Emma BONINO - Deputato Opposizione
X Legislatura - Assemblea n. 514 - seduta del 23-08-1990
Sulla crisi del Golfo Persico e sulle conseguenti decisioni del Consiglio dei ministri
1990 - Governo VI Andreotti - Legislatura n. 10 - Seduta n. 514
  • Comunicazioni del governo

signora presidente, signor presidente del Consiglio , la complessità e la gravità della situazione che abbiamo di fronte, testimoniate dalla relazione estremamente complessa del ministro degli Esteri (che necessariamente ha dovuto toccare questioni diverse, tutte in gioco, quali il problema del rapporto nord sud , quello del ruolo attuale della Russia, quello dell' Europa, quello dell' Onu e dei suoi limiti), avrebbero richiesto a mio avviso — lo premetto non per mancanza di rispetto — un dibattito ampio, come è previsto dal regolamento in occasione di comunicazioni del Governo. la decisione che invece è stata assunta e l' invenzione del cosiddetto dibattito stringato, con il contingentamento dei tempi a disposizione dei vari gruppi, mi costringe, dovendo limitarmi a parlare per quindici minuti, a trattare solo tre dei punti che formano oggetto della relazione svolta dal ministro degli Esteri . ribadisco che proprio questa occasione, con la drammaticità che ad essa è collegata, avrebbe dovuto essere colta dal Parlamento, da noi tutti, per far sì che le risoluzioni che saremo chiamati a votare non si riferissero solo alla situazione di emergenza, ma consentissero di fornire indirizzi ed indicazioni, di porre vincoli per tentare, anche in prospettiva, di rimuovere i problemi che si sono accavallati e che prima o poi dovranno essere risolti per evitare la loro esplosione in tempi a mio avviso molto brevi. mi limiterò, quindi, a trattare solo tre punti sostanziali e, con tutto il rispetto per il sottosegretario Vitalone, mi dispiace che non siamo presenti al banco del Governo né il ministro De Michelis , né il presidente Andreotti. non ne dubito. immagino che non siano andati a pranzo e che quindi ritorneranno in Aula al più presto. immagino che non siano andati nel Golfo, perché ci metterebbero più tempo! suppongo quindi che saranno velocemente di ritorno. il primo punto che intendo trattare è il seguente. vorrei anzitutto sgomberare il campo da un possibile equivoco che, per quanto ci riguarda, non esiste. noi siamo sempre stati, come radicali, sostenitori di una politica non violenta ma « ferocemente » interventista; ovvero, noi non facciamo parte del pacifismo generico. vorrei ricordare i numerosi anni di lotte e di iniziative per quanto riguarda il problema nord sud e la grande campagna contro lo sterminio per fame (credo che qualcuno ancora se ne rammenti). ebbene, vi è stato chi sosteneva che il problema nord sud non era soltanto un problema di carità più o meno pelosa, cioè esclusivamente un problema di difesa di valori; secondo costoro esso aveva dimensioni più vaste, poiché il gap nord sud sarebbe stato foriero di tensioni investendo quindi anche il problema della sicurezza mondiale. proprio per questo oggi mi sembrano stupefacenti le dichiarazioni del ministro De Michelis , il quale nella sua relazione richiama il problema nord sud con una buona dose — se mi è consentito di ipocrisia. se infatti noi andiamo a vedere cosa è stato deciso ad esempio in questi due ultimi anni per quanto riguarda la cooperazione italiana rispetto al problema dei rapporti tra il nord ed il sud del mondo e pensiamo ai tagli al già striminzito e stringato stanziamento dello 0,3 per cento , bisogna dire che appare stupefacente richiamare in questa sede la soluzione di quel problema come elemento necessario per il riequilibrio generale in vista di un mondo in cui regni la pace. vorrei ricordare — ripeto — le nostre opinioni relative ad iniziative interventiste non violente per quanto riguarda il problema nord sud , opinioni che sono rimaste inascoltate per tanti anni. anche quando siamo riusciti con molta difficoltà a spingere il governo italiano a disporre stanziamenti appositi (inferiori per altro persino alla media DAC), tali risorse sono state gestite quasi in termini di ladrocinio