Giovanni SPADOLINI - Deputato Opposizione
VIII Legislatura - Assemblea n. 520 - seduta del 23-06-1982
1982 - Governo Forlani - Legislatura n. 8 - Seduta n. 219
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

la questione dei conti finanziari dello Stato, e con essa dell' intera politica economica del Governo, è ancora una volta all' ordine del giorno del Parlamento, in occasione della presentazione della relazione sulle stime del fabbisogno di cassa ed in vista della prossima, anzi imminente, scadenza del bilancio di assestamento. il Governo ha inteso con questo dibattito procedere ad una precisa assunzione di responsabilità per quel che si è fatto e per le prospettive che si aprono. per questo motivo è stato deciso l' intervento del presidente del Consiglio in questa Assemblea in luogo di un esame in Commissione con pluralità di interventi dei ministri responsabili. il che, ovviamente, non può significare, signor presidente , che approfondimenti in sede tecnica e più ristretta non siano possibili ed anzi auspicabili; vuol dire soltanto che nel rapporto tra Parlamento e Governo vi sono momenti necessari di chiarificazione e messa a punto : ora è stato ravvisato uno di questi momenti nei quali appare a tutti, e da tutti è stata condivisa, l' esigenza che l' Esecutivo si esprima attraverso la parola di chi ha il compito istituzionale di dirigere la politica generale del Governo e di mantenere l' unità di indirizzo politico e legislativo. al di là di questi nodi istituzionali, sui quali tornerò, le interpellanze che mi sono state indirizzate in questo ramo del Parlamento pongono il problema complessivo della nostra politica economica e finanziaria e vorrei, quindi, ricapitolare un momento i termini del problema. nei documenti di politica economica , predisposti dal Governo nel settembre del 1981 — le anticipazioni della legge finanziaria e la relazione previsionale e programmatica — vennero indicati gli obiettivi di politica economica del 1982 e l' andamento delle variabili, quali il costo del lavoro , il disavanzo pubblico, l' espansione del credito totale, coerenti con le realizzazioni e gli obiettivi indicati per il 1982 nel quadro di un processo di riduzione progressiva dell' inflazione e di ripresa dello sviluppo economico e dell' occupazione da completarsi nell' arco del triennio 1982-1984. quanto agli obiettivi per il 1982, venne indicato un andamento dell' inflazione nella media dell' anno non superiore al 16 per cento e una crescita del reddito nazionale che tendenzialmente raggiungesse i due punti in termini reali. quanto alle variabili strumentali rispetto agli obiettivi complessivi della politica economica , venne indicato nel 16 per cento il limite massimo alla crescita del costo del lavoro (pur tenendo conto parzialmente degli aumenti di produttività), in 73 mila miliardi l' espansione del credito totale interno e in 50 mila miliardi il limite massimo di indebitamento pubblico, coerente con quella espansione del credito e con una provvista non eccessivamente ristretta del credito a favore del settore direttamente produttivo. sottolineo il fatto che la cifra di 50 mila miliardi, come limite all' indebitamento pubblico per il 1982, era il risultato di un calcolo di compatibilità rispetto alle condizioni monetarie e creditizie, alla lotta all' inflazione e al sostegno allo sviluppo e che esso appariva, in ogni caso, di non facile realizzazione sulla base dei dati preparatori del bilancio che la Ragioneria generale dello Stato aveva posto a disposizione del Governo. del resto, risulta chiaro ormai da molti anni che le dimensioni del disavanzo pubblico e insieme la composizione quantitativa della spesa pubblica rappresenta elementi non di sostegno ad un processo di sviluppo non inflazionistico, bensì al contrario, forme di assorbimento improduttivo del risparmio nazionale, tali quindi da generare spinte inflazionistiche nel sistema economico e insieme un inaridimento delle basi stesse dello sviluppo economico del paese. quando — nel settembre del 1981 — quegli obiettivi furono formulati, in base alla mozione motivata di fiducia sulla quale tornerò, il fabbisogno di cassa per il 1981 veniva indicato nell' ordine di 40 mila miliardi di lire e il volume complessivo dei residui passivi del bilancio dello Stato veniva indicato in una cifra anch' essa dell' ordine di 49 mila miliardi. a fine anno queste cifre sono risultate rispettivamente pari, per il 1981, la prima ad oltre 53 mila miliardi, l' altra ad oltre 70 mila miliardi. il credito totale interno, la cui espansione doveva collocarsi intorno ai 64 mila miliardi, a consuntivo ha mostrato una espansione di circa 76 mila miliardi. l' andamento economico del primo semestre del 1982 indica un raggiungimento significativo dell' obiettivo di riduzione dell' inflazione, che ha certamente trovato sostegno nelle condizioni disinflazionistiche del quadro internazionale, ma che trae forza essenziale dalla situazione economica interna, dalla politica delle tariffe e dei prezzi amministrati, dalle condizioni creditizie e anche da un certo rallentamento della dinamica salariale. anche l' obiettivo di crescita del reddito nazionale — da talune parti considerato ottimistico, quando fu preannunciato nel settembre scorso — tende a realizzarsi, secondo le valutazioni più recenti, in ciò probabilmente riflettendo gli effetti ritardati del notevole disavanzo pubblico e della notevole espansione del credito avutasi nel 1981. non intendiamo attenuare né ovattare alcun dato. abbiamo deciso fin dall' inizio di seguire la strategia della verità; nessuno potrebbe rimproverarci di avere mancato sotto questo profilo all' impegno verso il paese. né nelle Aule parlamentari né nel contatto diretto con l' opinione pubblica . il termine stesso di « emergenza » , cui ci siamo richiamati sin dall' inizio con tutto quello che di fastidioso e di irritante è connesso alla parola rispetto ai sacrifici nazionali invocati, indicava una coscienza acuta delle condizioni eccezionali dell' economia, una volontà conforme di affrontarle e di combatterle. l' emergenza è in primo luogo la coscienza dell' emergenza, cioè del pericolo che incombe sulle istituzioni. in tutti questi mesi, ed in particolare nel lungo ed accidentato corso dell' iter parlamentare delle leggi finanziarie e di bilancio, il Governo ha mantenuto rigorosamente fermo il dato relativo al limite del ricorso al mercato, ottenendo che ogni ulteriore spesa fosse coperta da aumenti delle entrate tributarie o extratributarie, aumenti che sono stati