato per la prima volta affermato o abbia avuto una sua manifestazione (il che non è mai avvenuto in precedenza). dicevo che questa affermazione è stata la prima ed è ancora inadeguata; ma se si crede nel diritto internazionale e in un istituto che lo affermi e disponga degli strumenti per farlo prevalere, penso che per un non violento il problema consista nel concorrere a far compiere un passo in più, a far avanzare di un centimetro sulla strada dell' affermazione del suddetto istituto e della previsione di strumenti adeguati per renderlo operativo. occorre evitare che, anche in presenza di momenti difficili, si dica « no » alla guerra solo perché questo è un discorso più popolare e più semplice. certo, credo che nessuno voglia la guerra; ma si tratta di capire come evitarla e a quale costo. un non violento non è disponibile ad accettare una violazione dei diritti, su qualunque altare tale violazione avvenga. si tratta quindi di capire se vi sono ancora margini per evitare la guerra e, nel caso in cui non vi siano più, che cosa comunque occorra fare. nei loro interventi di stamattina gli onorevoli Andreotti e Craxi sono stati esatti persino nei dettagli; solo che il loro comportamento passato, presente (potrei citare la Somalia) e forse anche futuro (nulla infatti sta a dimostrare che non sarà più così) ha reso non vere, o meglio poco credibili, le loro dichiarazioni. ciò ha creato in me un disagio molto profondo, perché devo constatare che il baratro tra ciò che si dice e viene affermato e quello che anche in questi giorni si fa (magari non riguardo all' Iraq, verso il quale l' attenzione dell' opinione pubblica è molto forte, ma ad altre parti del mondo) rende le dichiarazioni di Andreotti e Craxi assai poco credibili. è per questo che la sola pura e semplice richiesta rivolta al Parlamento di autorizzare a norma dell' articolo 11 la risposta armata, seppure come ultima risorsa dopo sei mesi di vari tentativi, mi sembra inadeguata, non solo in questo momento specifico, ma anche nel medio termine. mi spiego: credo che se da oggi, da questa crisi, non nasce in chi ci governa, ed ha quindi più responsabilità, la consapevolezza che la comunità internazionale deve voltare pagina rispetto ai valori ed ai metodi che ha perseguito in questi anni di politica internazionale , se non vi è qualche altra iniziativa che dia questo senso concreto, la stessa richiesta di semplice autorizzazione a norma dell' articolo 11 perde di credibilità. d' altra parte, devo anche dire che chi porta il peso di questa responsabilità e con una certa sufficienza ha negli anni scorsi, non dico respinto, ma neanche fatto finta di stare a sentire quali diverse proposte altre forze politiche ... chi ha avuto la responsabilità di gestire i rapporti internazionali in questi anni con i valori e gli strumenti che oggi si dimostrano fallimentari e ha guardato a proposte che venivano da altre parti politiche con molto cinismo e con molta sufficienza, bollandole quanto meno di utopia — quando si trattava di persone che possiamo chiamare civili — , senza mai fare attenzione, credo che oggi non possa venire in Parlamento a chiedere la sola autorizzazione di usare la forza armata, senza porsi il problema, magari semplicemente e cinicamente, se le proposte che per anni sono state avanzate e che per anni sono state respinte possano essere più funzionali ed efficaci, o comunque da provare. non devo raccontare a lei, ministro Maccanico, quante e quali proposte abbiamo fatto. lei collaborava con il presidente Pertini negli anni di campagne difficili e faticosissime per noi, che eravamo esposti, credo, a sberleffi di vario tipo, da destra come da sinistra, benché dicessimo cose semplici: che la gente non si rassegna a morire di fame e se non ha altre alternative fa i bagagli ed emigra da qualche altra parte, come hanno dimostrato i nostri nonni, e che non c' è esercito che tenga da questo punto di vista . tutto questo, però, è sempre caduto nel vuoto, così come il fatto che masse sterminate senza prospettive di vita decente per i propri figli — e prima ancora della stessa vita — avevano, hanno e avranno bisogno di ricorrere a un dato di fanatismo, di ricompensa nell' al di là, o di qualsivoglia valore che renda sopportabile il morire senza prospettive. il dilagare del fanatismo islamico è proprio non solo dei paesi arabi, ma anche di tutta l' Africa povera; basta viaggiare per constatare che non si tratta di un fenomeno limitato ai paesi arabi. tutto questo avrebbe dovuto essere contemplato in un' azione di buon governo , poiché evitare le guerre e preparare la pace significa prevenire e capire determinati meccanismi, dato che la storia non inventa quasi mai niente di nuovo. molte cose si ripetono: se a due ore di aereo, a duemila chilometri di distanza, vi sono centinaia di milioni di persone che muoiono di fame, si ritiene davvero che almeno chi può non faccia le valigie e si sposti dove può? il mondo ormai è diverso, e questi fenomeni vanno governati. invece no. dopo anni di non violenza , di azioni, di campagne, di leggi di questo Parlamento, si è preferito usare quel poco che si era strappato non per i diritti della persona , non per salvare dallo sterminio per fame, non per creare un inizio di democrazia in quei paesi, ma, credo, per il cosiddetto commercio con l' estero, con i risultati, per esempio, della Somalia, che forse qualcuno oggi potrebbe ricordare. ebbene, abbiamo fatto proposte e ci siamo candidati a gestirle. chiedemmo, alla fine, che il commissario per gli aiuti straordinari fosse Marco Pannella