Achille OCCHETTO - Deputato Maggioranza
X Legislatura - Assemblea n. 301 - seduta del 09-05-1989
Revisione del concordato
1989 - Governo III Moro - Legislatura n. 4 - Seduta n. 746
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , ormai è diffusa la convinzione, ed è dichiarata ad ogni piè sospinto , che questo Governo sia del tutto inadeguato al compito, incapace di assicurare al paese nella situazione odierna un livello di governabilità rassicurante. nessuno osa formulare l' ipotesi che questo stato di cose possa migliorare e infatti si accavallano le previsioni sul momento in cui la fine di questo gabinetto sarà sancita anche formalmente. non è solo l' opposizione, dunque, che vuole, con un gesto particolarmente rilevante, segnare una critica forte e netta al comportamento dell' Esecutivo. la nostra mozione di sfiducia ha sicuramente anche questo significato: vuol dare voce e seguito coerente alla protesta, ampia e consapevole, contro i più recenti atti del Governo, contro il decreto sanitario, contro l' odiosa misura che estende il ricorso ai ticket e ne aumenta la consistenza fino al punto di vanificare in molti casi il carattere e la logica stessa cui deve ispirarsi il servizio sanitario nazionale. abbiamo voluto promuovere questo dibattito e abbiamo sollecitato così il pronunciamento del Parlamento anche per una ragione più generale e di fondo: per ricondurre la discussione e la riflessione di tutti ai termini reali della situazione politica e per rompere la fitta coltre di furberie e di ipocrisie che soffoca la vita pubblica e il buon funzionamento delle istituzioni. mi soffermerò più ampiamente tra poco sul tema delle istituzioni e delle riforme che appaiono ormai indilazionabili. permettetemi però di tornare ancora sul tema fondamentale dal quale ha preso l' avvio la nostra iniziativa di presentare una mozione di sfiducia al Governo: i ticket, la tassa sulla malattia. vorrei invitare a riflettere pacatamente, se è possibile, su tutto ciò. so, e sappiamo tutti, che nelle file della maggioranza e nel Governo ha largo corso un argomento: si considerano spropositate la protesta e la reazione che hanno accolto questa decisione. una protesta ed una reazione che hanno indotto i sindacati a promuovere uno sciopero generale , che sono anche all' origine della nostra mozione di sfiducia al Governo, che il partito comunista ha raccolto e alle quali intende dare forza e voce fino al raggiungimento del risultato richiesto da un gran numero di lavoratori, di pensionati e di addetti al servizio sanitario . esagerazione: sembra questa la parola prevalente nella maggioranza e nel Governo di fronte alla protesta. lo si ripete con i toni più diversi, con obiettivi propagandistici e talvolta con strafottente incomprensione. attenzione, sbagliate, e gravemente. sbagliate perché, se non capite, vuol dire che non conoscete la realtà del paese; non vi rendete conto che per una parte grande degli italiani il ticket che volete imporre incide realmente sui livelli di reddito e di vita, che sono ad un limite tale da non sopportare ulteriori compressioni ed erosioni. il ticket compromette quel minimo di sicurezza di fronte alla malattia che si riteneva comunque assicurato. vuol dire che non conoscete l' animo del paese e vi sfugge quanto diffusa ed aspra sia ormai l' insofferenza per un comportamento fiscale dello Stato che stride con i principi dell' equità e della giustizia, che impedisce ai cittadini di riconoscersi eguali, partecipi di un patto comune e solidale. ma vi è di più. vi sono fatti che per il loro significato, oltre che per la loro portata e per il momento in cui accadono, acquistano un significato esemplare e rilevante. il decreto sui ticket appartiene a questo ordine di fatti; esso non appare sostenibile sotto alcun punto di vista . non è certamente sostenibile sotto l' aspetto della giustizia né sotto quello del contributo al risanamento dei conti dello Stato né sotto quello dell' efficienza del servizio sanitario , che viene anzi aggravato ed appesantito con ulteriori passaggi burocratici. perché dunque tanta testardaggine, tanta ottusa chiusura che, per di più, appaiono del tutto ingiustificate di fronte alle proposte alternative avanzate dall' opposizione e dai sindacati? le misure da noi proposte in Parlamento farebbero affluire nelle casse dello Stato una somma non inferiore a quella prevista dal primitivo decreto, e comunque