Marco PANNELLA - Deputato Opposizione
X Legislatura - Assemblea n. 15 - seduta del 12-09-1987
Sulla situazione del Golfo Persico
1987 - Governo VI Andreotti - Legislatura n. 10 - Seduta n. 596
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , quel che lei viene ad annunciarci a proposito di Piga ci fa subito entrare culturalmente nel clima giusto. sappiamo tutti che, come un buon 60-80 per cento dei generali di regime, di cultura partitocratica, non partitica e democratica, Piga si è dimesso per ritornare (visto che le elezioni sono andate male e che il nuovo Governo non lo ha incluso tra i ministri) alle posizioni che lo interessano, cioè quelle della Consob, malgrado la legge imponga che alla Consob non si possa, se non dopo un anno da quando si è cessato di essere ministro, rioccupare certi posti di responsabilità. troverete un sistema perché ciò possa legittimamente accadere, così come con il predecessore del ministro Zanone si trovarono sistemi in abbondanza per giustificare i passaggi dei massimi esponenti del nostro stato maggiore a dirigenti di istituzioni pubbliche (di questo in effetti si tratta), di industrie, di Stato e no, delle quali poi parliamo oggi, delle quali in modo così puntuale, minuzioso e, se mi consentite, con tanta testimonianza di cultura di Governo ha fatto l' analisi poco fa Andreis e la stanno facendo molti dei nostri amici e colleghi Verdi, della sinistra indipendente e del gruppo federalista europeo. nel momento in cui una iniziativa di notevole gravità sta per essere presa, è necessario comprendere se essa è assunta dal nostro Governo come un fare o non è la conseguenza culturale e politica di una situazione pregressa, creatasi lentamente; se cioè, signor ministro della Difesa , andiamo lì per fare o andiamo lì perché siamo « fatti » , « cotti » , nelle nostre capacità di direzione di politica estera , di invenzione e creazione, anche, di sicurezza e di politica della sicurezza. certo che se noi dovessimo discutere all' infinito se otteniamo in questo modo, o no, di dare più unità all' Europa, più unità all' Occidente, più unità con l' alleato americano, più sostegno, perfino indiretto (fino a martedì, si è detto anche questo) al segretario generale dell' Onu, il quale avrebbe, adesso, nelle trattative anche la possibilità di minacciare che, se va male, arriviamo pure noi ( « arrivano i nostri » , « mamma li turchi! » , e gli iraniani si spaventano...), sarebbe, devo dire, è una strana legge del contrappasso ! in fondo, con gli amici liberali spesso ci sono così poche differenze che essi debbono sforzarsi per trovarle. in genere, la differenza è stata trovata sul piano dello stile: gli amici liberali hanno uno stile compassato e noi ne abbiamo uno esagitato; noi facciamo gli show, gli amici liberali; invece, sono già pronti per entrare nella galleria delle foto, dei busti, dei volti. invece, proprio oggi viene da Teheran al Governo, che in questo momento è rappresentato dal ministro della Difesa Zanone, l' accusa di essere un pannelliano, di fare gli show politici, di fare, con questa storia dei quattro, cinque, sei, sette pezzi di Italia naviganti che entreranno nel Golfo, di fare, appunto, spettacolo, perché pare che di questo si tratti. certo, noi poi facciamo (questa mattina no, ma ci sono io!) pornoshow, invece che show eleganti, ma, come vede, le cose si avvicinano. in realtà, se dobbiamo vedere quel che si annuncia nel Golfo, dove navigheranno decine, a bizzeffe le navi da guerra per proteggere la pace, le cacciamine (che poi però sono dragamine), con tutte queste belle cose, io dico che probabilmente qualcuno ha anche trovato il modo di far fare quello che noi criticammo, per esempio, essere stato fatto a Mogadiscio. in quella occasione avevamo, da una parte (come c' è), il fallimento del regime somalo, i suoi debiti tremendi nei nostri confronti, e, avendo noi un paio di fantastiche