Luigi BERLINGUER - Deputato Opposizione
VIII Legislatura - Assemblea n. 71 - seduta del 05-12-1979
Installazioni missilistiche in Europa
1979 - Governo I Cossiga - Legislatura n. 8 - Seduta n. 71
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , il gruppo comunista esprime anzitutto il suo netto dissenso verso le tesi esposte dal presidente del Consiglio . il Governo ha dichiarato che sarebbe sua volontà operare per la distensione e la riduzione degli armamenti, ma questi buoni propositi sono contraddetti dalla decisione di accettare la costruzione e l' installazione in Europa e in Italia di una nuova serie di missili nucleari. questo infatti significa dare una spinta alla spirale degli armamenti, compromettere le possibilità di una trattativa che li riduca al livello più basso e avvelenare il clima dei rapporti internazionali, che sono già così tesi e preoccupanti. noi insistiamo perciò nella nostra proposta, che è ispirata dalla volontà di garantire sicurezza al nostro paese e a tutta l' Europa, di ottenere una parità di forze, ma al livello più basso possibile, senza posizioni preconcette verso alcuna delle grandi potenze e nel rispetto delle attuali alleanze di cui l' Italia fa parte. continuiamo a considerare le nostre proposte come le più ragionevoli, in quanto tengono conto delle preoccupazioni espresse dall' uno e dall' altro blocco e possono realizzare un punto di incontro che avvii subito una trattativa positiva. noi chiediamo che il governo italiano proponga agli altri governi del patto atlantico innanzitutto la sospensione o il rinvio, per un periodo di almeno sei mesi, di ogni decisione di fabbricazione e installazione dei missili Pershing 2 e Cruise; in secondo luogo, inviti l' Unione Sovietica a sospendere la fabbricazione e l' installazione degli ss20; in terzo luogo, proponga l' apertura di immediate trattative tra le due parti per la fissazione di un « tetto » degli equilibri militari in Europa ad un livello più basso e tale da dare garanzie di reciproca sicurezza. come dirò più avanti, queste nostre proposte hanno un vasto riscontro in posizioni analoghe che sono assunte, in Europa e in Italia, da altri partiti politici , da esponenti di Governo, da sindacati, da organizzazioni e movimenti di varia natura. si tratta soprattutto di forze socialiste, laburiste e di orientamento cristiano e cattolico. non mi pare sia ancora chiaro a tutti, onorevoli colleghi , che la questione sulla quale la Camera è chiamata a pronunciarsi non è di politica interna . essa è una grande questione, che riguarda le sorti della distensione e della sicurezza in Europa e nel mondo; ed è questione sulla quale si misura la capacità o l' incapacità dell' Italia di svolgere un ruolo attivo nel favorire la causa della pace, del disarmo e della cooperazione internazionale. non appena da parte dei dirigenti americani venne affacciata, ai primi di ottobre, la proposta di dare avvio alla costruzione di una nuova serie di missili da installarsi in Europa occidentale (per la verità in un modo così perentorio e brusco che rimane tutt' ora da capire, pur dopo la spiegazione che ha tentato di darne il presidente del Consiglio ), assistemmo ad un fatto deplorevole: alcuni organi di stampa e non pochi esponenti politici (democristiani e socialdemocratici, ad esempio) si affrettarono a brandirla strumentalmente come arma di agitazione e di pressione per i loro calcoli di politica interna . un atteggiamento miope, meschino e di tipo fideistico, che trascurava e tendeva ad impedire ogni approfondimento obiettivo dei dati reali del problema e delle conseguenze di una decisione in un senso o nell' altro. nelle ultime settimane le cose sono un po' mutate, e do atto al presidente del Consiglio che il suo discorso non ha avuto quello spirito. di fatto, il tentativo di mettere in difficoltà il partito comunista italiano, presentandolo come isolato in Italia e in Europa nell' opporsi ad una supina accettazione delle proposte americane, è fallito. sia in Italia sia in Europa sono infatti state avanzate, come ricordavo prima, da parte delle forze più diverse e anche da parte di alcuni governi, posizioni che collimano con la nostra o che comunque esprimono preoccupazioni, dubbi, riserve, proposte di rinvio della decisione che il Consiglio atlantico dovrebbe prendere a metà di questo mese. anche in conseguenza dell' emergere di queste posizioni, abbiamo ascoltato e letto dichiarazioni di segno contrario a quelle che ho ricordato prima, in quanto esprimono la sollecitudine per una discussione, e magari per un voto, che non ricrei una divisione con noi sulla politica estera . tale sollecitudine è pure la nostra, e anche per questo, nella premessa alla mozione che abbiamo presentato, proponiamo di confermare le risoluzioni unitarie approvate dal Parlamento nel settembre e nel dicembre 1977. ma ora non si tratta di decidere sulla linea generale, bensì si tratta di decidere su un punto determinato e tuttavia di grandissima rilevanza. la questione non è se stare o no nell' Alleanza Atlantica : questo è fuori discussione. ma dovrebbe essere chiaro che stare nell' Alleanza Atlantica non significa appoggiare ad occhi chiusi tutte le proposte che vengono dagli USA o dai comandi militari della NATO. ci può e ci deve essere una dialettica — del resto essa si manifesta anche sui problemi che stiamo discutendo — , anche se il presidente del Consiglio invita ad abbandonare ogni dubbio ed