Valter VELTRONI - Deputato Opposizione
X Legislatura - Assemblea n. 400 - seduta del 23-01-1990
Interventi urgenti in materia di finanza pubblica; Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 1993 e bilancio pluriennale per il triennio 1993-1995 (1446); Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
1990 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 89
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , ho ascoltato le parole del sottosegretario Cristofori ed ho letto i resoconti degli interventi svolti in quest' Aula dai colleghi di diversi gruppi. mi ha particolarmente sorpreso che qualcuno abbia affermato che tale discussione, i cui contenuti e la cui impostazione sono stati efficacemente illustrati dagli onorevoli Elio Quercioli e Franco Bassanini nella discussione sulle linee generali, si fondi su una sorta di ingiustificato allarmismo. mi sembra che anche la risposta fornita dal sottosegretario Cristofori sia conforme a tale spirito e ritengo che l' affermazione richiamata sia assai discutibile e non corrispondente alla realtà delle circostanze che si stanno determinando nel nostro paese nell' ambito dell' universo della comunicazione e sullo scenario dei mezzi di informazione. mi sorprende soprattutto che da parte di un rappresentante di un grande partito si ritenga ingiustificato l' allarme che viene lanciato con riferimento all' attuale situazione dell' informazione in Italia. in Italia, sul « campo » della battaglia editoriale sono ormai rimasti solamente due gruppi: il gruppo Rizzoli-Fiat ed il gruppo Berlusconi. nessuno dei due è un editore puro: ambedue hanno infatti interessi prevalenti dislocati altrove, anzi gli interessi nel mondo editoriale sono assolutamente marginali rispetto ai loro fatturati e bilanci. mi stupisce che si possa dire che è ingiustificato l' allarmismo, quando è noto (e i dati sono stati ricordati anche dall' onorevole Cristofori nella sua replica) che il 22,5 per cento dei quotidiani è nelle mani del gruppo Rizzoli e il 16,2 è nelle mani del gruppo Berlusconi-Mondadori. quasi il 40 per cento dei quotidiani venduti in Italia è dunque nelle mani di due soli proprietari, di due soli gruppi industriali e finanziari. mi stupisce che si dica che è ingiustificato l' allarmismo, quando il gruppo Berlusconi-Fininvest possiede nelle sue mani il 33 per cento dei settimanali e dei periodici che si vendono in Italia (praticamente tutti i settimanali e i periodici politici) e il gruppo Rizzoli ne controlla il 19 per cento . mi stupisce che si dica che l' allarmismo è ingiustificato, quando il 42 per cento della pubblicità è nelle mani di un solo gruppo editoriale, quello di Berlusconi, che detiene anche il 61,2 per cento della pubblicità televisiva, in presenza di un ascolto pari al 40 per cento circa, che non giustifica, dunque, assolutamente una percentuale così elevata. l' Italia è l' unico paese nel quale esiste un solo imprenditore privato nel campo televisivo; un unico imprenditore privato che possiede tre reti televisive e che ne controlla, attraverso la pubblicità ed i programmi, altre tre. non capisco come tutto ciò possa apparire normale. e penso che abbiano avuto ragione coloro i quali, nelle settimane scorse, hanno invece lanciato l' allarme: il presidente della Repubblica , la Corte costituzionale , a più riprese, il garante dell' editoria. per quanto riguarda quest' ultimo, vorrei rilevare che se è giusto, come è giusto, attribuire nuovi poteri alla sua figura, è anche doveroso, allora, dargli ascolto quando denuncia una condizione di fatto. e ancora, a lanciare l' allarme sono stati uomini politici non solo della opposizione, ma anche della maggioranza, che si sono fatti interpreti della condizione di pericolo che caratterizza il mondo dell' informazione nel nostro paese. e tutto normale non appare neanche agli operatori dell' informazione, ai giornalisti, a coloro i quali vivono dall' interno i disagi di un sistema chiuso, di un sistema dentro il quale non vi è pluralismo reale, di un sistema che finisce con l' omologare l' informazione e con il renderla sostanzialmente irriconoscibile, dal momento che sono solo due i gruppi proprietari e dunque le fonti di emissione e di decisione. si dice che tale situazione è il prodotto del mercato. ma io mi permetto di contestare questa affermazione proprio in nome del mercato dell' informazione. non esiste mercato, nel sistema capitalistico nel quale viviamo, se non vi sono leggi che lo regolano; e in assenza di leggi un mercato non è più tale, ma si espone ad essere, come accade per l' informazione, una sorta di gigantesco Far West , nel quale il più forte vince e i più