Emma BONINO - Deputato Opposizione
X Legislatura - Assemblea n. 562 - seduta del 07-12-1990
Crisi del Golfo Persico
1990 - Governo VI Andreotti - Legislatura n. 10 - Seduta n. 562
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signora presidente, cari colleghi , signor ministro, devo dire che nutro così profondi dissensi rispetto alla politica estera generale del nostro paese e, in particolare, per quanto riguarda le questioni relative al nord sud e altre sulle quali mi soffermerò successivamente, che non provo alcun disagio nell' affermare che, per quanto riguarda l' incidente specifico della crisi del Golfo, condivido le decisioni e le risoluzioni assunte dalle Nazioni Unite . condivido altresì la forza — non so più quale termine usare — attraverso la quale si è cercato di porre un margine alla legalità violata anche con una richiesta, rivolta a coloro i quali l' avevano violata, di restituire gli « ospiti non volontari » — come vengono definiti — , i territori e quant' altro. l' unico sospetto profondo che mi rimane nasce dal fatto — lo dico con molto rispetto anche al collega Masina — che l' atteggiamento del Governo ed alcune affermazioni del mondo pacifista — chiamiamolo così — siano in un certo senso speculari ma in fondo identici. ho letto su una pagina a pagamento alcune dichiarazioni anche del collega La Valle , nelle quali si afferma che la pace si deve ottenere anche a pregiudizio dei diritti e dei principi di libertà e di giustizia. è un atteggiamento che non solo non condivido ma che ritengo analogo a quello perseguito da molti anni da varie nazioni in politica estera e che si traduce nella tragica linea del realismo politico . in tale atteggiamento il valore di fondo non è mai stato, né per gli uni né per gli altri, quello del diritto, dei principi di libertà e di giustizia ma, di volta in volta, quello collegato a vari interessi, per esempio di tipo economico. beninteso, non disprezzo tale genere di interessi, ma credo sia bene vengano dichiarati apertamente. mi mette a disagio, signor ministro, non il modo in cui si è operato in questi mesi ma il fatto che nemmeno un uomo del Governo abbia pronunciato una parola di autocritica in relazione al problema di chi abbia armato l' Iraq (o l' Iran in precedenza); e ciò sempre in base alla scelta del realismo politico . in tale ambito, il diritto individuale, la giustizia ed i diritti politici non sono valori di fondo che guidano la nostra azione all' interno o all' estero ma optionals che si applicano soprattutto quando non costano. in quest' ultimo caso, siamo tutti pronti al comizio della domenica mattina, nel quale si invocano, appunto i diritti inviolabili, quelli umani, quelli politici, la giustizia e la libertà. invece, nel comportamento concreto e nella pratica delle relazioni internazionali, ben altri sono i valori che hanno guidato la nostra politica. essi si identificano normalmente con gli interessi economici o strategici: non certo con quei valori di fondo cui ho accennato prima. in questo senso dicevo che atteggiamenti diversi finiscono tuttavia per essere specularmente convergenti, se non identici. per chi, come me, professa un dato di non violenza (che non è affatto un dato di pacifismo ma quello di chi si schiera con coerenza per il rispetto del diritto, in particolare di quello internazionale), questa è l' unica strada che si può seguire. l' unica speranza che può nutrirsi deriva dal fatto che in questa crisi, per una volta (certo per altri interessi, ma non sono abituata a fare il processo alle intenzioni: preferisco giudicare i comportamenti), si è difesa con grande durezza, e io credo giustamente, la legalità internazionale. certo, ben presto avremo dei banchi di prova. non vorrei che la legalità ed il diritto venissero difesi tanto duramente a favore degli ostaggi europei di pelle bianca e che contemporaneamente — tornati a casa questi ultimi e ritiratosi l' Iraq dal Kuwait — fossero usati altri pesi e misure nei confronti dei quattro milioni di ostaggi curdi, tanto per fare un esempio. delle due l' una, signor ministro, perché non si può invocare e difendere la legalità in determinati casi e non comportarsi nel medesimo modo in altri casi. in proposito, ritengo che un dato renda poco credibile una durezza che per altro condivido: il fatto di non aver neppure tentato o tanto meno attuato un atteggiamento simile, ad esempio nell' ambito delle Nazioni Unite , per quanto riguarda l' Afghanistan, Panama, l' Etiopia, l' Eritrea e così via . dunque, dopo aver preso atto — e ne siamo contenti — del fatto che oggi ci si comporta diversamente, certamente i prossimi banchi di prova — almeno per quanto ci riguarda — concerneranno anche la possibilità di verificare la coerenza di una eventuale svolta in politica estera nell' ambito delle Nazioni Unite o, meglio, di una svolta nei valori di fondo che dovrebbero guidare i rapporti internazionali. signor ministro, io credo che o si fa questo tipo di scelta — e si decide che è il diritto quello che conta e che va difeso sempre e comunque — o, altrimenti, torniamo a non risolvere ed a lasciar persistere situazioni di crisi che prima o poi sono destinate a scoppiare. abbiamo detto in molte occasioni e non soltanto a lei, signor ministro, ma anche a chi l' ha preceduta nel suo incarico, che il problema del rapporto fra nord e sud, del divario nord sud , la questione dei milioni di dannati della terra, dei milioni di dannati ed affamati dell' Occidente, non è solo di tipo umanitario — e già basterebbe, mi consenta — , ma è un problema di