o di tangenti o semmai di aiuto al commercio estero, ma sicuramente non nel senso da noi auspicato. ci si ritrova quindi oggi, evidentemente, di fronte ad una situazione che è il risultato di una politica svolta in tanti anni dal nord del mondo, ivi compresa l' Italia. la prudenza con cui si muove il governo italiano , credo che si possa spiegare solo con antichi legami Italia-Iraq, per quanto riguarda ad esempio la vendita di armi; per altro, devo dire che l' azione del governo lascia letteralmente scoperta e inadempiuta l' iniziativa diplomatica che spettava appunto all' Italia intraprendere in relazione alla Presidenza di turno della Comunità Europea e che fino ad oggi non è stata avviata. oggi si parla dell' Onu come profeta disarmato e, constatandone i limiti, si critica la mancanza di poteri decisionali e di strumenti per verificare che siano adempiute le decisioni del Consiglio di sicurezza . lo si fa in questa occasione, nel momento in cui il nord ricco è minacciato nei suoi interessi. ma non ho sentito nessuno denunciare questa situazione e invocare un potere cogente e vincolante delle decisioni dell' Onu ad esempio per quanto riguarda la risoluzione 2626 delle Nazioni Unite che era quella appunto che prevedeva la cooperazione nord sud nel 1970 con un contributo dello 0,7 per cento . quello che emerge è l' immagine, o meglio la realtà più che l' immagine, di un nord ricco che si muove (ancorché in modo inadeguato dal mio punto di vista ) perché sono in gioco i suoi interessi economici e la sua qualità della vita . di fronte a decine di conflitti e invasioni che si son verificati in questi anni nel sud del mondo nessuno dei paesi ricchi ha ritenuto necessario adottare misure adeguate. basta pensare alla guerra decennale Iran-Iraq. per essere pacifisti in quel caso l' unica cosa che si è pensata è che si potevano vendere armi ad entrambe le parti. quei conflitti non hanno sollecitato alcuna reazione da parte del nord industrializzato proprio perché non erano in gioco, allora, i nostri interessi economici, la nostra qualità della vita e quindi anche il nostro potere e la nostra forza di influenza. il secondo punto che vorrei velocemente affrontare è anche una risposta a quanto sostenuto dal collega Occhetto, il quale ha affermato che ci si deve muovere soltanto sotto l' ombrello Onu, sotto l' ombrello del governo mondiale. certo, ciò trova concordi noi federalisti europei che facciamo parte di un movimento transnazionale e crediamo nella necessità di creare il diritto internazionale e di prevedere istituzioni che lo sappiamo non solo immaginare ma anche imporre e far valere. credo comunque che l' invocazione così ripetuta dell' ombrello Onu nasconda o rischi di nascondere invece inadempienze, a mio avviso gravi, compiute dal governo italiano nel semestre di Presidenza della Cee e che credo ancora potrebbero essere sanate. noi ci auguriamo infatti — così è stato motivato il nostro voto di astensione al Senato — che nel passaggio dall' uno all' altro ramo del Parlamento emergano maggiore impegno ed entusiasmo da parte del governo italiano nel perseguire le strade previste dai trattati europei e nell' immaginarne persino di straordinarie. infatti, se è vero — e noi siamo di questo avviso — che la crisi attuale mette in gioco interessi vitali per l' Europa; se è vero come è vero , che quello che serve soprattutto è il massimo di isolamento politico ed economico dell' Iraq; se è vero che la crisi in atto è così drammatica particolarmente per l' Europa per i processi che può innescare e che — lo segnalava lo stesso ministro De Michelis — hanno riflessi sull' Algeria, sulla Tunisia, su parte del mondo arabo (che sta a due ore di volo!); se è vero tutto ciò, non mi spiego allora perché quanto previsto dai trattati, e cioè il potere della Presidenza della Cee di convocare il Consiglio europeo , non sia stato ad oggi né ventilato né proposto. non si tratta qui di inventare — come pure a mio avviso sarebbe necessario — strumenti straordinari. si tratta, prima di tutto, di capire per quale motivo quelli previsti dai trattati dell' Unione