Giulio ANDREOTTI - Ministro degli Affari Esteri Maggioranza
X Legislatura - Assemblea n. 297 - seduta del 03-05-1989
Sul riconoscimento della Palestina
1989 - Governo De Mita - Legislatura n. 10 - Seduta n. 297
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , gli interventi di ieri e le mozioni presentate confermano la costante attenzione della nostra opinione pubblica e delle forze che la rappresentano in Parlamento ai problemi del vicino Oriente. questa particolare sensibilità è accresciuta dalla consapevolezza che le vicende di quell' area interessano direttamente il nostro paese, così partecipe per storia e tradizioni, oltre che naturalmente per la sua posizione geografica, alla problematica mediterranea. le ripetute prese di posizione in questi ultimi anni dei due rami del Parlamento per una pace giusta e durevole del Medio Oriente sono state e sono di sprono all' azione di questo Governo, come di quelli che lo hanno preceduto, per sfruttare ogni spiraglio di apertura e di predisposizione al dialogo. stata sempre nostra costante preoccupazione cercare di far superare le contrapposizioni maniche e non accentuare l' incomunicabilità tra le parti, nello svolgimento di un ruolo non velleitario per il nostro paese e per l' Europa. confortante la constatazione che in quest' Aula, su una questione di così grande peso e di così spiccata incidenza anche emotiva, sia stata sempre conseguita una ragionevole posizione comune ispirata all' esigenza di restringere il solco che contrappone gli arabi agli israeliani. così, nella risoluzione approvata con un' ampia maggioranza dalla Commissione esteri qui alla Camera il 14 gennaio del 1988, quindi pochi giorni dopo l' inizio dell' intifada, le forze politiche rappresentate in questo Parlamento invitavano il Governo a proseguire nell' azione, sia bilaterale sia multilaterale, per individuare adeguate soluzioni negoziali. in quella stessa occasione la Commissione esteri, nell' esprimere la concreta solidarietà del popolo italiano per i gravi disagi dei palestinesi dei territori occupati , faceva riferimento alla convocazione di una conferenza internazionale con la partecipazione di tutte le parti interessate, compresi i legittimi rappresentanti del popolo palestinese, quale quadro per una soluzione giusta. il Governo, nel perseguire una linea nella quale si riconoscono i paesi della comunità europea, ha agito nella consapevolezza di un consenso che ha coinvolto non soltanto la maggioranza, ma anche larghissimi settori di altre forze politiche . nella risoluzione del 19 maggio dello scorso anno l' Assemblea della Camera, nell' approvare la condotta dell' Esecutivo, lo invitava ad assumere, anche in sede di Comunità Europea (cito testualmente) « ogni iniziativa politica e diplomatica atta ad arginare il deterioramento di una situazione giustamente definita non più tollerabile » . i problemi davanti a noi hanno una lunga storia e sarei tentato di dire che nessun contrasto regionale nella storia recente ha avuto come quello del Medio Oriente un carattere così drammaticamente radicale. ciò che è in gioco in quell' area non è questo o quell' interesse, bensì la coesistenza stessa dei due principali protagonisti. sono in gioco due diritti e, come spesso nella storia, la tragedia nasce dallo scontro di due diritti. se ognuna delle due parti deve contribuire alla pace, nessuna delle due può, ignorando l' altra, assumere soltanto su di sé l' onere di realizzarla. questo spiega perché, in una fase internazionale nella quale sembrano quasi spegnersi, e certo si attenuano, molti dei focolari di crisi lasciatici in eredità dai precedenti decenni, il contrasto arabo-israeliano, al contrario, rimane acutissimo. il confronto, in questa fase, si pone tra la sicurezza da un lato e l' autodeterminazione dall' altro. esso tocca anche noi da vicino, perché coinvolge i valori fondamentali della tolleranza, della libertà e dell' indipendenza, che sono valori di quella civiltà europea che anche arabi ed ebrei hanno contribuito a formare; valori che hanno maggiore difficoltà ad affermarsi in uno spazio nel quale il ricordo di quattro guerre combattute in quarant' anni rafforza il senso ancestrale dell' insicurezza, generando nuove paure. mi torna in mente a tale proposito quanto è stato detto, proprio la settimana scorsa, nell' interessante convegno organizzato nell' Auletta di Montecitorio dal gruppo interparlamentare di lavoro per la