del resto finalizzati ad obiettivi precisi. se il fabbisogno non è risultato in linea con il limite dei 50 mila miliardi di lire previsto in settembre ciò non vuol dire affatto che siano state approvate nuove spese o stabilite minori entrate senza specifica ed apposita copertura. tale non corrispondenza del fabbisogno dipende esclusivamente dal fatto che l' andamento dei conti finanziari è stato peggiore delle previsioni. ecco perché l' ipotesi che tale era, dei 50 mila miliardi ha funzionato, sempre e comunque, da freno e da limite. non siamo stati in nessun momento un Governo di lassismo finanziario. la legge finanziaria , la quale stabilisce il ricorso massimo al mercato, non ha subìto un' espansione della cifra inizialmente prevista, pure in presenza di numerose modificazioni, anche comportanti maggiori spese, richieste dai due rami del Parlamento. il limite all' indebitamento — ecco il valore della scelta politica che compimmo in piena coerenza, in piena sintonia fra gli alleati di Governo, non certo per una iniziativa estemporanea del presidente del Consiglio — è stato fatto valere con coerenza e con fermezza dal Governo mediante l' opera dei ministri competenti. noi operiamo in una situazione dominata da gravi squilibri della finanza pubblica , accumulatisi non certo in un esercizio finanziario, ma in un lungo periodo di tempo caratterizzato da una crescita degli impegni di spesa, non corredati da corrispondenti entrate. penso ai comportamenti di organi territoriali dello Stato; penso alla già grave deresponsabilizzazione degli enti preposti all' amministrazione del pubblico denaro. penso a fenomeni di disamministrazione, che si sono collegati a quelli di disattenzione per gli equilibri economici e finanziari del paese, gli uni intrecciati e rafforzati con gli altri. il Governo non ha alcuna ragione di nascondere al paese la gravità di questa situazione e la sua ferma volontà di farvi fronte....... specificando oggi che diviene obiettivo centrale della politica economica la riconquista della capacità di controllo del bilancio dello Stato , che non può in alcun caso divenire una variabile indipendente, tale da condizionare negativamente le possibilità economiche del nostro paese, variabile che le frena e non le favorisce, che le allontana nel tempo e non le avvicina. ma il Governo non può essere posto sotto accusa per cause che riflettono il manifestarsi di condizioni di crisi finanziaria e di squilibri, che da lungo tempo si sono introdotti nel meccanismo della vita nazionale; manifestarsi che la trasparenza della finanza pubblica , dal Governo stesso perseguita, ha consentito di illuminare sotto i riflettori dell' opinione pubblica . non ho aspettato questa seduta per denunciare l' allarmante gravità della situazione. il 26 aprile in quest' Aula, chiudendo il dibattito sul bilancio dello Stato , dissi che troppi impegni sono stati presi nel passato, troppe leggi esistono che comportano automatiche dilatazioni di spesa, troppo elevato e troppo facilmente liquidabile il debito pubblico perché si possa pensare di procedere rapidamente al risanamento del settore. e, a proposito delle spese per consumi pubblici, sottolineai in quell' occasione che il relativo tasso di accrescimento è ormai fuori controllo, in modo tale da dare luogo ad un ampliamento insostenibile del fabbisogno di parte corrente e ad un completo irrigidimento del bilancio dello Stato . lo stesso ritardo, puntualmente rilevato dall' onorevole presidente della Camera e dall' onorevole presidente del Senato, nella presentazione al Parlamento della relazione sulle stime di un documento di così rilevante portata per il controllo e l' indirizzo parlamentare in materia di spesa pubblica , attesta a sufficienza una difficoltà obiettiva, che è politica ma anche tecnica, una difficoltà che non è propria di questo Governo, ma è strutturale di questo Stato nel controllo di taluni centri di spesa pubblica e conseguentemente nelle tecniche di previsione del fabbisogno, nell' incrocio tra stime, tecniche di previsione del fabbisogno e decisioni politiche sull' assestamento. di queste difficoltà, di questi inconvenienti, degli eventuali errori o delle possibili insufficienze il presidente del Consiglio si assume intera la responsabilità: e responsabilità vuole dire anche coscienza ed esigenza di una riflessione istituzionale sugli strumenti di governo della finanza pubblica . non tutto, onorevoli Deputati , può ridursi, secondo la tecnica del giornalismo minore, di colore, alle divisioni fra i ministri, alle differenziazioni, pur comprensibili e ineliminabili, fra i partiti. le riunioni di coordinamento dei ministri economici che, nel non esatto gergo corrente, sono chiamate di « gabinetto economico » e che solitamente precedono le riunioni del Consiglio dei ministri , sono lì a documentare che non tutto è politica. si delinea anche e soprattutto, in tutta la sua ampiezza e in termini diversi dal passato, la questione del Governo pubblico dell' economia. la riforma della contabilità dello Stato operata con la legge numero 468 del 1978 appare per molti aspetti una riforma dimezzata e, per altro, una riforma troppo esigente, mancandone ancora i necessari presupposti. si avverte la necessità di un sollecito approntamento — dopo quello sulla Presidenza del Consiglio , cui abbiamo adempiuto nella coscienza dei gravi nodi istituzionali che incombono sul nostro sistema e che è nostro dovere sciogliere — del progetto di legge sui ministeri, anch' esso previsto dall' articolo 95 della Costituzione, non solo e non tanto in senso giuridico-funzionale, come diversa geografia dei ministeri e differenziazione strutturale in relazione a diversità di funzione, ma anche e soprattutto in senso più propriamente finanziario. risulta infatti troppo meccanico lo scarto tra i ministeri finanziari tradizionali e i cosiddetti ministeri di spesa. l' idea del duplice governo che voi, onorevoli Deputati , tanto spesso cogliete nel rapporto tra le Commissioni di merito e le vostre Commissioni « orizzontali » , prima fra tutte la Commissione bilancio, e che vi fa tanto scandalizzare per la mancanza di un Governo una voce clamans , ha radici molto più profonde del non coordinamento ministeriale, che pure esiste, ma che non è un male di oggi né tanto meno peculiare o caratteristico di questo Governo e che cerchiamo con tutti i mezzi di neutralizzare, oggi con gli strumenti amministrativi che ci siamo dati riformando il gabinetto della Presidenza del Consiglio , domani con gli strumenti legislativi di