Achille OCCHETTO - Deputato Maggioranza
VIII Legislatura - Assemblea n. 624 - seduta del 08-02-1983
Sull'Alto Adige
1983 - Governo III Moro - Legislatura n. 4 - Seduta n. 508
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , non so se il presidente del Consiglio ed i membri del Governo ritengano di aver chiuso brillantemente la grave questione che hanno aperto davanti al paese ed al Parlamento; se è così, si sbagliano e dimostrano di non aver compreso la sostanza di un problema di portata istituzionale che chiama in causa quella riflessione di natura costituzionale a cui molti dicono di voler guardare, sostenendolo sia pure soltanto a parole. innanzitutto vorrei ricordare, non solo più al ministro De Michelis ed al presidente del Consiglio , ma a tutto il Governo, che noi vi avevamo già ammoniti, allorquando il compagno Napolitano aveva dichiarato, nel corso della precedente seduta dedicata a questo tema, che le responsabilità del presidente del Consiglio e del Governo sulla vicenda dell' Eni non avrebbero potuto che aggravarsi, se prima del voto della Camera sulle risoluzioni presentate presso la Commissione bilancio e su significative mozioni, si fosse proceduto alla designazione di un candidato alla presidenza dell' Eni, incarico tuttora ricoperto dal professor Colombo. oggi possiamo dire che la posizione del Governo, nel suo complesso, si è aggravata, perché le recenti deliberazioni dello stesso Governo sull' Eni stanno purtroppo a dimostrare che quanto era avvenuto con la deplorevole azione promossa dal ministro delle partecipazioni statali , ed avallata dal presidente del Consiglio , non era un incidente di percorso, dal momento che si continua a perseverare diabolicamente nella logica della lottizzazione, come è accaduto per la nomina dei componenti della Giunta; si continua a perseverare nel disprezzo del Parlamento, perché non sono stati sanati i vizi procedurali che rendono del tutto inesistenti le dimissioni; si continua a perseverare nella pratica della trattativa privata, perché, ancora una volta, privati cittadini, come i segretari di partito, si arrogano il diritto di contrattare, promuovere, telefonare e disporre. a questo proposito, vogliamo essere molto chiari: il prestigio di Reviglio non può mettere un coperchio sulle vostre responsabilità. e, proprio perché conosciamo qualità e doti tecniche e politiche dell' uomo, ci rammarichiamo sinceramente che la discussione sul suo nome non possa essere separata da questa inaudita vicenda e che la sua candidatura sia venuta in un contesto così inquietante. ebbene, se credete di fare come i fuggiaschi che, sorpresi dagli inseguitori, si nascondono dietro il corpo di un passante per ripararsi, vi sbagliate. il ministro De Michelis , il presidente del Consiglio Fanfani ed il Governo non ne escono indenni, come testimonia la vera e propria rivolta dell' opinione pubblica e del mondo della scienza. non è il caso di tornare su tutti gli aspetti di questa vicenda, già rigorosamente denunciati nel corso della precedente discussione. ciò che oggi importa mettere in luce è la perpetuazione del colpo di mano originario. e, nel fare questo, signor presidente del Consiglio , non possiamo esimerci dal rilevare, con la necessaria severità, come la macchinosa tecnica del colpo di mano , che ha condotto ad architettare le false, apparenti dimissioni del professor Colombo, si fondasse per di più su una menzogna e sulla deformazione delle intenzioni dell' attuale presidente dell' Eni, se è vero che, nella lettera da lei citata in quest' Aula, senatore Fanfani, Colombo chiedeva esattamente il contrario di quanto è stato affermato e pregava (lo ha ricordato già ieri l' onorevole Bassanini) il ministro di procedere alla nomina del nuovo presidente dell' Enea. da qui emerge che la leva su cui vi siete appoggiati per sollevare Colombo, quella dell' incompatibilità, niente altro era che un fuscello. qui sta, infatti, l' attualità e la perdurante validità delle nostre risoluzioni e delle mozioni presentate in questa Camera. Colombo è ancora presidente dell' Eni, non ci sono incompatibilità di sorta e non si sono ancora dichiarate le ragioni del suo defenestramento. ella, dunque, signor presidente del Consiglio , sarebbe stato indotto ad ingannare il Parlamento. e perché lo avrebbe fatto? perché, molto probabilmente, l' atto stesso