Giulio ANDREOTTI - Deputato Maggioranza
VIII Legislatura - Assemblea n. 530 - seduta del 07-07-1982
Sulla situazione del Libano
1982 - Governo I Spadolini - Legislatura n. 8 - Seduta n. 530
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevole ministro, onorevoli colleghi , non è fuor di luogo premettere, nell' esprimere a nome della Democrazia Cristiana una accorata riflessione su quanto sta tragicamente accadendo nel Libano, la nostra ferma e coerente linea politica a difesa del diritto all' esistenza, rispettata e tranquilla, dello Stato di Israele nell' ambito territoriale fissato dalle deliberazioni dell' Onu ed in modo particolare dalla risoluzione 242 del 1967. in questa cornice noi valutammo positivamente gli accordi di Camp David , che andammo anche di persona a difendere in tre delle capitali del « fronte del rifiuto » : Tripoli, Amman e Bagdad. a chi valutava il trattato tra l' Egitto e Israele come una pace separata volta ad indebolire il supporto alla causa palestinese, noi potemmo opporre anche il testo inequivoco della lettera con la quale il presidente Carter ci comunicava l' avvenuta intesa. cito testualmente: « ... poiché il problema palestinese è stato il punto centrale della disputa mediorientale.... gli accordi riconoscono i legittimi diritti del popolo palestinese e gli permetteranno di partecipare alla determinazione del suo stesso futuro. i palestinesi decideranno essi stessi come si governeranno; i loro rappresentanti prenderanno direttamente parte ai negoziati che concernono il loro futuro e i loro rappresentanti eletti voteranno sull' accordo circa lo status finale della Cisgiordania e Gaza.... entro cinque anni, gli abitanti della Cisgiordania e di Gaza istituiranno una autorità dotata di piena autonomia per sostituire l' amministrazione militare israeliana... non vi saranno nel frattempo nuovi insediamenti israeliani nei due territori » . questa interpretazione autentica era stata confermata a me e al ministro Forlani nella visita al Cairo del novembre 1978 dal presidente Sadat, il quale si mostrava fiducioso negli sviluppi in tal senso, che avrebbero fatto ricredere i critici e i diffidenti della sua coraggiosa iniziativa. e chiaro a mio avviso che la garanzia statunitense in questa delicata soluzione impegna quella nazione, per cui è del tutto irrilevante il mutamento personale e di partito intervenuto successivamente alla casa bianca. e fu di conferma in tal senso l' adesione dei parlamentari americani appartenenti al partito repubblicano alla mozione votata a maggioranza nell' Unione interparlamentare invocante il riconoscimento « simultaneo. e reciproco » tra Israele e l' Olp, considerata come autentica espressione del popolo palestinese . a questo traguardo si deve ormai giungere ad ogni costo. la diffidenza da ambo le parti — gli uni per non riconoscere la rappresentatività unica dei palestinesi con il rischio, tra l' altro, di non avere più un interlocutore valido; gli altri per non accettare preliminarmente il diritto all' esistenza dello Stato di Israele che continuano a chiamare « entità sionista da cui si deve liberare completamente la Palestina » — produce conseguenze disastrose, e deve essere fatto un tentativo energico di persuasione da parte dell' Europa, coerentemente con la dichiarazione di Venezia del 13 giugno 1980 e con il recentissimo documento comunitario che ha ripreso una iniziativa autonoma che l' Europa ha il diritto e il dovere di assumere. già il nostro Parlamento, che ha sempre deplorato gli atti di terrorismo contro Israele, ebbe ad esprimere il suo disaccordo con Tel Aviv sui nuovi insediamenti, sulla distruzione della centrale nucleare irachena e sulla annessione giuridica delle alture del Golan già in possesso degli israeliani. sarebbe certo poco obiettivo chi considerasse del Libano solo le ultimissime vicende, con l' assedio di Beirut; da tempo infatti quello che sembrava un paese dalla convivenza esemplare tra gli islamici e i cristiani di antichissimo insediamento, si è andato progressivamente degradando, e presenta oggi una limitatissima sfera territoriale su cui vige l' autorità del Governo nazionale e del suo esercito, mentre quasi ovunque il potere effettivo è nelle mani delle truppe siriane e dei