Emma BONINO - Deputato Opposizione
VIII Legislatura - Assemblea n. 86 - seduta del 21-12-1979
Sulla fame nel mondo
1979 - Governo I Cossiga - Legislatura n. 8 - Seduta n. 86
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , colleghe e colleghi, signor sottosegretario, sono passati esattamente tre mesi da quando la Camera ha approvato, a larghissima maggioranza, una risoluzione, per così dire unitaria, su questo problema, a seguito di iniziative prese dal gruppo radicale e che sfociarono, come forse vi ricorderete, nella convocazione straordinaria del Senato e quindi anche della Camera. la risoluzione che votammo allora, come segno di adesione o come conferma di una volontà politica di tutte le parti di questo Parlamento, perché fosse di incoraggiamento al Governo nell' intraprendere quegli adempimenti tassativamente previsti in quel documento, si trova oggi, a tre mesi di distanza — e dobbiamo dirlo in modo molto fermo — , completamente, o in larghissima parte, inattuata. un punto di quella risoluzione prevedeva che il Governo avrebbe riferito, nel più breve tempo possibile, a questa stessa Camera quali passi stesse compiendo, specialmente nel campo degli aiuti immediati diretti a salvare dallo sterminio un certo numero di persone. per questo avremmo preferito una iniziativa autonoma del Governo, che si presentasse spontaneamente a questa Camera con comunicazioni sue, per riferire su quanto aveva fatto o anche per dire quanto non aveva fatto, per giustificare queste inadempienze e per dibattere e magari preparare insieme la possibilità di un progetto o di atti immediati, concreti e seri per gli inizi dell' anno 1980. in realtà, devo dire che il Governo non ha avuto questa sensibilità. e se oggi, per la terza volta, dibattiamo il problema della fame nel mondo , è ancora e soltanto per atti che sono di iniziativa parlamentare, così come è accaduto il 26 novembre, con lo svolgimento di quelle interpellanze che erano evidentemente un atto di controllo da parte del Parlamento sull' operato del Governo, e come accade oggi con la discussione di mozioni e di interpellanze. la realtà che questo atteggiamento nasconde — ma non nasconde neanche del tutto — è che, nonostante gli sforzi compiuti dal sottosegretario qui presente — al quale do atto degli sforzi che ha fatto e che probabilmente sono personali — , il Governo nel suo complesso (quindi, il Governo: la mia controparte) non ha fatto assolutamente nulla. siamo fermi ancora oggi — e sono passati tre mesi alle dichiarazioni rilasciate a Ottawa all' inizio di settembre, quando il Governo affermò che avrebbe raddoppiato l' aiuto ufficiale allo sviluppo. tale raddoppio, evidentemente, è insufficiente e carente; ma noi lo avevamo visto come un primo passo nella direzione che ci interessa. tuttavia non possiamo certo accettare, onestamente, queste lentezze e questo atteggiamento per cui non ci si sposta di una virgola, neanche con il passare dei giorni. e noi sappiamo che ogni giorno e ogni ora che passano sono un giorno e un' ora drammatici per migliaia di persone. altre cose sono successe sicuramente in questi mesi, e accennerò ora a una delle cose che mi ha maggiormente colpita. nell' intervento fatto all' inizio di settembre avevo avuto un atteggiamento molto critico rispetto al tipo di aiuto che i paesi industrializzati hanno tradizionalmente dato ai paesi in via di sviluppo ; normalmente si trattava di un aiuto fittizio, in quanto la finalizzazione era, in realtà, l' aiuto ai paesi industrializzati . tale aiuto si è configurato da parte degli USA e, per altri versi, anche da parte dell' Unione Sovietica (ma io avevo centrato il mio intervento sull' aiuto e sulla politica seguita dagli USA nei confronti dei paesi del terzo mondo ) come una rapina pressoché totale delle materie prime e delle risorse dei paesi del terzo mondo . tutte le critiche a questo tipo di politica