ogni incertezza, trascurando, come ha fatto nel suo discorso, che vi è una varietà di posizioni tra gli stessi governi dei paesi della NATO. la questione è se, al di là di qualsiasi intenzione o dichiarazione di buona volontà , si compiono o no atti che alimentano una ulteriore corsa agli armamenti atomici . ebbene, non c' è per noi alcun possibile motivo di politica interna che possa persuaderci a condividere una deliberazione che, a nostro avviso, accresce i pericoli di una nuova escalation nucleare. si dice che si tratterebbe solo di ristabilire un equilibrio alterato dai paesi del Patto di Varsavia . ritornerò poi su questo problema dell' equilibrio nei suoi aspetti concettuali e pratici, ma prima vorrei invitarvi a soffermarvi un momento su due punti. il primo è quello del momento internazionale in cui cadrebbe la decisione di costruire i Pershing 2 e i Cruise; il secondo punto è quello relativo al livello raggiunto dagli armamenti e dalle spese militari in Europa e nel mondo. il momento internazionale è quanto mai gravido di minacce alla pace, di tensioni che si moltiplicano e si acuiscono nelle più varie zone del mondo. la situazione più allarmante, piena di incognite e aperta a ogni rischio, è quella che si è creata nei rapporti tra gli USA e l' Iran. è evidente che noi condanniamo l' occupazione dell' ambasciata americana a Teheran e il sequestro degli ostaggi, azioni che costituiscono una violazione inaccettabile di una norma fondamentale del diritto internazionale , e apprezziamo le proposte e gli sforzi del segretario generale dell' Onu per trovare una soluzione pacifica ed equa ai problemi sorti nei rapporti tra USA ed Iran. ma non può sfuggire che, al di là di questa specifica controversia, è aperto in modo sempre più drammatico, sullo sfondo della crisi energetica mondiale, il problema dei rapporti dell' Europa e degli USA con i paesi produttori di petrolio. non meno preoccupanti e minacciosi sono i contrasti nel vicino Oriente, nel sud est asiatico, nell' Africa australe, nel Corno d' Africa . per quanto riguarda l' Europa, il processo di distensione ristagna e si fanno avanti con aggressività, in Inghilterra, nella Repubblica federale di Germania e altrove, forze di destra, alcune delle quali animate da intenti apertamente reazionari, revanscisti e bellicisti. non si dimentichi inoltre che non è stato ancora ratificato dagli USA il trattato SALT II e che i rapporti tra Cina e Unione Sovietica permangono critici. il presidente del Consiglio non ha fatto cenno, nel suo discorso, ad alcuna di queste situazioni di tensione e di pericolo, neppure a quella che deriva dal contrasto tra USA ed Iran. ciò è assai singolare, perché non si capisce come si possa decidere sulla questione dei missili senza tener conto dell' insieme della realtà mondiale di oggi. quale influenza avrebbe, in questa situazione mondiale già così instabile ed insicura, una decisione che, comunque la si voglia presentare, darebbe una nuova accelerazione alla corsa al riarmo? non si rischia di avvitarsi e di avvitare il mondo intero in una spirale inarrestabile, che è di per se stessa un pericolo continuo per la pace mondiale? si ricordino, a questo proposito, le parole dell' attuale pontefice nel suo discorso alle Nazioni Unite del 2 ottobre scorso: « i continui preparativi alla guerra, di cui fa fede la produzione di armi sempre più numerose, più potenti e sofisticate in vari paesi, testimoniano che si vuole essere pronti alla guerra, ed essere pronti vuol dire essere in grado di provocarla, vuol dire anche correre il rischio che in qualche momento, in qualche parte, in qualche modo qualcuno possa mettere in moto il terribile meccanismo di distruzione generale » . mi pare che questo voglia dire che la situazione è giunta ad un punto in cui si entra in una zona di rischio non più calcolabile. le cifre, del resto, parlano da sole. secondo i dati dell' autorevole istituto di ricerche per la pace di Stoccolma, il SIPRI, che fornisce i valori di spesa di ogni paese in dollari, ai prezzi del 1973, negli ultimi quindici anni le spese militari nel mondo sono aumentate del 42 per cento , cioè sono passate dai 196 miliardi di dollari nel 1973 ai 279 miliardi del 1978 (più di 400 miliardi di dollari a prezzi di oggi, ossia, all' incirca, 400 miliardi di lire ). le spese degli USA sono riprese a crescere nel 1977 e nel 1978 e sono state di 71 miliardi di dollari . le spese dei paesi europei della NATO, a partire dal 1970, si sono dilatate al ritmo del 3 per cento all' anno e nel 1978 hanno raggiunto i 45 miliardi di dollari . sempre secondo il SIPRI, le spese militari dell' Unione Sovietica sono arrivate nel 1978 a 71 miliardi di dollari , pari quindi a quelle degli USA. stanno crescendo anche le spese degli altri paesi del Patto di Varsavia . negli ultimi dieci anni anche la spesa militare dei paesi in via di sviluppo è più che raddoppiata in termini reali, con una incidenza sul totale mondiale che è passata dal 6 al 14 per cento . in Medio Oriente , nello stesso periodo, le spese sono addirittura quadruplicate, mentre sono triplicate in Africa. in altre regioni l' espansione degli stanziamenti militari è stata più lenta, ma costante. le linee di tendenza , dunque, sono fin troppo chiare; ci troviamo in una fase di riarmo sempre più generalizzato, sia dal punto di vista geografico sia da quello della tipologia degli armamenti, che ha assunto i seguenti aspetti: competizione