Giulio ANDREOTTI - Presidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
X Legislatura - Assemblea n. 511 - seduta del 01-08-1990
Sulla sentenza di Bologna e sul servizio televisivo concernente i presunti rapporti tra i servizi segreti stranieri e la loggia P2
1990 - Governo VI Andreotti - Legislatura n. 10 - Seduta n. 511
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , colleghi, per chi come noi ha vissuto intensamente i momenti drammatici nella storia della nostra Repubblica, la ricerca della verità, attraverso la cognizione dei fatti e la concatenazione di essi, non risponde soltanto ad un generico desiderio di giustizia e ad un obbligo morale verso i morti e le loro famiglie, ma rappresenta un preciso impegno politico. è un impegno, questo, che le istituzioni debbono perseguire con fermezza, nulla lasciando di intentato pur di soddisfare una legittima richiesta di verità. è naturale, è giusto, quindi, che l' ansia di conoscere di più e meglio, ansia che prorompe direi prepotentemente dalla nostra opinione pubblica , trovi un' eco autorevole nelle istituzioni repubblicane e, in particolare, nel Parlamento e nelle forze politiche in esso rappresentate. non ci deve meravigliare la circostanza che specifici comportamenti — e mi riferisco alla sentenza di Bologna ed alle note interviste del Tg1 — determinino un misto di diffusi sentimenti di incredulità, di sconforto e di rabbia, mentre le prospettive politiche aperte dalle trasformazioni in atto nell' est europeo alimentano l' aspettativa di trovare in qualche archivio di quei servizi segreti elementi che ci aiutino a scoprire le trame delle tragiche vicende degli anni Settanta ed Ottanta. le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni che sono al nostro esame e sulle quali il Governo è chiamato a rispondere, riguardano in sintesi l' affidabilità e l' efficienza dei servizi preposti alla sicurezza dello Stato, le ritenute connessioni tra la Cia ed ambienti italiani, i collegamenti tra i servizi segreti dell' est europeo e l' eversione terroristica. sul primo di questi tre temi consentitemi qualche breve riflessione. le istituzioni repubblicane sono uscite vittoriose da una lotta senza quartiere condotta contro di esse dal terrorismo di destra e di sinistra. e se la nostra democrazia si è rafforzata, ciò lo si deve al popolo italiano e, soprattutto, alla compattezza — in questo — dei partiti politici e dei sindacati, che non soltanto si sono sentiti estranei alla pseudocultura dell' eversione, ma hanno saputo manifestare i loro radicati sentimenti in termini di dissociazione aperta e di contrasto deciso. d' altro canto, le forze dell'ordine hanno in ogni momento fatto fronte con dedizione e coraggio ai delicati compiti loro affidati. la nazione deve rendere omaggio allo spirito di sacrificio, al senso del dovere e all' attaccamento al servizio dimostrati in quegli anni tormentati. come nelle vicende della criminalità organizzata e soprattutto nel traffico della droga, il miglior modo di combattere il terrorismo e di vincerlo non consiste certo nel porre in essere misure soltanto repressive. il terrorismo va prevenuto attraverso un' azione di paziente ed intelligente ricerca quotidiana, diretta a « penetrare » la conoscenza di un avversario che non combatte a viso aperto e le cui armi più temibili sono la sorpresa e l' inganno. il primo, il vero problema che abbiamo davanti a noi è di valutare l' efficienza dei nostri apparati di sicurezza in termini di capacità di sconvolgere in tempo i programmi dell' avversario, di sventare gli attentati e le stragi, in una parola, di prevenire danni irreparabili. altro tema è, dunque, quello della ricerca delle responsabilità e, quindi, della verità per quanto riguarda le azioni volte a sovvertire l' ordine costituzionale. il Governo intende dare atto dell' impegno degli attuali servizi di informazione e di sicurezza . la loro attività non può certo svolgersi alla luce del sole, ma è e deve restare limpida quanto alle finalità che e tenuta a perseguire. se, peraltro, nel passato si