istituzionalizzazione della stessa presidenza. sono radici che investono la struttura stessa del Governo e, consentitemi di dire, per una inevitabile simbiosi, anche le procedure parlamentari di spesa. sotto questo profilo, infatti, come per l' intera questione del processo di decisione parlamentare, c' è una singolarità italiana, che si può certo difendere o esaltare o criticare, ma che è senza dubbio unica in Europa: quella dell' autonoma decisione parlamentare di spesa pubblica anche contro l' esplicito avviso del Governo, promotore esclusivo della politica di bilancio, sulla mancanza dei presupposti costituzionali di copertura sanciti dall' articolo 81. tutto questo, onorevoli colleghi , sia dal versante governativo sia da quello parlamentare, costituisce un disordine che impone riflessioni urgenti ed appropriati rimedi istituzionali. è inutile che Governo e Parlamento si rinfaccino, in un gioco estenuante e logorante, responsabilità che sono del sistema complessivo, e non pongano mano invece, ciascuno per la sua parte, alle riforme che occorrono in vista di ridare coerenza e controllabilità alla politica finanziaria dello Stato, in una dialettica di ruoli istituzionali tra Camere e Governo che si svolga lungo accettati profili basilari della finanza pubblica . in tale quadro sarebbe certamente auspicabile — e lo stiamo concretamente studiando — che la sessione parlamentare dedicata al bilancio avesse maggior tempo a disposizione di quanto gliene venga ora concesso in forza delle disposizioni vigenti. autorevoli consigli si sono già espressi nel senso di anticipare al 31 luglio, anche per l' esercizio finanziario 1983, la presentazione alle Camere del bilancio di previsione e della legge finanziaria per l' anno successivo, il che dovrebbe andare di pari passo con una revisione legislativa e regolamentare delle procedure di bilancio. con questa indicazione di natura istituzionale non ci illudiamo di uscire dalla necessità del difficile governo a cui ci condannano, per così dire, la complessità stessa della nostra società, la sua segmentazione corporativa, le attese crescenti e contrapposte, spesso contraddittorie, la sua recettività a sbalzi e reazioni che sono fuori della nostra sovranità economica e sociale. tuttavia è possibile anche non rassegnarsi al destino del debole governo. certo, nessuno nutre l' illusione, esorcizzata dai sociologi dell' amministrazione, di poter cambiare la società per decreto; ma lo Stato non può ridursi e non si è ridotto al rango di spettatore. lo Stato rivendica ancora il ruolo moderno e non antiquato né obsoleto, malgrado gli errori del passato, di programmatore, nel quale la componente amministrativa tradizionale sia inserita ed inquadrata in una serie di interventi persuasivi, di incentivazione, di contenimento: tipi di intervento che solo i miopi riescono ad equiparare ad assenteismo del Governo ed i loro risultati a frutto di determinismo economico o di spontaneismo sociale. è in questa visione di Stato-programmatore e per il tipo possibile di programmazione, di Stato aperto, che vi è ancora, piena, la centralità del ruolo del Parlamento. Governo e Parlamento sono soggetti associati di programmazione. vi è un meccanismo unico che deve essere attivato ed in cui il ruolo del Governo è efficace solo se lo sia quello del Parlamento. siamo ancora molto indietro rispetto a questi essenziali obiettivi di Governo del paese. l' Esecutivo non è ancora riuscito ad organizzare un sistema veramente efficiente di relazioni con gli ormai numerosi centri di decisione parlamentare, nonostante il grande prodigarsi personale dei ministri che si sono succeduti all' apposito incarico e nonostante che nel gabinetto della Presidenza del Consiglio sia recentissima la costituzione di un apposito dipartimento. il Parlamento, da parte sua, sembra impegnato, specie nelle Commissioni, in una politica di tallonamento giorno dietro giorno, con qualche rinunzia talvolta ad impostazioni complessive e di prospettiva. ma è qui la trama da riannodare. il rapporto di questo Governo con il Parlamento, un rapporto speciale per la riscoperta della mozione motivata di fiducia, che ha rilevato la piena natura normativa dell' indirizzo politico di Governo, non vuole e non può esaurirsi nel pur essenziale impegno di riportare comunque ogni possibile crisi nell' alveo del Parlamento. il tentativo più alto è quello di arricchire il rapporto istituzionale Camere-Governo di tutta la necessaria collaborazione imposta dalla natura particolarissima dei problemi legislativi e di indirizzo della nostra società. vi è tutta una serie di adempimenti cui, a differenza del passato, il Governo non può provvedere da sé; ed è vero anche il contrario. ogni forzatura, in un senso o nell' altro, è destinata al fallimento. vi è propriamente e fondamentalmente una reazione istituzionale che attraversa gli stessi gruppi parlamentari e talvolta finisce per bloccare le procedure. è dunque per tali profonde ragioni strutturali che questo Governo, nato dalla libera alleanza di partiti, nato nel richiamo essenziale al valore della coalizione politica che lo sorregge, contro ogni illusoria formula tecnocratica, ha fin dall' inizio e poi costantemente, nei momenti cruciali della sua vita non facile, guardato al Parlamento come al punto di riferimento essenziale al quale tornare per ottenere certezze ed indirizzi. i partiti svolgono il proprio ruolo istituzionale, e lo svolgono con una puntualità che li onora, in una dialettica che è complessa e tormentata...... come non può non essere quella di una coalizione di portata così ampia, che comprende forze dalla storia così diversa, dalle ispirazioni e dalle tradizioni così differenziate, e che ha comportato un costante impegno di composizione. ma in noi è viva e persistente la coscienza che l' equilibrio politico raggiunto da questa coalizione di partiti non è sostituibile nella prospettiva di questa legislatura, per un complesso di ragioni interne e di considerazioni internazionali, le une collegate e intrecciate con le altre; e a parte i chiarimenti, di natura politica e programmatica insieme, previsti per la fase del confronto tra i partiti, di cui questa stessa esposizione alla Camera costituisce un momento preparatorio (interruzioni dei deputati Napolitano e Mellini). lo dissi già alla Camera il 26 aprile, concludendo il dibattito sul bilancio. c' è un confine, segnato dalla Costituzione, fra il perenne movimento alla ricerca di nuove politiche e di nuovi consensi che è alla base della vita dei partiti, secondo