Bettino CRAXI - Deputato Maggioranza
VIII Legislatura - Assemblea n. 553 - seduta del 31-08-1982
1982 - Governo II Spadolini - Legislatura n. 8 - Seduta n. 553
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , dunque, secondo alcuni nostri illustrissimi colleghi, accompagnati per la bisogna da una nutrita claque di commentatori politici, quando nel Parlamento della Repubblica un Governo viene seccamente battuto, il suo dovere sarebbe quello di non accorgersene, di incassare la sconfitta parlamentare, recitare una giaculatoria di rito, voltare pagina con la indifferenza tipica di chi non ha principi, predisporsi a nuove sconfitte o a nuove umiliazioni e compromessi per evitare nuove sconfitte. questa è esattamente la strada lungo la quale le democrazie parlamentari marciscono e si risolvono nelle loro versioni peggiori. battuto in Assemblea su un provvedimento riguardante un punto significativo del suo programma, e cui il Governo stesso aveva attribuito un particolare valore emblematico, battuto per di più su una questione di costituzionalità, il ministero non poteva non imboccare la strada delle dimissioni. il fatto che alla azione dolosa dei cosiddetti franchi tiratori si fosse aggiunta nelle file della maggioranza quella colposa degli assenti ingiustificati o l' omissione di una iniziativa preventiva da parte del Governo, non poteva cambiare la natura del problema. una crisi perciò scaturita non per una manovra, un calcolo o una imprudenza, come si è affermato e scritto, ma nata da una necessità e da un dovere di chiarezza e di correttezza parlamentare e politica. una campagna d' agosto provocata da un attacco alla politica e al programma del Governo, che ha preso le mosse, in violazione di accordi già collaudati dal voto del Senato, dall' interno della maggioranza. essa si è congiunta con l' attacco delle opposizioni di destra e di sinistra, queste ultime incredibilmente noncuranti del valore e del significato degli interessi in gioco. una campagna d' agosto, signor presidente , che per una parte sarà forse servita a neutralizzare una campagna d' autunno, di cui trapelavano le cattive intenzioni e per lo meno a preavvertire i malintenzionati che su questo terreno i margini sono ormai bruciati. non una campagna singolare e inspiegabile, ma una doverosa iniziativa politica di chiarificazione, motivata e giustificata. per il resto, la crisi, fortunatamente risolta rapidamente sulla base di nuovi accordi e la conferma dei precedenti che erano stati violati, offre, a chi vuole coglierli, gli elementi necessari per intravvedere molto meglio le prospettive verso le quali possiamo incamminarci; ha consentito e consente di fissare, per il Governo e per il Parlamento, un nuovo tracciato che può essere percorso con grande vantaggio per la vita democratica e per la vita istituzionale; suggerisce una più realistica e più veritiera analisi dei rapporti politici, riportando alcune formule alla loro vera natura e al loro vero significato. va chiarita la questione delle elezioni anticipate , rispetto alle quali la nostra posizione per la verità è sempre stata chiara. ripetutamente avevamo dichiarato che, ove avessimo riscontrato una inarrestabile situazione di paralisi e di impotenza, ad essa e ad aggiustamenti trasformistici avremmo preferito di gran lunga il ricorso al giudizio della sovranità popolare . convinti di questo, avevamo ripetutamente dichiarato che non avremmo esitato ad avanzare, assumendone la piena ed aperta responsabilità, una richiesta politica in tal senso: cosa che nel corso di questa crisi il mio partito non ha fatto, dichiarandosi semmai disposto sin dall' inizio ad assecondare lo sforzo del Capo dello Stato diretto a ricercare una soluzione positiva della crisi, ed a valutare tutti gli elementi positivi che potessero emergere dalle consultazioni e dal quadro politico nel suo insieme. in altre occasioni avevamo giudicato negativamente la tendenza, sempre più accentuata, delle forze politiche a comportarsi come se si trovassero nel bel mezzo di una interminabile campagna elettorale , senza che in realtà ne fosse alle viste lo sbocco, con una alterazione evidente dei rapporti, dei toni e delle azioni, che temiamo del resto possa dannosamente riprodursi non appena passata la festa e la paura. nel corso della crisi abbiamo naturalmente considerato lo sbocco elettorale come una delle ipotesi possibili, anche se sin dall' inizio avevamo a disposizione tutti, o quasi tutti, i dati e gli elementi di chiarezza necessari per valutare in modo non improvvisato e superficiale i possibili sviluppi della situazione. aveva contribuito a questa chiarezza, ancor prima della crisi, il nuovo segretario della Democrazia Cristiana , quando, analizzando la situazione politica, ci aveva esposto le ragioni della sua opposizione alla eventualità di una ravvicinata