sicuramente superiore a quella del nuovo decreto, uscito dalle limature contorte e imbarazzate della maggioranza. queste stesse misure presentano l' evidente vantaggio di muoversi nel senso della riforma e dell' efficienza. non solo; voi sapete certamente, onorevoli colleghi della maggioranza, che ancora alla vigilia della riunione in cui il Governo doveva riesaminare la questione ho avanzato una proposta limpida e responsabile: si rinunci ai ticket — dicevo — e si ricerchino in Parlamento le vie per ottenere gli stessi risultati finanziari. a questo miravano e mirano le nostre indicazioni alternative. non mi sono però limitato ad esse; ho dichiarato anche la disponibilità nostra a considerare quelle nuove e diverse che altri avessero avanzato. la risposta è stata: ticket, solo ticket; ticket tagliati, gonfiati, arbitrari, casuali, purché fossero ticket. a questo punto, la conclusione non può essere che una: questo Governo non dico non vuole (infatti non ha un solo argomento né una sola giustificazione da addurre), ma non può, non è in grado di fare nulla di diverso. di qui la sfiducia nostra, ma non solo nostra. in tale situazione il decreto sui ticket assume un significato esemplare ed allarmante: esso indica in realtà il livello di governabilità che l' attuale gabinetto è in grado di esprimere, che è un livello infimo. il suddetto decreto indica altresì la capacità riformistica di questo Governo e della maggioranza: una capacità nulla. l' Italia non può rassegnarsi a ciò, per tante ragioni che sono sotto gli occhi di tutti, dal debito pubblico ai problemi connessi con le nuove tappe dell' integrazione europea . non si può ulteriormente ignorare la questione di fondo: se resta questo il livello di governabilità che si è capaci di esprimere, tutti i nodi si stringeranno sempre di più, gli squilibri e le contraddizioni subiranno tutte una brusca accelerazione. l' appuntamento europeo anziché una grande occasione diverrà un serissimo rischio. nel paese, nei più diversi ambienti, non solo fra i lavoratori che domani scenderanno in sciopero, ma in larghi settori dell' imprenditoria, del mondo intellettuale, delle professioni, nelle aree più avvertite e consapevoli dell' amministrazione pubblica è ormai netta questa convinzione: c' è un contrasto stridente e crescente fra il bisogno di Governo che esprime un paese sviluppato, carico di problemi ed impegnato in una serissima sfida internazionale, e l' offerta di Governo che questo gabinetto, questa maggioranza e questo sistema politico sono in grado di corrispondere. ho detto Governo, maggioranza e sistema politico : sono tre livelli distinti ai quali corrispondono distinte e precise responsabilità, ma sono evidenti le connessioni. tanto decisa e netta è la nostra denuncia delle responsabilità della maggioranza e dei partiti che la compongono, della debolezza e dell' inadeguatezza di questo Governo, altrettanto chiara è per noi la consapevolezza che è ormai necessario un passaggio, una riforma del sistema politico nel suo insieme. a questa conclusione siamo giunti dopo un lungo travaglio e dopo una riflessione su esperienze nostre e di altri. su questo punto insistiamo dall' inizio della legislatura con coerenza e chiarezza crescenti. il nostro recente congresso ha portato a compimento e sancito una limpida proposta di riforma. un livello adeguato di governabilità, la definizione di programmi coerenti ed incisivi, l' efficienza dello Stato, il rinnovamento della politica richiedono che in Italia si pensi a un sistema politico fondato su un confronto aperto e sull' alternativa fra programmi e maggioranze diverse; che si adottino le riforme elettorali e istituzionali coerenti con questa esigenza; che si verifichi una convergenza di volontà su questo obiettivo. una cosa dobbiamo sapere e dirci sinceramente tutti: il sistema attuale, costruito e stratificato nel corso di un lungo periodo che copre l' intero arco della vita repubblicana, un lungo periodo che ha conosciuto fasi e passaggi fra loro molto diversi, non regge più, non offre una sufficiente produttività, indispensabile per governare oggi. il tratto distintivo ed essenziale di questo sistema è che esclude, non in linea di principio e di diritto ma di fatto, il ricambio nella direzione del paese, l' alternanza fra maggioranze, governi e programmi diversi, distinti e distinguibili agli occhi dei cittadini. esso si caratterizza attraverso