Valter VELTRONI - Deputato Opposizione
X Legislatura - Assemblea n. 390 - seduta del 18-12-1989
Ratifica ed esecuzione del Trattato sull'Unione europea con 17 protocolli allegati e con atto finale che contiene 33 dichiarazioni, fatto a Maastricht il 7 febbraio 1993
1989 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 81
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , onorevole sottosegretario, non possiamo che dichiararci seriamente insoddisfatti della risposta oggi fornita. essa, d' altra parte, procede in continuità con l' atteggiamento che il Governo ha assunto su questa e su altre vicende che riguardano la situazione dell' informazione italiana e i problemi legislativi che essa porta con sé. abbiamo avuto costantemente l' impressione che vi fossero due toni diversi, e le dichiarazioni che sono state rese, anche recentemente, da parte sua, onorevole sottosegretario, dal presidente del Consiglio e da ministri, sia pure con altre competenze, hanno confermato in noi tale impressione. due toni, dicevo: da una parte la sottovalutazione, il ridimensionamento del problema (un tono, a mio giudizio, non perfettamente corrispondente alle responsabilità che ad un Governo della Repubblica spettano); dall' altra, invece; la sensazione di forte allarme e di preoccupazione che è emersa da alti livelli istituzionali. mi riferisco al presidente della Repubblica , in primo luogo, che ha avuto ancora recentemente l' occasione di richiamare la necessità e l' urgenza di varare una normativa in questo campo, mi riferisco alle ripetute sentenze della Corte costituzionale e mi riferisco alle valutazioni e ai giudizi espressi da quel garante dell' editoria di cui si parla lungamente, e con accenti che condivido, anche nella risposta dell' onorevole Cristofori. allarme e preoccupazione vengono anche dall' altra parte del pianeta in cui noi operiamo, cioè da coloro che vivono i problemi dell' informazione, in primo luogo dai giornalisti, ma anche dalle associazioni di chi consuma l' informazione, vale a dire da tutti noi. non so se lei, onorevole Cristofori, abbia voluto assumere un tono di autoironia odi umorismo all' inizio della sua risposta alle interpellanze e alle interrogazioni presentate, ma l' affermazione secondo la quale « il Governo conferma in questa sede non solo la continuità di un impegno puntualmente assolto nel passato... » francamente lascia sconcertati, perché il Governo e la maggioranza in questi quindici anni hanno cercato di evitare che l' Italia disponesse in tale settore di una normativa degna di un paese democratico e occidentale. se ciò è avvenuto, è perché, credo, qualcuno ne ha tratto giovamento ed utilità e perché questa, che non sarebbe giusto definire deregulation, ma, come l' ha definita l' indagine della Commissione cultura di questo ramo del Parlamento, aregulation, è stata anche il terreno sul quale si è negoziato un rapporto perverso tra sistema politico e sistema dell' informazione. non ho ascoltato nella sua replica un' affermazione che avrei invece voluto sentire e che credo corrisponda esattamente al problema che abbiamo di fronte. le vorrei dire anche, onorevole Cristofori, che noi insistiamo da molti anni su tale questione; lo abbiamo fatto di fronte ad ogni vicenda, ad ogni tappa di questa escalation della concentrazione. non capisco perché lei, che è sottosegretario alla Presidenza del Consiglio , e quindi ha una responsabilità ed un rigore al quale credo si dovrebbero attenere tutti coloro che ricoprono un incarico come il suo, debba dire, come ha fatto l' 8 dicembre, che buttare sul piatto della libertà di stampa , come fanno i comunisti, la vicenda di Segrate ci sta come « i cavoli a merenda » . si tratta di un' affermazione discutibile nel tono e, ancor più, nel contenuto. la vicenda di Segrate oggi, come la vicenda di Segrate ieri, quando De Benedetti ha incorporato La Repubblica a L'Espresso , e prima ancora, quando De Benedetti ha acquisito la quota proprietaria della Mondadori, o come le vicende precedenti, che riguardano i processi di concentrazione del gruppo Fininvest, non stanno come « i