palestinesi armati dell' Olp. ma c' è di più: anche nella ristretta area governativa opera autonomamente una consistente difesa nazionale messa in piedi dai partiti libanesi cristiani. e a tutto questo si aggiunga che la Siria non ha mai riconosciuto l' esistenza di un Libano indipendente e non ha con questo relazioni e scambi diplomatici. tuttavia, nei confronti di chi ipotizza una spartizione del Libano su basi confessionali si è espresso duramente il presidente siriano Hafer El Assad il quale, pur affermando l' unità storica siro-libanese, dichiarò nel luglio del 1976: « noi accettiamo che il presidente libanese ci dica di andarcene o che lo faccia il presidente del Consiglio o della Camera, ma non lo accettiamo da un cittadino palestinese » . la soluzione che si impone ora che il quadro si è aggravato con l' occupazione israeliana e la minaccia sulla stessa capitale è il ritorno del Libano ai libanesi con il ritiro graduale di tutte le truppe straniere, a cominciare da quelle israeliane, e l' accettazione di regole comuni di vita da parte della stessa popolazione palestinese, verso la quale peraltro è assurdo avanzare pretese di esodo, mentre si devono offrire salvaguardie di sicurezza. perché tutto questo sia possibile occorre che una forza internazionale — che a mio avviso dovrebbe provenire dall' Onu e non da accordi od iniziative diverse — sia in grado di tutelare il rispetto del diritto e di appoggiare il ritorno del Libano ad una effettiva normalità. perché parlo di una forza Onu, pur avendo constatato l' insufficienza del modesto campione sperimentato (l' Unifil), la cui proroga per poche settimane è stata a fatica votata nei giorni scorsi a New York ? perché non mi convince l' obiezione (e comunque andrebbe verificata) che l' Unione Sovietica metterebbe il suo veto nel Consiglio di sicurezza . non comprendo infatti perché mai i sovietici dovrebbero preferire la presenza nel Medio Oriente di una forza in qualche modo di parte, rispetto ad una che sia emanazione dell' Onu, e per questo molto più garantista e non suscitatrice di possibili reazioni estensive. onorevole presidente , si sta concludendo in questi giorni all' Onu la sessione speciale dedicata al disarmo, il cui svolgimento è stato fortemente turbato dalle vicende belliche del sud Atlantico, del Libano e del non ancora risolto conflitto tra l' Iran e l' Iraq (due paesi « non allineati » la cui vertenza è anche per questo particolarmente penosa). dalla voce di quasi tutti gli intervenuti nel dibattito è emersa — accanto alla rinnovata connessione tra pace e giustizia sociale — l' angoscia per la sempre più constatata mancanza di un sistema di sicurezza internazionale che impedisca ai prepotenti di dominare ed assicuri ad ogni paese integrità ed autogoverno. la constatazione della diffusa non obbedienza alle stesse deliberazioni dell' Onu induce molti a nuovi (anche se spesso inutili) sforzi di armamento, e genera una micidiale sfiducia verso l' organizzazione mondiale in quanto non riesce a far rispettare la sua Carta fondamentale. pur senza facili ottimismi, che sarebbero storicamente mal posti, credo che, non essendovi altra via valida, da tutti debba esser dato un contributo rinvigorito proprio all' autorità dell' Onu, isolando chi si mette fuori dal patto costitutivo di questa insostituibile entità di pace. e per quel che concerne la drammatica congiuntura attuale del Libano non è concepibile che il popolo israeliano , che tanto amaramente ha conosciuto nella sua storia la persecuzione e lo sterminio, possa consentire ad una politica di aggressività e di distruzione verso un altro popolo, alla cui dispersione e al cui anelito di stabilizzazione non si può rispondere con meri programmi assistenziali e tanto meno con tentativi di umiliazione e di annientamento, che potrebbero anche dare la macabra illusione di una vittoria, ma creerebbero per il futuro una seminagione di odio e di rivincita tale da rendere fosco l' avvenire del presunto vincitore. vi sono momenti nei quali i valori fondamentali della vita devono far premio su ogni calcolo e su ogni compromesso. io credo che l' Italia, direttamente e nella sua collocazione comunitaria e internazionale, debba e possa dare in proposito un determinante contributo.