sono, purtroppo, dovute constatare deviazioni, esse certamente non trovano copertura alcuna in questo Governo, come non l' hanno trovato nei governi che l' hanno preceduto. si devono sempre distinguere carenze e colpe di individui dal giudizio globale sugli organismi. posso assicurare che i servizi di informazione e di sicurezza sono impegnati a fondo e conseguono non pochi risultati nel loro lavoro non facile. di fronte alle sentenze assolutorie, che lasciano sconosciuta la matrice di gravi reati di strage, troppo spesso appare agevole puntare il dito contro gli apparati di informazione e di sicurezza, quasi che il portare su una falsa strada sia diventato una regola ed il ricorso al segreto di Stato uno strumento per coprire implicazioni inconfessabili. ma i fatti ci dicono che bisogna usare cautela nel dare ad essi eccessiva ampiezza e generale applicazione. per quel che riguarda il coinvolgimento dei dipendenti dei servizi in fatti di strage, esso è emerso nel 1969 per piazza Fontana , in cui due ufficiali sono, stati condannati per favoreggiamento; nell' attentato al treno Italicus del 1974, ove un' ex dipendente del Sid è stata assolta per insufficienza di prove dal reato di falsa testimonianza; nella strage della stazione di Bologna del 1980, con la condanna in seconda grado del generale Musumeci e del tenente colonnello Belmonte per calunnia. per quanto riguarda l' asserito sistematica ricorso al segreto di Stato , bisogna anzitutto precisare che la vigente disciplina normativa fissata dalla legge 24 ottobre 1977, numero 801, e confermata dal nuova codice di procedura penale , prevede che il segreto non sia apponibile per fatti eversivi dell' ordine costituzionale e detta rigide procedure di controllo. nei fatti, in occasione di procedimenti per reati di strage, in quattro circostanze i servizi hanno opposto il segreto — successivamente confermato dal Governo — alle richieste della magistratura, e precisamente: per la strage di piazza Fontana , in ordine ad un rapporto redatto da un informatore in materia di controspionaggio; per l' attentato dell' Italicus, in ordine ad un rapporto informativo redatto dai servizi, anch' esso riguardante il controspionaggio; per gli attentati ai treni attribuiti al gruppo Cauchi, in ordine alla richiesta del magistrato di conoscere l' identità di fonti informative; in relazione infine, all' ipotesi di attentato nella vicenda dell' aereo Argo 16, precipitato a Marghera nel 1973, relativamente a documentazione attinente all' impiego di tale velivolo nel periodo dal 1960 al 1980. per altro, nei primi due casi — la strage di piazza Fontana e l' attentato all' Italicus — il segreto veniva rimosso dal presidente del Consiglio dei ministri nel 1985. in nessun caso, comunque, il segreto di Stato è stato utilizzato per coprire fatti eversivi, ma soltanto per tutelare interessi di sicurezza dello Stato concernenti il funzionamento dei propri apparati informativi o i rapporti internazionali estranei alle specifiche vicende oggetto degli accertamenti processuali. mi sembra importante, però, rinnovare alla magistratura, che più di una volta ha dichiarato di volersi attenere, nell' espletamento delle indagini, ad un metodo scevro da pregiudizi, oltre al doveroso rispetto per le sue decisioni, la ferma volontà del Governo di prestare ad essa la più ampia e incondizionata collaborazione. tale volontà è stata da me personalmente ribadita a chi è operativamente preposto al coordinamento dei servizi di informazione e di sicurezza . il Governo è interessato non meno — e forse più — di ogni altro a che sia fatta totale luce su tutto ciò che inquina. coerentemente, la disponibilità del Governo a fornire alla magistratura ogni elemento ritenuto utile per la ricerca della verità è piena, nel senso che essa trova attuazione per tutte le stragi, da Bologna a Ustica, tuttora all' esame dell' autorità giudiziaria . del resto, propria in questi giorni, in relazione all' inchiesta sulla strage di Peteano, ho personalmente confermato al magistrato la piena collaborazione del Governo, che