pace: « la paura — cito testualmente — non è un sentimento volgare, quando ha per oggetto la sopravvivenza di un popolo, di uno Stato, e quando ha ad alimentarla innumerevoli prove subite nel passato. allora non è il contrario del coraggio, piuttosto è il sinonimo di una disperazione storica che non riesce a pensare Israele fuori di un ambiente ostile, e dunque lo pensa come capace di sopravvivere solo grazie ad una propria inflessibile volontà » . la storia europea di questo dopoguerra ci insegna quanto possano pesare negativamente nei rapporti tra gli Stati le questioni della sicurezza, soprattutto quando la sicurezza passa attraverso il riconoscimento reciproco delle frontiere. l' atto finale di Helsinki è stato il punto di arrivo di un lungo lavoro diplomatico e, al tempo stesso , il punto di partenza per l' instaurazione sul nostro continente di un diverso clima di cooperazione politica, umanitaria ed economica, i cui orizzonti vanno sempre più allargandosi. ma in Medio Oriente siamo ancora lontani dal creare le stesse condizioni di fatto che sono il presupposto non soltanto per lo sviluppo dell' indispensabile cooperazione tra popoli diversi ma anche per una formale codificazione della sicurezza. si possono avanzare molte ipotesi sui futuri assetti politici e territoriali, ma non possiamo in alcun modo aggirare i nodi rappresentati, da un lato, dal diritto all' autodeterminazione del popolo palestinese e, dall' altro, dal diritto alla sicurezza per Israele, tenendo presente che ambedue passano attraverso un reciproco riconoscimento esente da ogni ambiguità. Israele ha a lungo ritenuto che il problema palestinese potesse perdere consistenza col passar del tempo per effetto della presenza di una più vasta nazione araba, nella quale l' identità palestinese avrebbe finito col dissolversi. in realtà, proprio di conflitto in conflitto, a partire dalla spartizione della Palestina, sancita nel novembre del 1947 dall' Assemblea generale dell' Onu con la risoluzione 181, l' identità nazionale dei palestinesi si è venuta rafforzando: l' intifada ne rappresenta l' ultima e più drammatica espressione. gli arabi, dal canto loro, hanno tardato ad accettare l' esistenza di Israele come presenza storica irreversibile. avevano, anzi, risposto con la guerra all' appello con il quale Ben Gurion , al momento della proclamazione dello Stato d' Israele, li invitava a salvaguardare la pace nella regione e a concorrere insieme al suo sviluppo. così Israele era stata costretta a garantirsi dai continui attacchi, divenendo uno Stato con fortissimo potenziale difensivo. il paziente lavoro diplomatico, di cui il governo italiano è partecipe, è rivolto a far cadere le pregiudiziali negative sulla via del reciproco riconoscimento. e ciò attraverso una politica sempre ancorata ai fatti che ha saputo cogliere talvolta un po' prima degli altri che le vie apparentemente impraticabili diventano le scelte più ovvie domani. vorrei aggiungere che, proprio per il realismo che la ispira, questa politica non è mai caduta nel velleitarismo, consapevoli come siamo che in politica come per i fenomeni della natura non è consentito compiere salti. elemento di questa nostra strategia è il rapporto con l' Olp, nel quadro di una diplomazia flessibile, più spesso informale, pronta ad utilizzare ogni occasione di pressione e di convincimento che accorci la distanza che tuttora separa le due parti. noi siamo convinti, e desidero ribadirlo con la massima chiarezza, che l' Olp costituisce la forza politicamente più rappresentativa del popolo palestinese . siamo convinti, altresì, che non è possibile riconoscere il diritto del popolo palestinese all' autodeterminazione ignorando al tempo stesso la rappresentatività di quell' Organizzazione. e proprio con queste convinzioni che ci siamo battuti contro l' ostracismo arabo al riconoscimento di Israele, consapevoli, come siamo, che questa nostra battaglia è credibile soltanto se continueremo ad insistere con Israele per indurla ad accettare la rappresentatività dell' Olp. il nostro progressivo riconoscimento del ruolo dell' Olp ha avuto, quindi, da un lato, il significato della presa d' atto di una realtà incontestabile e, dall' altro, di una sollecitazione politica ad andare oltre questa stessa realtà sul cammino della pace, abbandonando la vecchia logica della negazione e delle proposizioni oltranziste. abbiamo visto e continuiamo a vedere negli sforzi