cavoli a merenda » nella questione della libertà di stampa . quella della libertà di stampa non è una questione astratta, ma rientra concretamente nella possibilità di avere per davvero ed in condizione di mercato un pluralismo delle informazioni in questo paese. insomma, onorevole Cristofori, i trust dell' informazione in Italia ci sono o no? a giudicare da tutti gli autorevoli pareri ai quali ho fatto riferimento prima, i trust ci sono. che cosa devono fare allora lo Stato, il Governo ed il Parlamento? possono fare due cose: possono evitare che i trust si formino, ma allora avremmo dovuto prendere un treno che è partito molte volte in questi 15 anni, e che, per l' appunto, non abbiamo preso; oppure, se i trust ci sono, occorre ridimensionarli qualora contrastino con le esigenze di pluralismo, con le esigenze richiamate dall' articolo 21 della nostra Costituzione. solo due cose Governo e Parlamento non possono fare di fronte all' esistenza dei trust: fotografarli e inserirli in una legge, nella loro natura e nella loro dimensione; oppure — peggio — incitarli ad effettuare ulteriori concentrazioni. sia chiaro che questa duplice indicazione di rischio non è una figura retorica, ma qualcosa di molto concreto, poiché si inserisce in prospettive che abbiamo davanti agli occhi. penso sarebbe bene che tutti noi combattessimo contro la tendenza di guardare ai trust secondo le loro simpatie politiche, distinguendo cioè fra quelli amici e quelli nemici. credo che noi possiamo portare a testimonianza della nostra posizione tutte le iniziative legislative che abbiamo presentato in materia, che non guardano in faccia alle concentrazioni di qualsiasi natura. se mi consente, onorevole Cristofori, vorrei dirle che quello che è accaduto, i giudizi ed il modo di comportarsi del Governo e la sua stessa risposta alle interpellanze ed alle interrogazioni oggi in esame inquadrano nella luce che noi ci eravamo sforzati di mettere in evidenza fin dal primo momento il discorso dell' onorevole Andreotti a Capri. il presidente del Consiglio non se la prendeva con le concentrazioni in generale, ma solo con alcune di esse. credo che ciò costituisca un qualcosa che non può e non deve appartenere — a rigore — alla responsabilità di un Governo della Repubblica. sono in gioco due temi, entrambi inalienabili: esiste una prima questione, relativa al diritto dei cittadini di produrre e consumare informazione; ne esiste poi un' altra, assai rilevante, concernente il mercato. non si può dire che l' operazione Fininvest-Mondadori — come tutte le altre precedenti — rientri in una logica di mercato, per la semplice ragione che in Italia un mercato dell' informazione non esiste. quest' ultimo, in una società organizzata come la nostra, dovrebbe necessariamente essere disciplinato e regolato dalle leggi. ma ciò non si è verificato: più che di un mercato, si è trattato in Italia di una sorta di guerra svoltasi all' interno di una specie di Far West . ciò che non può non colpire, a maggior ragione, è il carattere delle concentrazioni in Italia. si tratta di grandi gruppi industriali e finanziari che ormai possiedono la stragrande maggioranza degli strumenti di informazione nel nostro paese. non esiste altra nazione europea in cui sia accaduta una cosa del genere, e tanto meno è accaduta negli Stati Uniti . solo in Italia i grandi gruppi industriali e finanziari detengono direttamente nelle loro mani gli strumenti di informazione. non riesco, quindi, a capire il tono di sottovalutazione del problema che il Governo ha assunto. guardiamo i dati (i numeri spesso parlano, dicendo parole più eloquenti di quelle usate per esporre molti argomenti). per quanto riguarda la tiratura, il gruppo Fininvest-Mondadori detiene il 16 per cento dei quotidiani, mentre il gruppo Rizzoli ne possiede il 22,5 per cento . se ricordo bene, questa cifra eccede il tetto del 20 per cento fissato dalla legge per l' editoria. nel campo dei settimanali, il gruppo Fininvest-Mondadori detiene il 33 per cento , controllando tutti i più grandi settimanali di opinione, a fronte del 19 per cento del gruppo Rizzoli. per