è stata già messa in atto anche per quanto riguarda l' esame della documentazione in possesso dei nostri servizi di informazione e di sicurezza . in tema di segreto di Stato desidero ricordare la recente favorevole presa di posizione del Governo, espressa sia dal ministro di grazia e Giustizia che dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri , in merito all' estensione ai reati commessi per finalità di terrorismo ed ai delitti di strage della non opponibilità del segreto di Stato . il Governo continuerà a fare la sua parte perché il nuovo testo normativo, già approvato dal Senato, possa al più presto trovare un positivo riscontro anche in questo ramo del Parlamento. e un segnale chiaro, rivolto in tutte le direzioni, per dissuadere chiunque dal ricercare coperture dinanzi alle proprie responsabilità. il Governo, accogliendo la proposta di allargare l' ambito di non opponibilità del segreto di Stato e nell' auspicare, come ho detto, una sollecita approvazione della legge, si dichiara disponibile ad esaminare ogni opportuno ulteriore adattamento in materia, per fare in modo che la tutela dell' interesse alla sicurezza dello Stato (che pure va salvaguardata in massimo grado) non possa in nessun caso fornire un alibi per ritardare o addirittura impedire il puntuale raggiungimento della verità, e quindi il pieno conseguimento della giustizia. quanto ai servizi trasmessi dal Tg1 tra la fine di giugno ed i primi di luglio e continuati ieri sera con un atteggiamento provocatorio veramente inusuale, riguardano la descrizione di presunte trame coinvolgenti anche gravissime ipotesi di crimini internazionali. essi hanno suscitato due ordini di considerazioni: una di opportunità, in relazione alla gravità delle affermazioni fatte nel corso delle interviste messe in onda dalla televisione pubblica, senza fare preventivi controlli di autenticità; l' altra di merito, per quanto concerne le ipotesi delittuose delineate nelle interviste stesse. in data 3 luglio, il giorno dopo il quarto servizio del Tg1, che la stampa aveva pressoché ignorato con un chiaro indice di dubbia credibilità, il presidente della Repubblica mi indirizzava una lettera in cui invitava il Governo ad un' attenta valutazione, soprattutto (cito testualmente) « in considerazione della credibilità particolare che dette informazioni hanno per l' opinione pubblica del nostro paese ed anche nei paesi esteri, con possibile coinvolgimento delle responsabilità del nostro Governo, non essendo credibile fuori del nostro paese » — sono sempre parole del presidente Cossiga — « che possa esistere, come è in realtà, un servizio pubblico radiotelevisivo non direttamente responsabile né verso il Governo né verso il Parlamento » . il presidente della Repubblica così continuava: « la gravità delle informazioni diffuse consiste, anzitutto, nell' affermazione che il terrorismo degli anni Settanta sarebbe stato innescato in Italia dalla Cia tramite la loggia massonica P2. in secondo luogo, nell' affermata partecipazione della loggia massonica P2, e quindi di cittadini italiani, al complottò che sarebbe stato ordito dalla Cia per assassinare Olaf Palme, allora Primo Ministro del regno di Svezia. in terzo luogo, altrettanto grave è l' attribuzione di responsabilità in azioni delittuose, cui la loggia massonica avrebbe partecipato, ad alte personalità della vita politica ed istituzionale nordamericana, tra cui l' allora esponente del partito repubblicano ed oggi presidente degli USA — paese amico ed alleato — George Bush » . in relazione al possibile delinearsi di ipotesi di reato, il giorno successivo, 4 luglio, chiedevo all' Avvocato generale dello Stato di approfondire gli aspetti giuridici della questione, e ciò nella prospettiva di assicurare alla magistratura, che aveva già assunto le relative iniziative, ogni possibile supporto conoscitivo, anche sul piano internazionale. nei giorni successivi, per via delle nostre rappresentanze diplomatiche a Washington e a Stoccolma e attraverso l' attivazione dei canali del ministero dell'Interno e degli apparati