tra USA e Unione Sovietica , in cui la componente strategica è quella più conosciuta e più preoccupante, ma non è la sola; ammodernamento qualitativo nello scacchiere europeo della NATO e del Patto di Varsavia ; tendenza alla diffusione delle armi nucleari ad altri paesi oltre all' Unione Sovietica , USA, Cina, Gran Bretagna e Francia; rapida crescita quantitativa e qualitativa degli armamenti convenzionali nel terzo mondo . vorrei sottolineare quest' ultimo punto perché ci dà idea abbastanza precisa dell' enorme spreco di risorse in armamenti riguardante anche i paesi più poveri. anche l' Italia, purtroppo, concorre a questo spreco, perché occupa una posizione di punta nella fornitura di armi a vari paesi, essenzialmente del terzo mondo . l' aumento globale del commercio mondiale degli armamenti conosce un' espansione rapidissima nel 1973. nell' ultimo quinquennio l' aumento medio annuo è stato del 30 per cento ; l' incremento percentuale tra il 1977 e il 1978 ha addirittura superato il 70 per cento , con uno sviluppo crescente delle armi più moderne (missili, aerei, navi, veicoli corazzati). bastano pochi esempi. nel 1965, 14 paesi del terzo mondo avevano caccia supersonici, mentre 19 erano dotati di sistemi missilistici; nel 1977, gli Stati in possesso di aerei supersonici e di sistemi missilistici erano, rispettivamente, 47 e 42. in Medio Oriente e nel Golfo Persico gli aerei da combattimento erano circa mille nel 1965 e sono diventati 2.500 nel 1977, e i carri armati , nello stesso periodo, sono passati da 3.100 a 11.600. sempre nel Medio Oriente si vendono armi ormai senza remore, armi che sono operative nei paesi di origine solo da pochissimo tempo, o magari non lo sono ancora, come i caccia americani f16. si tratta per lo più di aerei americani (f14, f15, f16) o di missili americani (Maverick, Phoenix, Lance) venduti a Israele, Iran e Arabia Saudita , tutte armi di assoluta avanguardia, di cui spesso gli stessi paesi europei della NATO non posseggono lo equivalente. in misura minore, ma consistente, anche l' Unione Sovietica , la Francia e l' Inghilterra, dopo il 1973, hanno seguito una politica di quasi totale liberalizzazione qualitativa delle vendite di materiale strategico in quell' area. se passiamo dalle armi convenzionali a quelle nucleari, il quadro è ancora più allarmante e drammatico, perché il dato che emerge è la proliferazione nucleare. secondo un rapporto del dipartimento di Stato americano e della Cia, reso pubblico nell' agosto di quest' anno, più di 22 paesi hanno già reattori che producono plutonio, e per gli anni 90 si prevede che almeno 50 paesi avranno una propria capacità di produzione di armi nucleari . di essi più di una dozzina possono tradurre tale capacità produttiva in potenziale militare effettivo e molti altri sarebbero in condizioni di farlo in breve tempo. se finora soltanto l' India ha mostrato di poter costruire armi nucleari , con lo esperimento del 1974, da più parti si considera che Israele, pur senza aver mai effettuato dei test, sarebbe ad uno stadio più avanzato della stessa India, e forse addirittura già in possesso di un certo numero di ordigni. fonti americane hanno annunciato due mesi fa l' effettuazione di un test da parte del Sudafrica. il Pakistan potrebbe sperimentare addirittura in questi mesi un ordigno simile a quello indiano. anche l' Argentina, il Brasile (che non hanno firmato il trattato di non proliferazione ), l' Egitto, l' Indonesia, la Turchia (che lo hanno solo firmato, non ratificato), l' Australia, la Corea del sud , Taiwan, l' Iran, l' Iraq, la Siria e la Libia (che lo hanno anche ratificato) hanno fatto capire, con dichiarazioni più o meno ufficiali, di non avere rinunziato ad una opzione nucleare. ora, se si continuasse su questa strada, un conflitto locale o regionale tra due piccole o medie potenze nucleari rischierebbe di trasformarsi, quasi immediatamente, in uno scambio di colpi nucleari, con rischi di conseguenze terrificanti anche a livello mondiale. ma veniamo al dato più macroscopico: le due grandi potenze — USA e Unione Sovietica — hanno ormai arsenali nucleari in grado di distruggere l' intero pianeta per ben sette volte, e tra di esse si è stabilito un equilibrio strategico globale che, iniziatosi nei primi anni 60, perdura tuttora. il principale motivo che ha spinto Unione Sovietica e USA a ricercare accordi di limitazione degli armamenti strategici (SALT) è stato proprio questo: il reciproco riconoscimento del sostanziale equilibrio strategico e dell' importanza di renderlo il più solido possibile. nel maggio del 1972, com' è noto, veniva firmato il primo accordo SALT, il cosiddetto SALT I, che fissa un tetto ai missili di difesa contro i missili avversari e ai missili strategici offensivi. nei limiti del SALT I, le due superpotenze hanno però continuato a rafforzare e a migliorare i loro arsenali strategici. dopo gli USA, che nel 1972 hanno dato inizio all' approntamento del Cruise, missile a lungo raggio, anche l' Unione Sovietica ha cominciato a schierare, nel 1975, missili a testate multiple indipendenti. insomma, bloccato il numero dei vettori, sono aumentati il numero delle testate e la precisione dei vettori. a questo punto, ci si potrebbe domandare se l' equilibrio strategico esistente sia anche stabile. tutti rispondono affermativamente per la capacità di risposta che ciascuna delle due parti si è assicurata nei confronti di qualsiasi