estera certo permangono, e si sono aggravate nel corso di questi mesi; tuttavia debbo dare atto che il governo americano , oggi, ha avuto per lo meno il coraggio di affidare ad una commissione presidenziale un' indagine sul problema della fame. è il primo atto ufficiale — per il mondo intero — di profonda e durissima critica alla politica fin qui svolta dagli USA rispetto ai paesi del terzo mondo . in questo rapporto, che è stato reso pubblico il 10 dicembre (e che mi auguro la Camera voglia acquisire agli atti e farli tradurre per tutti i deputati ed il Governo, poiché ritengo che, oltre ai missili, anche dati di questo tipo siano assai importanti per tutti), sono confermate alcune tesi e proposte che, da mesi, diverse parti politiche, intellettuali, opinione pubblica e movimenti d' opinione vanno maturando e proponendo. la conferma più grave che viene da questo rapporto è relativa al fatto che tutti gli studi sono stati compiuti, che le proposte sono state avanzate e che le richieste dei paesi in via di sviluppo sono ormai assai precise, almeno in determinati settori; tuttavia viene detto espressamente che cambiare il tipo di rapporto tra nord e sud e verso i paesi sottosviluppati è semplicemente un problema di scelta politica. tutto questo comporta una diversa scelta economica, monetaria, sociale, di investimenti e quindi finanziaria. dicevo che si tratta di una scelta politica; ma essa, come dimostra anche ciò che è scaturito da questa commissione, ben lungi dall' essere un gesto di carità o di umanità verso chi sta morendo di fame, è in realtà la sola scelta politica possibile verso un mondo affamato, che è anche violento e turbolento e che minaccia la sicurezza nazionale e mondiale molto di più di quanto non la minaccino o di quanto la possano difendere gli arsenali nucleari che stiamo mettendo in piedi. questa commissione afferma che le armi strategiche e nucleari che stiamo approntando, o di cui già siamo dotati, saranno semplicemente inutili, se la rabbia, la disperazione e l' emarginazione in cui continuiamo a tenere i paesi del terzo mondo non cesseranno. d' altra parte ritengo che oggi abbiamo avuto nel mondo alcuni esempi di quale tensione possa scaturire quando i paesi del terzo mondo (alcuni o molti) decidono di ribellarsi ad uno stato di sottosviluppo o di rapina, di speculazione o di sfruttamento in cui i paesi industrializzati li hanno tenuti in passato e li continuano ancora oggi a tenere. spesso sento dire (credo che anche il Governo l' abbia detto l' altra volta o, comunque, era stato sottolineato nel corso di altri interventi) che, nel momento in cui c' è la crisi energetica e ci sono altri problemi enormi, parlare della fame nel mondo diventa distraente e il problema del terzo mondo non sarebbe sentito dall' opinione pubblica . ebbene, questi problemi — come molti altri — sono profondamente legati l' uno all' altro. le vicende del petrolio di questi giorni, ad esempio, ci danno una indicazione precisa di quanto i problemi dello sviluppo e del sottosviluppo, del nord e del sud, dei paesi industrializzati e dei paesi in via di sviluppo siano connessi e, se non si riesce a superare la tensione cui è arrivata oggi la situazione dei rapporti internazionali — vediamo il fallimento continuo di conferenze internazionali — , ebbene, sarà proprio la parte industrializzata di questo mondo che finirà con l' essere messa sul tappeto in una posizione semplicemente di difesa. che non bastino le armi nucleari , credo che la storia dell' Iran di questi giorni, o dei mesi scorsi, ce lo dimostri perfettamente. noi abbiamo il più grande paese industrializzato dell' Occidente, gli USA, che non è riuscito a mantenere in Iran il regime filoamericano che ha sostenuto. è altrettanto condannabile il fanatismo che oggi si muove in territorio islamico. non credo che si sia trattato di una rivoluzione, bensì che si sia