la presenza permanente e ininterrotta di un partito, nella maggioranza e nel Governo, intorno al quale si sono formate varie coalizioni. e proprio perché il segno della situazione politica è stato dato prevalentemente dal rapporto più o meno privilegiato della Democrazia Cristiana con gli altri partner della maggioranza, tutta la politica italiana si è chiusa in consociativismo asfissiante, ed è così prevalsa la politica delle formule su quella dei programmi. il doppio obbligo della collaborazione e della conflittualità concorrenziale risulta sempre lo stesso, di qualità pessima, senza alcuna capacità di produrre effetti, non dico risolutivi ma almeno rilevanti, nella situazione del paese (che si tratti di economia, di bisogni sociali, di regolazione dei poteri, di ordine pubblico ). e in questo quadro si propongono i ticket: toppe fragili, ingiuste, inefficaci. i programmi non hanno più senso e non per cattiva volontà soltanto, ma perché l' azione e la scelta sono condizionate in partenza dai meccanismi e dalle logiche della coalizione, qualunque sia il proposito iniziale. e la situazione resterà questa fino a quando il sistema politico italiano non risponderà con nettezza al nuovo criterio dell' alternanza e del ricambio fra maggioranze e programmi diversi, e fino a quando non sarà possibile una effettiva discontinuità nella gestione del potere di governo e nella direzione dello Stato. ormai è evidente: efficienza nell' azione del governo e dello Stato, riformabilità dell' amministrazione, possibilità di ricondurre i partiti al loro ambito e di cancellare gli sconfinamenti indebiti del loro potere, autorità e funzionalità delle istituzioni, tutto ciò è condizionato dalla convinzione e dalla rapidità con cui si affronta e si rompe questa strozzatura che soffoca tutta la vita della nazione. mi sembra che questa convinzione si stia facendo rapidamente strada, certamente nella pubblica opinione , nella cultura, ma anche, sia pure con grande fatica, nei partiti; con un limite, tuttavia, ancora pesante, che le preoccupazioni partigiane e particolari di ciascuno prevalgono ancora sull' obbligo di indicare soluzioni valide per la riforma del sistema nel suo insieme, e si oscilla dall' immobilismo alla propaganda. concordo quindi con chi sostiene che nessun partito da solo possa uscire vincente dalla crisi istituzionale. ha ragione l' onorevole Martinazzoli quando afferma che questa crisi o contribuiscono tutti a risolverla o tutti sono perdenti. non si può fare dunque della crisi istituzionale un tema di scontro meramente emblematico e propagandistico, senza che ciò comporti un ulteriore deterioramento di tutto il nostro sistema democratico. qualcuno ritiene che solo attraverso il passaggio ad un sistema presidenziale si possa risolvere la crisi del sistema politico italiano. tale ipotesi non è di per sé antidemocratica, ho già avuto modo di dirlo in molte occasioni. ma se si vuole discutere seriamente una proposta così complessa, allora — bisogna saperlo — si renderebbe necessario un serio ed approfondito lavoro costituente. infatti l' ipotesi di un passaggio dall' attuale ordinamento costituzionale ad un altro ordinamento che voglia per davvero mettere al centro l' elezione diretta da parte dei cittadini del presidente della Repubblica renderebbe necessaria una ricomposizione o riorganizzazione di tutti i poteri, una ridefinizione dei pesi e dei contrappesi del sistema di rappresentanza, di decisione e di controllo su cui si regge il complesso del nostro edificio istituzionale. non solo, ma l' elezione diretta del Capo dello Stato può essere prevista dentro un ordinamento complessivo simile a quello in vigore negli USA, oppure simile a quello francese, o, ancora, all' interno di una costruzione istituzionale del tutto diversa. ebbene, chi decide tutto ciò? qualora non si volesse affrontare con la necessaria serietà ed attenzione l' insieme di tali questioni, non si potrebbe dunque sfuggire all' impressione di trovarsi di fronte ad una proposta propagandistica e demagogica. se invece la proposta vuole essere seria, tale appunto da richiedere una profonda riorganizzazione dell' intero sistema istituzionale, appare del tutto improprio, per non dire impossibile, dare ad essa seguito attraverso un referendum popolare. il popolo, in realtà, non può decidere su una materia così complessa e delicata se non viene messo nelle condizioni di