l' articolo 49 della Carta Costituzionale , e quella tendenziale stabilità dei governi trasfusa nella norma dell' articolo 94 della Costituzione: la disposizione cui non a caso il Parlamento si è rivolto ritrovando dopo molti anni — credo dai tempi di De Gasperi — la prassi della mozione motivata di fiducia. certo, non tutto è risolto nella conformazione pratica del nostro sistema politico , storicamente nato e vissuto nel segno del confronto tra i partiti, in una complessità dinamica e sempre feconda e stimolatrice. c' è, tuttavia, la tendenza a concentrare gli interventi dei partiti sui momenti di prospettiva e di indirizzo generale, nella sfera, cioè, che è loro assegnata dalla Costituzione. e quello che si apprestano a fare nei prossimi giorni. l' importanza di questo dibattito è anche direttamente connessa a quel confronto. qui in Parlamento, il Governo offre e chiede una chiarificazione dei termini politici e istituzionali dei problemi sulla scena. offre e chiede spiegazioni sulle difficoltà incontrate, sui rimedi possibili, sulle indicazioni di tendenza . è questa la sede obiettiva per tali esami, tali orientamenti. domani questo materiale confluirà con tutta la sua autorevolezza nelle sedi di verifica e aggiornamento del programma di Governo , all' esame dei partiti che compongono la maggioranza e si muovono nell' obiettivo di rafforzarla, nel libero e leale confronto con l' opposizione. il Governo non si è dunque voluto sottrarre a questo passaggio istituzionale, necessario nell' affrontare i temi centrali della politica economica e finanziaria. riflessione istituzionale che deve investire tutti i settori, nessuno escluso, del nostro sistema finanziario . l' inquietante vicenda bancaria di questi giorni, che prende il nome dal Banco Ambrosiano , ha dimostrato, per un verso, come i meccanismi di intervento predisposti dalla « legge bancaria » siano risultati idonei a fronteggiare le conseguenze della crisi insorta e a rassicurare i depositanti all' interno e all' estero, ma ha rivelato, per altro verso, come la disciplina del credito abbisogni di perfezionamenti atti a potenziare gli effetti preventivi. è infatti pienamente avvertita l' esigenza di rendere più trasparenti sia gli assetti azionari nelle banche costituite in forma societaria, sia i rapporti delle banche con le proprie controllate, pur non nascondendosi le obiettive difficoltà di una azione di vigilanza che si estenda al di là delle frontiere. a questi fini il Governo ha già predisposto e presentato al Parlamento due disegni di legge . la vicenda odierna costituisce dimostrazione della necessità di una loro rapida approvazione. per il fondamentale settore della politica economica e sociale, la mozione motivata di fiducia, di cui questa Camera volle onorare il Governo ora è quasi un anno, individuava la complessa, ma ineliminabile, interrelazione tra tasso di inflazione programmato, costo del lavoro , spesa pubblica , sviluppo e occupazione, un' ampia manovra di risanamento. era quello, e resta, il disegno di una armonica programmazione democratica, basata sugli obiettivi di sviluppo indicati dal piano a medio termine , che è e rimane il cardine della politica governativa. e consideriamo un successo l' avvio del fondo investimenti e occupazione nel suo ambito, non meno che del fondo per la ricerca ed innovazione tecnologica , al pari del metodo parimenti democratico, del confronto e della costante, indefessa, difficile, eppure indispensabile, ricerca del consenso. era e resta, quell' impegno, il massimo di programmazione democratica compatibile con la perdurante assenza di altri strumenti istituzionali di segno programmatorio. ma, proprio nella sua pragmatica empiricità, proprio nella dovuta umiltà e opportuna sperimentazione del « provando e riprovando » , esso mette in luce l' intima democraticità della sua natura — appunto non coercitiva — che è e resta pur sempre, in tutte le società industriali dell' Occidente, il connotato primario di una programmazione democratica. ho detto che il fabbisogno complessivo del settore statale si viene a configurare in 65.500 miliardi cui va aggiunto il fabbisogno dell' Enel. debbo aggiungere, per debito di completezza e di verità, che questa cifra, pur così elevata, non esaurisce tutto l' arco della finanza pubblica . premono tensioni presenti da sempre... se lei mi ascolta, vedrà che anche il suo « allora? » avrà una risposta. premono tensioni presenti da sempre e che furono a suo tempo indicate, in relazione ai settori da cui esse provengono, proprio nel testo della mozione motivata di fiducia. ci sono innanzitutto — e non vanno mai dimenticati — meccanismi automatici generatori di spesa all' interno della finanza pubblica , sia di parte corrente, sia di parte capitale. verrò anche a questo. meccanismi — dicevo — che danno luogo ad un continuo incremento dei residui passivi , tale da premere sulla spesa pubblica in maniera sempre meno sostenibile. tali residui ammontavano, alla fine del 1980, a 45.600 miliardi circa; alla fine del 1981 sono risultati essere, a consuntivo, pari a 68.000 miliardi circa, con un incremento del 49 per cento e con uno scostamento dalla previsione del settembre 1981 del 27,8 per cento . sto parlando di residui passivi . l' ammontare di una tale massa di residui rende sempre più incontrollabile l' andamento della spesa pubblica , in quanto è alla base di richieste crescenti e vorticose dell' amministrazione. le richieste a tale riguardo pervenute assommano ad oltre 35.000 miliardi, evidentemente incompatibili con qualsiasi gestione accettabile del bilancio pubblico. se da un lato queste richieste non possono essere accettate, dall' altro è ovvio che esse non potranno, nel bilancio di assestamento (che è imminente: deve essere presentato il prossimo 30 giugno), essere totalmente rifiutate. ecco un primo, gravissimo problema di scelta. in ogni caso, occorre procedere con nuovi strumenti e nuove tecniche al recupero della gestibilità e della formazione della spesa pubblica . preoccupazioni ulteriori sono connesse alla progressiva imprevedibilità del fabbisogno della gestione di tesoreria. oltre alle difficoltà di gestione della spesa dell' amministrazione centrale dello Stato, esistono altre e — diciamolo pure — maggiori difficoltà connesse all' andamento incontrollabile di settori specifici: proprio quei settori che io ho denunziato fin dall' inizio della formazione del Governo ed in merito ai quali lo stato di dissesto era presente e fu già sottolineato con chiarezza al tempo della formazione del