anticipazione delle elezioni, e ci aveva onestamente preannunciato il proposito del suo partito di tentare comunque, in tale eventualità, una iniziativa volta ad impedirle. tale proposito, aperta la crisi, nel momento della confusione e dell' incertezza, trovo subito conferma nell' annuncio secondo cui la segreteria democristiana non era in questo senso solo determinata, ma determinatissima; proposito che nella ipotesi di una mancata ricostituzione della maggioranza, sarebbe andato almeno logicamente a saldarsi con la disponibilità a condizioni minimali offerta subito dall' opposizione comunista, pronta ad inserirsi nell' eventuale vuoto creato da una rinuncia socialista: certo una combinazione parlamentare senza respiro e senza prospettive, ma che si iscriveva in una sua propria logica politica. mi domando allora perché si sia fatto un gran parlare polemico di colpi di sole, di tendenze paranoidi, di gialli. su questo punto non è neppure necessario rispondere alla polemica con la polemica, ma è sufficiente far rilevare una contraddizione logica: non ci si può ad un tempo attribuire il merito di aver sventato una minaccia elettorale e disconoscere l' esistenza e la probità dello strumento che sarebbe stato utilizzato allo scopo, e che era del resto il solo parlamentarmente disponibile. sarebbe come lasciare questo benedetto merito proprio ad altri, cui invece si vuole attribuire una colpa. io non so se l' idea concepita in un laboratorio antisocialista fosse destinata a realizzarsi o a fare strada. personalmente non credo, perché penso che tra il dire e il fare c' è sempre di mezzo il mare. comunque noi l' abbiamo sempre giudicata per quella che era, non illegittima o scandalosa ma velleitaria e trasformistica, figlia da un lato della ossessione e della paura delle elezioni anticipate , e dall' altra sintomo grave di una involuzione politica senza programmi e senza principi... il presidente del Consiglio , segretario del Pri, un partito che nella sua tradizione ha sempre tenuto a sottolineare la preferenza verso i contenuti rispetto agli schieramenti, ha trovato proprio nel programma la chiave di soluzione della crisi. se noi avessimo voluto le elezioni ad ogni costo, avremmo potuto sfidare la velleità e il trasformismo insieme, certi che alla fine i conti sarebbero tornati. se avessimo voluto mettere definitivamente in liquidazione una alleanza e una collaborazione politica, non avremmo subito raccolto le indicazioni utili a rafforzarne la continuità. ed è così che invece abbiamo fatto, cogliendo senza esitazioni il senso costruttivo delle nuove proposte del presidente Spadolini. il partito socialista ed io stesso riteniamo che una parte importante del migliore consenso da noi raccolto in questi anni derivi dal riconoscimento della nostra fondamentale coerenza. in tutte le situazioni, anche le più controverse e le più difficili, noi abbiamo ribadito il nostro impegno di fondo a sostegno di una linea di governabilità. basterebbe per questo ripercorrere con onestà di giudizio gli episodi e le vicende di questa ottava legislatura repubblicana, per valutare appieno il ruolo costruttivo svolto dal partito socialista . in politica, come nella vita, è sempre meglio — mi si consenta — non avere la memoria corta. di qui la nostra insofferenza e il nostro rifiuto di una governabilità degradata e in balìa dei franchi tiratori ,....... delle divisioni e delle polemiche eccessive e non giustificate, degli errori di valutazione e di gestione che, pure, non sono mancati. di qui, il nostro vivo interesse sia per tutto ciò che, agendo nella sfera istituzionale , possa consentire alla governabilità di superare le soglie minime che l' angustiano, e di rispondere con efficacia alle crescenti esigenze della società; sia per tutto ciò che, agendo nella sfera politica , possa contribuire al sostegno di coerenti indirizzi di risanamento e rinnovamento. di qui, il nostro giustificato desiderio di non offrire tanto facilmente la testa a quei tribunali che si mostrano pronti ad ogni piè sospinto , a pronunciare sommarie sentenze di fallimento! di qui il nostro interesse evidente a non giudicare soddisfacente una difesa della linea della governabilità costretta ad arrestarsi (sia pure per responsabilità non nostra) al limite dei tre quinti del percorso percorribile della legislatura. quando ci presenteremo agli elettori per chiedere un nuovo mandato, più forte sarà la nostra posizione se potremo dimostrare d' aver assolto o di aver tentato di assolvere (secondo ciò che ci è stato possibile fare) l' impegno che ci eravamo assunti, rispetto al quale non abbiamo tergiversato né fatto capriole. ma nessuno può o potrebbe assicurare il grado di governabilità di cui l' Italia ha bisogno, se permanesse l' attuale condizione delle istituzioni. è vero che i problemi sono politici; che dipendono