caduti dalla padella nella brace. se noi non abbiamo rapporti diversi, io credo che le armi nucleari e gli arsenali, come non sono stati in grado di mantenere lo Scià al potere, ci tuteleranno ben poco rispetto ad una guerra che può scoppiare nel terzo mondo che noi stessi abbiamo contribuito fortemente ad armare con mezzi, sull' uso dei quali non sono stati ancora conclusi accordi internazionali . questi problemi non sono più affrontabili in modo separato poiché sono interdipendenti, ci convincono che l' unica strada sulla quale dobbiamo muoverci non è quella del muro contro muro , della carità o, peggio ancora, dell' elemosina — la carità ha una sua dignità, un suo valore, credenti o no che siamo, mentre noi facciamo solamente dell' elemosina — bensì di un radicale mutamento dell' atteggiamento dei paesi industrializzati . occorre attuare questo mutamento nell' immediato poiché non porta alcun beneficio dilazionare sempre più le scadenze; non serve a nulla fare progetti per il 2000. per dimostrare che il nostro atteggiamento è cambiato, bisogna intervenire immediatamente nei confronti delle persone che, oggi come ieri, ma soprattutto come domani e dopodomani, moriranno di fame. è inutile che si dica che rispetto a queste persone l' unico aiuto possibile è quello di distribuire del cibo; è inutile che si dica che questo è semplicemente un atteggiamento umanitario o caritatevole. io dico: ben venga un atteggiamento umanitario, visto che non c' è, in quanto ogni vita salvata da questo genocidio è un contributo a favore del rapporto di cui parlavo prima. vorrei che fosse chiaro che non ci muovono solo ispirazioni umanitarie, perché assistere inerti, muti ed impassibili ad un genocidio in corso , ritengo che renda colpevoli tutti quanti, se non altro per omissione, e sia quindi intollerabile. era questo che avevamo chiesto al Governo. ritengo che agire nell' immediato sia un segno tangibile che l' atteggiamento è mutato e che sta maturando, nei paesi industrializzati , una presa di coscienza civile che non vede più i paesi del terzo mondo come un luogo di rapina, di sfruttamento, un luogo in cui si affondano le radici per succhiare le materie prime , ma cui non siamo disposti a dare altro che quegli investimenti che, se andiamo ad analizzare, servono e sono serviti storicamente solo ai paesi industrializzati . quando dico questo, intendo che un altro condizionamento culturale deve essere messo in discussione; le precise richieste dei paesi del terzo mondo devono essere ascoltate con ben maggiore attenzione, essendo evidente che negli stessi paesi industrializzati è in crisi il concetto di progresso o di sviluppo: noi stessi nel nostro paese certo non moriamo di fame, ma assistiamo alla crisi del concetto di un progresso inteso come impiego di alta tecnologia. gli errori fatti da noi tutti sono quelli di aver anche esportato questo concetto di progresso; mi riferisco alla notizia diffusa in questi giorni, di una centrale nucleare venduta al Bangladesh, quando è ben risaputo quali siano le condizioni di questo paese che ha chiesto aiuti di tipo diverso, per tecnologie intermedie, per una food strategy che tenta di allestire, ma per la quale non ha trovato fondi; ne ha però ricevuti per investimenti di alta tecnologia, sul nucleare o sul militare! dobbiamo quindi stare molto attenti a non ripetere questi errori, quando parliamo di scambio di tecnologia o di trasferimento di essa; dobbiamo invece tener ben presenti le condizioni ambientali e culturali dei paesi cui intendiamo offrire il nostro aiuto. non vi sono motivi solamente umanitari, ma vi è anche una componente egoistica, cioè la presa di coscienza del fatto che, continuando questa tensione tra nord e sud, c' è il rischio di giungere a un punto nel quale non sapremo più gestire la situazione, né con armi nucleari né senza, perché si scatenerà la ribellione di una