di informazione e di sicurezza, abbiamo raccolto nuovi elementi circa l' attendibilità delle dichiarazioni fatte nel corso delle interviste televisive. tali elementi riguardano, anzitutto, la personalità del sedicente ex agente della Cia, Richard Brenneke: dico « sedicente » , perché la Cia ha smentito decisamente l' appartenenza del Brenneke al servizio statunitense... non posso certo domandare alla congregazione di carità se una persona appartiene al servizio statunitense! dicevo che la Cia ha smentito decisamente l' appartenenza del Brenneke al servizio statunitense ed analoga smentita è pervenuta il 26 luglio anche dall' Fbi. il portavoce del dipartimento di Stato ha da parte sua richiamato la dichiarazione emanata dalla Cia, ripetendo in particolare che le affermazione di Brenneke costituivano « una assoluta sciocchezza » . in termini analoghi si è espresso anche il portavoce della casa bianca. nel messaggio dell' Fbi si aggiunge, per altro, che alcune delle notizie rivelate dal Brenneke nell' intervista al giornalista Remondino sono state tratte da un articolo di Abby Hofman , pubblicato nel 1980 dalla rivista Playboy. dalle prime informazioni assunte presso il dipartimento di Stato dalla nostra ambasciata a Washington, il Brenneke non risulterebbe coinvolto nel filone principale dell' inchiesta sull' Iran-contra, né sul piano giudiziario né su quello degli hearings congressuali. egli aveva, invece, deposto sotto giuramento (questo può interessarci di più, come parlamentari) nell' aprile 1988, di fronte ad una Sottocommissione, presieduta dal senatore Kerry, della Commissione affari esteri del Senato, che indagava su presunte connessioni tra il traffico di droga e l' assistenza americana ai contras nicaraguensi. nella relazione finale, emessa dalla Sottocommissione nel 1979, a pagina 131 si legge quanto segue: « un' attenta analisi della documentazione acquisita mostra che egli » (cioè Brenneke) « ha fatto notevoli sforzi, per altro senza successo, per cercare di diventare un agente della intelligence e, quando tale tentativo è fallito, un mercante darmi. i documenti dimostrano che Brenneke non è mai stato ufficialmente collegato alla intelligence USA e che non ha mai ricevuto da alcuna agenzia americana di intelligence l' incarico di raccogliere informazioni. sebbene Brenneke abbia esibito migliaia di pagine di documenti relativi a proposte di vendita di armi, non esiste alcuna prova che almeno una di esse sia giunta a buon fine » . la relazione così continua: « Brenneke ha iniziato ad accennare alla sua vita segreta di spia poco tempo dopo essere stato fermato dal servizio doganale al suo arrivo all' aeroporto di Seattle, proveniente da un viaggio in Europa. egli aveva con sé una valigetta, che conteneva riferimenti a vendite di armi. il servizio doganale voleva sapere se era coinvolto in transazioni illegali di armi. per tutta risposta egli si offrì come informatore delle dogane » . circa l' appartenenza alla Cia, la relazione afferma: « la Sottocommissione ha confermato che Brenneke, al termine dei suoi studi, aveva presentato domanda di impiego presso la Cia; ma la sua domanda era stata respinta. egli lavorò per un banchiere internazionale ed un agente di Borsa e visse per un certo periodo di tempo in Medio Oriente ed in America centrale. come risultato del suo lavoro, stabilì contatti con il mondo dei trafficanti internazionali di armi » . a pagina 132 della relazione si legge, quindi, che Brenneke si propose quale intermediario per la vendita di armi a diverse agenzie federali ed allo stesso dipartimento della difesa; tuttavia, tali offerte vennero respinte (cito testualmente) « sia a causa della valutazione negativa che ci si era fatta di lui sia per la richiesta di Brenneke che gli fosse consentito di vendere munizioni agli iraniani » . nel maggio del 1989 Brenneke veniva incriminato per falsa testimonianza: comparendo a deporre in un processo per reati comuni (frode bancaria) contro un sedicente pilota della Cia, Heinrich Rupp, egli aveva affermato di aver partecipato, nell' ottobre