in questa direzione un modo anche per far crescere il ruolo di Israele come interlocutore di pace. gli avvenimenti di questi ultimi mesi ci danno ragione. nell' intervento al Senato della settimana scorsa ho avuto modo di ricordare come la drammatica situazione dei territori occupati , scandita da una tragica e quasi quotidiana sequenza di vittime, abbia consentito e, forse, anche favorito, posizioni di maggiore equilibrio nella ricerca del dialogo tra i protagonisti principali del dramma mediorientale. la scelta moderata operata dal Consiglio nazionale palestinese di Algeri con le decisioni del 15 novembre del 1988, cui è seguito l' intervento del presidente Arafat davanti all' Assemblea generale dell' Onu a Ginevra, ha rimosso una delle preclusioni al dialogo. il Consiglio nazionale , oltre a proclamare la costituzione dello Stato palestinese , ha accettato le risoluzioni 242 e 338 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite , riconoscendo, attraverso di esse, il diritto all' esistenza ed alla sicurezza di Israele ed ha rinunciato al terrorismo come strumento di lotta per l' affermazione dei diritti del popolo palestinese . mi pare lecito, a proposito di questa svolta, evocare il contributo recato dall' Europa e dall' Italia, attraverso una paziente opera di mediazione e di persuasione, col solo intento di favorire la reciproca comprensione e senza mai perdere l' ancoraggio a quei principi universali che ispirano la nostra azione in questa come in altre aree del mondo. la giustizia internazionale, come ebbe a scrivere Calamandrei, « va angosciosamente in cerca — cito testualmente — di una pacificazione più vasta: vuole aprire ai popoli un filo di speranza in una autorità più alta degli Stati. le leggi non scritte nei codici dei Re, alle quali obbediva Antigone, le leggi dell' umanità che furono fino a ieri una frase di stile relegata nei preamboli delle convenzioni internazionali, queste leggi hanno cominciato ad affermarsi come vere leggi sanzionate: l' umanità da vaga espressione retorica ha dato segno di voler diventare un ordinamento giuridico » . il diritto, dunque, come garante del vivere civile, in contrapposizione alla forza! siamo consapevoli della prova che, sul piano umano, pesa da vari decenni sulla popolazione palestinese e del contributo che essa paga quotidianamente con l' intifada, in termini non soltanto di vite umane ma anche di paralisi delle normali attività in vari settori. in gran parte dei territori occupati università e scuole sono chiuse: dobbiamo quindi interrogarci con molta preoccupazione sulle conseguenze, non soltanto immediate, che la mancata istruzione dei giovani avrà sul futuro di un intero popolo e di un' intera regione. proprio questa mancanza di « investimento » sulla gioventù e la coscienza dei danni forse irreparabili che da essa scaturisce rendono ancora più urgente la ripresa del dialogo, quale condizione per il ripristino di condizioni di normalità. ma perché il dialogo riprenda e si irrobustisca, e così pure si irrobustisca il sostegno della comunità internazionale , è anche opportuno che l' Olp resista ad ogni eventuale tentazione di ricaduta nel radicalismo e ribadisca, con le parole e con i fatti, la netta condanna del terrorismo. questa condizione è stata più volte ricordata dall' Italia ai suoi rappresentanti. certo, la migliore garanzia nel senso della irreversibilità di una scelta moderata sta nel raggiungimento di risultati concreti. di qui nasce l' urgenza che l' Olp intende imprimere alla ricerca di una soluzione. un altro importante passo avanti, che rafforza le prospettive di pace, è stato compiuto dall' avvio di un dialogo con gli USA che finora lo avevano rifiutato invocando, fra l' altro, le ambiguità dell' Olp sul riconoscimento di Israele e sulla rinuncia al terrorismo. osservo inoltre che la più vasta e la più influente delle diaspore, quella, appunto, americana, non ha affatto evitato i contatti con l' Olp, ed anche questo ha reso più agevole la decisione di Washington. perché il cerchio si chiuda è necessario ora un movimento di Israele verso i palestinesi, per accettare una verità finora negata. come abbiamo detto nel corso della recente visita del presidente De Mita e mia in Israele, occorre avere il coraggio delle decisioni difficili e comprendere finalmente che le legittime aspirazioni di Israele alla sicurezza possono essere garantite non da una logorante repressione