navi da piazzare, navi bellissime, ultramoderne, tecnologicamente avanzatissime, ma costosissime, e non trovando altrove acquirenti, gli abbiamo fatto fare la parata a Mogadiscio, con il ministro della Difesa e forse il presidente del Consiglio , (non mi pare il ministro degli Esteri ), che assistevano e mostravano a Sijad Barre come erano belle quelle navi! è noto, infatti, che il 60, 70 per cento (ma molto di più per quel che ci riguarda), delle armi che produciamo, riusciamo ad imporlo alle classi dirigenti dei paesi del terzo mondo , la cui situazione debitoria, probabilmente per questo, è quella che è; lo sfascio è quello che è; le classi dirigenti sono veramente una vergogna. l' onorevole Craxi non è presente, ma lei onorevole Andreotti, nella sua qualità di ministro degli Esteri anche dei precedenti governi (vedo anche il sottosegretario Raffaelli), ricorderà che abbiamo dato molti aiuti militari alla Somalia: le abbiamo dato, una volta, 100 miliardi per la fame nel mondo (era l' equivalente di quello che doveva alle nostre industrie militari); ma quando si chiede a Sijad Barre di fare il processo dei cinque uomini politici che ha arrestato da sei anni e che non processa, a questi si impegna con il presidente del Consiglio , con il sottosegretario agli Esteri (e, credo, con il ministro degli Affari esteri ), si impegna, dicevo, solennemente a che cosa? scarcerarli forse? no! processarli e non li processa ancora dopo tre anni, e nessuno gli dice nulla! perché? per che cosa questo feroce e stupido dittatore ci importa, perché continuiamo ad aiutarlo? perché, se non perché, appunto, in realtà le nostre politiche e della difesa e estera, checché facciano i ministri degli Esteri e della Difesa, in realtà, poi sono fatte dalle strutture, sono fatte dalle realtà che si stanno determinando, sempre più forti? si è il quarto o il quinto paese produttore ed esportatore di armi, ma le armi servono a che cosa? vivaddio, al Senato, il ministro degli Esteri , interrompendo qualcuno, l' ha anche detto: « ma le armi servono per essere usate » . certo, la risposta dell' oratore che è stato interrotto è stata: « sì, sì, va bene , ma alcuni le usano per non usarle, le usano per la pace » . io ricordo vecchi dibattiti — pensate un po' — di inizio del secolo: ora non abbiamo più solo i « bastimenti che partono per terre assai lontane » (è un revival della nostra storia, ma quella era carne non da cannone, quella era carne da industria, da esportazione), ma abbiamo, invece, comunque, un « bel suolo d' amore » , in qualche misura, che dobbiamo andare a difendere. non è la Libia, non è adesso più il Libano, dobbiamo andare lì: è un amore nero, un amore petrolifero, un amore commerciale, quello che volete, ma comunque dobbiamo andare. andare a fare che cosa? ecco, io, francamente, ministro della Difesa e ministro degli Esteri , non riesco ad accanirmi molto in questa storia, cioè non mi pare che sia tale da potere essa giustificare, come dire, una sollevazione pacifista. credo che, in realtà, l' epifenomeno sia un effetto; siamo « fatti » da questa storia e tutti ci auguriamo che non sia gravissima. ma quello che è grave è la solitudine degli Andreis, se mi consentite, dei Cicciomessere, dei Rutelli, la solitudine di quei parlamentari, che, nel 1977, 1978, 1979, 1980, 1981, vi hanno interpellato, la solitudine dei ragazzi, affermatori di coscienza, che, con queste motivazioni, sono andati in galera e ci vanno, la solitudine dell' IRDISP, la solitudine degli istituti, che, in realtà, costantemente fanno opera che dovrebbe essere di Governo (comprendere come si governi un settore e quali siano gli eventi che questo settore, mal governato o governato in un certo modo, può provocare nel mondo). certo, personalmente devo anche dire questo: che, nel momento in cui la prima nazione europea ha deciso di andare lì, forse con un tantino di malizia