Giovanni SPADOLINI - Deputato Opposizione
VIII Legislatura - Assemblea n. 434 - seduta del 11-01-1982
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
1982 - Governo II Cossiga - Legislatura n. 8 - Seduta n. 148
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli Deputati , dopo la puntuale esposizione dei ministri ai quali incombono le massime responsabilità dell' ordine pubblico , della giustizia e della difesa, la mia presenza ed il mio intervento qui vogliono soltanto sottolineare alcuni aspetti che attengono alla responsabilità complessiva del Governo sul tema del terrorismo. la prima sottolineatura riguarda la solidarietà compatta di tutti i membri del Governo con l' azione dei ministri dell' Interno, della Giustizia e della Difesa. la seconda sottolineatura concerne la valutazione che il Governo tutto intero dà di questo problema, problema politico e non soltanto di polizia. questa valutazione profondamente politica del problema ci ha sempre salvaguardato dall' arruolamento nelle schiere di quanti, ad ogni arresto di capi o smantellamento di covi, hanno facilmente concluso per la fine del terrorismo, provocando così sensazioni di cessato allarme e poi delusioni e scoramenti più forti alla scoperta delle finora immancabili metastasi. proprio in questa Assemblea, replicando l' 11 luglio 1981 ai vari oratori intervenuti nel dibattito sulla fiducia, affermavo testualmente: « il Governo è consapevole che il segno ed il senso del governare sono oggi più che mai collegati alla capacità di far fronte alla nuova offensiva terroristica. facendo una mostruosa politica di morte, pur divisi fra loro non per gli obiettivi e la tattica, i terroristi rivelano una preoccupante capacità di reclutamento che si allarga ad intere fasce della società, che dal sottoproletariato delle carceri si è estesa al sottoproletariato meridionale, che investe settori anche del nord industriale » . nessuna attenuazione, aggiungo adesso, nessuna illusione: è stato avvertito e denunziato in questa Assemblea che l' emergenza civile del terrorismo tutt' altro che domato, sommandosi all' emergenza morale dei centri di potere occulti e corruttori come la Loggia P2 , intrecciandosi all' emergenza economica di un' inflazione incontrollata, esponeva a rischio estremo l' intero sistema politico , minacciava le basi di sopravvivenza della Repubblica. terrorismo, inflazione, corruzione: tre mali che avevano ed hanno radici in parte comuni, che esigevano di essere combattuti insieme con lucida determinazione e con assoluto coraggio. ma quel che impedisce di ritrovare giustificazioni politiche e sociali al terrorismo è appunto il suo carattere astorico, il fatto che esso affondi le sue radici in una filosofia negativa e di rifiuto, in una filosofia della morte e della distruzione, che dissolve ogni ipotesi di lavoro politico in fanatismi psicologici ed esistenziali. vi sono molte strade possibili per lavorare nella storia italiana. anche di fronte all' estrema emergenza dei problemi, dal conservatorismo al riformismo alla rivoluzione, la ragione li può affrontare con molte strade. ma ne esiste una che non è una strada: il « partito terrorista-riformista » , come un' ala del terrorismo pretese chiamarsi qualche mese fa. no: il terrorismo non è nulla di tutto questo, non è e non può essere un partito, è un movimento fondato sulla distruzione della ragione, sull' annientamento della ragione, quindi sull' annullamento di vite o di cose. la sua collocazione nella storia è il negativo. la sua spiegazione organizzativa sta nel settarismo, nell' idolatria della sopraffazione, che nasce dalla scelta della violenza come sistema di vita. questo torbido coagulo di elementi irrazionali è già per di sé inaccettabile. la stessa, naturale maturazione di tanti giovani irretiti nelle trame terroristiche per momentanea esaltazione, per incapacità di superare la crisi di valori nel nostro tempo, talvolta per sradicamento sociale, è di per sé un fattore di instabilità e di insicurezza nelle organizzazioni terroristiche. le stesse scissioni, ora pubblicamente denunziate in recenti documenti contrapposti, scissioni, che passano all' interno delle varie « colonne » ed organismi in cui si è articolata la struttura terroristica, costituiscono, per certi aspetti, il frutto di spietate personali lotte di fazioni e di capi per il predominio dell' organizzazione e per la disponibilità dei suoi mezzi finanziari: ma rappresentano anche la conseguenza di tale instabilità permanente in formazioni