Europea non siano stati utilizzati. io mi auguro che, riflettendo su questo punto, il presidente del Consiglio voglia arrivare non solo ad accettare come raccomandazione la proposta di mettere in atto le iniziative possibili, ma anche ad assumersi la responsabilità della convocazione del Consiglio europeo . se è vero, infatti — ed io sono assolutamente d' accordo — che il problema è quello della dissuasione e dell' isolamento politico ed economico dell' Iraq, quale occasione migliore potremmo immaginare per iniziare a costruire questa Europa politica e per mettere in atto gli strumenti al momento già previsti? non si tratta, credo, né di inventare la rivoluzione, né di compiere atti stravaganti. si tratta, in una situazione così drammatica, di applicare per lo meno l' atto unico , che tutti peraltro sappiamo non essere una grande cosa. è proprio per questo che noi ci auguriamo che le strade diplomatiche vengano percorse con maggiore impegno da chi crede o dichiara di credere nell' Europa e che non ci si limiti alla troika che va in giro per il mondo arabo , perché essa francamente non rappresenta la Cee, la quale è rappresentata dal Consiglio europeo . la drammaticità della situazione è tale che, se pure è vero che una riunione del Consiglio europeo è già prevista per ottobre e che sono state convocate due conferenze intergovernative, non credo che i 12 capi di Stato si sentirebbero « disturbati » dalla richiesta di convocazione di urgenza. occorre infatti una loro dichiarazione solenne di isolamento dell' Iraq, da parte di un' Europa che si pone come partner degli USA, da una parte, e dell' Unione Sovietica , dall' altra. insomma, quello che a mio avviso è mancato — e rispetto al quale diventa marginale se non, in qualche misura, grottesco l' invio delle navi — è la fermezza e la solennità dell' impegno di perseguire le strade della costruzione dell' Europa politica, che pure già esistono. vorrei solo aggiungere un' ultima cosa: il dibattito avrebbe dovuto essere l' occasione, a mio avviso, per porre le basi per governare una situazione sempre più in crisi ed in degrado. nella nostra situazione indichiamo al Governo non solo le strade europee che auspichiamo voglia percorrere con grande fermezza, ma soprattutto suggeriamo iniziative interventiste non violente che servano per l' oggi ma che prefigurano anche un possibile cammino per il futuro. per esempio proponiamo di vincolare i rapporti di cooperazione nord sud al rispetto dei diritti umani ed al rispetto delle formule democratiche. proponiamo inoltre una revisione delle norme sul commercio delle armi, nonché una comune politica sull' approvvigionamento del petrolio. ritengo che questo sia il compito di una classe dirigente responsabile, chiamata ora a gestire un' emergenza, che peraltro ha ampiamente contribuito a determinare, se vuole veramente porre le basi per governare il futuro. non mi pare però che questo sia l' orientamento: si vuole in realtà un dibattito veloce che si concluda con l' approvazione delle dichiarazioni del Governo e con l' autorizzazione all' invio delle nostre navi nel Golfo, senza determinare iniziative future rispetto a questa crisi ed al problema nord sud che credo ci esploderà davanti agli occhi. le analisi da noi compiute in questi ultimi anni non sono mai state condivise. credo però che coloro che per anni hanno respinto le nostre iniziative ed i nostri suggerimenti giudicandoli caritatevoli ed utopistici (non ricordo tutti gli aggettivi usati) debbano ora mostrare un po' di umiltà. noi dicemmo allora che prima o poi sarebbe scoppiata una crisi in quanto il divario è sempre fonte di insicurezza. credo che tutti gli aggettivi contenuti nello Zingarelli siano stati usati per definire le nostre iniziative. ritengo in ogni caso che la realtà di oggi costringa il Governo a ripensare come il rapporto internazionale, la creazione del diritto internazionale e di istituzioni che lo sappiano eseguire e far affermare, la determinazione quindi di strutture sovranazionali o transnazionali, siano una necessità già di ieri ma sicuramente di oggi e del prossimo futuro.