attacco. tuttavia questo quadro di stabilità strategica appare assicurato, come diremo subito, solo nel breve e forse nel medio termine, a meno che non si inverta la tendenza. infatti alcuni sviluppi tecnologici sono preoccupanti e possono alterare l' intero quadro. ed è anche per questo che è essenziale la ratifica del trattato SALT II , che pone limiti simmetrici alle armi strategiche dell' Unione Sovietica e degli USA. è vero che il SALT II , al pari del SALT I, non può certo essere considerato un accordo di disarmo. esso è un tipico trattato di controllo degli armamenti, a un livello molto alto. ma, pur con questi limiti, esso ha un' importanza decisiva per ragioni politiche e militari, in quanto esso ribadisce il principio del controllo degli armamenti e della stabilità strategica tra le grandi potenze come base del mantenimento della pace, e rappresenta una condizione necessaria per invertire quella spirale del riarmo che ormai investe tutto il mondo. Paul Warnke , autorevole consigliere del presidente Carter, e fino all' anno scorso capo della delegazione americana che negoziava il trattato, ha scritto recentemente nella rivista ufficiale della NATO: « un successo delle intese SALT non garantirebbe da solo la distensione; ma un loro fallimento la renderebbe impossibile » . ma si dice: un conto è l' equilibrio strategico fra USA e Unione Sovietica , un altro conto è l' equilibrio in Europa fra patto atlantico e Patto di Varsavia . e si afferma come un assioma assolutamente pacifico che questo equilibrio è stato alterato e che per ristabilirlo non rimarrebbe che costruire e installare in Europa i Pershing 2 e i Cruise. le cose, onorevoli colleghi , non sono così semplici, pacifiche e scontate, come con tanta sicurezza afferma il Governo e affermano le mozioni presentate dalla Democrazia Cristiana , dal partito socialdemocratico , dal partito liberale , dal partito socialista e dal partito repubblicano . sarebbe bene, anche su questo punto, liberarci da ogni tentazione propagandistica o strumentale ed anche da luoghi comuni , ripetuti magari con convinzione, ma dovuti a non conoscenza o a scarsa conoscenza. la questione degli equilibri militari in Europa è in realtà assai controversa e opinabile. ogni raffronto numerico è lacunoso e discutibile. ma lo sono in particolare quelli relativi alle forze nucleari in Europa, perché i risultati dipendono in modo determinante dalle categorie di armi che si prendono in considerazione. oltre ai missili nucleari a lungo raggio (sopra i mille chilometri), si devono calcolare, ad esempio, anche le testate nucleari tattiche e quei tipi di caccia-bombardieri che possono trasportare sia bombe convenzionali sia bombe nucleari. per circa venti anni, le forze nucleari dell' Unione Sovietica e quelle della NATO in Europa occidentale si sono bilanciate, nel senso che potevano essere usate solo contro le città avversarie, ma non avevano la precisione necessaria per poter essere usate specificamente contro obiettivi militari. con gli ss20 i sovietici hanno acquisito tale capacità, e quindi avrebbero messo la NATO in situazione di inferiorità, accentuata, si aggiunge, dall' introduzione del bombardiere Backfire. ma nessuno ricorda che il comando supremo della NATO dispone di sottomarini strategici armati ciascuno di sedici missili Poseidon, ognuno dei quali ha dieci testate nucleari, per cui ogni sottomarino porta 160 testate atomiche, con una gittata di 4.500 chilometri e una precisione analoga a quella del missile ss20. la notizia è confermata dal rapporto annuale per il 1980 del dipartimento della difesa americano (anche se il numero dei sottomarini non è accertato). c' è quindi almeno da chiedersi se già i Poseidon non siano in grado di bilanciare abbastanza bene la situazione proprio sul piano qualitativo, della capacità, cioè, di colpire con precisione certi obiettivi militari e non solo le città. risulta in ogni caso non rispondente al vero che, allo stato attuale, la NATO non disponga di missili in grado di raggiungere il territorio sovietico; tanto più se ai Poseidon si aggiungono — solo per restare ai missili — l' armamento nucleare inglese (composto da 64 missili) e francese (composto da 64 missili su sottomarini e 16 a terra), tutti in grado di raggiungere il territorio sovietico. non dimentichiamo, onorevoli colleghi , che tutte le armi nucleari di cui stiamo parlando hanno ciascuna una potenza distruttiva decine di volte superiore alla bomba che annientò Hiroshima. come si vede, dunque, quantità e qualità degli armamenti ci dicono che la questione dello equilibrio è quanto meno controversa. consentitemi di citare un altro importante esponente della vita politica americana, George Bundy , ex consigliere di John Kennedy e di Johnson. rispondendo a Kissinger, egli ha detto, all' ultimo convegno dell' Istituto di studi strategici di Londra tenutosi a Villars nel settembre scorso: « per quel che riguarda il futuro del deterrente strategico sopra l' Europa, mi trovo a essere nel contempo conservatore e ottimista. nella sostanza, non vi è mai stata una forza separata. per molti anni, le armi più realmente strategiche della NATO sono state i sommergibili americani assegnati all' Europa ed essi, a loro volta, davano affidamento nella misura in cui lo dava la garanzia americana. non vi è alcun modo di mutare tale realtà con le nuove dislocazioni di armi eurostrategiche di lunga gittata basate a terra e nessuna ragione