armata, ma soltanto in un quadro di solidarietà internazionale, cui l' Italia è pronta a dare tutto il proprio apporto. l' uso quotidiano della forza, l' occupazione del territorio, sono invece un falso idolo, il vitello d' oro cui si sacrifica in nome di un senso della sicurezza malamente inteso. credo che nella società e nelle forze politiche israeliane crescano gli operatori di pace. lo abbiamo potuto constatare nei nostri colloqui. Israele sembra consapevole del particolare valore di questo momento internazionale e, sopratutto, della insostenibilità dello status quo e della impossibilità di sottrarsi ad una risposta politica, quindi negoziata, secondo l' ammonimento del presidente Bush ad « impegnarsi in un serio dialogo con i palestinesi, affrontando la questione dei loro diritti politici » . la stessa proposta israeliana di elezioni nei territori occupati , pur con le riserve che essa suscita, costituisce il riconoscimento di una realtà. purché la proposta non si risolva in una mera riedizione di Camp David , riteniamo che valga la pena di esplorarne le capacità di spinta al processo di riconciliazione che solo può condurre alla civile coesistenza dei due popoli. naturalmente è necessario che le proposte del Primo Ministro Shamir si accompagnino ad adeguate garanzie. mi sembra che tali garanzie si pongano su un duplice piano: bisognerà anzitutto fare in modo che le elezioni siano libere e, in secondo luogo, che esse non siano fini a se stesse , bensì strumentali ad un obiettivo più vasto. in campo arabo le prime reazioni alle proposte di Shamir sono state di distacco se non di ostilità. tuttavia, l' esperienza ci insegna che forse è meglio non lasciarsi scoraggiare dalle prime reazioni ed attendere che da una più compiuta elaborazione delle idee emergano margini di negoziato. ci pare, dunque, che l' ipotesi elettorale, pur con le riserve indicate, vada approfondita: così ci siamo espressi con i palestinesi dei territori occupati e continueremo ad esprimerci negli incontri futuri. questo messaggio abbiamo mandato ai dirigenti dell' Olp a Tunisi tramite il loro attivo rappresentante a Roma. del resto l' Olp non respinge il principio delle libere elezioni nei territori, ma richiede il preventivo ritiro delle forze di occupazione e la garanzia del controllo internazionale. rinnoviamo, pertanto, l' esortazione a non opporre alla proposta rifiuti aprioristici prima di effettuare una valutazione approfondita delle prospettive che essa può presentare e a chiedere e negoziare piuttosto tutte le garanzie e le condizioni che la rendano accettabile e produttiva. ad Israele chiediamo di dimostrare, nell' ulteriore approfondimento di queste proposte, il massimo spirito di apertura; e mi piace a questo proposito ricordare le parole pronunciate dal Primo Ministro Begin il 20 novembre 1977 in occasione della storica visita del presidente Sadat in Israele: « non dite che vi sarà qualcosa che non sarà negoziabile. io propongo, » — disse Begin — « a nome della maggioranza di questo Parlamento, che tutto possa diventare negoziabile. colui che dice che, nelle relazioni tra il popolo arabo o i popoli arabi e lo Stato di Israele , vi sono cose che occorre escludere dal negoziato, colui che fa una simile affermazione assume una responsabilità enorme, poiché tutto può essere negoziato » . ed era Begin! signor presidente , onorevoli colleghi , occorre che i governi e le forze politiche contribuiscano a fare uscire i due popoli dalla paura, dalla repressione, da tanta inesausta avversione. il ruolo dei paesi amici non è né insignificante né ininfluente, come ha dimostrato l' azione da essi sin qui svolta. anche qui pianificare il futuro significa imparare dal passato. ora, proprio in relazione ai più recenti avvenimenti, di fronte alla conquista da parte dell' Olp di una legittimità e di una rappresentatività che in modo crescente le vengono riconosciute; di fronte, ancora, alla proclamazione dello Stato palestinese , si impone in questo, come già in altri passaggi decisivi della crisi mediorientale, una verifica della nostra politica. quella di oggi mi sembra un' occasione significativa. la proclamazione dello Stato palestinese , alla quale le mozioni presentate dagli onorevoli colleghi si riferiscono, ha conferito una veste anche formale alle aspirazioni nazionali del popolo palestinese . qui sta il valore ideale, il significato essenzialmente politico di quell' annuncio. la