sapere dentro quale ordinamento complessivo viene collocata l' elezione diretta del Capo dello Stato , senza sapere quali sono i nuovi poteri del presidente così eletto e quindi, in rapporto a ciò, i poteri di tutte le altre istituzioni del nostro ordinamento; in sostanza senza essere messo nelle condizioni di votare per una Costituzione profondamente trasformata. appare dunque, evidente, solo che si voglia ragionare con un minimo di serenità, che il passaggio dall' attuale sistema ad un sistema presidenziale richiederebbe da parte dei cittadini italiani una scelta così delicata e complessa da non potersi esprimere attraverso un referendum propositivo , ma solo aprendo una nuova fase costituente. un referendum propositivo senza chiarezza sui caratteri complessivi del nuovo sistema costituirebbe una sorta di delega in bianco al potere politico , tutto il contrario del potere ai cittadini. ma nessuno ha presentato davanti a questo Parlamento una proposta organica e coerente di riforme istituzionali . per questo noi riteniamo che, e con la massima linearità, occorra, senza pregiudizi di parte, incominciare a discutere seriamente la possibilità di dare ai cittadini più potere, di dare ad essi la possibilità di decidere in modo più chiaro e diretto dei programmi e dei governi. bisogna uscire dall' immobilismo, bisogna mettere da parte la propaganda, e tutti dobbiamo farlo e pronunciarci chiaramente sull' obiettivo da raggiungere, sul criterio ispiratore fondamentale della riforma da attuare, il passaggio cioè ad un sistema fondato sulle alternative programmatiche di Governo, un sistema nel quale sia fisiologico il cambiamento nella gestione del potere. questa è la grande riforma necessaria. se tale obiettivo viene assunto con la lealtà e la coerenza necessarie, la discussione, il confronto, la scelta tra diverse possibili opinioni di carattere tecnico potranno essere produttivi, rapidi e non laceranti. a partire da questo obiettivo non ci sono ipotesi o idee che debbano essere escluse in via pregiudiziale. la sola condizione che dobbiamo porci è che siano chiaramente funzionali all' obiettivo e non abbiano il vizio della parzialità o dell' ambiguità; si tratti di idee di merito o di ipotesi di procedure, è essenziale, non tanto per noi quanto per il paese, che non rappresentino ulteriori tappe di destrutturazione. ormai il tempo delle azioni probabilmente è più che cominciato. il problema non è dimostrare che l' assetto tradizionale non regge più: questo è clamorosamente evidente. il problema è mettere in campo idee e proposte risolutive, costruttive, di un assetto nuovo. tutti pensiamo al dopo, ma nessuno indica per il dopo qualcosa di diverso. anche il ricorrente riferirsi ad una nuova interruzione della legislatura e ad elezioni anticipate appare insensato. alle elezioni si andrebbe perché non si può più andare avanti, ma per poter continuare dopo con lo stesso andazzo. il momento dell' appello al popolo, che dovrebbe essere risolutivo, diventa così l' alibi per sfuggire ad ogni scelta risolutiva. ma in tal modo si entra in una spirale sempre più stretta, in cui si alternano, in tempi sempre più rapidi, fasi di depressione e di euforia: una dinamica di tipo catastrofico che conduce inevitabilmente ad una rottura incontrollabile. giungo dunque, onorevoli colleghi , alla conclusione rispondendo alla domanda d' obbligo per chi si è assunto l' onore di presentare una mozione di sfiducia al Governo in carica . cosa vogliamo dopo questo Governo, una volta che esso abbia sgombrato il campo, andandosene? vogliamo un Governo che assuma nel proprio programma l' obiettivo della riforma del sistema politico , che orienti la sua stessa azione e il suo rapporto con il Parlamento su questa stella polare , che utilizzi il tempo disponibile di questa X legislatura per predisporre leggi elettorali nuove che consentano ai cittadini di andare, alle prossime scadenze elettorali, alle urne in modo da poter determinare con il loro voto i programmi e le maggioranze ai quali vogliono affidare il Governo. ciò a cominciare, dal prossimo anno, con le elezioni per i comuni, per le province e per le regioni e, successivamente, con le elezioni politiche . è un' idea ed una proposta semplice e precisa, fattibile e comprensibile, che disincaglia la situazione e dà impulso al rinnovamento. a metà giugno voteremo per il Parlamento europeo ; i temi e le scelte dell' Europa, a