per gli americani di insistere con i loro alleati. né si misura meglio la garanzia di fondo confrontando il numero delle armi di lunga gittata rispetto agli ss20 e ai Backfire. qualsiasi arma controllata dagli americani in grado di raggiungere l' Unione Sovietica quasi sicuramente — cito sempre George Bundy — sarà vista dai sovietici soltanto come un' arma americana. ora, ovviamente, nessuno può dire se un confronto di vasta portata in Europa salirebbe a livello strategico. ma il punto essenziale è quello opposto, cioè che nessuno può in alcun modo sapere che questo non avverrebbe. proprio perché queste armi sono qualitativamente diverse e proprio perché l' equilibrio esistente in Europa è tollerabile per ambedue le parti, anche un piccolo rischio di un vasto confronto nucleare è di gran lunga troppo alto » . onorevoli colleghi , il mondo è dunque imbottito di armi, l' Europa è imbottita di armi. vorrei richiamare la vostra attenzione su cosa significherebbe, nel 1980, con i nuovi sviluppi della tecnologia, una nuova impennata, una nuova corsa al riarmo. lo sviluppo tecnologico ha giocato e sta giocando un ruolo sempre maggiore nel meccanismo perverso della corsa agli armamenti, introducendo una grossa componente di aleatorietà nei possibili armamenti futuri. rischia così di divenire impossibile concepire limiti allo sviluppo degli armamenti. e ciò, a sua volta, tende a produrre una psicologia per la quale ognuno vuole proteggersi contro il maggior numero di minacce potenziali. non sempre, certo, gli sviluppi della tecnologia hanno portato a risultati negativi nel campo dei rapporti strategici. per esempio, la messa in orbita, negli anni 60, di satelliti da ricognizione è stato un fatto essenziale per poter arrivare ad un accordo con garanzie di reciproco controllo sulla limitazione degli armamenti strategici. e il perfezionamento dei sistemi di comando e di controllo a lunga distanza ha diminuito il rischio di errori fatali. più spesso, tuttavia, le conseguenze dello sviluppo tecnologico avrebbero potuto o potrebbero essere negative. già si sperimentano, ad esempio, satelliti antisatelliti, che diminuirebbero la capacità di controllo reciproco. e mentre si è riusciti, con gli accordi SALT I, a limitare la produzione dei pericolosi missili antimissile, negli ultimi anni, invece, sono stati introdotti massicciamente missili a testate multiple, complicando sensibilmente il problema dei controlli e aumentando la vulnerabilità dei corrispondenti missili avversari. gli stessi sommergibili strategici tendono a diventare un' arma meno sicura per i rapidi progressi che si stanno facendo nelle tecniche di ricerca e di guerra antisommergibile. un altro risultato del rapido sviluppo tecnologico nel campo degli armamenti è proprio quello della costruzione di armi strategiche mobili e sempre più piccole. è bene che la gente sappia di che armi si tratta. le ridottissime dimensioni del Cruise, ad esempio (sei metri di lunghezza per mezzo metro di diametro), il suo costo relativamente basso (si fa per dire: un miliardo di lire), e le sue caratteristiche di crociera (volo basso e radente) ne fanno un' arma che sfugge alla possibilità di controlli e quindi rischiosissima e, in avvenire, facilmente proliferabile. la competizione tecnologica in campo militare ha dunque l' effetto di affievolire alcuni confini tradizionali tra armi convenzionali e armi nucleari tattiche e fra queste e armi nucleari strategiche, mentre è su tali distinzioni che si basano le varie trattative di controllo degli armamenti. la logica di chi crede di conquistare posizioni di vantaggio sfruttando più avanzati livelli di tecnologia è fallace. « il caso dei missili a testate multiple » — scrive Klaas De Vries , il laburista presidente della Commissione difesa del Parlamento olandese sull' ultimo numero di Survival (la rivista dell' istituto di studi strategici di Londra) — « fornisce un esempio eccellente di quanto rapidamente il vantaggio tecnologico occidentale possa sparire, e come possa produrre conseguenze opposte, una volta che anche l' Unione Sovietica abbia raggiunto gli stessi livelli tecnologici nello sviluppo di nuovi sistemi d' arma » . tutto ciò dimostra quanto sia assurda e vana, oggi, la ricerca del riequilibrio militare attraverso il riarmo: sviluppi incontrollati della tecnologia, infatti, possono rendere in futuro il controllo degli armamenti sempre più difficile e forse impossibile. noi comunisti abbiamo più volte ribadito di considerare gli equilibri militari come parte importante della sicurezza. ma, data la qualità e la quantità di armamenti che vi sono nel mondo, siamo convinti che è ormai giunto il momento di affrontare la questione della sicurezza in termini di controllo degli armamenti esistenti, della loro riduzione bilanciata e di graduale disarmo. è giunto il momento di affidare la sicurezza non più soltanto agli equilibri militari, ma ai rapporti politici ed economici di cooperazione. l' equilibrio del terrore non basta più a garantirla e rischia, anzi, di diventare fonte di insicurezza e di conflitto. ecco il cambiamento che si è prodotto e si sta producendo. in una intervista a Der Spiegel del 15 ottobre, il segretario del partito socialdemocratico tedesco affermava idee e posizioni che possono essere largamente condivise. diceva Egon Bahr : « per me è del tutto chiaro che i pericoli nascono da un riarmo incontrollato, perché il rischio dell' incalcolabile