fondate sul rifiuto e sulla negazione. è da ritenere anzi, con fondamento logico, che tali fratture sarebbero ancor più distruttive, se in tali gruppi non vi fosse un collante più efficace delle loro incredibili posizioni ideologiche: il collante del mercenarismo al soldo di inconfessabili padroni, la fondata certezza di collegamenti internazionali. che aiutano la costruzione, di per sé caduca, a tenersi insieme. è proprio l' analisi umana e politica del fenomeno terroristico che fa identificare nel pentimento non già una manifestazione assimilabile alla figura tipica della delazione, provocata da un mero interesse individuale che non merita rispetto né protezione dall' ordinamento giuridico . il pentimento del terrorista è, invece, un preciso atto politico, cioè il riconoscimento dell' insensatezza delle scelte compiute da menti giovanili e perciò inesperte, e spesso fuorviate da agenti provocatori. il pentimento del terrorista è l' esatto contrario del tradimento, perché coincide con la rinnegazione di coloro che , essi sì, hanno tradito e tradiscono la Repubblica. voler puntare anche sul pentimento per la lotta alle bande armate non, è, quindi, una confessione di impotenza delle forze dell'ordine , ma corrisponde piuttosto alla coscienza che il terrorismo non si combatte solo con mezzi di polizia ma anche con azioni politiche. a tale ispirazione mi richiamai nel discorso di presentazione alle due Camere il 7 luglio 1981. dissi allora: « esistono due particolari versanti ai quali intendiamo dedicare peculiare attenzione perché rappresentano i nuovi obiettivi strategici dell' attacco terroristico. mi riferisco all' offensiva contro i cosiddetti « pentiti » ed i loro familiari, ed al tentativo di operare nelle carceri una saldatura fra i detenuti per atti di terrorismo e la delinquenza comune. perdere la battaglia su questi fronti vorrebbe dire aprire un varco di incalcolabile portata per le bande armate » . in questa visione il Governo ha fatto propria tale strategia con un' iniziativa legislativa aperta a tutti i contributi parlamentari (essendo questo un tema che travalica, per la sua stessa natura, i confini fra maggioranza ed opposizione). proprio perché convinto del valore politico e della correttezza dell' analisi connessa a tale scelta, il Governo ha dovuto registrare con rammarico contrasti e divisioni di parere che hanno riproposto faticose e spesso accademiche contrapposizioni. il Governo ha ora fiducia, anche a seguito dell' intervento di un' altissima autorità parlamentare, che il disegno di legge sui « pentiti » possa diventare rapidamente legge dello Stato: e non legge di polizia, ma legge politica, tale da indicare a tanti giovani la strada del ritorno alla democrazia ed alla civile convivenza. proprio l' esempio del disegno di legge sui « pentiti » ripropone il tema della discrasia fra decisioni governative e loro tempi di attuazione. e un problema generale del nostro ordinamento, che nel caso del terrorismo assume (se siamo tutti convinti) più evidente drammaticità. tutti abbiamo sentito in questi giorni, nei quali più viva si è levata la protesta della stampa e dell' opinione pubblica per certi ritardi decisionali, le spiegazioni di colleghi parlamentari e non parlamentari circa la normalità dell' impiego di quattro o cinque mesi per decidere in una sola Camera in relazione ad un disegno di legge di tale drammatica urgenza. si è anche sentito un tentativo di spiegazioni che fa ricadere la colpa del ritardo sull' insufficienza tecnica del disegno di legge governativo, l' unico cui ci eravamo impegnati, tanta era la nostra fiducia nelle leggi già esistenti contro il terrorismo, disegno addirittura definito da una sponda parlamentare « risibile » : con un' aggettivazione che un' opposizione responsabile dovrebbe evitare, soprattutto quando è noto che quel disegno, discutibile quanto si vuole, perfettibile, migliorabile ed emendabile, riflette tuttavia anche impostazioni di magistrati in prima linea nella lotta contro il terrorismo e rispecchia elaborazioni culturali complesse, molteplici e in ogni caso, degne di rispetto. nell' un caso e nell' altro vi è un problema, al di là delle giustificazioni che qui non intendo discutere ed anzi accetto senz' altro per buone. e il problema che in questi mesi è stato fronteggiato: dagli angosciati appelli dei terroristi « pentiti » , provenienti da carceri per essi sempre più pericolose, per quanti sforzi si siano fatti; dallo strangolamento del carcere di Cuneo di un presunto « pentito » , assassinio rivendicato, con rivoltanti espressioni, dai suoi autori ed ispiratori; dalla diffusione, a guisa di avvertimento mafioso, dall' atroce immagine dell' omicidio di Roberto Peci. sono questi i fatti, di fronte ai quali l' urgenza della decisione si impone al di là della normalità dei tempi di discussione di un disegno di legge e della difficoltà tecnico-procedurale di elaborare un testo unificato fra le varie iniziative legislative . con questi rilievi il Governo non intende minimamente scaricare responsabilità sul Parlamento. è ben cosciente che ritardi decisionali nel campo amministrativo sono anche imputabili a se stesso . il fatto è che Parlamento e Governo si sono trovati a fronteggiare una situazione di attacco armato di inaudita violenza e insidia, con gli strumenti giuridici ordinari di un paese di moderna democrazia, di per sé riluttante ad ogni idea di repressione e di restrizione di qualsiasi garanzia. il Governo è convinto che questo rischio calcolato sarà alla fine superato: e costituirà, nella storia della democrazia di questo paese, un baluardo di fedeltà ai principi democratici e scoraggerà per l' avvenire qualsiasi conato autoritario. ma si tratta pur sempre di un rischio assai grave per la Repubblica: ed è, quindi, dovere del Governo e del Parlamento di ridurne al minimo la portata, sfruttando sino in fondo le possibilità che offre l' ordinamento per restringere gli spazi usati dai terroristi in vista di attentare alla vita dello Stato. di fronte a questa esigenza, ogni sforzo deve dunque essere compiuto per agire concretamente e rapidamente, passando da una posizione di difesa ad un' azione di attacco senza tregua e senza esitazioni. nel rispetto della Costituzione e delle leggi, il Governo non si farà più fermare da diatribe paralizzanti, che nascono spesso dallo stravolgimento culturale tra le posizioni di chi difende lo Stato democratico , nell' ottica inaccettabile di chi erige carnefici e torturatori e loro complici a vittime della repressione poliziesca. queste considerazioni valgono anche per le responsabilità governative nel settore carcerario, di cui ha parlato in modo così approfondito e lucido il ministro Darida, là dove una riforma di grande liberalità si è scontrata con strutture fatiscenti, con personale numericamente insufficiente e sovente non abbastanza stimolato e sorretto e, in ultimo, con attacchi di tipo militare. il Governo intende perciò adottare, senza ulteriori indugi, nell' esercizio dei poteri attuativi di leggi già approvate ed operanti e senza inutili pubblicità, tutti i rimedi che giudicherà indispensabili al fine di tagliare la vena iugulare che collega i terroristi arrestati con quelli ancora in libertà e che collega terroristi e criminali comuni fra loro. noi siamo convinti che il perdurare dell' attuale situazione, che è di assoluta permeabilità, delle strutture carcerarie, che quindi continua ad assegnare al terrorista in carcere un ruolo attivo, spesso egemone, nell' organizzazione criminale, non a caso rivendicato con ostentazione in tutte le più recenti risoluzioni delle Brigate Rosse , si pone sicuramente contro il dettato costituzionale per cui la pena detentiva deve tendere alla rieducazione del condannato. non è più tollerabile — e costituirebbe un venir meno a precisi doveri proprio in relazione alle possibilità, connaturate al fenomeno, di casi di emenda, di pentimento o di associazione — che i terroristi in carcere godano di inaccettabili libertà di azione e possano dedicarsi per esempio all' elaborazione di documenti che poi costituiscono il vademecum delle azioni terroristiche in corso . il ministro di grazia e Giustizia ha già illustrato qual è la situazione delle carceri, per l' accumulo di ritardi e di irrazionalità di lunghi anni. qui mi pare necessario sottolineare che poiché vi è un filo di Arianna in tutte le situazioni, anche nelle più aggrovigliate, questo filo di Arianna è, per il Governo, la tutela del debole nelle carceri. dobbiamo ripristinare l' ordine nelle carceri, costi quel che costi, assumendocene ogni responsabilità davanti al Parlamento e davanti al paese: ogni incertezza o esitazione in questo campo sarebbero gravemente colpevoli. si è richiamata giustamente in questo dibattito la responsabilità che nella lotta al terrorismo compete ai servizi di informazione e di sicurezza . al riguardo, devo dire alla Camera che i servizi stanno attraversando un delicato quanto importante e necessario momento di riorganizzazione, dopo