ricerca di una soluzione per il problema che abbiamo davanti a noi può avanzare nella misura in cui tutti i diversi elementi della complessa equazione progrediscano simultaneamente. se tra questi elementi c' è il diritto del popolo palestinese all' autodeterminazione e ad avere uno Stato, vi è parallelamente il diritto di Israele a vivere entro frontiere sicure, riconosciute e internazionalmente garantite. se poi da parte nostra si intendesse privilegiare soltanto uno di questi aspetti, allora correremmo il rischio di smontare il delicato meccanismo ad incastro su cui riposa ogni ipotesi di soluzione negoziata e globale. la conseguenza non sarebbe quella di incoraggiare le parti al dialogo diretto e all' intesa, com' è nostro desiderio, ma piuttosto quella di provocare l' irrigidimento della parte che ritenesse di sentire trascurate le proprie esigenze. crediamo, invece, che in questa fase, che potremmo definire prenegoziale, debba essere compiuto ogni sforzo per creare le condizioni più idonee per una migliore comprensione delle posizioni reciproche e per una diminuzione del livello di conflittualità. la distanza tra le parti è, purtroppo, ancora troppo grande per tentare di forzare il passo. il compito immediato che ci attende è di costruire, assieme agli altri paesi della comunità europea, quel minimo di fiducia fra le parti che è il prerequisito indispensabile di ogni avvio negoziale. per questi motivi, insieme con altri governi della Comunità Europea , ci siamo battuti soprattutto affinché si eviti che la situazione nei territori occupati si deteriori ulteriormente e affinché vengano invece ristabilite condizioni normali di vita e di sicurezza, senza le quali ogni dialogo, ed a maggior ragione ogni trattativa diretta tra le parti in conflitto, sembrano difficilmente ipotizzabili. la scelta moderata ha conferito all' Olp una nuova statura internazionale ed un nuovo prestigio. molti paesi, che finora se ne erano astenuti, hanno avviato contatti a livello politico con i rappresentanti dell' Organizzazione. l' Italia, come ho già detto, da tempo intratteneva tali contatti, che si sono sempre rivelati utili e fecondi di risultati, per incoraggiare proprio quella linea politica che ora consente anche ad altri di partecipare a loro volta al dialogo. lo stesso svolgimento delle elezioni proposte dal governo israeliano potrebbe comportare — ed è questo uno degli aspetti che ci paiono più interessanti — l' indiretto inserimento dell' Olp nel negoziato, essendo più che verosimile che i rappresentanti palestinesi eletti si riconoscerebbero in quell' Organizzazione. l' Italia, ispirata dal realismo che l' ha guidata finora, deve tenere conto di tale evoluzione attraverso un adeguamento dei suoi rapporti con l' Olp. mi sembra, a questo proposito, che si potrebbe, analogamente a quanto ha già fatto la Francia, conferire all' ufficio informazione dell' Olp in Italia lo status di delegazione generale; che meglio sottolinea il valore politico della sua posizione nell' attuale contesto internazionale. vi è un passo dell' indirizzo di saluto rivoltoci dal presidente dell' Unione mondiale degli ebrei arabi, Leon Tamman l' altra settimana a Tel Aviv , che mi sembra qui opportuno citare. egli ci ha detto: « io so che voi siete sinceri nel vostro desiderio di mediare ed anche ansiosi come lo siamo noi tutti per una soluzione del problema palestinese. il problema dei profughi palestinesi, che gli strumenti di informazione internazionali hanno sempre messo in risalto in questi anni, è parallelo al dramma dei profughi ebrei, dramma riguardante un milione di pacifici ebrei che vivevano nei paesi arabi, costretti ad abbandonare le terre di origine, ma che questi stessi mezzi di informazione, in alcuni casi volutamente, continuano ad ignorare » . in questa frase c' è il dramma del Medio Oriente , un dramma che riguarda tutti gli abitanti di quell' area, così carica di conflitti, di lutti e di incomprensioni. ecco perché, nel momento in cui riconosciamo il valore essenzialmente politico della proclamazione dello Stato palestinese e, attraverso questa constatazione, attribuiamo alla rappresentanza dell' Olp nel nostro paese una posizione più responsabile, sembra doveroso rivolgere un appello alle parti affinché, facendo cessare conflitti, lutti ed incomprensioni, colgano occasioni che non sempre la storia ripropone ed accettino, fino in fondo, la logica del dialogo e del