di costituzione del suo Governo si fondava, almeno in parte, su quell' intrigo. infatti, se è vero che tutta la vicenda si spiega forse con la puntuale esecuzione di un impegno assunto come condizione per la stessa formazione del Governo, allora il Governo ritrova la fonte del suo comportamento illegittimo nell' inganno, nel metodo spartitorio, nella logica della spoliazione progressiva dello Stato. e oggi vi presentate con una copertura, credendo così di farci accettare quei fatti, quelle trame ardite alle spalle del Parlamento. ci troviamo, invece, di fronte ad una vera e propria usurpazione del potere parlamentare. ci troviamo di fronte alla sostituzione di poteri legittimi con poteri privati e illegittimi, per cui è potuto avvenire (pensate la gravità!) che — nel momento stesso in cui, alla luce del sole, l' opinione pubblica celebrava le speranze di un nuovo corso con la nomina dei professori Prodi e Colombo — nell' oscurità i poteri occulti sancivano il meccanismo dell' infeudamento, inserendo un altro tassello nella più vasta opera di neocorporativizzazione dello Stato con le loro leggi segrete che, per essere rispettate, hanno bisogno delle loro sanzioni, e anche della vendetta per chi disubbidisce alle regole di quel gioco. ora lo comprendiamo: probabilmente, nasce proprio di qui la logica aberrante dell' azzeramento; dunque, per accontentare, e non troppo, Di Donna, bisognava sollevare il professor Colombo. dal che sorge spontaneo l' interrogativo che già è stato posto: ma chi è mai questo Di Donna? donde ricava la sua particolare dotazione di potere e di contrattazione? badate: ci troviamo, in generale, dinanzi ad un problema fondamentale per le sorti della democrazia. e, se è vero che l' oggetto, che l' arcano di tutta l' indagine sui poteri occulti e sulla P2 consiste, in buona sostanza, nel voler capire come si determinino certe rendite di posizione, anche questo è un tema di alta riflessione istituzionale e comporta le indagini sulla tematica stessa della trasparenza dell' istituzione. e non si tratta soltanto di poteri di contrattazione, ma anche di poteri — come dire — di ricatto, perché le stesse recenti rivelazioni dell' Espresso, dove sono apparse oscure allusioni del Di Donna, stanno a dimostrare a cosa conduca la logica della compensazione. prima assistiamo alla lottizzazione dei beni e degli enti, poi alla lottizzazione ed alla compensazione degli illeciti, delle reciproche responsabilità e delle illegalità, da cui promana, dai vertici, dai punti più alti dello Stato, quella guerra per bande che dilaga poi in tutta la società. questo, badate, è il vero terreno di coltura dei poteri occulti . ecco a cosa porta la lottizzazione e la guerra per bande: al ricatto, alla ritorsione, all' equilibrio della menzogna, alla minaccia di parlare qualora tale equilibrio si rompa. ed è così che lo scandalismo nasce dalle voci che emergono dal sistema di potere, rivelano brandelli di verità che galleggiano sull' onda della ritorsione, della minaccia, dell' avvertimento o della vendetta postuma. ma come volete che una parte di questo Parlamento indaghi sui poteri occulti e sulla P2 se poi si riproducono quotidianamente i terreni di coltura di quel male, che può soffocare dall' interno le nostre istituzioni? ecco perché voi non avete proposto solo l' « azzeramento » di Colombo ma anche l' « azzeramento » del decoro, l' « azzeramento » delle funzioni del Parlamento, l' « azzeramento » delle prerogative istituzionali. ecco perché, onorevole De Michelis , non puoi stupirti del fatto che noi non abbiamo apprezzato il marchingegno dell' « azzeramento » . non è questione di ministri socialisti o di ministri democristiani, non è questione di rivalse interne alla sinistra; non immeschiniamo il dibattito, è in gioco ben altro: è in gioco la libertà della politica di tutti, anche la vostra (e lo sapete benissimo). per il momento, al di là dell' arbitrio, rimane l' unico problema oggettivo davanti a questo Parlamento: che senso ha discutere delle competenze, del prestigio e dell' onestà del professor Reviglio quando queste stesse competenze, questo stesso prestigio, questa stessa onestà erano assicurate da Colombo, da pochi mesi presidente dell' ente, non dimissionario e da nulla impedito? questo è il problema vero. per questo avevamo chiesto che non intervenisse alcuna