i cambi di vertice dello scorso luglio, in cui si rispecchiò una volontà condivisa dall' intera coalizione di Governo. ciò nonostante, nelle vicende ultime i servizi hanno fatto la loro parte, offrendo — come del resto è stato documentato dai colleghi Rognoni, Lagorio e Darida — agli organi operativi contributi significativi. quasi contemporaneamente ai cambi di vertice, si è però riversata su tali servizi una sequela di accuse ed insinuazioni, nessuna delle quali con un minimo di fondamento. io qui riconfermo, di fronte alla Camera, la fiducia che mi ha condotto, in perfetta intesa con il ministro dell'Interno e con il ministro della Difesa , a scegliere gli uomini che sono alla testa degli organismi di sicurezza. io qui nego, di fronte alla Camera, che qualsiasi deviazione dai loro compiti istituzionali sia stata ordinata o posta in essere dai dirigenti dei servizi di sicurezza . ci sono regole di galantomismo e di probità democratiche che sono essenziali dovunque, ma più che mai in quel settore dei servizi segreti che deve agire con il massimo di discrezionalità e di riserbo, con uso ingente di mezzi finanziari pubblici, con possibilità di controllo di informazioni riservate e nessuna tentazione di servirsene a fini strumentali o di parte; come è avvenuto in momenti non dimenticati, allorché si gettarono le basi di quella riorganizzazione che non ci sentiremmo certo di modificare, ora che è entrata in funzione da pochissimi anni e deve dispiegare ancora le sue capacità e rispondere alle prove cui è chiamata. mi viene il dubbio che certe campagne di calunnia o di menzogna possano trovare ispirazione o stimolo da quegli ambienti o uomini coinvolti nella vicenda della Loggia P2 , che aveva esteso certe sue pericolose influenze anche in settori non lontani dall' informazione e dalla sicurezza. con il taglio netto rispetto ad interferenze o influenze della Loggia P2 non si sono soltanto colpite responsabilità individuali, ma si è distrutta una trama ed una mentalità... chi comanda i carabinieri? si è distrutta la ramificazione più insidiosa di un centro di potere occulto e corruttore insieme, la concezione dei servizi segreti come strumento teso al conseguimento di finalità estranee a quelle istituzionali. sotto l' alta esclusiva vigilanza del comitato parlamentare , i servizi hanno diritto a riorganizzarsi ed a operare con serenità. sento tutta la responsabilità istituzionale di garantire l' efficienza e l' operatività di questo settore, vincolato dalla legge solo nello scrupoloso rispetto dei fini. il Governo, sicuro della lealtà costituzionale degli uomini dei servizi, si opporrà con la sua responsabilità politica ad ogni tentativo di aggressione ed assicurerà le necessarie garanzie funzionali. il Governo intende così affermare le condizioni per consentire ai servizi un determinante contributo alla lotta contro il terrorismo, da condurre con i mezzi a loro propri, non meno necessari di quelli dispiegati, con grande senso di dedizione e di sacrificio, dalle forze dell'ordine . desidero dedicare qualche parola al tema delle connessioni internazionali del terrorismo, un tema su cui ha attirato giustamente la nostra attenzione, e non da oggi, il presidente della Repubblica e su cui il Governo che ho l' onore di presiedere intende far luce fino in fondo, affinché non rimangano margini per nessun dubbio. connessioni e collegamenti. credo che in questa materia occorra attenersi ad una linea di riserbo: ma senza mai ignorare i dati di fatto, le notizie certe e documentate, che è dovere del Governo offrire alla riflessione del Parlamento. in merito alle ipotesi circa l' esistenza di una centrale estera che regga le fila dell' eversione nel nostro paese, noi non possiamo ignorare quanto sia difficile e complesso acquisire prove certe e definitive. ma intanto è nostro dovere dedicare la nostre attenzione agli abbondanti indizi, accresciuti dagli ultimi, anzi dagli ultimissimi rapporti dei servizi di informazione e di sicurezza , che delineano il quadro dei collegamenti internazionali fra gruppi eversivi operanti nei paesi occidentali, in una rete che configura una minaccia concreta alla nostra stabilità e alla collocazione occidentale del nostro paese: un paese, non dimentichiamolo, che da tempo si trova al centro di tutte le tensioni dell' area mediterranea, confinante con uno degli scacchieri più incandescenti e più decisivi, nell' equilibrio mondiale, cioè il Medio Oriente . una area, quella mediterranea, sottoposta a forti spinte