deboli perdono. nella nostra società, scrivere le leggi, scrivere le regole del gioco è un compito fondamentale per la politica. non si regola una democrazia moderna se non si mette mano a questi che sono i punti determinanti, le cartine di tornasole dalle quali si può misurare il grado autentico di democrazia in un paese moderno. vorrei aggiungere, inoltre, che la condizione di concentrazione nel campo dell' informazione è tanto più pesante perché in tutti i paesi democratici del mondo quest' ultima è ritenuta un diritto speciale. è grave che si concentri il commercio dei pomodori, ma è inamissibile per le democrazie occidentali che si concentri il possesso ed il Governo della circolazione delle informazioni, tanto è vero che tutti i paesi occidentali si sono dati da molto tempo normative che impediscano il formarsi di trust e di posizioni di concentrazione. vorrei poi ricordare che, per esempio, se si pensa alla Francia, ci si riferisce ad un paese nel quale a nessun imprenditore privato è consentito di possedere più del 25 per cento di una rete televisiva; identica è la situazione della Spagna — altro governo socialista — mentre negli USA, che non sono certo un paese sospettabile di simpatie per l' economia pianificata o centralizzata, vi è una normativa che stabilisce che nessuno possa avere nelle proprie mani più di 12 stazioni locali e vi è un organismo, la commissione federale di controllo sulle comunicazioni, che è molto rigido e rigoroso nell' applicazione delle legislazioni antitrust, che sono nel cuore di una democrazia solida come quella americana. si dice ancora, tra gli argomenti di coloro i quali ritengono che l' allarmismo sia ingiustificato, che l' adozione di una normativa antitrust sarebbe punitiva. devo dire che non capisco bene questo argomento; ho già affermato, in occasione dell' altro dibattito al quale l' onorevole Cristofori ha fatto riferimento, che vi sono solo due strade per la normativa antitrust: o essa viene predisposta prima che si formino i trusts, e allora noi abbiamo perduto nel corso di questi anni tutti i treni che sono passati, oppure viene fatta dopo. in quest' ultimo caso essa — lo dice l' espressione — deve tendere a confinare ed a limitare i trusts, se esistono. mi pare difficile dimostrare, cifre alla mano, che non si siano formati in Italia trusts dell' informazione, i quali, lo ripeto, sono antitetici allo spirito di una democrazia occidentale. quello che chiaramente lo Stato non può fare è sorvolare, ritenere che sia ingiustificato l' allarmismo o che si debba emanare una legge per « santificare » i trusts: questa è l' unica cosa che uno Stato democratico non può fare! viene poi usato un altro argomento: si dice che le dimensioni del gruppo Berlusconi sono quelle necessarie — e si citano le grandi parole con le quali sembra sempre di aprire ogni porta — nel tempo dell' internalizzazione e della globalizzazione. vorrei dire che questo argomento non esiste. vi sono — è vero — grandi potenze della comunicazione in Europa, ma esse non per caso hanno dimensioni tali nei loro paesi, per effetto delle leggi, da consentire una condizione di pluralismo. e siccome è bene citare qualche dato, vorrei ricordare che in Italia Berlusconi, il quale è abbastanza debole sul piano europeo, dispone del 42 per cento della raccolta pubblicitaria! nei loro paesi il gruppo Bertlesmann... concludo subito, presidente. come dicevo, il gruppo Bertelsmann è al 17 per cento , il gruppo Springer al 15 per cento , il gruppo Hachette in Francia è al 22 per cento , il gruppo Read International al 15 per cento . ciò vuol dire che si può stare in Europa senza agire in regime di oligopolio o di monopolio nel proprio paese. non è una questione di parte, ma un problema che riguarda — io credo — la responsabilità di tutti e che deve essere affrontato senza scegliere o parteggiare per trusts amici, combattendo quelli nemici. da questo punto di vista , voglio dire che ho anche sentito circolare ipotesi abbastanza singolari, in base alle quali si dovrebbe predisporre una normativa differenziata per le reti che fanno informazione e per quelle che non la fanno. la sentenza del 1988 della Corte costituzionale ha già sgombrato il campo da questa possibilità ed è per tale motivo che io credo che il voto di una mozione che pone su scala europea la questione dell' abuso di posizione dominante corrisponda ad un dovere, ad una responsabilità e ad un rigore di un Parlamento, che non ritiene ingiustificato l' allarme circa la situazione dell' informazione italiana e che si fa carico — e seriamente — del problema di assicurare al paese un autentico pluralismo dell' informazione.