sicurezza. infatti, milioni di affamati sono una polveriera; milioni di affamati, che per loro sfortuna non hanno niente da perdere, sono disponibili o perfino attratti da avventure di vario tipo, integraliste o non integraliste; soltanto un minimo benessere economico ed un' organizzazione democratica di questi paesi possono rappresentare la strada per costruire la pace. di fronte a questa ipotesi, che ci sembra tanto difficile da realizzare ma semplice da analizzare, la sordità è totale. non esistono iniziative in proposito ed anzi — signor ministro, mi consenta — , quelle esistenti ci fanno pensare a rapporti economici e commerciali, ad affari, ma certamente non alla costruzione delle basi minime che ritengo le sole adeguate per poter forse raggiungere un mondo di pace. è questa coerenza che manca, non tanto l' atteggiamento sul caso specifico. anzi, forse questa crisi ha aiutato a fare ciò che il Consiglio di sicurezza e le Nazioni Unite non hanno fatto per trent' anni . la questione è se tutto ciò reggerà, magari, nell' ambito di una crisi in cui non si presenterà il problema del petrolio; una crisi in cui non saranno messi in gioco gli interessi occidentali o del nord del mondo. si pensi, infatti, che il problema dell' Etiopia e dell' Eritrea costituisce una « questione regionale » , che riguarda una parte del mondo che non ha nulla a che vedere con il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite o con le altre nazioni. in tal senso, quello che ci rende insoddisfatti — o che mi rende insoddisfatta — è che non riesco a sperare concretamente in un cambiamento delle basi su cui far muovere la politica estera del nostro paese, della Comunità Europea e possibilmente anche della Nazioni Unite . il sospetto che questa fermezza, che condivido, sia legata ai pozzi di petrolio (che, per altro, non disprezzo assolutamente); che se fossero in gioco « solo » alcuni milioni di uomini, senza collegamenti con il petrolio, non si sarebbe mosso nessuno, è un sospetto che mi rimane. tuttavia facendo politica ho scelto sempre di non fare processi alle intenzioni, ma di badare piuttosto ai comportamenti. con molto rispetto, anche per le iniziative del collega La Valle e per le sue testimonianze, francamente credo che oggi dobbiamo l' annuncio della liberazione degli ostaggi non tanto ai pellegrinaggi individuali (pieni di buona fede , per carità) ma piuttosto all' isolamento politico messo in atto dal Consiglio di sicurezza , all' aver potuto, voluto finalmente far rispettare, per una volta, l' embargo (lei sa, signor ministro, quante volte il Consiglio di sicurezza abbia decretato un provvedimento di embargo: e noi, magari, siamo stati uno dei paesi che non l' hanno rispettato!), probabilmente all' aver persino minacciato la violenza. sotto l' ombrello da una parte di un grande isolamento del regime iracheno e dall' altra di una grande fermezza, forse hanno avuto buon esito e hanno incontrato terreno fertile anche le iniziative umanitarie. ma credo che quanto ho prima richiamato abbia contato per Saddam Hussein e spero che continui. non so se ciò significhi che siamo più vicini ad una soluzione o se non si sia mosso nulla. d' altra parte credo che nessuno di noi faccia politica guardando in una sfera di cristallo; a mio giudizio si tratta anche di continuare a promuovere molte iniziative, senza compiere alcuni diretti collegamenti, che d' altronde non sarebbero neanche necessari. la conferenza sulla situazione nel Medio Oriente , che deve svolgersi da molti anni, a mio avviso non dovrebbe risolversi nella concessione a Saddam Hussein di qualunque cosa chieda. credo che si tratti di concessioni al nostro buon senso e alla nostra voglia di costruire la pace. finalmente è opportuna un' applicazione dei principi che ho ricordato. signor ministro, concludo rilevando che, al di là dei vari dettagli e con l' auspicio che la crisi si possa e si voglia risolvere, mi auguro che essa abbia insegnato a tutti alcune cose. sostanzialmente due: il diritto e la legalità non si possono invocare in modo discrezionale. o sono una base per tutti e per sempre, oppure non è credibile chi a un certo punto li invoca. la seconda questione è che la democrazia e i sistemi democratici, ancorché imperfetti — lei sa quanto protestiamo al riguardo e quanto ci impegniamo a migliorare anche il nostro sistema — , sono l' unico strumento possibile per risolvere tensioni. credo che nel sud del mondo abbiamo esportato tutto, persino i rifiuti, in particolare anche quelli radioattivi. per anni vi è stata una politica di furto (e uso un termine un po' troppo forte, ma non importa). vi è invece una cosa di cui dovremmo essere in qualche modo orgogliosi ma che non abbiamo mai neanche tentato di esportare: la democrazia. di volta in volta abbiamo preferito appoggiare questo o quel dittatore, compiendo per altro cambiamenti, come su una scacchiera. mai a fondamento dei nostri rapporti internazionali, dei cosiddetti aiuti, abbiamo posto il rispetto di alcune regole di base della democrazia come terreno di dialogo e di aiuto! spero che tutto ciò insegni a lei, onorevole ministro, al Governo e a noi tutti che certamente a volte è difficile rispettare e applicare alcuni principi; tuttavia è l' unica strada da seguire per progredire. quanto le dico può sembrare utopia, me lo sento sostenere da dieci anni. ma il vostro realismo politico non ha risolto mai né ha posto le basi per la soluzione di una sola crisi. essere realisti, signor ministro, significa forse esigere da se stessi , tanto per cominciare, l' impossibile.