ho detto che, se si va lì, ci si va, poi, per chi tira. se tira l' Iran, come dicono, sarà l' Iran, ma, se tira l' Iraq, a questo punto, sappiamo chi è che vuole internazionalizzare il conflitto, chi ha questo interesse. e beh, si muoverà. ho reagito da federalista europeo, forse con un tantino, con un eccesso forse di malizia, di tattica: ho detto si chieda immediatamente la cooperazione politica, la riunione, ancorché in agosto, del Consiglio dei ministri della Cee, in sede di cooperazione politica, ponendo lì il problema di alcune presenze con bandiera europea. certo, avremmo avuto dei no, ma credo che nella diplomazia, ma anche nella politica internazionale , a volte il no sia la premessa del sì di domani. dimostrare che si crede all' Europa. dimostrare, dinanzi alla prospettiva illusoria del 1992, della libertà di circolazione interna, di tutte le cose previste dall' atto unico , che ci promette, in realtà, una gestione, una realtà ciecamente antidemocratica dell' Europa, aumentando il quantum di Europa e non la qualità e la sua forza, sicché, a fronte di maggiori oneri e maggiori funzioni europee, avremo sempre un Parlamento europeo che non esiste, inadeguato nelle sue possibilità di controllo, di costituzione degli USA d' Europa, dell' Unione Europea . quando leggo sul Il Corriere della Sera dell' eurottimismo di un nostro collega deputato europeo — credo che sia liberale — in cui si sottolinea che l' Europa va bene , che in realtà l' « europa-pessimismo » è una stupidaggine, penso invece a quanto costi la mancanza d' Europa a livello tecnologico, a livello morale, a livello culturale, a livello militare, a qualsiasi livello, quanto costi questa mancanza d' Europa politica! noi andiamo lì, per determinati scopi, si può leggere sul Il Corriere della Sera , in base a quanto scrive questo nuovo vate dell' organo declinante di via Solferino ... si badi, non è l' interventismo di Albertini, non ne ha nemmeno la dignità, il suono, non ne ha il rigore!... si dice: « almeno nel Golfo, siccome ci saranno molti europei, di fatto avremo, anche se non coordinata, l' Europa » . no! avremo l' Europa di ieri e l' Europa sconfitta che si ripresenterà lì dentro, nel caos; saremo lì ciascuno a far vetrina, per far vedere a iraniani, a iracheni e a kuwaitiani quali sono le navi più belle da comprare: se le nostre o quelle olandesi o quelle francesi o quelle inglesi. questo è il senso del caos, della « pantalonata » del Golfo che noi andiamo a fare. certo, io capisco, di nuovo riaffiorano vecchie polemiche — vecchie di quanto? settant' anni — da parte di laici trogloditi nei confronti di cattolici che vogliono trogloditi o che lo sono. vecchie polemiche che sembrano essere quelle fatte prima del 1914 tra una sinistra al di fuori dello Stato, pacifista, l' interventismo delle classi liberali, « salandrine » eccetera, la solitudine rassegnata ed un po' cinica di Giolitti ed in quest' Aula, ancora perlomeno due anni prima, il pacifista Murri a rappresentare il gruppo radicale. Romolo Murri in quel momento... poi ci furono le conversioni, ed esse vennero dal direttore dell' Avanti! , vennero anche da Romolo Murri e poi da altri. ma è comunque storia vecchia: il cattolico privo del senso dello Stato e della patria ed i laici, invece, dalle grandi tradizioni risorgimentali liberali, repubblicane e — perché no? — radicali. contrariamente a quel che dice, infatti, il nostro amico Spadolini, il più vecchio dei partiti è quello radicale, non è il repubblicano, più vecchio di tre anni, ma più vecchio. a questo punto vediamo in connubio, puntualmente, come nel periodo del rapimento e del sequestro del magistrato D'Urso , Montanelli e Scalfari. Montanelli e Scalfari assieme dicevano che era necessario quel martire. guai se fosse stato liberato! lo Stato avrebbe dovuto intervenire soltanto per accelerare lo scontro con i brigatisti... e poi, quelli