dalla volontà, dalla qualità e dall' ispirazione nonché dagli obiettivi delle forze politiche : ma è anche vero che la macchina porta la ruggine e le istituzioni o sono incomplete o sono invecchiate e, agendo in una realtà assai diversa e più complessa di un tempo, richiedono un vasto rinnovamento e perfezionamento, nonché una revisione costituzionale che dev' essere attuata nel quadro insostituibile dei fondamentali principi democratici che sono il cardine del nostro sistema. vi sono i problemi — diciamo così — del principe, cioè della direzione politica, e quelli dello Stato, cioè della fondamentale struttura di Governo della società. il tema, riproposto con forza all' inizio di questa legislatura nell' idea di una grande riforma, ha incontrato una fredda accoglienza e sordità diffuse, che preferivano equivocare piuttosto che capire: non sono tuttavia mancate la sensibilità né le iniziative, che da diversi settori hanno cominciato a muoversi nella giusta direzione, e questo avrebbe dovuto essere il compito fondamentale dell' ottava legislatura repubblicana. può ancora essere percorso un importante tratto di strada, se le forze politiche terranno fede agli impegni che assumono. si tratta di avviare un processo riformistico complessivo che, attraverso la revisione di leggi, regolamenti, ordinamenti e norme costituzionali, restituisca al nostro sistema democratico il grado di efficienza di cui ha bisogno per consolidarsi e svilupparsi. si è scomodato persino Carlo Marx per mettere in falsa luce il problema delle riforme istituzionali , che invece da tempo sono più che mature. se ne è parlato come se la questione dello Stato, dei suoi poteri, della sua organizzazione e della sua funzionalità non fosse collocata al centro dei problemi strutturali della società moderna; come se al centro dei poteri dello Stato non si ponesse il problema della democrazia, dei diritti e dei doveri dei cittadini, delle loro libertà e della loro tendenziale eguaglianza; come se, al centro dei problemi della democrazia, potesse essere ignorato il problema dell' efficienza degli interventi, delle decisioni, dei servizi, per un rinnovato sistema di relazioni tra il cittadino e la collettività. ebbene, la questione e ora all' ordine del giorno della politica italiana , non corre il rischio di essere ricacciata lontano, può correre il rischio di essere fortemente contrastata o risolta poco e male. vi ha posto, del resto, il suo autorevole suggello anche il Capo dello Stato , unitamente all' invito, che facciamo senz' altro nostro, a ritrovare, nell' ambito della riforma istituzionale che ci si propone di affrontare, lo spirito costruttivo ed aperto della Costituente. tra le esperienze se ne erano accumulate troppe di negative, che non consentivano il lusso di disporre nuovi rinvii. la forza delle cose spinge la maggioranza parlamentare a conferire un valore prioritario al capitolo, ormai aperto, delle riforme istituzionali . dal punto di vista di chi ha battuto insistentemente un tasto che sembrava un tabù — ed in questo non siamo stati certo soli — questa è una decisione importante, così come sarebbe importante che le più attive forze del Parlamento si muovessero all' unisono in questo riconoscimento, garantendo al processo che si apre il loro specifico contributo ed il loro fondamentale apporto. tra le esperienze negative che ha vissuto e che vive la nostra vita democratica e parlamentare, vi sono quelle che derivano dal voto segreto . su questo punto si sono polemicamente affrontate tradizioni che sono obiettivamente diverse, almeno a partire dai lavori della Costituente, giacché, risalendo alle radici della tradizione nazionale, le tracce conducono fino alla richiesta perentoria del voto palese nelle assemblee legislative, sostenuta con forza e convinzione dalla sinistra risorgimentale e rivoluzionaria. tuttavia, una ragionevole correzione si rende necessaria e non ha più molte giustificazioni la difesa di uno specifico parlamentare italiano, che è solo fonte di vizi e di vizietti, e che non ha l' eguale in nessun' altra importante democrazia parlamentare del mondo e riscontro neanche nella regolamentazione che prevale nelle nostre assemblee regionali legislative. una questione che avrebbe dovuto vedere fin dall' inizio uniti almeno socialisti e democristiani, questi ultimi confortati dalla rilettura del lucido intervento di Aldo Moro all' Assemblea costituente in favore del voto palese e della vera e propria campagna che a sostegno del medesimo indirizzo ebbe a condurre don Sturzo, come ha ricordato proprio nell' ultimo suo scritto, commentando le origini di questa ultima crisi, il compianto Guido Gonella. scriveva don Sturzo sull' Italia: « per quelli che hanno da mostrare un viso al popolo ed un viso all' Assemblea o al Governo e che usano il sistema di giocare con due mazzi di