bilancio di previsione per il 1982, al punto che nella mozione motivata di fiducia si chiedevano interventi riequilibratori nel campo della sanità, della previdenza, dell' istruzione e dei trasferimenti agli enti locali . in primo luogo, la sanità. questo è un settore in cui la titolarità delle previsioni di spesa appartiene agli operatori sanitari ed agli utenti, che possono operare disattendendo le indicazioni dello Stato. contro lo stanziamento in bilancio di 23 mila miliardi, risulta che le regioni stiano impartendo istruzioni alle unità sanitarie locali di redigere i bilanci sulla base di un fondo sanitario nazionale di 27 mila miliardi, con una differenza quindi di quasi 4 mila miliardi in più. in secondo luogo, è tendenziale un fabbisogno dell' Inps di 9 mila miliardi eccedente di 3.500 miliardi quanto previsto in bilancio; e ciò potrebbe richiedere l' attuazione dei presìdi previsti al riguardo dalla legge finanziaria o altre diverse soluzioni. ecco due settori nei quali non si può non intervenire con rapidità ed efficacia, al fine di definire in modo adeguato il sistema delle responsabilità, al fine di recuperare il controllo della formazione della spesa. l' andamento della finanza pubblica che va delineandosi è incompatibile con il mantenimento degli obiettivi di sviluppo e di lotta all' inflazione, definiti dal Governo necessari al risanamento del paese; in una situazione in cui la creazione del credito totale interno è per due terzi usata per coprire il fabbisogno del settore pubblico , e per un terzo per quello del settore privato, non esistono margini di elasticità sfruttabili e quindi occorre fare un ulteriore, coordinato sforzo per riportare la finanza pubblica sotto controllo. la presentazione della relazione di stima del fabbisogno di cassa, che quasi coincide con l' approvazione della legge finanziaria , è l' occasione di tale valutazione; occorre procedere su due fronti paralleli. da un lato, si devono adottare le misure relative al contenimento del fabbisogno per il 1982; dall' altro, si deve procedere con estrema fermezza nel rimuovere (o cominciare a rimuovere) i meccanismi generatori di tensioni che ormai governano l' autentico formarsi della spesa pubblica . mi sia consentita un' osservazione a proposito dei campi nei quali la crescita dilagante si manifesta, relativi proprio alle spese di carattere sociale (l' ho già detto): previdenza, sanità istruzione oltre alla crescita dovuta al pagamento degli interessi sul debito pubblico , crescita che riflette da un lato il livello elevato dei tassi (anche per le reazioni internazionali che subiamo), dall' altro l' accumularsi, per troppi anni, di disavanzi incontrollati nello stato ed in tutti gli enti del settore pubblico che oggi, in presenza di tassi d'interesse particolarmente alti, si manifestano insostenibili. non è possibile finanziare a lungo con aumenti delle entrate un meccanismo che brucia risorse a ritmo rapidamente crescente: era nel programma di Governo la necessità di affrontare tali temi, cui si richiamano le interpellanze dei colleghi di vari partiti; ma successivi avvenimenti, che hanno aggravato l' emergenza anziché attenuarla (mi riferisco solo alla legge sull' indennità di fine lavoro, di cui quasi tutti si sono dimenticati dopo che la vicenda è costata alcuni mesi di battaglie parlamentari), ne hanno ritardato il momento: esso non è ora più procrastinabile. onorevoli Deputati , si tratta di scelte difficili che porranno al Parlamento, alla coalizione dei partiti della maggioranza, non meno che ai partiti dell' opposizione, così come alle forze sociali , il problema di fornire un contributo severo alla correzione dei recenti e meno recenti squilibri del nostro paese; ma questo è un dovere cui non possiamo in alcun caso sottrarci! il programma del Governo, presentato lo scorso giugno, aveva delineato i problemi dell' occupazione e del costo del lavoro , e gli intendimenti che il Governo voleva mettere in atto per promuovere un' intesa fra le parti sociali ; l' obiettivo che ci proponevamo era duplice: contenere la dinamica dell' inflazione entro un limite fissato al 16 per cento nel 1982 ed al 13,10 per cento negli anni seguenti, valido a sua volta anche per il costo del lavoro ; creare — in tal modo — le premesse per la ripresa della produzione e degli investimenti, tale da assicurare un adeguato sostegno all' occupazione. in successivi confronti, il Governo presentava ai sindacati dei lavoratori e degli imprenditori le possibili soluzioni ai problemi emergenti sia di natura strutturale (piano a medio termine , Mezzogiorno, fondi per gli investimenti, e l' occupazione, crisi delle imprese, partecipazioni statali ), sia di natura fiscale (fiscal drag , fiscalizzazione degli oneri sociali ), sia di natura sociale (casa, pensioni, liquidazione, accordi di mobilità, funzionamento dei servizi del lavoro, cassa integrazione guadagni ). al tempo stesso si andava precisando la posizione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori le quali, in particolare, convenivano sull' opportunità che, pur con le differenziazioni necessarie atte a tener conto delle specifiche situazioni di categoria, si mantenesse la dinamica del costo del lavoro entro i limiti indicati dal Governo; le organizzazioni sindacali dei lavoratori accoglievano quindi con autonoma determinazione le indicazioni governative, ratificandole nel documento in dieci punti, approvato dall' assemblea dei consigli della Confederazione CGIL-CISL-UIL del febbraio 1982. si può prendere atto che nei primi mesi del 1982 si sono determinate le condizioni per un andamento più riflessivo della dinamica del costo del lavoro , pur in presenza di difficoltà interne e di tensioni internazionali, queste e quelle largamente imprevedibili: naturalmente, i risultati positivi nel contenimento dell' inflazione hanno mantenuto entro i limiti la componente più importante negli aumenti del costo del lavoro , cioè la contingenza. ma anche sulle altre componenti ha agito in misura rilevante il senso di responsabilità dimostrato dalle organizzazioni sindacali , le quali hanno prima ritardato la predisposizione delle « piattaforme » per i rinnovi dei contratti e non hanno finora forzato i tempi per svolgere le trattative; né può essere sottovalutato il fatto che nel corso degli ultimi otto mesi — dal settembre 1981 all' aprile 1982 — le ore perdute per scioperi siano, rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti, nettamente diminuite, passando da 76 milioni a 58 milioni. va dato atto di una