cominciare dai poteri che dovrà conquistare l' Assemblea di Strasburgo , saranno ovviamente al centro di questa consultazione. certo è però che l' Italia non può pensare di reggere il cimento dell' integrazione se non corregge la sua più grave anomalia — il regime di assoluto continuismo nella gestione del potere governativo — , se non è in grado di riformare un sistema politico che offre livelli di governabilità e di efficienza talmente bassi da rendere certa la nostra emarginazione dall' Europa stessa. per tutti questi motivi l' attuale maggioranza che si regge sulla formula del pentapartito, non riesce più a fornire una risposta coerente ai problemi di fondo che stanno dinanzi al paese. la vicenda dei ticket, che così ampia impressione ha suscitato nell' opinione pubblica del nostro paese, è la più eloquente testimonianza della fragilità di fondo dell' attuale coalizione, che proprio a causa della sua debolezza finisce per combinare prepotenza ed inefficienza. noi non attribuiamo tutto ciò all' incapacità di governare di un uomo, dell' attuale presidente del Consiglio , ma alla fine di una fase della vita politica del paese e alla necessità di passare il più rapidamente possibile dalla fase delle formule a quella delle alternative programmatiche. ma proprio perché la crisi non dipende dalla inadeguatezza di un singolo uomo bensì da tutto un sistema decrepito e inconcludente, né noi né il paese possiamo attendere che la risposta venga dall' ascesa o dal ritorno di un altro uomo politico . onorevole De Mita , ho letto con interesse la sua recente intervista da cui emerge la possibilità di un' ampia convergenza sulla necessità di fornire una risposta positiva al processo di democratizzazione avviato in Urss dalla politica innovatrice di Gorbaciov e di farlo insistendo, anche attraverso precise prese di posizione da parte occidentale in tema di disarmo, sulla possibilità di fornire un contributo positivo a quella difficile ma importante opera di riforma. ciò mi induce a sottolineare ancora una volta come, anche nel quadro di una fisiologica alternanza sulle questioni vitali della pace, del disarmo, della cooperazione internazionale, delle scelte di politica estera dell' Italia e dell' Europa, sia necessaria e possibile una convergenza più ampia, volta a determinare la massima unità possibile del popolo italiano attorno alle grandi questioni della collocazione e funzione internazionale dell' Italia. su tali questioni il nostro partito continua a considerare positiva ogni significativa convergenza tra tutte le forze politiche e democratiche, siano esse collocate al Governo o all' opposizione. nei recenti dibattiti svoltisi alla Camera ed al Senato, anche grazie alla capacità del partito comunista di promuovere un confronto costruttivo, si sono realizzate conclusioni largamente unitarie sul ruolo dell' Olp, sulla situazione in Medio Oriente e sui problemi del disarmo. sono fatti importanti che non cancellano tuttavia l' incapacità del Governo di esplorare la possibilità di evitare l' installazione degli f16 in Calabria, di fornire un adeguato contributo al ripensamento del modo di essere dell' alleanza, delle sue dottrine e delle sue strutture militari, per non parlare della mancanza di una posizione e di una azione incisiva sui nodi decisivi del rapporto tra nord e sud del mondo, da quello del debito a quello delle relazioni commerciali e delle ragioni di scambio. ma anche le divaricazioni tra gli orientamenti e gli atteggiamenti culturali aperti, interessanti, come quelli che abbiamo registrato nella recente intervista del presidente del Consiglio , e l' incisività; la coerenza dell' azione politica del Governo, al fine di inverare quei principi e quegli orientamenti, stanno a dimostrare che ormai c' è qualcosa di profondo che non funziona più. onorevoli colleghi , di questo occorre prendere atto senza continuare ad avvolgersi, come in un incubo da cui non si riesce ad uscire, nelle vecchie politiche. per questo chiediamo di votare la nostra mozione di sfiducia e chiediamo che si metta il popolo italiano nelle condizioni di andare alle urne con una nuova legge elettorale che consenta all' insieme del nostro sistema politico di passare dalla fase ormai inconcludente e decrepita delle formule a quella delle alternative programmatiche e che dia ai cittadini un potere in più: quello di poter decidere per davvero i programmi ed i governi.