carte, il rifugio allo scrutinio segreto è di una comodità lampante. ma per gli altri, a che scopo cercare tale sotterfugio? e perché non denunziare un sistema così discutibile che non è mai stato adottato dai parlamenti occidentali? » e ancora, scrivendo su Il Popolo : « come costume democratico, come senso di responsabilità , come esempio di dignità e come atto di lealtà verso il corpo elettorale , lo scrutinio segreto applicato ad ogni deliberazione del Parlamento risulta tipico in un periodo che ondeggia tra la mascalzonata aperta e il traffico mascherato. e questo un istituto che è entrato nel sistema parlamentare italiano » — scriveva ancora il fondatore del Partito Popolare e della Democrazia Cristiana — « sia in regime rappresentativo liberale a suffragio ristretto , sia in democrazia a suffragio universale , quale residuo extra organico delle monarchie paternalistiche » . ed affermava: « la verità è che il voto segreto è il rifugio dei deboli, dei senza carattere, degli indisciplinati interiori che al di fuori fanno i conformisti senza dignità » . aggiungeva: « l' Italia è ancora l' unico tra i paesi civili del mondo ad avere questo cancro nel suo Parlamento » . si è invece sentito parlare, da parte democristiana, di « colpo di stato » , non si sa bene se per il gusto del Grand-Guignol o della bestemmia politica. tuttavia, tenuto conto delle posizioni diverse che esistono nel Parlamento, non l' abolizione pura e semplice, ma una correzione alla maniera britannica penso che possa rappresentare un punto di equilibrio soddisfacente o almeno proponibile a tutti per rafforzare la governabilità e chiarirne gli scopi senza di che il quadro della nostra azione sarebbe certamente unilaterale ed incompleto. per quanto riguarda le prospettive politiche, esse appaiono tutt' altro che chiare, mentre dovranno essere necessariamente chiarite via via che ci si avvicinerà ad un' impegnativa prova elettorale. mentre il Governo, con il sostegno delle forze politiche della maggioranza, e quindi anche con il nostro sostegno, che sarà pieno, leale e franco come è sempre stato, si accinge a svolgere l' ulteriore ed importante compito che ha il mandato di assolvere, entro i termini di un tracciato ben definito, spetta alle forze politiche venire in chiaro nei loro rapporti, individuando e definendo nuove prospettive. la Democrazia Cristiana , per bocca dei suoi nuovi dirigenti, ha insistito nel sottolineare il valore dell' attuale alleanza, ponendolo in un rapporto relativo allo stato delle cose : è un po' come dire che siamo scivolati in uno stato di necessità. per parte nostra, condividiamo questo giudizio, giacché abbiamo avvertito in tempo il logorio cui sono stati sottoposti i rapporti politici, l' allentamento della solidarietà, i vuoti determinatisi nello spirito di collaborazione, che pure è l' ossigeno necessario di ogni alleanza politica e di ogni collaborazione. da questo stato di cose sorgono molteplici e legittimi interrogativi; per dare loro una risposta non basta certo la vuota esaltazione di una formula parlamentare. di per sé le formule parlamentari dicono poco, ma ciò che conta è il loro ancoraggio, la loro direzione di movimento, gli obiettivi che esse si prefiggono e che intendono raggiungere. ciò di cui l' Italia ha ed avrà bisogno nei prossimi anni è e sarà una politica di rinnovamento, per sottrarre il sistema democratico alla sua decadenza ed alla sua continua involuzione, nel discredito e nell' inefficienza che allarga il fossato tra lo Stato e la società, per ridurre gradatamente ma drasticamente le diseguaglianze marcate che ancora dividono i cittadini, le classi ed i ceti sociali, per sviluppare in molteplici dimensioni di progresso e di pace il ruolo internazionale dell' Italia. tentando di gettare uno sguardo verso il futuro, non riesco ad intravedere vie diverse da quelle di un vero e nuovo centrosinistra o di una vera alternativa. non potrebbe, per il primo, trattarsi della ripetizione dell' esperienza del passato, che tuttavia ha diritto nella storia ad una sicura rivalutazione, ad una critica più oggettiva sia per le innovazioni che seppe introdurre, sia per le illusioni e gli errori che lo caratterizzarono, ma della ricerca di una nuova linea di incontro tra le istanze del centro politico e le istanze della sinistra. d' altro canto, una nuova alternativa non potrebbe in nessun modo riflettere una riedizione frontista, ma semmai potrebbe essere immaginata come una vasta articolazione di forze democratiche su presupposti non equivoci, in alternativa al Partito di maggioranza relativa, cardine per decenni, nel bene o nel male, di tutte le maggioranze politiche che si sono succedute nella vita della Repubblica. per la verità, ad essere sinceri, al termine di questa campagna di agosto, sono rimasti proprio in pochi a credere che l' alternativa