erano i brigatisti di Senzani, che erano molto più Stato di Gelli e della P2. è per questo che il processo Cirillo non si fa, è per questo che non si fanno tante altre cose. ed ancora, come lo scorso anno , come a Porto Azzurro . a Porto Azzurro , anche lì, bisognava intervenire. e adesso — leggevo Cangini — gloria è (gloria laica, gloria liberale, gloria risorgimentale) intervenire nel Golfo! noi, da non violenti (non da pacifisti), siamo « falchi » , siamo aggressivi, pur se non violenti . la caratteristica del non violento è appunto quella di non poter aspettare le condizioni oggettive della guerra o le condizioni oggettive della rivoluzione per porre in essere la propria iniziativa! il non violento è inquinato dalla propria violenza, dalla violenza degli ordinamenti sociali, dalla violenza di certe situazioni, come quella cui ci riferiamo. deve, quindi, agire, prevenire. saremmo stati lieti se l' Italia avesse assunto un' iniziativa per dimostrare la gravità della carenza d' Europa, per magari andare in minoranza. andare in minoranza per una volta, due, tre (e non certo per il gusto di essere in minoranza), negli organismi comunitari, accendendo per altro finalmente la luce della ragione, dell' avvenire, della necessità della Comunità, attraverso l' illustrazione alla pubblica opinione del carattere ciecamente conservatore e, anche a livello nazionale , masochistico di determinati riflessi nazionali, in termini di sicurezza, in termini di difesa, in termini di lotta di civiltà ed ideale. invece lasciamo andare, ma questo lo capisco. mi spiace che non sia oggi presente il ministro del Commercio con l' Estero , anche se il Governo è perfettamente rappresentato. perché dico questo? ho appreso che il capo di Stato maggiore ha risposto da New York ad una telefonata di La Repubblica dicendo: avevo già pronto, per quando andavo in pensione, il posto in un' industria militare. non avrà certamente detto: mi danno un « fottio » di soldi, comunque ha proseguito affermando: mi hanno offerto invece un collegio. scusi, quel collegio, Mafai, è sicuro? quindi mentre il capo di Stato maggiore è a New York si preoccupa di queste cose. in fondo, in questo modo non si fanno solo i senatori o i deputati, si fanno anche i presidenti delle corti costituzionali. il fatto che i nostri capi di Stato maggiore per la lenticchia di un laticlavio o di una elezione a deputato senza ulteriori garanzie facciano queste cose, mi induce a chiedere quale giusta coscienza abbiano del valore del loro prestigioso incarico. lo sanno, lo sentono, non vale niente, non rappresentano nulla, non l' onore militare, la servitù militare di Alfred Vigner, o le altre che possiamo invocare nella storia, nella cultura, nella poesia addirittura, o magari nelle letterature di destra o di sinistra. se ne vanno, si misurano, conoscono il bluff, sanno che loro non sono l' annuncio di un avvenire possibile, ma sono ormai quanto di più putrido c' è a livello dell' istituzione così come essa vive e così costretta com' è costantemente a vivere; essi non sono null' altro che i rappresentanti dei commercianti di armi e di droga, i promotori, i custodi, i cointeressati a questo tema. confesso che quando ho letto sul giornale che un segretario generale della Farnesina, che a mio avviso aveva tutte le capacità per essere come quei due o tre segretari generali della nostra diplomazia che sono restati nella storia di chi si occupa non solo di storia diplomatica, ma in fondo di storia politica, di storia della patria, di storia della bandiera, ma anche di storia della forza del proprio paese, ha deciso di assumere la direzione di un ministero, forse non solidissimo in quanto anche lui avrà sentito parlare del congresso della Democrazia Cristiana , sono rimasto sorpreso. quando dal 1946 i sondaggi dicono che il Governo è popolare e che il paese è tranquillo, qual è il riflesso? a fine febbraio