consapevolezza diffusa, non solo tra i vertici delle organizzazioni sindacali , ma anche alla base; quanto è avvenuto nella prima parte dell' anno deve essere confermato anche nella seconda parte. dalla generale moderazione ci si può attendere il mantenimento della dinamica delle retribuzioni entro i limiti prestabiliti, e non è risultato da poco che a ciò si giunga per via di consenso senza imposizioni e nel pieno rispetto dell' autonomia della contrattazione. si deve, con pari franchezza, ricordare che una vicenda, intervenuta nel 1982, altera non poco le iniziali previsioni. per evitare un referendum, il cui esito poteva diventare dirompente in questa delicata fase dell' economia, Governo e Parlamento hanno predisposto una nuova disciplina dell' indennità di fine lavoro. essa introduce, rispetto alla disciplina vigente dal 1977, un aumento dei costi per le imprese che si aggiungono a quelli relativi alla contingenza e ad altri automatismi, tanto da ridurre entro uno spazio esiguo le disponibilità per i rinnovi dei contratti. occorre riconoscere che nell' intesa raggiunta a Palazzo Chigi il 18 giugno scorso, quando la questione dell' indennità di fine lavoro era di incerta determinazione e nessuno conosceva gli orientamenti della Corte di cassazione , la Confindustria insistette a che la verifica con le organizzazioni sindacali avvenisse su tutte le componenti del costo del lavoro , scala mobile inclusa. poi, com' è noto, le trattative svoltesi nei mesi scorsi hanno affrontato molti temi ma, per decisione delle organizzazioni sindacali , hanno lasciato in ombra il problema della scala mobile , che pure esiste. senza entrare nel merito delle ragioni che hanno indotto la Confindustria alla disdetta dell' accordo del 1975, il Governo ha espresso e qui rinnova le proprie preoccupazioni ed il proprio rammarico per tale disdetta; non solo con riguardo alle nuove avviate trattative sui rinnovi dei contratti (questione che fa parte dell' autonomia contrattuale, nella quale il Governo non intende interferire), ma anche e soprattutto con riguardo alla manovra di politica economica che il Governo stava predisponendo. la disdetta decisa dalla Confindustria ha reso la situazione più difficile, ma noi lavorammo fin dai primi giorni di giugno per evitare con pazienza ed umiltà che nuovi solchi si aprissero, che nuovi e pericolosi varchi all' intransigenza ed allo scontro si dischiudessero. non è questo il momento di opporre pregiudiziali; nella situazione che si è creata vi sono responsabilità di tutti, sindacati ed imprenditori, nessuno è esente da colpe, nessuno può invocare franchigie né per il passato, né per l' immediato futuro. nessuno può dichiararsi estraneo al processo tormentoso e difficile che è stato poi, paradossalmente, un processo di crescita della società italiana . comunque la tregua operosa, aperta al confronto della dialettica delle parti, è stata accompagnata da un impegno di parte pubblica per uno svolgimento ordinato dalle trattative per i rinnovi dei contratti del pubblico impiego . e evidente, in tal modo, che il Governo ha fatto ed intende continuare a fare la propria parte sia come datore di lavoro , sia come responsabile della politica economica e degli interessi generali del paese. non ci siamo mai stancati di ripetere alle parti sociali la necessità che nel 1982 la dinamica complessiva dei costi del lavoro, a qualsiasi titolo, deve rimanere entro il tetto concordato del 16 per cento , più una quota riservata alla produttività. il Governo non intende drammatizzare la situazione; ciò anche in relazione al fatto di aver posto con estrema chiarezza i limiti entro cui può svolgersi la dinamica dei costi del lavoro per non risultare contraddittoria con le esigenze complessive dell' economia nazionale. ecco perché il Governo intende assumere un' iniziativa che valga a ricondurre le parti al tavolo delle trattative, fedele a quella linea di ricerca del consenso sociale che ha coinciso con la sua originaria e connaturata impostazione. un punto è certo: noi ci opporremo fino in fondo alla radicalizzazione dello scontro sociale e quindi dello scontro politico. partendo dalla coscienza della gravità della situazione, dai risultati acquisiti nella lotta all' inflazione, che nessuno potrebbe disconoscere anche in virtù del concorso spontaneo dei cittadini italiani a quella specie di mobilitazione morale del paese che è connessa al senso di responsabilità delle stesse forze sociali , partendo dagli stessi traguardi di difesa della politica produttiva e dell' occupazione, che pur si sono realizzati nonostante tutte le difficoltà, il Governo studierà con le forze politiche che lo compongono, e proporrà al Parlamento, gli elementi di un piano di rientro della finanza pubblica entro i limiti di compatibilità. è evidente che tale impostazione richiederà di operare un riequilibrio dal lato delle entrate come dal lato delle spese: non c' è alternativa alla linea di rigore fondata sull' arresto del deficit del settore pubblico allargato. riequilibrare con opportune misure il rapporto tra le entrate e le uscite dello Stato pare l' unica via capace di privilegiare nei fatti gli investimenti e l' occupazione, scongiurando gli sbocchi di politiche restrittive o esclusivamente monetaristiche cui restiamo contrari anche per l' ispirazione riformatrice che anima da versanti diversi i partiti componenti questa coalizione. la necessità di contenimento del disavanzo pubblico è rafforzata in queste settimane dalla politica in atto negli altri paesi industrializzati , in particolare in Francia, che intendono contenere il ritmo della domanda in modo da proteggerei loro conti con l' estero. negli ultimi mesi l' andamento della domanda interna italiana in termini reali è stato più significativamente espansivo rispetto agli altri paesi industrializzati , ad eccezione della Francia, verso la quale è diretta la quota prevalente delle nostre esportazioni. le pressioni cui sono sottoposte le riserve valutarie del nostro paese indicano l' urgenza di interventi per aggiustare la posizione dell' economia nel contesto internazionale. l' attuale situazione e le prospettive prevedibili dell' economia mondiale impongono stretti limiti ad una ripresa consistente e duratura dell' economia italiana . proprio a causa dei limiti imposti dalla situazione internazionale e dal maggior fabbisogno pubblico rideterminato in questi giorni, le misure da prendere debbono essere tali da consentire una riduzione consistente del disavanzo pubblico. e necessario che a queste misure