decisione del Governo prima di questa discussione; per questo oggi ci troviamo di fronte ad un altro colpo di mano ; per questo riconfermiamo la responsabilità diretta di De Michelis , riconfermiamo la deplorazione e le richieste contenute nella nostra risoluzione. ma deploriamo anche l' accettazione di quell' operato da parte del Governo, accettazione fatta, forse, anche per poter lottizzare in altre direzioni, come è avvenuto con il Banco di Napoli ed il Banco di Sicilia . il compagno Labriola mi scuserà se non nomino tutte le malefatte, che oggi non sono all' ordine del giorno . l' abbiamo già fatto altre volte e, purtroppo, avremo tempo di farlo ancora. compagni socialisti, la polemica sui due pesi e le due misure, per cui noi riserveremmo particolare attenzione ai ministri della Democrazia Cristiana , oltre ad essere profondamente falsa nei fatti e deviante nella sostanza, è la riduzione di tutto allo spirito antisocialista, al contrasto con il partito socialista . questa vostra polemica deriva dal fatto che vi ostinate a non prendere sul serio un punto centrale della nostra impostazione; l' errore è di aver sempre ironizzato o ridotto a mero moralismo la nostra impostazione della questione morale , il non aver compreso che cosa significasse l' averne fatta una condizione preliminare per le alleanze, non subordinandola alla scelta di schieramento. lo sappiamo, questa nostra è una scelta ardua, ma è la nostra scelta e deve coinvolgere tutte le forze politiche oltre che noi stessi. badate: alla base di questa scelta ci sono eventi concreti, come quelli di cui discutiamo oggi. ciò perché non volevamo e non vogliamo trovarci nella condizione di dover fare il tifo, di parteggiare tra opposte lottizzazioni e occupazioni di potere, né vogliamo ridurci a chiedere di partecipare noi stessi a quella logica e a quel tavolo di gioco. abbiamo posto come prioritaria la questione morale e sappiamo — lo sappiamo benissimo — che all' origine esiste un problema: quello della partecipazione alle coalizioni con la Democrazia Cristiana , dentro le quali si sviluppa una lotta sorda. sappiamo quanto sia esteso quel sistema di potere, tant' è che noi abbiamo posto il problema dell' alternativa in quella direzione; ma sappiamo che quel problema poteva porsi anche a noi, qualora fossimo entrati in una coalizione. ma è proprio per questo, badate, che non vi diciamo che siamo migliori. certo anche noi in quel meccanismo avremmo trovato difficoltà pesanti; ma è proprio per questo che mettiamo le mani avanti, che determiniamo una precondizione al di sopra degli schieramenti e chiediamo, in buona sostanza, un cambiamento delle regole del gioco . voi non potete non prendere in seria considerazione questa posizione politica; potete discuterla, ma non potete scambiarla per una volontà aprioristica di aggressione. dovete, invece, discuterla per quella che è: una condizione fondamentale per l' alternativa, condizione che noi poniamo agli alleati, ma anche agli avversari, se è vero che le alternative possono avvenire solo in un quadro di risanamento della vita statuale, quella nuova statualità di cui si parla tanto, a parole. il caso specifico nasce, però, a causa del ministro De Michelis . ma credete davvero che ci saremmo comportati diversamente se quell' azione fosse stata promossa da un ministro democristiano? naturalmente questa è una domanda retorica, che non attende risposte nel futuro, perché le ha già nel passato, e voi lo sapete benissimo. deve essere chiaro, dunque, che la ricerca di una impostazione nuova nel rapporto tra partiti e istituzioni riguarda l' insieme dei partiti, compreso il nostro, e tutte le istituzioni. non conosce esenzioni e porti franchi a sinistra, ma nello stesso tempo ha ben presente la responsabilità storica della Democrazia Cristiana , come socio fondatore di questo sistema, come attuale detentore del pacchetto di maggioranza, di un pacchetto così ampio da vanificare la scelta della concorrenzialità interna a quel sistema. una scelta, badate, doppiamente perdente, perché è perdente sul terreno della spartizione stessa del potere ed è perdente sul terreno della credibilità e della forza di attrazione dell' alternativa. come vedete, la nostra è una critica ed una esortazione che non solo non sono in contraddizione con l' alternativa da noi proposta, ma che noi conduciamo