il paese era tranquillo, il 70 per cento degli italiani era soddisfatto, però visto che uno è il presidente del Consiglio ed in quel momento era Craxi, a quel punto De Mita ha dovuto sfasciare tutto altrimenti rischiava che quel Governo vedesse aumentare i consensi. ci troviamo così nelle belle acque di adesso in cui nessuno, tranne forse il ministro del Commercio con l' Estero , può pensare che l' attuale Governo sia di lungo, ampio, profondo e vigoroso avvenire. ebbene, una persona lascia la Farnesina per ricoprire la funzione di ministro per il commercio con l' estero, incarico importantissimo che assolverà in modo magnifico, ma ciò per me è l' ulteriore conferma che ormai l' amministrazione dello Stato non trova nessuno che creda veramente alla moralità dell' amministrazione della giustizia , dello Stato. appena è possibile queste persone vanno nel mondo del potere politico per poi scoprire, molto probabilmente, che i padroni sono la FIAT e gli altri. così anche i Gifuni e i Sarcinelli. questo è un fatto di cultura che ci fa paura. Andreis è uomo di Governo! coloro che nel 1980 hanno presentato qui le interrogazioni sulla Valsella, collega Piccoli, sono uomini di Governo! coloro che hanno chiesto al Governo di sapere e non hanno saputo! non mi commuove quindi Rosati perché quanto c' è di vecchio nel mondo risorgimentale, laico e cattolico non mi interessa. non mi interessano né Rosati, né Scalfari, né questo Montanelli su queste posizioni, in quanto costoro hanno riflessi abitudinari, furbi. Rosati, se non erro, è divenuto parlamentare. parli allora da parlamentare! dica no, se ci crede! non vada a fare piatta demagogia! fa la dichiarazione di voto per il no, ma poi ha votato no? aveva preannunciato (qui si preannuncia!)... la moralità nostra si esprime nel momento del voto, non nei momenti del « preannuncio » ... e poi voto altro. così, con il proprio partito ha detto: « ho preannunciato, ho tenuto agganciati quelli del "no", contendo ai comunisti o ai radicali o ai Verdi quell' area... poi, però, al momento, ho votato, magari, sono stato assente, comunque, non ho votato no... » .... di non votare per tutta la legislatura! sì! se hai preso questo impegno con gli elettori. se lo hai preso ne hai il dovere, Malfatti. ne hai il dovere, ma Rosati, per quel che lo riguarda, o ritiene di non avere un mandato imperativo , vincolante, del suo partito, come non ce l' ha, e comincia allora a non essere il tipo classico, così vorrei dire, del « franco tiratore » , oppure si comporta in altro modo. se vi è una votazione sulla fiducia, non ha il coraggio delle proprie opinioni! ma certo... chiedo scusa, non è che valga la pena di fare un grande problema su come ha votato Rosati. credo che se Rosati avesse votato noi lo avremmo saputo tutti. ma è evidente! è quel che sto dicendo! è questa la rendita di posizione parassitaria, la rendita delle posizioni cattoliche, la rendita delle posizioni interventiste e liberali e via dicendo. è il « consumo » del passato. noi avevamo il problema, e lo abbiamo in questa occasione, di dire anche: d' accordo, è giusto. il ministro degli Esteri Andreotti sa che noi su questo siamo perfettamente d' accordo. l' Onu, l' Onu, l' Onu! non rassegniamoci alla fine alla cultura della Società delle Nazioni , ma, come già nel Libano, non potevamo, ministro, soddisfarci delle sue vocazioni per l' Unifil. lei ci dice che per la prima volta i due grandi, fra i cinque, sono stati d' accordo. ed è la prima volta, ma se cominciamo ad inaugurare la serie per la quale i due grandi sono anche d' accordo nel non dare conseguenze, poi, all' accordo che hanno proclamato, agli occhi del mondo comincia la distruzione finale, come sede propria, con moralità propria, dell' Onu. perché non è concepibile! lì io mi sarei ribellato subito, dopo dieci, quindici giorni; con tutta la pazienza, con tutta la prudenza che erano