promossa, illustrata e sostenuta dal partito comunista sia una vera alternativa. già aveva poco convinto la rapidità con la quale era radicalmente mutato il giudizio sulla Democrazia Cristiana , passata da Partito Popolare che poteva mescolare le sue bandiere bianche con le bandiere rosse della tradizione popolare di sinistra, a sistema di potere incardinato in alcuni gironi dell' inferno, sfuggendo in tal modo alla valutazione della Democrazia Cristiana per quella che essa è, con la sua vasta rappresentanza di ceti sociali, con le sue contraddizioni e con i suoi immobilismi, le sue tradizioni democratiche e le sue compromissioni di potere, le sue remore conservatrici e le sue aperture progressiste. già avevano ancor meno convinto molte delle interpretazioni successive all' enunciazione della dottrina dell' alternativa democratica, che avevano, infatti, un significato abbastanza inequivocabile. è ora per tutti assai più chiaro, giacché in politica contano i fatti assai più che le parole. e mi si consenta di ripetere, non con un' espressione che L'Unità ha giudicato, forse a ragione, sguaiata, almeno l' esclamazione di verità della favola, e cioè che a questo proposito « il re è nudo » . la cosiddetta alternativa democratica non era e non è altro che la nuova forma dell' opposizione, rivolta a risalire la china di una delusione politica ed a ritessere nel contempo la tela di un possibile, diretto, interrotto rapporto compromissorio. diversamente, non ci sarebbe stata l' offerta che è stata avanzata, anche se maldestramente collocata. in una situazione di difficoltà e di crisi dell' alleanza di Governo ci sarebbe stata la lotta e la battaglia politica. mai come in questo agosto politico, che è stato un agosto di verità non solo per quanto riguarda i comunisti, è tornata di attualità una vecchia polemica del mio amico Leonardo Sciascia, a proposito della confusione linguistica circa l' uso della parola « battaglia » . Sciascia scrive che si chiama « battaglia » lo stare dietro la porta della Democrazia Cristiana . non che sia illegittimo ricercare un accordo con la Democrazia Cristiana , politica che per parte nostra abbiamo ripreso e che manteniamo, chiamandola per tale e come tale difendendola di fronte agli elettori. illegittimo è non chiamare le cose con il loro nome, ingenerando confusione nei termini politici e diffondendo una sensazione di trasformismo che, nel caso recente, smentite a parte, tutti hanno nettamente avvertito. la storia purtroppo si ripete e, come contro i governi Moro-Nenni si suscitò una campagna di opposizione tanto radicale e spietata da favorire la semina di frutti avvelenati, così, di fronte a governi a partecipazione socialista, la disponibilità comunista si chiude come d' incanto, salvo riaprirsi per governi diversi, popolati da fantasmi e destinati a fare non si sa bene che cosa. le manovre al vertice nascondono la sterilità di una politica. penso che in questo modo la politica comunista non potrebbe concorrere, nelle forme diverse e varie che si renderebbero possibili, né all' una né all' altra delle prospettive di cui ho parlato. posso solo augurarmi che il partito comunista sappia trovare il tempo e l' occasione politica per sviluppare con chiarezza non solo le revisioni già avviate attorno ai temi storici, ideologici ed internazionali, che non possono essere lasciate a metà, ma si decida ad affrontare con uguale chiarezza le implicazioni politiche, di politica interna , che ne derivano, ponendo anch' esso tutto sotto il segno di un salutare e necessario cambiamento e rinnovamento. nella situazione che si è creata nei rapporti tra il movimento socialista ed il movimento comunista, tocca ora ai comunisti, anche se più forti ed organizzati, di muoversi nelle direzioni seguite dai socialisti. io dico la mia opinione....... che mi è consentito di dire. ed è un' opinione molto radicata. se si è equivocato, ripeto. nella situazione che si è creata nei rapporti tra il movimento socialista ed il movimento comunista, tocca ora ai comunisti, anche se più forti e più organizzati, di muoversi nella direzione seguita dai socialisti. il Governo deve attuare una politica e svolgere compiti gravi. il presidente del Consiglio ha fatto propria la definizione che noi abbiamo dato di una politica di rigore, di risanamento e di giustizia, necessaria per approntare le più clamorose distorsioni della situazione economica e finanziaria. porre l' accento sul risanamento della finanza pubblica è, per ogni forza politica e responsabile, una scelta obbligata. non ci sarà nessuna duratura ed efficace politica di progresso, di riforme e di uguaglianza se la finanza pubblica continuerà ad affondare disastrosamente, in abissali deficit, che sembrano sfuggire ad ogni controllo. si tratta di procedere con gradualità e con fermezza, ma si tratta in ogni caso di