metà del mondo contro l' altra metà. ciò è estremamente pericoloso per la stessa sicurezza nazionale e, per così dire, mondiale. d' altra parte, è da smentire quanto affermato da chi sostiene che nel nostro paese, nel nostro piccolo, dati gli incombenti problemi della disoccupazione, degli sfratti, della mancanza di petrolio, non ci si possa occupare del terzo mondo : ripeto che si tratta di problemi estremamente interdipendenti e, perché si prenda coscienza di questo, dovremmo promuovere un' opera di informazione dell' opinione pubblica e di mobilitazione tra i cittadini. non è del tutto inutile vedere cosa è l' opera di informazione, di mobilitazione che i nostri servizi radiotelevisivi hanno promosso tra i cittadini. è quanto di più vergognoso possa esservi, ed alla fine di questo dibattito chiederemo alla Camera ed anche al Governo di intervenire attraverso i possibili canali perché certe distorsioni dell' informazione non abbiano a ripetersi, soprattutto su questo tema! la necessità di far capire alla pubblica opinione che questo tema, altre ad essere un gesto, un atto di profonda umanità, è anche un problema di salvezza per tutti noi, comporta la necessità di diffondere il concetto che o ci salviamo tutti insieme, oppure arriveremo allo sterminio (noi, non per fame) per mancanza di fonti di energia , da cui potrà derivare una crisi dell' intero assetto mondiale. posso citare il Tg1, che ha ben pensato di dedicare dieci minuti al tema della fame nel mondo in venti giorni! in questi dieci minuti ha sottolineato, soprattutto, la polemica tra partito radicale e partito comunista , piuttosto che la dimensione della tragedia che veniva denunciata, senza mai effettuare un servizio o un' intervista. la stessa cosa si può dire per il GR 1. qualcosa di più ha fatto il Tg2, ma anch' esso ha intervistato, guarda caso , Adelaide Aglietta e Di Giulio , limitandosi, dunque, semplicemente ad accentuare la polemica tra i due gruppi ed evitando totalmente l' approfondimento del tema. minima l' informazione delle altre testate, compreso il GR 2. si guardi alle altre trasmissioni dei servizi parlamentari. i colleghi ricordano ancora, credo, la sospensione del dibattito, agli inizi di settembre, per mancanza delle telecamere della Rai-TV che, nonostante gli accordi e le sollecitazioni della Presidenza della Camera, aveva pensato bene di non intervenire. viene, dunque, puntualmente vanificata la delibera della Commissione di vigilanza che chiedeva al servizio televisivo di apprestare dibattiti o interviste su questo tema; tanto è vero che , perché questo accadesse, ha ritardato di mezz' ora i dibattiti di Tribuna politica . nulla di ciò si è mai verificato, come tutti possono rilevare, e sembra che la risposta ufficiale della TV sia che gli operatori sono in giro per il mondo ad effettuare fondamentali servizi sul problema in questione. e noi sappiamo che la questione non è davvero quella di far apparire alla televisione bambini lividi o con il ventre gonfio , descrivere un fenomeno che è ormai analizzato e puntualmente raccontato in quintali di documenti (ritengo che in materia occorra prestare più attenzione ai documenti, alle richieste, alle proposte che i paesi del terzo mondo vanno facendo); non possiamo davvero più trincerarci dietro l' alibi che occorre approfondire il tema. ritengo che l' unica cosa che vada davvero approfondita e verificata sia l' esistenza o meno della volontà politica di intervenire al riguardo. per quanto concerne la necessità di ulteriori studi, ad essi si può sempre prestare mano, ma occorre avere presente che i dati fondamentali di partenza ed alcuni punti centrali sono già stati analizzati ed esistono proposte concrete. gli stessi paesi in via di sviluppo , in questi ultimi tre mesi, hanno presentato alle Nazioni Unite o al World Food Council circa 20 progetti di strategia alimentare relativi ai