nel nome stesso dell' alternativa democratica. infatti, come si può pensare che compito di una forza di sinistra come la nostra sia di sostenere le sinistre interne al Governo, in una gara di lottizzazione e di occupazione del potere? perché, nella sostanza, questa è la vostra pretesa. no! e proprio nel non voler accettare questo schema della lotta politica, che porta tutta la democrazia alla sua sconfitta, è proprio qui che emerge il vero problema: quello della rifondazione dello Stato, della rifondazione della politica e della rifondazione dei partiti. ed è solo all' interno di questo problema più ampio che è possibile sbloccare il sistema politico ed aprire una nuova stagione della vita politica italiana . per questo, non accettiamo l' « azzeramento » delle istituzioni, che con il vostro metodo oggi, di fatto, ci proponete. e nello stesso tempo concordiamo con la nota della segreteria del partito repubblicano , quando afferma che occorre fissare ferree regole di comportamento su una materia (le nomine ai vertici degli enti pubblici ) che non tollera più intromissioni indebite delle forze politiche , e quando aggiunge che l' occupazione della società civile , cioè i nuovi feudalismi, rappresentano un pericolo incombente sulla Repubblica. ma per rispondere a tali questioni bisogna rispondere alla domanda più generale: quale Stato, quale rapporto tra celerità, efficienza, decisione e partecipazione democratica? in questi giorni si è avviata una strana polemica, quasi che coloro che conducono la battaglia contro la lottizzazione fossero dimentichi delle ragioni della politica, dei partiti e della loro funzione di sintesi e progettuale. ma chi conduce questa polemica non vede che oggi non opera più la concezione liberale dello stato di diritto e nemmeno una sorta di dirigismo razionalizzatore ed illuminato, bensì una contrattazione arbitraria che abbassa, in tutta la società, la soglia della legalità. il « muretto » della giustizia è così basso che tutti possono saltarlo e l' illegalità si estende. l' apprendista stregone evoca le mafie, le camorre e i poteri occulti . come rispondiamo a questo stato di cose ? noi crediamo — e questa è una delle ragioni di fondo della nostra evoluzione teorica, della ricerca del socialismo nella libertà, di una via originale al di fuori dei modelli fino ad ora sperimentati — che la risposta non sia né nel neoliberismo corporativo, né nel dirigismo, sia esso limitato o prevaricato e corrotto, ma in un processo di socializzazione, di democratizzazione dell' economia in cui è necessaria una complessiva ridefinizione dei rapporti tra pubblico e privato, tra programmazione e funzioni del mercato. ebbene, perché non ricercare proprio su questo terreno le nuove frontiere dell' unità a sinistra e le condizioni di un Governo dell' alternativa? badate, è lo stesso Baget Bozzo che, con qualche ragione, dice ai compagni socialisti che il nuovo corso socialista avrebbe dovuto mostrare la sua avversione alla gestione politica dell' industria di Stato e quindi garantire agli enti di gestione e in genere al management una responsabilità autonoma. e il partito socialista di Rimini — dice sempre Baget Bozzo — che sarebbe dovuto essere in prima fila contro la linea. spartitoria, invece di radicalizzare il principio della spartizione, come ha fatto, dal momento che, non avendolo contestato, non poteva che irrigidirlo. quando si fanno queste affermazioni, ci si richiama improvvisamente alla funzione insostituibile dei partiti. anche a tale proposito bisogna dare risposta alle domande di Baget Bozzo , quando si chiede perché i partiti siano diventati così insensibili alla loro funzione originaria, quella, cioè, di rendere pubblico il privato, perché abbiano così radicalmente dimenticato il loro compito di socializzare la società, perché, rovesciando le loro regole originarie, siano diventati gli spartitori privati del bene pubblico. ecco perché vorrei dire al compagno Amato, che l' altro ieri, forse con eccessivo distacco, ha voluto fornire un nuovo sfondo a tutta la vicenda, che nella nostra impostazione non è affatto implicita la richiesta di eliminare i partiti. al contrario: noi vogliamo risanare tutta la vita pubblica , proprio perché temiamo che, se si continua così, saranno le forze conservatrici e reazionarie a mettere sotto accusa il sistema stesso