procedere, tanto sul versante delle entrate che su quello della spesa pubblica . si tratta di procedere con equilibrio e con giustizia, richiamando con convinzione i cittadini ai propri doveri e conducendo una lotta aperta tanto alle evasioni quanto agli sprechi, tanto ai privilegi consolidati, che non pagano il loro tributo alla collettività, quanto all' abusivismo dei diritti sociali, ovunque esso sia diffuso, nelle sue forme malsane. noi sosterremo il Governo in un compito che è certamente difficile, convinti della necessità di far tornare troppi conti che non tornano e ben sapendo che i conti non si pagano facendo della demagogia. solleciteremo il Governo a correggere sempre meglio ciò che deve essere corretto nella politica economica , perché insieme siano affrontate le spinte inflattive e le spinte recessive, moltiplicando le azioni e le possibilità rivolte a stimolare gli apparati produttivi e ad arginare, prima di tutto nel Mezzogiorno, il fenomeno della disoccupazione di massa. troppe incertezze, troppe situazioni caotiche, troppe rigidità e troppi piccoli e grandi privilegi congiurano contro lo sviluppo dell' occupazione, reso più arduo dai fattori di crisi che hanno investito tutte le società industriali e tra le quali, tuttavia, l' Italia non è certamente il fanalino di coda . l' occupazione deve costituire l' obiettivo primario delle azioni del Governo, così come non può non essere l' obiettivo centrale della lotta del movimento sindacale . ed è guardando principalmente alle possibilità produttive, alle condizioni necessarie per promuoverle ed all' esigenza primaria dell' occupazione che deve essere superata una situazione di stallo conflittuale, per tanti versi giustificata, e ricercato un nuovo terreno di accordo tra le parti sociali : una politica che, consapevolmente o inconsapevolmente, ricadesse nella tentazione di guarire il malato sottoponendolo a cure adatte ai cavalli, ci troverebbe nella direzione opposta a quella che noi auspichiamo e che noi possiamo sostenere. nella disgregazione sociale delle grandi metropoli, come lei ha detto, signor presidente del Consiglio , il terrorismo sconfitto cerca sempre più i nuovi adepti per le sue imprese assurde e disperate. ciò che resta da compiere, per liquidare i residui pericolosi e per neutralizzare ciò che di esso ancora non si muove, sia nella sfera della intelligenza ideologico-politica sia in quella dell' azione armata, sarà certamente fatto, e non si compirà l' errore, come è stato sottolineato, di abbassare la guardia, e l' azione repressiva dovrà essere accompagnata da un ulteriore sforzo di chiarificazione democratica contro la cultura della violenza, di cui il terrorismo è il figlio primogenito, e di difesa e di aiuto delle posizioni di quanti, usciti dal tunnel del terrorismo, ne rivelano con onestà critica tutti gli aspetti illusori, crudeli ed assurdi. di proporzioni ancor maggiori è la lotta che deve essere sempre meglio organizzata contro i grandi fenomeni criminali che, collegati dal sud al nord, hanno assunto una paurosa consistenza. mafia e camorra sono i nomi storici di organizzazioni ormai moderne, che battono le piste internazionali e che operano nel territorio nazionale intorno al traffico della droga, al contrabbando, al gioco d' azzardo , alla corruzione dei poteri pubblici, al racket silenzioso e metodico, ai sequestri di persona , in uno scenario di violenza e di sangue che non conosce limiti e barriere, neppure quelle delle carceri. è una pagina terribile della nostra vita nazionale, che richiede la più alta reazione da parte dello Stato, senza improvvisazioni e senza polemiche, che ingenerano sfiducia e disorientamento, ma con la consapevolezza che la lotta alla malavita non può essere considerata solo un compito di ordinaria amministrazione , per la sua crescente pericolosità, per le sue connessioni, ivi compresi gli affaristi ed i trafficanti di ogni genere, sovente cittadini al di sopra di ogni sospetto. signor presidente , è in atto un risveglio del sentimento nazionale, e di esso si potevano cogliere i segni positivi prima ancora della straordinaria esplosione di entusiasmo e di passione che ha salutato un' eccezionale impresa sportiva. esso è ispirato da valori democratici e deve essere convogliato al servizio della nazione nell' esaltazione dei diritti e dei doveri del cittadino, con la fiducia nell' avvenire di una società dinamica e vitale, qual è oggi la società italiana , che continua ad essere tutt' altro che la povera Italia di cui parla un cantastorie cosiddetto di avanguardia e che invece non si sa guardare attorno e che confonde, come tanti fanno, la critica progressista con il lamento retorico, nella consapevolezza del ruolo di pace, di civiltà, di cooperazione e di amicizia con tutti i paesi che vogliono esserle amici, che l' Italia ha da svolgere