loro paesi. si trovasse qualcuno capace di finanziare tali strategie alimentari! dunque, i servizi e le informazioni televisive di cui ho detto dovevano servire soprattutto come momento di dibattito, per analizzare le proposte di intervento, per verificare se esse vi fossero. proposte di intervento che certamente sono di lungo e medio termine; certamente la fame si sconfiggerà quando avremo un altro livello di sviluppo; certamente, per altro, è importante cominciare a costruire questo diverso ordine economico internazionale, come è altrettanto sicuro che non possiamo rifugiarci dietro l' alibi del medio e lungo termine. dobbiamo agire immediatamente! e che si debba agire immediatamente ce lo ricordano dati sui quali ogni tanto cadiamo. si tratta di dati spaventosi. nel rapporto della commissione governativa statunitense, ad esempio, c' è una tabella in cui vengono riportate talune cifre. nei prossimi sessanta secondi — è scritto — nasceranno 233 bambini: 136 in Asia, 39 in Africa, 23 nell' America del Sud e 35 nel resto del mondo. 26 di questi 233, quindi più del 10 per cento , moriranno prima di aver raggiunto l' età di un anno: in particolare 9 in Africa, i nel Nord America , 5 nell' America del Sud , 1 in Europa. 34 moriranno prima di giungere all' età di 15 anni. si può calcolare che dal 50 al 75 per cento di queste morti sono da attribuirsi ad un insieme di malnutrizione, denutrizione e malattie infettive, che colpiscono soprattutto i soggetti più deboli, in particolare i bambini. sono queste le cose che succedono nel mondo, ogni ora, ogni secondo, ogni momento, e che debbono, anzi dovevano da mesi, indurci ad un tipo di intervento ben più significativo. so benissimo che, qualunque cosa facesse, l' Italia, da sola, non riuscirebbe certamente a salvare 30 o 40 milioni di uomini che muoiono di fame. questo però non è un buon motivo per non cercare di salvare qualcuno, in ciò coinvolgendo poi sicuramente gli altri paesi industrializzati . siamo talmente coscienti del fatto che non, sia sufficiente la sola azione del governo italiano che, nell' altra istituzione in cui siamo presenti, il Parlamento europeo , abbiamo impostato questo stesso problema, ritenendo fondamentale il coinvolgimento del maggior numero possibile di paesi industrializzati . ma questa consapevolezza, lo ripeto, non può diventare un alibi per giustificare l' intenzione di non fare assolutamente nulla. resta il fatto che possiamo, o meglio dobbiamo, oggi, con amarezza, con tristezza, prendere atto che quei 17 milioni di bambini di cui era stata preannunziata la morte, all' inizio del 1979, da parte delle Nazioni Unite , sono proprio morti e che quindi questo « anno del fanciullo » , se vogliamo almeno in parte liberarci dall' ipocrisia, è diventato l' anno del fanciullo morto. questo è infatti il risultato concreto dell' inattività o dell' indifferenza rispetto ad azioni immediate di pronto intervento. Muti, inerti, stando da parte o semplicemente usando parole che volevano dimostrare interesse, abbiamo lasciato che questo infanticidio di massa si perpetrasse. questo è ciò che oggi, alla fine dell'anno 1979, dobbiamo avere la forza e il coraggio di ammettere, addossandocene la responsabilità. è stato un anno, questo 1979, in cui alcuni problemi particolari, sia pure drammatici — penso ai fatti della Cambogia hanno commosso l' intera opinione pubblica . ma bisogna dire, pur prendendo atto delle difficoltà oggettive di intervenire in quel paese, dato che è sempre più difficile intervenire dove vi sono parti schierate e parti in guerra, che quello che è mancato, sul piano dell' informazione all' opinione pubblica (e non per cinismo), è il riconoscimento dell' aspetto più grave della fame e del sottosviluppo, quello cioè della malnutrizione cronica. episodi particolari, dovuti magari alla siccità, che provocano lo sterminio di interi popoli, vengono