dei partiti. non so chi soffi sulle vele della nuova destra: bisognerebbe compiere identificazioni precise; ci troviamo ormai troppo spesso di fronte ad un linguaggio evocativo e millenaristico, quasi profetico. ma non soffia certo sulle vele della nuova destra chi, come noi, ha posto come perno della propria concezione istituzionale non il Governo dei tecnici, sia chiaro, ma la difesa strenua della sovranità popolare , in una linea di sviluppo di una democrazia di massa, attraverso la ricerca di democrazia industriale, da porre a base del Governo democratico dell' economia. come non vedere che la critica alla lottizzazione, all' identificazione del partito con l' occupazione dello Stato, la compiamo proprio al fine di esaltare la funzione originaria dei partiti, la nobiltà stessa della politica, perché i partiti si riducano ad essere dei sensali, dei mediatori tra favori e voti, ma siano ricondotti alla loro funzione, che è quella di avere un duplice rapporto, sia con la società civile che con lo Stato, come portatori di progetti e come attori primari anche di uno scontro acceso, ma alto, su scelte e opzioni generali, in rapporto con i nuovi movimenti che sorgono dalla società? solo così, caro Amato, i partiti possono garantire anche la provvista del personale politico che opera nello Stato. quando mai noi abbiamo parlato di un mero Governo dei tecnici o degli scienziati? il problema che noi poniamo è quello del rapporto con il popolo; ed è in tale rapporto che si colloca la questione decisiva del rapporto tra politica e competenze. si badi: noi parliamo di politica e di competenze, senza eliminare nessuno degli aspetti del problema, ma senza eludere la questione posta dalla vera e propria rivolta degli scienziati e dei tecnici, cioè non quella di mettere i tecnici al posto dei politici, ma di chiedere ai politici di non travalicare il proprio ruolo istituzionale. si tratta della questione stessa della necessità di sancire nuovi criteri per le nomine negli enti pubblici , per dar luogo ad un effettivo risanamento nei rapporti tra partiti e istituzioni, tra Governo e settori economici e scientifici, per debellare i focolai della corruzione e dell' arbitrio. ed è proprio nel quadro del più generale rapporto democratico con il popolo che noi siamo pronti a confrontarci con tutte le proposte, come quella venuta da uomini dell' autorità del professor Montalenti, su forme e canali istituzionali volti a far valere la capacità di giudizio della comunità scientifica in scelte da ispirare a criteri di reale competenza specifica. e ciò è esattamente il contrario che rispondere a suggestioni tecnocratiche, avulse dal controllo democratico. non si tratta solo dell' Eni, o della Rai, dell' occupazione del potere in queste istituzioni centrali. noi ci troviamo di fronte ad una occupazione diffusa del potere in tutte le istituzioni. infatti, cosa c' entrano le ragioni della politica e dei partiti con il marciume istituzionale nel Mezzogiorno ed in alcune regioni come la Calabria, dove le assemblee locali sono in crisi permanente, dove noi stessi molte volte, sbagliando, diciamo: « quindi, tutto è bloccato » ? no, lì sono state mandate a casa le assemblee, i partiti, mentre rimangono gli organi esecutivi a continuare i loro affari; vanno a casa i partiti e rimangono i tecnici del malgoverno! un modo originale per sciogliere le assemblee, un vero e proprio colpo di stato strisciante. siamo allora noi che poniamo il problema della funzione della politica e dei partiti: altro che ridurre tutto al Governo dei tecnici, altro che accusarci di aver teorizzato lo Stato senza autorità! è facendo così che si toglie autorità allo Stato! noi, onorevoli colleghi , abbiamo posto al centro un' altra questione; anche attraverso un faticoso e sofferto processo autocritico, per quello che riguarda le esperienze del « socialismo reale » , abbiamo dichiarato che il partito non può gestire la cosa pubblica , non può rappresentare tutta la società, non può identificarsi con lo Stato; e, ora, quasi ci rinfacciate questi concetti, ormai acquisiti, nel nome di una partitocrazia soffocante e onnipresente. no, noi respingiamo la falsa alternativa tra partitocrazia e tecnocrazia; ne fanno fede le nostre proposte di riforma degli enti pubblici , del sistema delle partecipazioni statali e degli enti di gestione, in