se ne affianchino fin d' ora altre di efficacia più lenta, ma permanente, come quelle dirette a ristabilire un controllo della dinamica della spesa pubblica fin dalla prima fase di formulazione ed approvazione delle leggi sostanziali di spesa, ad esempio rivedendo i criteri di idoneità delle coperture finanziarie indicate soprattutto per le spese pubbliche ricorrenti, o come quelle dirette a ridurre fenomeni di evasione tributaria rilevante e diffusa in materia di imposte dirette ed indirette. accanto a misure di carattere strutturale, vanno adottati provvedimenti di efficacia immediata e rilevante, cercando di minimizzare i loro effetti negativi sul tasso di inflazione e sul piano distributivo. in ogni caso è intenzione del Governo aggiornare la linea della manovra complessiva di politica economica comprendente tutti gli strumenti, da quelli fiscali a quelli monetari, a quelli relativi alla dinamica dei redditi, a quelli volti ad accrescere la competitività dell' economia sul piano strutturale. i contenuti della manovra ritenuta necessaria nel momento presente per finanziare il deficit pubblico non possono essere determinati prescindendo dall' attuale struttura del prelievo tributario. non sarebbe accettabile un innalzamento del livello del prelievo tributario attuato mantenendone inalterata la composizione. ciò comporterebbe infatti la permanenza dei vecchi squilibri nella migliore delle ipotesi e l' insorgenza di nuove ingiustizie nella peggiore. in tale quadro, rispettando i caratteri della selettività e difendendo i consumi più necessari, occorrerà dar luogo a qualche riequilibrio fra gettito dovuto all' imposizione diretta, in così elevata misura a carico dei lavoratori dipendenti , e gettito dovuto alle imposizioni indirette, ottenendo anche un effetto perequativo necessario. si pone quindi l' esigenza di guadagnare la sovranità nella manovra fiscale, un tema estremamente complesso, ma dal quale non si può sfuggire se si vuole riequilibrare il bilancio pubblico ed attenuare il peso soffocante della politica monetaria restrittiva. sarà necessario proseguire con forza nella lotta all' evasione fiscale , anche al fine di rimuovere discriminazioni esistenti fra le diverse forme di contribuzione, forme che pongono problemi di giustizia non eludibili in uno stato democratico. un secondo aspetto della manovra dovrà riguardare le tariffe, in quanto le particolari difficoltà del momento non possono non indurre il Governo a porre con chiarezza la questione del riequilibrio, anche parziale, dei conti di gestione delle aziende autonome e degli enti, in particolare dell' Enel. la rivalutazione di talune tariffe di pubblici servizi va disegnata in modo da proteggere le quote strettamente essenziali del consumo, ma da contenere anche la continua divaricazione fra costi di produzione e ricavi dei servizi: una divaricazione che provoca distorsione nella produzione e nel consumo e che la collettività, in ogni caso, è chiamata a colmare. ciò potrebbe richiedere una modificazione della mozione di fiducia , in quanto in tale mozione si invitava il Governo a definire un tasso di inflazione contrattato con le parti sociali , mantenendo in tale quadro la dinamica dei prezzi amministrati, delle tariffe, eccetera. il contenimento del disavanzo pubblico, e specificatamente della parte corrente che dà impulso ai consumi, non può limitarsi — è evidente — alla manovra delle entrate, deve coinvolgere anche l' attività di spesa. l' azione di contenimento nella spesa corrente non deve essere considerata... l' azione di contenimento della spesa corrente non deve essere considerata un fatto punitivo dell' offerta di servizi sociali ; l' esistenza di ampi margini di spreco e di inefficienza nella gestione di tali servizi è stata documentata ed è quotidianamente sotto gli occhi dei cittadini utenti: pertanto le riduzioni delle spese a carico del bilancio statale non significherebbero volontà di ridurrei livelli dei servizi. è necessario rivedere l' intero corpus dei disegni di legge all' esame del Parlamento che implichino aumenti di spesa, nonché individuare i meccanismi strutturali atti a consentire il controllo pluriennale sulla formazione della spesa. poiché un effettivo risanamento dell' economia — che è poi il vero obiettivo di una politica di austerità — non può limitarsi agli aspetti più stretti, anche se essenziali, del bilancio pubblico: è pure necessario che il Parlamento approvi rapidamente i provvedimenti pendenti davanti alle Camere, quali per esempio quelli relativi alla pregiudiziale tributaria con annesso condono, alla « Visentini-bis » , all' introduzione del registratore di cassa, alla « finanziaria-bis » , alla delega al Governo per il riordinamento dell' amministrazione finanziaria , al collocamento e alla mobilità del lavoro. la finanza pubblica , il cui disavanzo complessivo deve essere assolutamente riportato sotto controllo, è oggi, per una parte ampia, governata dagli enti territoriali e da altri enti pubblici aventi un' autonomia di bilancio, in attuazione dei principi costituzionali. la necessaria manovra di contenimento della spesa pubblica dovrà per il futuro ridurre i finanziamenti a tali enti, che provengono dal bilancio statale. tuttavia è possibile salvaguardare l' effettiva autonomia finanziaria degli enti pubblici che ricevono i fondi del bilancio statale. l' autonomia deve essere intesa nel suo significato più profondo, della scelta fra consumi privati e consumi pubblici. si intende lasciare agli enti territoriali e agli altri la dovuta autonomia nella decisione se mantenere i ritmi di spesa per consumi pubblici; tale decisione dovrà essere però convalidata da quella di reperire autonomamente le maggiori risorse finanziarie occorrenti, chiedendo ai cittadini utenti dei loro servizi di contribuire adeguatamente alla copertura dei costi di tali servizi, con la rinuncia ad una parte dei consumi privati. così, dal lato delle entrate, come dal lato delle spese, le responsabilità vanno assunte nelle scelte fra consumi privati e consumi pubblici, mentre vanno salvaguardate le priorità degli investimenti attraverso i quali si realizzano le politiche per lo sviluppo, per l' occupazione, per il superamento degli squilibri strutturali e si mantiene la collocazione economica del nostro paese in posizione indipendente nel contesto dei paesi industrializzati . non vi è alcun elemento di contrapposizione nella simultaneità della lotta all' inflazione e alla disoccupazione, se sapremo riqualificare la spesa pubblica a favore degli investimenti