sarà più grande. e non ho dubbi che il disarmo non costituisce un pericolo... l' obiettivo non può dunque essere di mantenere l' equilibrio a un livello sempre più alto, ma di portarlo possibilmente a un livello più basso. ciò crea tra l' altro una sicurezza maggiore di quella che si può raggiungere con il riarmo » . ecco i problemi reali, drammatici con cui dobbiamo misurarci. qualcuno potrebbe osservare che mi sono in tal modo allontanato dal tema specifico in questione. non lo credo, perché ho cercato di dimostrare che il giudizio sullo stato degli attuali equilibri militari non è così semplice e ovvio come ce lo hanno presentato il presidente del Consiglio e altri oratori che mi hanno preceduto. inoltre, ho cercato di richiamare la vostra attenzione su quanto sia più vasto, complesso e nuovo il problema della sicurezza. ora, però, onorevoli colleghi , vorrei per un momento ragionare ammettendo che l' equilibrio si sia alterato a favore del Patto di Varsavia . e vorrei dire che, poiché il problema degli equilibri e della sicurezza è fatto anche delle percezioni che se ne hanno, noi non abbiamo difficoltà a riconoscere le radici di certe preoccupazioni. in ogni caso, il fatto che se ne discuta solleva un problema politico e rende necessaria una soluzione soddisfacente per entrambe le parti. ma è proprio per questo che vi chiedo: la via proposta dal Governo, e che è accolta, con varie sfumature, dalle mozioni della Democrazia Cristiana , del partito socialdemocratico , del partito liberale , del partito repubblicano e del partito socialista , è quella giusta? in sostanza, voi dite: si dia il via alla decisione di costruire i Pershing e i Cruise e si proponga subito dopo una trattativa ai paesi del Patto di Varsavia che non escluda, se porterà a risultati positivi, la rinunzia alla installazione dei missili in questione. ebbene, io ho qui davanti due testi ufficiali, che non mi pare siano stati ancora considerati con la dovuta attenzione: il primo è il discorso del ministro della Difesa statunitense alla recente riunione del gruppo della pianificazione nucleare della NATO, svoltasi all' Aja nei giorni 13 e 14 novembre. dice Harold Brown: « la distinzione tra produzione e schieramento dei nuovi missili è impraticabile. come potremmo chiedere al Congresso degli USA di stanziare tanti miliardi di dollari per la produzione dei Pershing e dei Cruise, con il rischio che poi i paesi europei si rifiutino di ospitarli? » . il secondo testo è una risposta data nella conferenza stampa tenuta a Bonn il 23 novembre dal ministro degli Esteri sovietico Gromyko. alla domanda se la Unione Sovietica ritenga possibili le trattative nel caso che la prossima sessione del Consiglio atlantico decida il completamento degli armamenti, Gromyko ha risposto: « la posizione attuale dei paesi della NATO, compresa la Repubblica Federale Tedesca , distrugge la base delle trattative. lo abbiamo dichiarato anche al governo della Repubblica Federale Tedesca . se verrà presa tale decisione e la nostra proposta di aprire trattative sarà respinta, la posizione delle potenze occidentali distruggerà la base delle trattative. tale base non esisterà. se si formerà tale situazione, ciò significherà che alcuni paesi hanno deciso, per così dire, di cercare fortuna in una nuova spirale della corsa agli armamenti » . vorrei anche ricordare che, avendo alcuni esponenti politici ed organi di stampa tedeschi espresso dubbi sul significato di questa dichiarazione, proprio avantieri la ambasciata dell' Unione Sovietica a Bonn — l' ho letto su Le Monde di ieri, mi pare ha precisato che ogni interpretazione della dichiarazione di Gromyko che si discosti dalla lettera del suo testo è « scorretta » . come vedete, queste due dichiarazioni si valutino come si vuole — costituiscono un dato politico che non potete ignorare. esse concorrono, da poli opposti, a dimostrare che l' adesione alla richiesta americana non lascia le cose aperte, ma le pregiudica di fatto perché, come dice Brown, decidere di costruire i missili significa decidere di installarli, e perché, come dice Gromyko, una simile decisione rende impossibile la trattativa. la via proposta dal Governo non è dunque realistica e non apre la via al negoziato. e persino la cosiddetta « clausola dissolvente » non risolve il problema. la proposta di accompagnare la decisione di aderire alla richiesta americana con quella di aprire contestualmente una trattativa, dal cui esito positivo potrebbe venire annullata la decisione già presa, proposta che si presenta e vorrebbe essere ispirata a ragionevolezza e buon senso , in realtà compromette anch' essa la trattativa e, nel migliore dei casi, la sposta a chissà quando. se si vuole davvero la trattativa — e una trattativa che possa condurre, come tutti dichiarano di auspicare, a una riduzione e, al limite, a una rinunzia a tutte le armi eurostrategiche — , la sola via è di sospendere e rinviare la decisione chiedendo contemporaneamente all' Unione Sovietica se, in presenza di una tale decisione, essa è pronta all' immediato arresto della fabbricazione e installazione degli ss20. l' onorevole Cossiga ha parlato tanto di iniziative prese dal suo Governo, ma non risulta che sia stato fatto un concreto sondaggio per accertare le reali disponibilità dell' Unione Sovietica di fronte alla eventualità di una moratoria. e se le cose stanno così — cioè se questo sondaggio concreto è mancato — , quali sono