nella comunità internazionale . nella tensione tra est e ovest, che non accenna a diminuire, l' Italia deve mantenersi — a nostro giudizio — nel campo di quanti premono con fiducia non solo in favore della via negoziale che non ha alternative, ma perché i negoziati sul disarmo effettivamente decollino, entrino nel vivo della materia contesa, giungano a risultati significativi, rassicuranti e suscettibili di ulteriori sviluppi. la base fondamentale della politica estera e della politica della difesa italiana dovrebbe sempre ispirarsi al trinomio: pace, sicurezza, indipendenza; un quadro stabile nell' organizzazione della pace che non sopporta e non sopporterebbe egemonie e superiorità militari, ma che richiede un sistema di equilibri e di controlli che possano costituire quel manto di garanzia e di sicurezza che tutti dicono di volere e a cui tutti i paesi indipendenti hanno diritto. nel quadro dei rapporti est ovest , come in altri campi, ci ha sempre poco convinto il ricorso alla guerra economica , alle sanzioni e ai sabotaggi come mezzi efficaci e risolutori di acute controversie o di gravi problemi condizionati da realtà politico-militari. sulla questione dei rapporti economici con l' est e con l' Unione Sovietica non possiamo accettare né la linea del blocco delle iniziative, del resto sempre assai relativo, né quella per troppo tempo perseguita con grave danno per i nostri interessi nazionali e sotto la spinta di potenti lobbies tutt' altro che in disarmo, la via — dicevo — dei crediti ultragevolati, quasi che l' Unione Sovietica fosse un paese povero del terzo mondo e non di gran lunga la più grande potenza militare dell' EuroAsia. mi ha colpito nella controversia sul gasdotto siberiano l' acuta osservazione fatta nei giorni scorsi dal Washington Post quando ha scritto che « quella che doveva essere una prova di forza tra est e ovest si trasforma in una prova di forza fra gli USA e i loro alleati — e aggiunge — che dà ai sovietici il solo vantaggio di politica estera che essi hanno potuto trarre da tutto l' affare polacco » . per quanto ci riguarda, fermo restando il dovere di onorare i contratti già stipulati e autorizzati e ferma restando la nostra indisponibilità verso la concessione di nuovi prestiti di favore, dobbiamo affrontare la questione secondo una valutazione oggettiva del nostro effettivo interesse economico, a partire da una pregiudiziale verifica del calcolo del fabbisogno futuro e prevedibile al fine di evitare l' assunzione di oneri del tutto sproporzionati e del tutto ingiustificati. purtroppo ad est non vi è nulla di nuovo, non vi è stato e non vi è alcun segno che possa contribuire ad allontanare l' atmosfera di tensione che rimbalza da un continente ad un altro. in Afghanistan agli appelli del governo-fantoccio ad accettare un regime sedicente rivoluzionario, di una rivoluzione che si appoggia sulle baionette — si fa per dire — dell' occupante straniero, la resistenza dei patrioti risponde con le armi che sono ancora il solo mezzo per tenere alta la bandiera dell' indipendenza. in Polonia Somoza — così è soprannominato dal popolo il generale Jaruzelski dal nome dello speciale reparto di polizia Somos, con evidente allusione a quello che fu il dittatore del Nicaragua — continuando ad usare i metodi della forza non è certo venuto a capo dello straordinario movimento popolare e nazionale che, formatosi nell' ambito della difesa e della conquista dei diritti sindacali e della solidarietà del mondo del lavoro e nell' alveo di una radicata tradizione religiosa nazionale, ripropone in realtà nel nostro secolo lo storico dramma della libertà e dell' indipendenza del popolo e della nazione polacca. dietro la prigionia di Walesa, che continua nonostante gli appelli che salgono da tutto il mondo e che il primate di Polonia ha drammaticamente rinnovato; dietro i campi di internamento , le misure repressive, contro il proposito che si poteva leggere nel comunicato congiunto russo-polacco del marzo scorso di estirpare definitivamente ogni contestazione in questo paese, ha preso corpo e consistenza una Polonia clandestina che continua, noncurante delle minacce ed anche dei rischi di una sanguinosa repressione, la sua sfida al regime. chi avesse assistito, tre giorni or sono, allo sbarco nel porto di Biserta del contingente militare palestinese che ha chiesto asilo alla Tunisia avrebbe visto il popolo ed il paese più pacifico, più moderato e, per la complessità della sua storia e l' orientamento della sua politica, più occidentale del mondo arabo salutare come eroi i reduci del Libano e di Beirut. segno, questo, di quanto ovunque nel mondo arabo sia diffusa e radicata in un sentimento popolare profondo, che talvolta i governi strumentalizzano o male interpretano, la sensibilità verso la questione palestinese . questa sensibilità è ormai prevalente