cui appare chiaro che non pensiamo, De Michelis , che gli enti di gestione debbano essere gestiti separatamente, debbano ignorare gli indirizzi politici del Governo e del Parlamento. proponiamo una riforma delle partecipazioni statali che intrecci e contemperi il ruolo di indirizzo e di controllo svolto dagli organi della programmazione; l' autonomia imprenditoriale delle imprese; la responsabilità individuale dei dirigenti. chiediamo soprattutto che senso ha, all' interno di una visione nuova della definizione dei rapporti tra pubblico e privato, in cui tutte le imprese devono rispondere al quadro di riferimento della programmazione, una gestione separata del ministero delle partecipazioni statali , se non quello di una visione vetero-dirigista che attraverso i padroni di Stato riprivatizza ciò che è pubblico? no, al posto del ministero delle partecipazioni statali noi proponiamo un ministero della produzione industriale che abbia i necessari strumenti e poteri di programmazione e di controllo, lasciando agli enti la responsabilità della gestione sulla base degli obiettivi fissati nei programmi trasmessi dal ministro. ecco perché chiediamo, come ha fatto in questa sede l' onorevole Battaglia, che gli statuti degli enti vengano riformati e approvati dal Parlamento come condizione per rivedere tutta la questione delle nomine, dove appare evidente — ecco il punto — che la valorizzazione delle funzioni tecniche e della produttività debba avvenire nel contesto più ampio della valorizzazione complessiva della democrazia e della partecipazione, garantendo non l' imperio dei tecnici, ma una valorizzazione dei lavoratori, dei tecnici e dei dirigenti. a questi è necessario garantire una autonoma responsabilità nella vita delle imprese, attraverso più avanzate esperienze di democrazia industriale, che comportano i diritti di informazione, i piani di impresa, le conferenze di produzione e tutto un complesso controllo anche dal basso, come si usa dire. qui sta il valore oggettivo, economico e istituzionale della questione morale . per tutti questi motivi, signor presidente , onorevoli colleghi , noi riaffermiamo le ragioni di fondo della nostra opposizione al metodo seguito prima e dopo, perché, come afferma la mozione presentata dai deputati del gruppo repubblicano, siamo anche noi dell' avviso che i motivi che hanno indotto il presidente del Consiglio a proporre il cosiddetto trasferimento, non sono sufficienti e chiediamo, quindi, che il Governo regoli la sua azione sulla base di questo giudizio. sta di fatto che mentre il professor Colombo è ancora presidente dell' Eni, non è stata prospettata nessuna incompatibilità, non è stato formulato alcun parere parlamentare e nessuna giustificazione è stata data della sua defenestrazione. una distonia politica, onorevole Fanfani, rispetto ai diversi atteggiamenti sull' Eni-Petromin, sull' Enoxy! se è così, il Parlamento deve essere chiamato a giudicare. il professor Amato ha affermato una cosa molto giusta quando ha detto che direttori generali e manager delle partecipazioni statali , dirigenti di aziende e di enti che erogano servizi pubblici devono godere di una sfera autonoma di competenza, devono sapere che « salteranno » , dice Amato, cioè che perderanno il posto, se, senza ragionevole motivo, si allontaneranno dai principi di efficienza che erano tenuti ad osservare. ebbene, noi chiediamo ai membri di questo Governo, noi chiediamo al senatore Fanfani: ve la sentite di sostenere che il « dimissionamento » del professor Colombo corrisponde ad una simile circostanza? se non è così — e non lo è — voi siete oggi in una situazione di piena illegalità; ed è per questo che vi siete presentati qui con l' assillo di chiudere un brutto affare, di far credere ad una ricomposizione della maggioranza, di mostrare di aver sanato un contrasto e di coprire con un nome pulito le malefatte magari chiedendo un voto di fiducia . ma non ci siete riusciti, perché oggi la censura e la deplorazione, che noi abbiamo rivolto, presentando la nostra mozione al ministro che ha iniziato l' infausta azione, si estende al presidente del Consiglio e si abbatte su tutto il Governo, che è chiamato così a rispondere delle sue azioni non solo davanti al Parlamento, ma, ormai, davanti a tutto il paese, davanti agli uomini onesti, davanti a tutta l' opinione pubblica .