le ragioni di questa inerzia, di questa ritrosia? io non so vederne che una: che non avete avuto il coraggio di mettere in discussione la richiesta degli USA, i quali evidentemente, avendo già deciso di costruire e installare in Europa i Pershing 2 e i Cruise, non consentono nulla che possa ritardare o creare intralci ad un programma già deliberato. ma allora, se vi manca l' animo di proporre anche solo una sospensione di sei mesi della decisione, sarà chiaro di fronte all' opinione pubblica italiana che voi non sapete dimostrare di essere autonomi dagli USA, mentre noi abbiamo dimostrato di saper essere autonomi dall' Unione Sovietica . eppure noi siamo convinti che il governo italiano , senza minimamente mettere in discussione i rapporti di alleanza e di amicizia con gli USA, avrebbe potuto e potrebbe ancora adoperarsi per indurre gli USA ad accettare quanto meno una moratoria, che sarebbe un atto di saggezza e che non si comprende in quale misura possa ledere la nazione americana, nella quale, pure, ci sono forze preoccupate per le sorti della distensione e della pace nel mondo. davvero non si possono aspettare sei mesi, quando è ormai accertato che una decisione immediata favorisce, in ogni caso, un nuovo impulso alla corsa agli armamenti e crea, in ogni caso, un clima di tensione tra i due blocchi ? e non pensate al rischio di mettere in forse i risultati faticosamente raggiunti dopo anni di complesse trattative e che hanno portato, con tenaci sforzi di tutte le parti, a mettere fine al periodo della guerra fredda e all' aprirsi di un processo positivo di distensione e di cooperazione in Europa? soffermatevi, inoltre, a considerare per un momento quale potrebbe essere il giudizio dei popoli e delle nazioni del terzo mondo di fronte ad un atto che accumula nuove armi in Europa e che comporterebbe un nuovo sperpero immenso di ricchezze. un atto di questo genere toglierebbe credibilità a tutti i discorsi che i paesi dell' Occidente europeo vanno facendo sulla loro volontà di contribuire al sollevamento e allo sviluppo delle aree economicamente arretrate di altri continenti, sulla lotta contro la fame, sulla necessità di una cooperazione rivolta a creare un nuovo ordine economico internazionale. da qualsiasi parte si guardi al problema, insomma, la necessità che si profila urgentemente è quella di un rovesciamento della tendenza attuale. il compito più immediato, certo, è quello di fermare la corsa agli euromissili da tutte le parti. ma non meno rilevanti e impegnativi debbono essere gli sforzi per rilanciare la trattativa di Vienna sulla riduzione delle armi convenzionali, per assicurare il successo della conferenza per la sicurezza europea di Madrid, per arrestare la proliferazione nucleare e porre un argine al commercio mondiale delle armi. e infine perché, una volta approvato il SALT II , si vada ad un SALT III che porti già ad una riduzione degli armamenti nucleari, che concorra all' obiettivo più vasto, ma ormai indispensabile, della messa al bando, attraverso un accordo internazionale, di ogni tipo di arma atomica e nucleare, che resta una delle aspirazioni più sentite dell' umanità. onorevoli colleghi , anche nell' eventualità, che vorrei ancora sperare non si verifichi ma che purtroppo sembra molto probabile, che la maggioranza della Camera dia un assenso alla posizione espressa dal Governo, noi continueremo — e anzi intensificheremo la nostra lotta per misure, di disarmo che comprendano gli armamenti di ogni tipo, continuando e intensificando le iniziative di massa, di partito e unitarie, che già hanno cominciato a svilupparsi in varie parti del paese. la nostra posizione non è davvero isolata. non lo è certo dai sentimenti, dalle speranze ed anche dai timori di grandi masse di popolo, di lavoratori, di giovani ai quali soprattutto dobbiamo pensare per assicurare loro un avvenire che non sia di paura, di terrore, di distruzione, di morte. e non lo è da quella di non poche forze politiche europee e di forze di grande autorità spirituale, come la Chiesa e vari movimenti cattolici. questi hanno assunto posizioni in netto contrasto con quelle enunciate nella mozione della Democrazia Cristiana . spero non mi si vorrà accusare di strumentalizzazione se citerò alcune di queste posizioni. se lo faccio è anche perché su di esse molti organi di stampa e mezzi di comunicazione, e la stessa Democrazia Cristiana , hanno steso una coltre, di silenzio. l' onorevole Cossiga, poi, è sembrato considerarle quasi solo come delle testimonianze. e invece si tratta di posizioni e di ammonimenti assai precisi, che hanno già dato luogo ad appelli, ad iniziative e persino a manifestazioni, come quella che si è svolta ieri a Vicenza. ricorderò, in particolare, i due appelli lanciati dall' Azione Cattolica , dalle Acli, da Comunione e liberazione , dalla Pax Christi , dalle associazioni « mani tese » , Serminge altre ancora, di cui vale la pena di ricordare qualche passo. dice il primo appello del 31 ottobre scorso: « la problematica sollevata dalla richiesta americana di accogliere anche in Italia l' installazione dei missili Pershing e Cruise, per ristabilire l' equilibrio europeo nei confronti dell' Unione Sovietica , e dalla lettera in proposito scritta da Breznev a Cossiga, non può lasciare indifferente nessuno. di fronte alla nuova minaccia imposta dalla politica dell' equilibrio del terrore — si legge in questo manifesto delle organizzazioni cattoliche — facciamo appello alla coscienza e alla responsabilità dei rappresentanti del popolo italiano in Parlamento, perché compiano ogni sforzo per uscire dalla spirale del potere distruttivo, evitando che l' umanità sia costretta a percorrere questo tempo di avvento umano e cristiano, che ci separa dall' anno Duemila, aggrappata ad un missile. la pace la si prepara e si garantisce con la giustizia, con un nuovo contratto di solidarietà organico fra i popoli, non con rampe di missili » . dice il secondo appello del 2 dicembre: « possiamo davvero pensare di camminare verso un tempo di avvento umano e cristiano, accettando di garantire una situazione di pace attraverso la logica dell' equilibrio del terrore, che continua ad essere quella dominante nel mondo? in particolare, di fronte alle minacce che di continuo si impongono, riteniamo che un vero spirito di pace esiga di puntare su tutte le vie negoziali possibili e perseguibili per realizzare la distensione al livello più basso di armamenti, con l' obiettivo di rifiutare la strategia del riarmo nucleare » . potrei citare, onorevoli colleghi , molti altri documenti e discorsi di governi, partiti, dirigenti politici e organizzazioni sindacali europee, che vanno nel senso della nostra proposta. sono forze dalle ispirazioni più varie e diverse, anche se in prevalenza si tratta dei partiti socialisti e socialdemocratici europei, siano essi al Governo del loro paese o all' opposizione. è una lunga lista. ma mi permetterò di citarne brevemente almeno due, che danno l' idea di quanto esteso sia lo schieramento che dubita (un dubbio non « inquinante » , ma salutare, onorevole Cossiga) della bontà di una decisione affrettata il 12 dicembre. Frank Allaum, presidente del labour party , ha dichiarato a L'Unità del 30 novembre: « dobbiamo insistere per la trattativa sulla riduzione bilaterale del potenziamento missilistico in Europa. se la decisione di installare i Cruise e di Pershing nei paesi della NATO dovesse venir confermata dai ministri della difesa il 12 dicembre, ne risulterebbe un grave danno per le prospettive di negoziato » . è il governo della Danimarca a dire, attraverso le dichiarazioni rese in Parlamento il 27 novembre dal Primo Ministro socialdemocratico Joergensen e dal ministro della Difesa Olesen: « ... noi non possiamo chiedere agli altri paesi della NATO di accettare missili sul loro territorio, mentre abbiamo intenzione di continuare a non averne sul nostro (...) una moratoria delle decisioni NATO è necessaria per avviare immediati negoziati » . si aggiunge: « ... adottare una decisione il 12 dicembre significherebbe erigere ostacoli sulla via della distensione e del disarmo. perciò proponiamo una moratoria di almeno sei mesi e l' avvio di immediati negoziati. naturalmente si attende che l' Urss dia concreti segnali di disponibilità » . ho citato posizioni apertamente favorevoli al negoziato, che del resto non viene negato come necessario neanche in questo Parlamento, ma vorrei anche ricordare quanto sta avvenendo sull' altro fronte, che chiamerei degli avversari della pace e della distensione. nessuno può nascondersi che la questione dei missili stia divenendo un terreno di riorganizzazione e di lotta più generale di una parte cospicua delle forze più conservatrici e reazionarie dell' Europa occidentale . non a caso il governo conservatore della signora Thatcher ha assunto una funzione di punta in questo senso: le sue dichiarazioni arrivano a mettere in discussione gli stessi concetti politici di parità strategica e distensione. il candidato democristiano alla Cancelleria delle prossime elezioni tedesche, Franz Josef Strauss, dichiara pubblicamente (Express del 29 settembre) di condividere « pienamente le attuali opinioni di Kissinger » ; dice che « la distensione è stata determinata da illusioni » e che la « ostpolitikè stata un errore, un' auto illusione e un inganno » . il discorso di Kissinger a Bruxelles è stato salutato con soddisfazione e persino con gioia da molti; in quel discorso — come sapete — si parla apertamente dell' abbandono della politica di controllo degli armamenti, si attacca il SALT II , si richiede il ritorno alla superiorità militare dell' Occidente e si ventila persino la legittimità della guerra contro i produttori di materie prime ! cito come sintomo, ma anche come espressione di una regressione sui drammatici problemi della pace e della guerra, l' elogio che Raymond Aron (Express del 22 settembre) ha rivolto al discorso di Kissinger chiedendo che la si finisca « con il culto della distensione » , che non si « approvi il SALT II » , che si liquidi la teoria del controllo degli armamenti. penso che il contesto complessivo nel quale si svolge il nostro dibattito dovrebbe indurre ad una maggiore ed ulteriore riflessione quanti dicono di volersi battere per il negoziato. esso conferma infatti che la questione dei missili non può essere ridotta a mero patto tecnico-militare, ma inciderà immediatamente anche nella vicenda politica europea ed in particolare nella spinta che può dare ad una controffensiva di destra, di cui abbiamo già segni vistosi. signor presidente , onorevoli colleghi , concludo. ho cercato di richiamare la vostra attenzione sugli elementi politici, tecnici e concettuali della questione su cui dovremo votare. il quadro che abbiamo delineato non consiglia espressioni retoriche, ma impone freddezza, oggettività e consapevolezza della posta in gioco .