negoziato, alla ricerca di un assetto giusto e durevole, atteso non solo dai popoli della regione, ma dall' intera comunità internazionale . ad Israele vorrei ricordare che, in un momento in cui cadono le barriere dell' incomprensione in tante parti del globo e si constatano i limiti della forza militare (talvolta dopo logoranti confrontazioni), l' occupazione non può continuare indefinitamente se non al prezzo della negazione dei principi stessi istitutivi di quello Stato, che in modo così decisivo ha contribuito a porre alle spalle dell' umanità le tragedie della seconda guerra mondiale . Israele ha invece i mezzi e la vocazione per concorrere all' avvio di una storia del Medio Oriente , ancora tutta da compiersi, dove il sentimento nazionale e quello di una solidarietà universale spingano alla riconciliazione dell' intera regione e, quindi, allo sviluppo di nuove forme di cooperazione. come è stato notato ieri, il dramma palestinese non è il solo in Medio Oriente , anche se esso rende ancora più difficile la soluzione di altre crisi, come quella libanese. questa vede cristiani e musulmani coinvolti in uno scontro a fuoco che semina ogni giorno vittime innocenti; fra esse l' ambasciatore di Spagna, caduto nella missione di rappresentante anche della Presidenza comunitaria, in qualche modo simbolo della precaria condizione nella quale operano tutti i diplomatici in quel paese. il tragico nodo libanese può essere sciolto soltanto da un compromesso tra le parti sorretto dall' esterno e, in primo luogo, dal mondo arabo . per parte nostra abbiamo svolto una serie di azioni, sia bilateralmente che nel contesto dei Dodici, per superare i due scogli principali della crisi: l' elezione del nuovo presidente, dopo la scadenza nel settembre scorso del mandato di Gemayel, e le riforme istituzionali che tengano adeguatamente conto degli equilibri all' interno della comunità libanese. il comitato dei ministri della Lega araba ha convenuto con le parti un cessate-il-fuoco, garantito dalla presenza di osservatori, che per altro di fatto finora non ha interrotto le ostilità, anche se nessuna delle parti lo rinnega. non possiamo che sostenere questa mediazione ed affidare ad essa le tenui speranze di una tregua che ponga fine allo spargimento di sangue e consenta di affrontare anche i problemi di sostanza del dramma libanese. signor presidente , esprimo anzitutto la grande soddisfazione del Governo per l' ampia convergenza registrata in occasione della stesura di una risoluzione unitaria, quale appunto la risoluzione Sarti numero 6-00081, sottoscritta da quasi tutti i gruppi parlamentari , che certamente incoraggia nel perseguire ogni possibile azione utile per far sì che quanto viene auspicato possa realizzarsi. credo inoltre che essa interpreti il senso di equilibrio e, nello stesso tempo, la passione con i quali ci muoviamo nella difficile problematica del Medio Oriente . per quel che riguarda la risoluzione numero 6-00080, presentata dagli onorevoli La Valle ed altri, osservo che essa tratta di un problema specifico, e cioè del tema che ha formato oggetto, la settimana scorsa, di un convegno che si è svolto nell' Auletta dei gruppi di palazzo Montecitorio. in questo convegno, che ha visto una significativa partecipazione internazionale, compresi qualificati esponenti israeliani e palestinesi, è stata formalmente ipotizzata per la prima volta una soluzione che, certamente, può apparire avveniristica e piena di difficoltà. tuttavia, in una tematica nella quale finora non sono apparse soluzioni possibili e praticabili, credo che aver messo in luce l' idea che sia la Comunità Europea a fornire un ponte attraverso il quale possano trovare denominatori comuni sia i palestinesi sia gli israeliani sia un fatto pieno di significato positivo. è chiaro che noi non possiamo disporre da soli della Comunità Europea , ma ci renderemo interpreti di questa necessità con una convinzione particolare. ad ogni modo il significato sia del convegno sia di questa risoluzione, che il Governo ritiene di accettare e che si augura venga approvata da tutti i gruppi (come in verità può sempre accadere per tutto ciò che riguarda la Comunità), rappresenta un elemento di forza per la politica italiana . per quel che riguarda la mozione Calderisi numero 1-00280, per le ragioni per le quali ho espresso parere favorevole sulla risoluzione firmata da quasi tutti i gruppi, esprimo su di essa parere contrario.