quanto attiene alla pubblicità, il gruppo Fininvest raccoglie il 42 per cento del totale e di quella televisiva in particolare il 61,2 per cento , facendo registrare d' altra parte un ascolto pari al 40 per cento . non si dica che questo è il mercato dell' informazione: si tratta di una realtà senza paragoni al mondo! occorre studiare la situazione. la Commissione cultura della Camera si è impegnata a farlo e credo abbia raggiunto alcuni risultati positivi. e necessario verificare la realtà degli altri paesi, come gli Stati Uniti o nazioni europee come la Francia o la Spagna (vorrei ricordare sommessamente questo argomento anche ai compagni socialisti), dove governi socialisti hanno applicato normative antitrust nel campo della televisione e della carta stampata il cui carattere di rigore e la cui portata nell' ambito della lotta contro le concentrazioni non è certo omologabile al modo con il quale lei, onorevole Cristofori, ha interpretato la volontà del Governo. non vorrei che in questo campo accadesse ciò che succedeva ad un grande comico italiano, Totò, il quale, quando era in difficoltà — è stato ricordato anche recentemente — affermava: « poi dice che uno si butta a sinistra! » (o a destra o al centro, a seconda delle circostanze). in questo settore, quando si è in difficoltà si dice che le concentrazioni sono necessarie in ragione della globalizzazione del mercato dell' informazione e che quindi, per restare nei mercati europei, non si può non accettare una condizione di concentrazione, quasi che una cosa escluda l' altra. vorrei allora capire, sempre dati alla mano, come mai nessuno fra i grandi colossi europei dell' informazione si trova nel proprio paese di provenienza in una situazione di concentrazione. come mai il gruppo Bertelsmann raccoglie il 17 per cento della pubblicità nel suo paese, il gruppo Springer il 15 per cento , il gruppo Hachette, in Francia, il 22,5 e il gruppo Read International , in Gran Bretagna , il 15 per cento ? si tratta di cifre molto distanti dal 42 per cento del quale si parla in Italia. credo pertanto sia necessario partire da questa situazione, per intervenire con una legge giusta. non ho capito bene la sua argomentazione, onorevole sottosegretario, e mi sembra che Bogi ne abbia dato una lettura che in parte la distorce. lei, onorevole Cristofori, non ha detto su cosa si impegni il Governo (e di questo stiamo discutendo), su quale dei due scenari la normativa antitrust in esame alla Camera o il disegno di legge in discussione al Senato. io penso che si debba scegliere la seconda strada, quella del disegno di legge all' esame del Senato, perché in quella sede deve svolgersi un itinerario legislativo che guardi al complesso dei problemi di assetto e di regolamentazione del settore. anche perché devo dire che non capisco le proposte sul terreno: ve n' è una del gruppo democristiano che fa riferimento al 25 per cento delle risorse. guardiamola nel merito, anche in questo caso valutando le cifre. vorrei intanto comprendere come si definiscano le voci relative alle risorse. il sistema dell' informazione infatti è in continua trasformazione e le tecnologie portano con sé nuove dimensioni di mercato. se definiamo per legge determinate categorie (ad esempio home video , libri, quotidiani) magari tra qualche anno, quando il paese avrà superato i ritardi tecnologici, ci troveremo ad esempio in presenza di un mercato nel campo della telematica, e dovremo aggiungerlo. vi è quindi un problema di voci che si chiamano in causa e di ammontare complessivo del fatturato. ma fermiamoci al 1988. in questo anno, se consideriamo le voci di riferimento, in Italia vi è stato un volume di investimenti pari a 20.686 miliardi. il tetto del 25 per cento che la Democrazia Cristiana vorrebbe stabilire corrisponde a 5.170 miliardi. vorrei ricordare che il gruppo più forte oggi esistente dopo l' acquisizione della Mondadori raggiunge la cifra di 4.260 miliardi. in sostanza, la Democrazia Cristiana afferma che questo gruppo può concentrare per altri mille miliardi, visto che le sue dimensioni evidentemente non sono ancora adeguate. se