anche in Europa, oltre che in tutto il terzo mondo africano ed asiatico; e verso di essa comincia a volgersi anche la stessa opinione pubblica americana. non c' era e non c' è una soluzione militare del problema palestinese. non c' era nel senso delle guerre aperte contro Israele o della lotta armata dell' Olp, o del terrorismo dei gruppi più estremisti; non c' è sul terreno dei sanguinosi blitz delle armate israeliane, che non hanno colpito solo obiettivi militari, ma hanno provocato un grande numero di vittime nelle popolazioni civili. « disgraziato il giorno in cui abbiamo messo piede a Beirut » , ha detto recentemente il leader israeliano Abba Eban ed ha aggiunto: « questa terra non è nostra. meno che mai dobbiamo imporre una direzione falangista, che rappresenta una minoranza revanscista, e non una maggioranza capace di portare all' unione nazionale » . e infatti i problemi del Libano sono drammaticamente aperti, con i rischi di una guerra civile di fronte ai quali la Forza multinazionale di cui facciamo parte, per una generosa iniziativa di pace che onora il nostro paese e i soldati volontari che hanno chiesto di parteciparvi, sarebbe non solo impotente, ma esposta a pericoli gravissimi, con armate straniere di occupazione siriane ed israeliane che, invece di ritirarsi dal territorio libanese come sarebbe loro dovere fare, potrebbero nuovamente scontrarsi, con una lacerazione nel tessuto nazionale di quel paese che solo un miracolo potrebbe ricomporre. è aperta più che mai la questione palestinese , cioè del diritto di un popolo all' autodeterminazione, ad un territorio, ad un' entità statuale. contro questo diritto si muove la politica degli insediamenti, delle annessioni, dell' espansionismo dell' attuale Governo di Israele, ispirato dalla fanatica visione di un grande Israele, installato anche su territori che sono abitati e appartengono a popolazioni arabe e palestinesi. la situazione tuttavia deve entrare in una nuova fase, nella quale il negoziato politico si avvii a prendere il posto del confronto militare, e dove le parti in conflitto giungano a riconoscersi lealmente e realisticamente nella ricerca di una soluzione che salvaguardi e garantisca i diritti di tutti. tutto ciò — io penso — richiederà certamente ancora tempo e nuovi mutamenti politici. per questo obiettivo bisogna però lavorare incessantemente, agendo per quanto è possibile sulle parti in conflitto, nel tentativo costante di unificare gli sforzi di quanti hanno compreso la necessità di un nuovo negoziato e di una reale e definitiva prospettiva di pace. nella nuova situazione sono purtroppo presenti anche i pericoli di nuove estremizzazioni, di una nuova corsa verso il « tanto peggio, tanto meglio » . ed è in tale contesto che l' Italia ha il dovere di tendere la mano al più debole, riconoscendo la piena rappresentatività politica della causa del popolo palestinese , e sostenendo nel contempo solo le iniziative che, partendo esclusivamente dal terreno politico, siano volte verso le soluzioni pacifiche, che nella necessaria gradualità sono tutt' altro che impossibili. non vi sarà un nuovo ruolo internazionale dell' Italia se in questi anni, secondo criteri e programmi, non secondo improvvisazioni, noi non sapremo organizzare un' efficace politica di cooperazione e garantire un significativo apporto italiano alla lotta alle diseguaglianze nel mondo, alla fame, alla depressione, al sottosviluppo. in questo campo, se vale poco la demagogia del « tutto e subito » , vale ancor meno la demagogia di chi contrappone i presunti affamati di una società industriale che avanza, come la nostra, alle vittime reali del sottosviluppo, degradante e distruttivo. si tratta di fare maggiore chiarezza di obiettivi e di metodi; si tratta di prevedere un graduale aumento delle risorse che possiamo e che potremo impiegare; si tratta di assolvere al compito, non di nazione neocoloniale, ma di paese amico verso uno o più paesi amici del terzo o del quarto mondo povero e poverissimo. il presidente del Consiglio ha confermato il precedente ministero, nonostante forse avesse qualche buon motivo per procedere a cambiamenti o ancora per proporne. gli auguriamo che la fiducia, che egli ha rinnovato ai suoi collaboratori, sia ben riposta; e così sarà ben riposta anche la fiducia che oggi gli confermiamo, assicurandogli il contributo e il sostegno convinto dei socialisti alla realizzazione del programma annunciato che impegnerà da subito il Governo e il Parlamento. la campagna di agosto, signor presidente , è costata a lei, come a molti di noi, un lavoro supplementare; ma, mi creda, è stata un' opportunità salutare. la vitalità, la correttezza e la verità animano la dialettica democratica, e le prove che essa comporta valgono non solo a rafforzare un Governo ma valgono, più in generale, a rafforzare la democrazia.