di tanto in tanto alla ribalta. ma il fenomeno più terrificante, ed anche meno conosciuto, è quello delle centinaia di migliaia di morti silenziose per fame, di cui nessuno parla, in primo luogo perché non avviene che la gente crolli per strada morendo di fame, ed in secondo luogo perché i paesi che subiscono un tale sterminio sono quelli che hanno meno forza, meno potere, minori possibilità di denunciare all' opinione pubblica certi problemi. sono i paesi che noi stessi, agendo in questo modo, condanniamo ad una minore capacità produttiva, ad un più basso livello, se vogliamo, di educazione o di istruzione, ad una minore capacità di usare fino in fondo le potenzialità di cui dispongono. è necessario quindi un gesto, io credo, di testimonianza, ma anche di assunzione di responsabilità, per riconoscere che si è parlato di questo problema in molte sedi, ma non si è intervenuti, o quanto meno non si è intervenuti adeguatamente, non si è salvato nessuno. è un riconoscimento, questo, che credo dobbiamo, in perfetta coscienza e conoscenza, a tutti coloro che non hanno avuto voce e non avranno più voce. nella mozione che abbiamo presentato abbiamo chiesto una settimana di lutto nazionale. non si tratta assolutamente — e credo che nessuno possa avere il cinismo di pensarlo — di una proposta folcloristica o demagogica, ma che chiama tutti ad assumersi la responsabilità dell' omissione e dell' inadempienza. potremmo usare questa settimana proprio per iniziare l' anno 80, ad esempio, nella speranza che l' atteggiamento del Governo e la pressione delle forze politiche possa cambiare radicalmente ed essere più cosciente di quanto sta avvenendo. il rapporto che citavo prima chiede agli USA di fare del problema della fame nel mondo e dello sviluppo la priorità delle priorità nella politica degli USA stessi; e chiede che l' anno 1980 e gli anni 80 siano gli anni dedicati soprattutto a risolvere questo problema. mi sembra anche di aver trovato conferma in alcune cose che siamo andati sostenendo in questi mesi nel senso che c' è cibo sufficiente per nutrire tutti gli attuali abitanti del globo. mi sembra che questa sia una dichiarazione molto chiara, ma che purtroppo barriere di distribuzione, barriere o difficoltà politiche, sociali ed economiche impediscano un' equa distribuzione di queste risorse. credo che questo debba essere affermato con forza rispetto a coloro che , magari in buona fede , ritengono che nel mondo si muore in quanto esso è sovrappopolato e che il mondo stesso non è in grado di nutrire tutti i suoi abitanti. non è così, come è stato detto molto chiaramente; semmai il problema è che difficoltà essenzialmente politiche impediscono una giusta distribuzione del reddito e degli alimenti. molto spesso i giornali italiani, come del resto è avvenuto in questi giorni, si sono scandalizzati o hanno parlato del rialzo dei prezzi dei prodotti petroliferi deciso dai paesi dell' Opec come di un ricatto al mondo industrializzato. non credo che ci si debba poi scandalizzare tanto perché, se è vero che i paesi del terzo mondo , produttori di petrolio, hanno deciso di vendere la loro unica risorsa facendola pagare in un modo a loro conveniente, è altrettanto vero che i quattro paesi maggiori esportatori di grano nel mondo, che detengono il 90 per cento dell' esportazione di questo prodotto, hanno dato vita ad una situazione di analogo ricatto dei paesi ricchi nei confronti dei paesi poveri. in questo cartello gli USA detengono il 60 per cento del grano esportato nel mondo, e non è un caso che da anni e anni l' accordo sul grano non si riesca a concludere. dopo il fallimento dell' ultima conferenza sull' accordo per il grano, che non è stato concluso, è avvenuto un incontro tra questi quattro paesi, esportatori di grano, che hanno trovato subito un accordo e nel giro di 24 ore hanno aumentato i prezzi in modo spaventoso. è evidente