necessarie, li avrei incastrati! finché l' Urss e gli USA hanno l' alibi del reciproco bloccaggio, e l' Onu ha questo alibi, è una cosa. ma quando Mosca e Washington si proclamano d' accordo ed il Consiglio di sicurezza fa una dichiarazione solenne, impegnativa, allora lei a, ministro degli Esteri , che in quest' Aula ed in Commissione noi abbiamo più volte ripreso, evocato quella sentenza della Corte dell' Aja sul caso della Namibia ed il combinato disposto di tre articoli della Carta dell' Onu. da quattro anni il segretario generale della Farnesina sa che siamo andati a sollecitare interventi della nostra diplomazia dinanzi alla scomparsa dei 77, divenuti poi 105, che chiedono solo la ricerca di una leadership. e le monde diplomatique , con il suo terzo mondismo extraistituzionale, non gliela può fornire. certo, essere per l' Onu... non si può essere per l' Onu. alla fine, si vede in ogni crisi. guardiamo ciò che sta per accadere, ad esempio, in Africa del sud, in Africa australe, signor ministro, con l' antifascismo irresponsabile e parassitario, con il giudizio grossolano su tutte le realtà, con, non a caso, il complesso militare ed industriale (Reagan e gli altri) che stanno portando una posizione massimalista a favore dell' Anc; sostanzialmente è contro Botha, contro gli zulù, contro le altre componenti, così come accadde per il Vietnam. significa forse che finirà il conflitto Iran-Iraq, solo quando avremo aperto quello che da Burundi (ed i primi segnali ci sono) via via fino al Congo coinvolgerà in un massacro tremendo, probabilmente, tutta l' Africa australe? ma non terminerà lì. ed allora, andare o non andare? certo, condivido in pieno la posizione del gruppo federalista europeo, ma solo per un motivo: esistono situazioni e momenti nei quali si dispone di un paese, della sua bandiera, delle sue persone e nelle quali l' opportuno ed il necessario debbono coincidere. la moralità della politica è l' opportuno, ma questo opportuno in tali casi deve risultare necessario. noi non andiamo ad integrare la presenza europea, noi andiamo a testimoniare del caos e delle contraddizioni dell' Europa, portando lì le bandiere della nostra industria militare, del commercio delle armi e della droga in concorrenza con quella francese, inglese e degli altri. questo è il valore oggettivo, in termini strategici, in termini di gestione, di comando della operazione. avremo cose grottesche e risibili perché non vi è possibilità di affermare che siamo andati lì con una unità di intenti, una unità di obiettivi e, quindi, anche unità di comando. quindi, sono d' accordo su quanto ha indicato il presidente Rutelli — beato lui, ogni tanto 40-50 righe riescono a dargliele — in modo così efficace e sulla seconda pagina del Il Corriere della Sera alcuni giorni fa con i suoi sei punti. però ancora una volta il presidente Andreotti mi scuserà, con pochi altri, con il presidente Piccoli, continuo, come faccio da quattro, cinque o sei anni, ad affermare che dal 1953 noi non abbiamo dibattito sulla politica estera del nostro paese. ogni volta, Libano uno, Libano due, Assad uno, due, tre, quattro, cinque, ogni volta chiamiamo il Governo; anzi questa Camera si fa gloria di riuscire di volta in volta a rispondere nei singoli episodi. i dibattiti a questo punto diventano privi di senso. il Governo ha tutto l' interesse, compagni comunisti, ad essere continuamente chiamato in causa e coinvolto e continuamente, quindi, avere la legittimazione di un Parlamento che si esprime con imprudenza sistematica all' interno del momento esecutivo, della responsabilità esecutiva. quando costantemente noi convochiamo Andreotti, viene con puntualità e serietà, è il suo grande mestiere, la sua grande professionalità politica, che tutti gli conosciamo, umana e civile; quando lo convochiamo alla Commissione esteri, viene, è felice; ma perché? un conservatore come lui sa che a questo