produttivi, se sapremo orientare le risorse per l' ammodernamento del nostro apparato produttivo, recuperando adeguati margini di competitività, e riportare il fabbisogno del Tesoro entro limiti coerenti con le necessità del sistema economico . se il fabbisogno del settore pubblico sarà ricondotto entro limiti che non implichino una crescita del credito totale interno al di sopra delle compatibilità macroeconomiche, è possibile prevedere un allentamento nella tensione dei tassi d'interesse , in relazione anche ai progressi già maturati nella lotta all' inflazione. tanto più incisiva sarà l' azione di contenimento del fabbisogno pubblico, tanto maggiore sarà lo spazio per un alleggerimento della politica monetaria , che non sarà più gravata dall' intero peso della difesa del valore della lira verso l' esterno, tanto maggiori saranno le possibilità di sviluppo offerte al nostro paese e più ampie le risorse destinabili alla difesa dell' occupazione. onorevole presidente , onorevoli Deputati , nessuna soluzione dei problemi economici può prescindere dal quadro internazionale. tale quadro — è inutile nasconderlo — ha subito un nuovo deterioramento nel corso degli ultimi mesi, tale da accentuare tutte le nostre preoccupazioni e tutte le nostre inquietudini. pensiamo alla situazione del franco francese, che ha condotto ad un riallineamento delle parità valutarie all' interno dello Sme; riallineamento che, per quanto riguarda la lira, è stato contenuto entro il 2,75 per cento , con una rivalutazione rispetto al franco del 3 per cento . la nostra moneta era rimasta fuori delle tempesta valutaria, e la decisione del 12 giugno vuole essere un atto di fiducia nelle capacità dei nostri operatori economici sui mercati esteri , sostenuti anche dal senso di responsabilità delle parti sociali . le difficoltà dell' economia italiana non sono anomale, ma investono l' insieme delle nazioni industrializzate. è un punto emerso con evidenza nel vertice di Versailles, dove le sette nazioni più industrializzate dell' Occidente hanno convenuto sull' esigenza di rafforzare le intese ed i vincoli di solidarietà, nella coscienza dei problemi comuni che travagliano le loro economie. far fronte alla sfida che minaccia il nostro futuro vuol dire combattere insieme contro inflazione e recessione, opporsi ai sintomi di degenerazione che si riflettono in una crescita abnorme dei livelli di disoccupazione, vero e proprio attentato alla stabilità economica e sociale dei nostri paesi. in tale quadro, l' Italia intende consolidare i legami con l' Europa comunitaria, quale principale punto di riferimento delle nostre scelte economiche. l' Europa costituisce uno dei cardini della politica estera italiana. ma essere europei vuol dire anche perseguire obiettivi coerenti con un' evoluzione coordinata delle economie degli stati membri . e, fra tali obiettivi, prioritari appaiono il risanamento della finanza pubblica , la lotta all' inflazione e il recupero di un sufficiente grado di competitività del sistema produttivo . la via maestra resta quella di una sempre più stretta convergenza fra l' economia italiana e le economie dei partners. ecco perché ci battiamo per il consolidamento dello Sme e per il rafforzamento dei meccanismi di cooperazione monetaria fra USA, Giappone e Comunità Europea . a Versailles l' Italia ha offerto un contributo peculiare e rilevante a tale obiettivo, consapevole che il nostro interesse risiede nell' allentamento dei fattori di tensione internazionale. crescita e impiego devono aumentare, abbiamo convenuto a Versailles: un obiettivo che non può essere conseguito a lungo senza un successo pieno nella lotta all' inflazione; il che vuol dire riportare l' inflazione a livelli europei, che non sono certo quelli del primo anno, ma del terzo annuo dell' impresa disegnata dal Governo. in tal senso, la politica americana degli alti tassi d'interesse ha creato e continua a creare difficoltà costanti all' economia europea. soprattutto le oscillazioni nel mercato dei cambi hanno inciso sulla possibilità di combattere efficacemente l' inflazione, limitando la nostra capacità di conseguire livelli soddisfacenti di attività produttiva e di occupazione. un punto è certo: esistono regole nell' economia internazionale cui non possiamo e non intendiamo in nessun modo sottrarci. pensiamo all' urgenza di politiche monetarie coerenti, non meno che alla necessità — ribadita a Versailles con accenti unanimi — di un maggiore controllo dei disavanzi di bilancio e di un maggiore controllo dell' espansione della base monetaria. non vi sono alternative alla competitività, alla produttività crescente dei fattori complessi della produzione. occorre tenere il ritmo delle nuove conquiste del progresso, occorre ammodernare i nostri apparati produttivi, per adattarli alle tendenze del mercato internazionale. di qui l' impegno a proseguire la lotta all' inflazione ed alla disoccupazione, a restituire flessibilità al bilancio pubblico, ad intervenire con mezzi idonei, in vista di correggere tutte le tendenze recessive. la crisi italiana non è — l' ho detto — soltanto italiana, riflette la crisi altrettanto grave di tutto l' Occidente industrializzato. ma da noi i segni di contraddizione si accentuano, anche rispetto ad altri paesi: un' inflazione che migliora ed una bilancia dei pagamenti il cui squilibrio permane elevato: gli accenni di ripresa dell' attività produttiva e insieme un aumento di disoccupazione. il sentiero lungo il quale può progredire l' economia italiana è estremamente ristretto, perderlo vuol dire cadere o nell' accelerazione dell' inflazione o nell' aggravamento drammatico dei problemi dell' occupazione o, in ultima istanza, in ambedue. nessuno può dire che nel corso di questo anno il sentiero sia stato mai smarrito. ma è il Governo stesso a sottolineare con chiarezza al Parlamento ed al paese che è necessario uno straordinario sforzo di severità e di rigore per mantenersi su questo sentiero. ho detto che si impongono misure urgenti ma misure urgenti non possono prescindere da una prospettiva di largo respiro. e non si raggiunge una prospettiva di largo respiro se non si realizza un migliore clima politico fra i partiti della coalizione, in un franco e approfondito confronto dal quale scaturisca un convinto sostegno alle iniziative per la giustizia, per il rigore, per una politica volta alla ripresa degli investimenti e alla difesa dell' occupazione. la politica che per noi rimane quella della programmazione e del consenso sociale: che non ha alternative.