del 1980, ad un incontro fra esponenti della campagna presidenziale di Ronald Reagan (l' allora candidato alla vicepresidenza Bush, il futuro direttore della Cia Casey ed un funzionario della NSA, Donald Gregg) ed esponenti iraniani. in tale incontro, secondo Brenneke, si era convenuto di rinviare — in cambio di forniture di armi da effettuare via Israele — il rilascio degli ostaggi americani a Teheran ad un momento successivo alle elezioni. è questo il punto centrale di quello che viene definito il caso « October Surprise » , che ha fornito lo spunto all' omonimo libro pubblicato due anni fa dalla scrittrice Barbara Honneger e che oggi torna (o sarebbe più corretto dire « è » ) all' onore della cronaca a seguito dei noti servizi televisivi. il procedimento giudiziario contro Brenneke si concluse il 4 maggio scorso con una sentenza assolutoria emessa da un tribunale di Portland (nell' Oregon). al riguardo, vale la pena di sottolineare come la Corte non abbia avvalorato le affermazioni di Brenneke, ma si sia limitata a riscontrare l' assenza di sufficienti elementi di prova per una condanna nei suoi confronti. veniamo ora alle rivelazioni sulla presunta complicità della Cia e della loggia massonica P2 nelle vicende del terrorismo italiano nonché dell' assassinio del Primo Ministro svedese Olaf Palme. la nostra ambasciata a Washington ci ha riferito che, per quanto riguarda i finanziamenti delle operazioni della Cia, la normativa nell' Intelligence Oversight Act del 1975, attribuisce all' Agenzia una certa discrezionalità nel disporre stanziamenti per la raccolta e l' analisi delle informazioni cioè la possibilità di spendere fondi fino ad un certo ammontare senza previa specifica autorizzazione; ma allorché si tratta di « attività speciali » (le cosiddette « covert operations » ), qualunque ne sia l' importo finanziario, la Cia è vincolata dall' autorizzazione delle competenti Commissioni del Congresso. data questa premessa, ritengo del tutto privo di senso comune immaginare che il Congresso degli USA abbia potuto autorizzare o comunque tacitamente avallare un' operazione di destabilizzazione condotta contro un paese amico ed alleato come l' Italia. quanto al supposto coinvolgimento della loggia massonica P2 nell' assassinio del Primo Ministro Olaf Palme, desidero informare l' Assemblea che, fin dal 2 maggio di quest' anno, in relazione ad un articolo della Repubblica del giorno precedente e a due servizi del settimanale Epoca del 7 e 13 maggio, il dipartimento di Pubblica Sicurezza del ministero dell'Interno chiedeva alla polizia criminale svedese se la notizia del telegramma a firma Licio Gelli e destinato al dirigente del partito repubblicano Philip Guarino tre giorni prima dell' assassinio di Palme fosse o meno fondata. analoga richiesta veniva inoltrata lo stesso 2 maggio all' ambasciata americana a Roma. il 23 maggio di quest' anno la sezione investigativa della polizia criminale svedese comunicava che la notizia del telegramma di Gelli, ripresa il 31 gennaio da un quotidiano di Stoccolma, era (cito testualmente) « in buona misura già nota » e che l' indagine al riguardo (riprendo la citazione) « continua e, per il momento, non è possibile dire alcunché sull' affidabilità dell' informazione » . come è noto, per l' assassinio del Primo Ministro svedese, avvenuto il 28 febbraio del 1986, era stato a suo tempo individuato quale presunto autore il pregiudicato svedese Christer Petterson, che, condannato all' ergastolo in primo grado, veniva assolto in appello nell' ottobre del 1989. le indagini sull' assassinio sono attualmente affidate ad una sezione speciale della polizia criminale costituita in seno al ministero della Giustizia svedese. secondo le indicazioni raccolte e confermate ancora nella giornata di ieri alla nostra ambasciata a Stoccolma, non è emersa sin qui dalle indagini alcuna direttrice preferenziale. per quanto riguarda la nota intervista al Tg1, ci è stato precisato che i contenuti della stessa erano già a conoscenza delle autorità svedesi attraverso il programma The Bill