e la proposta venne liquidata come poco affidabile. meno male , non mi sembra che vi siano stati risultati più affidabili! tutto questo è stato visto con assoluta... non trovo neanche le parole! oggi, portiamo a casa, anzi voi portate a casa il risultato di non aver voluto né ascoltare, né sentire, né vedere, e neanche provare. per questo, se la decisione di domani del Parlamento e se la replica del presidente del Consiglio dei ministri non rappresenteranno un chiaro segnale che si volta pagina, che non si finanzieranno più dittatori a destra e a manca, magari perché utili al commercio di armi, alla Breda, o a non so chi, che il valore di fondo su cui ci muoveremo saranno i diritti umani , civili e politici, se non vi saranno questi impegni, la sola richiesta che è stata avanzata è inadeguata. d' altro canto, dopo la guerra di Saddam ve ne sarà un' altra, se non cambieranno i valori e gli indirizzi nei rapporti internazionali. è per questo che, nonostante tutto — dato che siamo umili — abbiamo ripresentato un ennesimo documento in cui puntigliosamente facciamo l' elenco, non tanto dei vostri errori passati, testimoniati dalle settanta interrogazioni ed interpellanze sui rapporti con l' Iraq presentate dal nostro gruppo, ma delle iniziative aggressive e non violente che si possono intraprendere pure in questo frangente e che possono creare forse le condizioni perché crisi di questo tipo non si ripetano domani, o dopodomani. il collega Cicciomessere ha già segnalato cosa si può e si deve fare in ordine al commercio delle armi. personalmente aggiungo, come abbiamo puntigliosamente indicato nel nostro documento, che si può e si deve chiarire che invece di esportare armi si può esportare democrazia. si può e si deve; i mezzi tecnici non mancano per inventare una grande campagna di informazione nei paesi arabi — Iraq e Kuwait compresi — sui valori della democrazia, che spieghi come la collettività internazionale si trovi di fronte ad un dittatore. sono cose che si possono fare: si può chiedere al Consiglio di sicurezza , pure in questo momento difficile, anche se scoppia domani la risposta armata, la convocazione della conferenza sui diritti della persona in Medio Oriente . questo può forse dare il segno che non si risponde solo in modo armato e che tutto finisce lì, per ricominciare poi daccapo. si può e si deve istituire, attraverso uno strumento legislativo, una brigata internazionale sotto il cappello ed a disposizione dell' Onu, da usare come peacekeeping nelle prossime operazioni, sia per le catastrofi naturali, sia per il problema della fame nel mondo . insomma, bisogna far capire che la guerra non è solo quella che si combatte con i missili e con le armi, e che la morte per fame è il risultato di una guerra che si combatte con altri strumenti, ma che è altrettanto violenta. e per questo, signor presidente , cari colleghi , che non ho partecipato molto in questi giorni alle manifestazioni per il no alla guerra, vedendo in esse un qualcosa di ambiguo. non sono stata in grado di organizzarle, ma avrei partecipato a manifestazioni che si fossero svolte in modo univoco di fronte alle ambasciate irachene, perché non si mettono sullo stesso piano una risoluzione dell' Onu, un dibattito parlamentare e Saddam Hussein . non è così: il non violento si schiera, prende una posizione, sceglie, non è per la pace a tutti i costi, è per la pace sul costo del diritto, niente di più ma neanche niente di meno. invece di partecipare alle manifestazioni, da un po' di tempo sono impegnata nella costruzione di questa utopica — immagino — , fantomatica cosa che è il partito radicale transnazionale dei non violenti ; perché tutti sono organizzati con strumenti politici, dai governi ai dittatori, mentre mi sembra che gli unici a non essere organizzati siano i non violenti , e che proprio per questo siano deboli ed inefficaci. un partito transnazionale non violento che sappia rispondere in modo efficace nella situazione che ci appassiona tutti — ma non viene il dubbio che ci appassioni tutti perché coinvolge in qualche modo qualche italiano? la Lituania ci appassiona meno, è certo; un partito radicale non violento e transnazionale che sappia dare risposte efficaci in Lituania, in Somalia — forse tra qualche mese sfortunatamente poiché non vedo segni di resipiscenza — , in Etiopia, e via discorrendo. questo ho cercato di fare e francamente, cari colleghi , signor presidente , signor ministro, non so come voterò domani. non è affatto un inghippo retorico, non ne avrei bisogno: davvero non lo so. non lo so semplicemente perché ho fatto una scelta di parte: sto con le Nazioni Unite , sto con il paese che, con tutti i suoi limiti, oggi è il braccio di un profeta disarmato. mi sembra alquanto particolare che, in sostanza, si chieda al paese che ne soffre di più il peso di una protrazione dell' embargo. per quanto tempo dovrebbe durare? certo, lo si deve chiedere, ma è anche facile farlo perché il nostro paese, francamente, costi per mantenere l' embargo oggi ne paga pochi; certo lo si deve chiedere, ma bisogna stare attenti fino a quando, e come. dunque non so come voterò, non perché la mia scelta non sia netta e chiara, come penso emerga da tutto il discorso fatto, ma perché se l' unico impegno sarà la risposta armata, senza gli altri corollari così indispensabili per preparare le paci del futuro, mi sembrerà una risposta magari dovuta, magari scontata, ma certamente limitata, che non ci aiuta, forse, a preparare in modo adeguato e coerente la pace per i prossimi anni. grazie signor presidente .