anche si togliessero i libri, come qualcuno propone, vi sarebbe sempre una sollecitazione a concentrare per altri 700 miliardi. non mi pare una grande normativa antitrust! nell' ipotesi del Governo, che invece prospetta il 20 per cento , in realtà si fotograferebbe l' esistente al momento in cui parliamo, compresa quindi anche la concentrazione che si è già realizzata con l' operazione Fininvest-Mondadori. ritengo invece — e concludo — che si debba esaminare la normativa in discussione al Senato partendo dai criteri di regolazione del sistema più obiettivi. uno in particolare lo è più di qualsiasi altro: la regolazione delle risorse pubblicitarie. attraverso queste si stabilisce l' esistenza o meno di un mercato nel campo dell' informazione. se si fissa un tetto alla raccolta delle risorse pubblicitarie per un solo soggetto, questo significa che altre risorse si liberano per altri soggetti, che potranno intervenire e l' economia di mercato dell' informazione si salderà con il diritto dei cittadini a conoscere diversi punti di vista , a leggere giornali che non la pensino tutti allo stesso modo, con televisioni in cui informazione o produzione culturale non abbiano sempre lo stesso segno. altrimenti se accadesse quanto ho richiamato vi sarebbe più che un rischio di regime (è un' espressione che abbiamo usato e che ribadisco in questa sede), già insito nella situazione che stiamo vivendo. sono pertanto necessarie in primo luogo normative sulla pubblicità, e noi le abbiamo previste nella proposta di legge che abbiamo presentato insieme al gruppo della sinistra indipendente. domani mattina presenteremo una ulteriore proposta di legge , che può servire a corrispondere all' urgenza esistente in questa materia. in secondo luogo è opportuna — e anche su questo ci ha richiamato più volte il garante dell' editoria — la definizione delle caratteristiche delle posizioni di controllo, le quali non sempre si esprimono nella forma della proprietà maggioritaria di un azienda editoriale. vi sono gli azionisti di riferimento e mille altri modi attraverso i quali si può determinare una posizione di controllo. per esempio, nel campo della televisione, se ad una rete televisiva si danno i programmi e la pubblicità, magari si può non averla in proprietà, ma la si controlla. ritengo dunque che debba intervenire una normativa di questo tipo, che distingua tra editori « puri » e quelli che tali non sono, tenendo presente che attualmente in Italia non vi sono editori « puri » : non lo era De Benedetti , non lo è la Rizzoli, non lo è Berlusconi, visto che una parte minoritaria del suo bilancio è raggiunta con i mezzi d' informazione, mentre quella maggioritaria è acquisita con altre attività economiche. bisogna ricostruire condizioni di mercato che consentano la comparsa di nuove figure editoriali, anche quelle dell' editoria « debole » . in terzo luogo, è necessario rafforzare i poteri del garante, dando loro una corretta dimensione, o meglio quelli di una Commissione di garanzia, che riterrei più utile e più opportuna. signor sottosegretario, confermiamo la nostra opinione negativa comunque sulla cosiddetta opzione zero : affermammo che essa non andava bene quando fu presentata dal Governo, e lo ribadiamo anche ora. in una moderna società della comunicazione, il problema non è quello di impedire le relazioni tra i suoi diversi comparti, ma di evitare che in ciascuno di essi (e, più in generale, nel mercato) vi siano posizioni di concentrazione che si prefigurino come abuso di posizione dominante. dobbiamo essere consapevoli che l' informazione è una materia del tutto speciale, disciplinata da un preciso articolo della Costituzione, e che in tutti i paesi ed in tutte le legislazioni moderne è considerata appunto un diritto speciale, e regolamentata di conseguenza. questo ci sembra essere il respiro, lo sguardo con il quale il Parlamento e — se possiamo permetterci — il Governo dovrebbero affrontare i problemi dell' informazione. ma a questa aspirazione, a questo respiro, a questo sguardo, mi duole dirlo, la replica del Governo non corrisponde in alcun modo.