Moran Show , messo in onda da una radio americana il 17 settembre 1988. allo stato attuale delle conoscenze, quindi, l' ipotesi di una « pista italiana » nell' assassinio del Primo Ministro Palme non trova a Stoccolma alcun riscontro. a tale ipotesi la polizia svedese, l' Fbi e la nostra polizia, continuano a prestare attenzione e la collaborazione tra questi servizi, come ci è stato confermato dagli inquirenti di Stoccolma, è piena. questi sono gli elementi finora in nostro possesso. ho voluto evitare nella mia comunicazione qualunque apprezzamento che in qualche modo potesse influenzare il libero formarsi, in ciascuno di voi, di un convincimento; anche se a me sembra che una scrupolosa verifica dell' attendibilità delle fonti in causa, anche attraverso il confronto di posizioni diverse, avrebbe dovuto costituire un dovere di chi — persona o ente — intende fare dell' informazione una professione. vengo ora alla questione della cosiddetta « apertura degli archivi dei paesi dell'est » , cui si fa riferimento in varie mozioni ed interpellanze tra le quali quella presentata dall' onorevole Occhetto e da altri colleghi del suo gruppo parlamentare , con la quale si impegna il Governo ad assumere immediati contatti con i paesi dell'est nei cui archivi — cito testualmente — « si ha motivo di ritenere che siano custodite notizie relative al terrorismo nel nostro paese » . sono noti a tutti — avendone parlato abbondantemente gli organi di informazione — gli episodi relativi all' arresto in Germania di alcuni terroristi della Rote Armee Fraktion , così come le notizie sul soggiorno in Ungheria del noto terrorista Carlos. tali episodi e, in particolare, il secondo, hanno rilanciato in modo, per così dire, « visivo » la questione degli eventuali collegamenti e delle connessioni fra paesi del Patto di Varsavia , trame terroristiche e progetti di destabilizzazione nei paesi dell' Europa occidentale . questione, evidentemente, non nuova e che già in passato aveva costituito oggetto di attenzione e approfondimenti, portando all' acquisizione di indicazioni originate da fonti diverse, ma senza giungere a riscontri obiettivi in sede di accertamento. nei primi anni Settanta risultanze informative riferivano, infatti, della frequenza da parte di cittadini italiani di corsi di addestramento in Urss, Cecoslovacchia, Bulgaria, Albania, Polonia e Cuba, così come del soggiorno in Cecoslovacchia e altrove di personaggi come Feltrinelli e di taluni appartenenti al cosiddetto « nucleo storico » delle Brigate Rosse . è vero che i terroristi italiani hanno fatto uso di armi fabbricate oltre cortina; ma nessun elemento certo è emerso finora che possa far ritenere che tali armi siano state fornite da parte dei paesi dell'est . il mercato clandestino delle armi è tale per cui, almeno in certi anni, tutto era reperibile ovunque. altrettanto prive di riscontro sono sin qui risultate le indicazioni relative ad eventuali finanziamenti. i mutamenti in atto nei paesi dell'est europeo aprono — come sottolineato da tutte le forze politiche rappresentate in questa Aula — nuove prospettive di collaborazione, collaborazione già proficuamente instauratasi ai fini della conclusione di una rete di intese tra i rispettivi ministeri dell' Interno per lo scambio di informazioni e tecniche operative in tema di lotta alla criminalità organizzata e al narcotraffico. in questo quadro di rinnovato clima politico e collaborativo, il Governo ha ritenuto che potrebbero essersi determinate le premesse per fare ulteriore luce su circostanze relative a fatti di terrorismo che hanno insanguinato il nostro paese. il ministero degli affari esteri ha quindi dato istruzioni alle nostre ambasciate nei diversi paesi di accreditamento di effettuare passi ufficiali intesi ad acquisire gli ulteriori elementi conoscitivi eventualmente disponibili in tale delicata materia. in considerazione della particolare situazione esistente tra le due Germanie si è ritenuto altresì di svolgere un passo presso le autorità della Repubblica federale al fine di poter essere messi