che, se si procede contrapponendo cartello del petrolio a cartello del grano, monopolio a monopolio, credo che si potrà giungere a momenti di tensione che nessuno poi saprà più gestire. sono altrettanto convinta che il problema si risolve a medio e lungo termine ponendo i paesi del terzo mondo in grado di raggiungere un' autosufficienza alimentare e facendo sì che la maggioranza di prodotti alimentari di cui hanno bisogno sia coltivata in loco. questa, d' altra parte, è una linea di tendenza rispetto alla quale gli stessi paesi industrializzati non sono completamente d' accordo. la polemica sulla politica agricola della Comunità Europea ne è un evidente esempio, con il protezionismo sullo zucchero, sul latte, sul burro, sulle carni, eccetera. resta il fatto che tutti questi canali e tutte queste azioni, che richiederanno senz' altro tempi lunghi, sono assolutamente stagnanti. non c' è una differenza nord sud che veda schierati insieme paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo , che vada a buon esito, quando si arriva al sodo. certo, la conferenza sulla fame è andata benissimo, soprattutto perché non ha impegnato nessuno; anzi, se si tratta di stilare dichiarazioni comuni in una qualunque conferenza di paesi, sviluppati e in via di sviluppo, non ci sono problemi; ma tutto diventa molto più difficile quando si arriva al concreto. pensiamo alla convenzione sul grano o, più modestamente, al rinnovo della convenzione per gli aiuti alimentari; per rinnovare quest' ultima convenzione e passare da quattro a sette milioni e mezzo di tonnellate — si è rifiutato di arrivare fino a dieci milioni — per fare questo semplice salto, sono stati necessari mesi e mesi di trattativa. diamo atto di ciò, che negli ultimi tempi l' atteggiamento del governo italiano , specialmente a partire da settembre, è mutato rispetto al passato; che la convenzione sugli aiuti alimentari è stata finalmente firmata, che è comunque un passo in avanti; ma non possiamo non notare che questo passo in avanti consiste semplicemente nel fatto che la Comunità Europea passa, come grande sfarzo, da un milione e trecento mila a un milione e seicento mila tonnellate. sicuramente è un passo istituzionale in avanti, so che il governo italiano ha spinto in questa direzione: ma il risultato è quello che è. per questo io credo che solo un' azione esemplare, svolta con tutti i mezzi di cui disponiamo, cercando di usare gli stanziamenti, i finanziamenti e le forze complessivamente disponibili, anche quelle improduttive, parassitarie — penso al livello tecnico del contributo che può essere offerto dall' esercito con i genieri o gli ingegneri, che certo ci saranno — anche unilaterale, ma certo in collaborazione con il paese del terzo mondo che vorrà svolgere con noi questo tipo di iniziativa; credo che solo questo gesto — dicevo — esemplare (non simbolico, che è un' altra cosa) possa sbloccare stagnanti accordi internazionali che non si riesce a concludere, e risolvere tensioni persistenti. se continuiamo ad andare avanti semplicemente per via burocratica, rinviando quindi i problemi di cinque anni in cinque anni, credo che non potremo salvare neanche una persona di quelle che muoiono di fame, non solo nel 1980, ma neanche nel 2000, perché seguendo questa via ci troveremo sempre impastoiati in una situazione incapace di sbloccarsi, di far nascere, di provocare, di produrre nell' opinione pubblica e nei governi un diverso atteggiamento, un atteggiamento di collaborazione. siamo ben consci che un nuovo ordine economico internazionale significa anche per noi, anche per i paesi industrializzati , mettere in discussione — credo — buona parte dell' attuale assetto produttivo, ma siamo convinti anche che questa sia l' unica possibilità reale di uscire da una situazione economica stagnante che riguarda anche paesi industrializzati e che è destinata a deteriorarsi