punto la dialettica, la dinamica della separazione dei poteri , se vive in modo classico, liberale, se il Governo è costretto a fare da solo, magari vuole fare la dichiarazione e si trova dinanzi una Camera silenziosa, che non usa il regolamento, fino a quando l' operazione non è andata a termine e gli chiede conto ogni sei mesi, ogni anno, all' inizio, dalla investitura, di quali sono nel 1988 le ragioni di una politica estera ... noi avevamo proposto, con altri, che le Commissioni esteri e difesa fossero unificate. non si è voluto. perché? lo sappiamo, per vili esigenze tattiche del momento, di bottega, di botteghino, come il Golfo; è una triste vicenda di botteghe e botteghini e bagarini. la verità è quella che abbiamo denunciato nelle nostre interrogazioni, con le nostre obiezioni di coscienza. ha ragione Andreis: perché si è reticenti su questo? con l' ostilità di alcune zone d' Italia, ma anche alla Aeritalia e altrove, otto-dieci anni fa, del partito comunista e del sindacato, che ci accusava, come sempre, di essere piccolo borghesi , vegetariani, irresponsabili, non consapevoli delle esigenze di lotta di classe e di rinnovamento. oggi le cose stanno mutando? me lo auguro. auguri a coloro che sono mandati in nome — povera lei! — della patria. onore ed auguri a loro, ai 1200 uomini e agli altri. onore a chi lo farà, a chi lo chiede ancora, credo con buona fede , ma è la buona fede che si ha verso i totem o verso i tabù. noi crediamo che i problemi della tolleranza, della ragionevolezza, signor presidente , ci costringano a dirvi: leggete le prime pagine dei giornali. leggete gli insulti che da 20 anni, di volta in volta, sono venuti, in un primo tempo praticamente solo ai radicali; siamo fierissimi di non essere più soli e sarò ancora più fiero il giorno in cui sarò convinto che, per via dei compagni Verdi, comunisti e di chiunque altro, noi siamo assolutamente superflui. sarebbe la nostra vittoria. ma allora, assolutamente soli abbiamo ammonito sulla crescita gravissima della criminalità, della criminalità nutrita dalla ideologia proibizionista, abbiamo ammonito sulle armi e sulla droga. le realtà le avete davanti, sulle prime pagine italiane. allora, il confronto drammatico nel nostro paese e in Europa è probabilmente questo: noi siamo, a nostro modo e in parte — solo in parte, consentitemi di dirlo — responsabili, essendo gente di ragionevolezza e di rigore. essendo quindi gente di Governo, abbiamo tollerato di apparire come gente di opposizione e di minoranza, gente di protesta e non di proposta, mentre in genere voi siete amministratori di potere che hanno smarrito probabilmente la fiducia in se stessi , ed anche la fiducia in quel che l' opera ragionevole di Governo, delle situazioni e delle idee, comporta. come è evidente, signor presidente e signori rappresentanti del Governo, voterò contro la fiducia, non essendone fiero. non mi associo alle proteste contro il fatto che sia stata posta la questione di fiducia . la fiducia l' avete posta contro di voi, contro la maggioranza. che bisogno c' era? su questo sono in dissenso, compagni comunisti e compagni di democrazia proletaria , con le accuse ad un Governo che pone la fiducia. affari suoi! ogni volta che il Governo pone la fiducia lo fa contro il possibile dissenso di una parte della maggioranza, dei suoi membri. voi la ponete contro i socialisti, contro i cattolici o i democristiani, contro gli altri. e una dimostrazione di debolezza. volete risolvere i problemi al vostro interno in questo modo? vuol dire che le ragioni delle opposizioni sono forti e grandi. sarebbero maggioritarie senza il ricorso — legittimo, e quindi da rispettare fino in fondo (perché lo pagherete politicamente) — allo strumento della fiducia, che costringerà finalmente a vedere quanto nelle rose e Rosati della situazione vi sia di moralità politica seria e non di irresponsabile demagogia.