a conoscenza di tutti gli elementi che via via dovessero rendersi noti. va rilevato in tale contesto che i servizi di informazione e di sicurezza , dal canto loro, hanno sviluppato le opportune iniziative per stabilire i necessari canali di collegamento. si tratta di canali che hanno consentito di pervenire a contatti positivi e suscettibili di sviluppi, ma che non si sono tradotti, almeno per il momento, in conoscenze di utili elementi per quel che riguarda le connessioni terroristiche. a tale riguardo mi sembra opportuna una considerazione. al di là dell' enfasi e degli echi giornalistici relativi alla possibilità di nuovi assetti e moduli comportamentali degli organismi informativi degli Stati dell' est europeo, la situazione non si presenta in modo univoco ed è alquanto diversificata da paese a paese. accanto a strutture informative di alcuni governi, che hanno dato non soltanto segnali, ma aperta disponibilità collaborativa, sussistono apparati di sicurezza di altri Stati nei quali si avverte che il processo di effettivo rinnovamento non è che agli inizi. non è inoltre privo di fondamento l' interrogativo sulla genuinità e sulla autenticità della documentazione eventualmente esistente nei cosiddetti « archivi » , non potendosi aprioristicamente escludere che essa sia stata soggetta a sottrazioni e manipolazioni. dico questo, ovviamente, non per sottovalutare un filone conoscitivo che il Governo ha intenzione di coltivare con tutta la costanza e l' attenzione che esso merita, ma perché ritengo sia doveroso segno di responsabilità quello di muoversi con la cautela necessaria in un settore e in una materia ove il confine tra informazione e disinformazione presenta talvolta caratteri di grande labilità. a testimoniare l' interesse che portiamo al problema, utilizziamo, a parte le strade ordinarie, ogni occasione di incontro per chiedere elementi di cui stiamo parlando. io stesso l' ho fatto nei giorni scorsi personalmente con il presidente Gorbaciov, che mi ha assicurato la massima collaborazione. signor presidente , onorevoli colleghi , la mia comunicazione odierna coincide con la vigilia del decimo anniversario della strage alla stazione di Bologna. il Governo si unisce ai sentimenti di partecipazione e di solidarietà già espressi e ribadisce la sua volontà di continuare gli sforzi intesi ad assecondare l' azione della magistratura per la ricerca della verità, rispettandone peraltro — se non vogliamo sovvertire le regole della convivenza civile — i giudizi, corrispondano o non a quanto si desidera. sedici anni per meditare sugli interrogativi posti dalla strage dell' Italia portano a chiederci se l' apparato dello Stato, nelle sue diverse articolazioni, sia in grado di fornire risposta — e non una risposta qualsiasi — ai casi rimasti sinora insoluti. confermiamo una netta volontà politica, che va nel senso di fare chiarezza, auspicando che le riforme attuate o da attuarsi sia nel nostro sistema giudiziario che in quello informativo aiutino in questa direzione. d' altra parte, non sarà certo il Governo ad esitare per togliere sul comportamento dei suoi organi ogni ombra quanto a efficienza, trasparenza e correttezza, ma anche per esaminare e proporre quelle modifiche strutturali e normative che a mio avviso sono necessarie ed opportune, specie in una situazione europea e mondiale di radicali cambiamenti. questo, a me pare, è il punto centrale sul quale dobbiamo riflettere con molta serenità senza lasciarci coinvolgere in una dialettica strumentale o da clamori ad effetto. lo faremo in stretto contatto sia con gli organi di controllo parlamentare che con i paesi comunitari con i quali dobbiamo realizzare veramente uno spazio giuridico europeo, che dovrà per il futuro salvaguardarci anche da tante macchinazioni impunite. perché quel che è in gioco non è la sopravvivenza di questo o quel Governo quanto piuttosto la credibilità dell' apparato statale nel suo complesso nel fornire risposte adeguate all' esigenza di certezza che sempre più pressante ed ineludibile si manifesta da parte dei cittadini.