sempre di più e a diventare sempre più drammatica. prendiamo atto di non aver fatto nulla. chiediamo di lanciare questa settimana di lutto nazionale perché tale atto coinvolga l' opinione pubblica , i partiti, i sindacati, la gente, in questo dibattito. cerchiamo di far capire, se ne siamo coscienti, l' interdipendenza dei problemi; cerchiamo di far capire che, certo, è un dato umanitario, ma è soprattutto l' unica strada possibile per la salvezza di tutte e due le facce del mondo: quella ricca e quella povera (perché o ci salviamo insieme, o sprofonderemo insieme). imponiamo in qualche modo, al servizio informativo di Stato, il dibattito su questo tema, senza aspettare che gli operatori in giro per il Kenya ci portino una serie di fotografie di bambini malnutriti, per altro reperibili in archivio da anni e anni — certo il problema della fame non è nato ieri — perché credo che l' impegno di tutti debba essere questo: avendo fatto lo sforzo massimo di mobilitazione, fare dell' anno 1980 e del decennio 80 il momento della battaglia contro la fame nel mondo e che questa sia la priorità delle priorità della nostra politica, non soltanto di quella interna ed estera, ma di tutta la nostra politica generale. mi auguro che il dato di confessione reale: « non abbiamo fatto nulla » , invece di pesare nel senso di allontanarci da questa proposta, ci sia invece di stimolo per cambiare e per fare di più. certo, abbiamo accettato anche il raddoppio dell' aiuto ufficiale allo sviluppo, ma, signor sottosegretario, io credo che le voci sempre più drammatiche che ci pervengono e le notizie di cui siamo a conoscenza ci fanno capire che si è fatto troppo poco e che un gesto esemplare, e non simbolico, deve essere compiuto e che quindi si faccia una sforzo comune. noi continuiamo a chiedere il 2 per cento del prodotto nazionale lordo . ebbene, c' è una parte di questo rapporto che è sconvolgente. dice che, per salvare quelli che stanno morendo di fame con un progetto preciso e articolato. servirebbero 8 mila milioni di dollari . ebbene, se vogliamo fare un paragone, questi 8 mila milioni di dollari sono il bilancio di tre settimane del Pentagono e sono il costo di cinque sottomarini. di fronte a queste cifre, c' è da rimanere sconvolti. ieri il collega Crivellini ha presentato un emendamento all' esercizio provvisorio che proponeva di elevare la cifra degli aiuti straordinari e, spulciando un po' il bilancio, avevamo chiesto di mettere in quella voce del capitolo i 100 e più miliardi che ci si appresta a distribuire alla stampa e all' editoria (operando un furto reale che, credo, la Camera in qualche modo vorrebbe votare), nonché i 100 miliardi che ci si prepara a dare al CNEN. ma credo che, spulciando il bilancio, troveremmo forse molte altre voci che potrebbero essere sicuramente più utilmente investite in questo tipo di progetti che sono oggi, dal punto di vista culturale e di coscienza civile, gli unici progetti per la pace, per la distensione. abbiamo detto spesso: « se vuoi la pace prepara la pace e non la guerra » . l' unica cosa che facciamo, invece, è di prepararci alla guerra. io credo, signor sottosegretario, nel modo più assoluto che dobbiamo agire nel più breve tempo possibile, perché più il tempo passa più sarà difficile agire, più il tempo passa più sarà quasi impossibile intervenire. la generazione passata ha assistito inerte e muta ai genocidi che si sono verificati: « la storia non ha dimenticato » , dice John Lewis. credo però che rispetto al genocidio oggi in atto non dobbiamo ripetere lo stesso errore (magari per viltà, magari per indifferenza, ma anche per insipienza politica), ma dobbiamo assumere un atteggiamento molto più coraggioso. è a questo fine che in ogni forma non violenta e istituzionale noi continueremo a tallonare il Governo, perché questo tema non venga relegato, come sempre, nelle pure dichiarazioni.