destabilizzatrici, cui l' Italia ha sempre contrapposto la propria funzione moderatrice e riequilibratrice. a puro titolo di esempio, voglio ricordare le azioni congiunte di terroristi italiani e francesi nel sud della Francia, dove sono state perpetrate rapine per il finanziamento di gruppi eversivi; l' inquietante episodio dei missili di Ortona; i frequenti casi di terroristi italiani arrestati in Francia e le numerose altre segnalazioni attendibili circa la presenza di eversori, latitanti o clandestini, in paesi occidentali dove alligna il terrorismo o anche in paesi dell'est e del terzo mondo ; l' affollarsi di dati e di notizie, mai convincentemente smentite, sull' esistenza di campi di addestramento per terroristi nel Libano, e forse in Libia; la ingente documentazione elaborata e scambiata fra i diversi gruppi terroristici, per non parlare delle esplicite enunciazioni contenute nelle « risoluzioni » dei brigatisti rossi in merito ai rapporti con le formazioni terroristiche straniere, occidentali e non, di comune matrice, si fa per dire, ideologica. soprattutto, voglio qui ricordare la singolare concomitanza cronologica della campagna terroristica anti-NATO, scatenata nella Repubblica Federale Tedesca dalla RAF e in Italia dalle Br, mirante ad ostacolare l' installazione dei missili nucleari nell' Europa occidentale , in funzione difensiva e come premessa di una costante ricerca di dialogo e di negoziato fra i due blocchi dell' est e dell' ovest. convinti come siamo — i due governi di Bonn e di Roma: e in questo la nostra linea coincide con quella della Germania del cancelliere Schmidt — che solo la trattativa lunga e tenace può garantire la ripresa del processo di distensione e la sicurezza delle nostre nazioni. e in tal caso si adopera l' Italia, verso i paesi dell' Europa orientale e non meno che verso i paesi del bacino mediterraneo. non possono sussistere dubbi, quindi, sull' esistenza di collegamenti anche operativi fra i vari gruppi terroristici europei e extraeuropei, senza che si possa giungere a conclusioni ancora definitive. in questi due anni siamo stati indotti alla espulsione dall' Italia di numerosi cittadini stranieri — ventisei per l' esattezza — di varia nazionalità (soprattutto libici, ma anche ungheresi, sovietici e bulgari), pericolosi ai fini della sicurezza oppure impegnati in attività informative concernenti aspetti delicati della vita dello Stato. signor presidente , onorevoli Deputati , non ho volutamente parlato dei notevoli risultati degli ultimi giorni, perché contro il terrorismo la nostra democrazia, con la forza della legge, deve vincere una guerra e non può accontentarsi di successi parziali, per quanto importanti. viviamo ancora oggi la vergogna della detenzione in mani terroristiche di un soldato venuto da una nazione amica ed alleata per un patto difensivo e a garanzia di pace, qual è l' Alleanza Atlantica . abbiamo ancora terribili difficoltà davanti a noi: perché davanti a noi è la forza dell' irrazionale e del fanatismo. dobbiamo pazientemente tessere la tela della definitiva sconfitta dei nemici della Repubblica e della tradizione umanitaria del popolo italiano . guardiamo con rinnovata fiducia a tutte le forze dell'ordine : Pubblica Sicurezza , carabinieri, guardie carcerarie, guardie di finanza, impegnate in una lotta senza quartiere contro la delinquenza, contro la criminalità politica e comune, contro la corruzione. posso solo ricordare in questo momento quanto dissi, presentando il Governo a questa Assemblea, il 7 luglio: « la sfida eversiva delle bande armate non può essere affrontata solo con rimedi giurisdizionali. essa richiede al Parlamento e al Governo l' utilizzazione coordinata di tutti gli strumenti operanti a disposizione » . e quanto, esattamente, ci ripromettiamo di fare, lo ripeto, senza inutili pubblicità e senza inutili clamori. a parte le iniziative legislative , da perfezionare (e non solo quella sui « pentiti » ma anche l' altra, presentata dal ministro della Giustizia , sulle sanzioni disciplinari), sul piano delle direttive amministrative faremo uso di tutti i poteri che la legge democratica ci riconosce, sapendo che proprio questa — la sfida di abbattere il terrorismo nel rispetto assoluto delle regole dello stato di diritto e della democrazia — è la sfida che siamo stati chiamati ad affrontare dall' asprezza dei tempi e alla quale non ci sottrarremo, fiduciosi, come siamo, nella prima vittoria finale della ragione. non ci rassegneremo a convivere col terrore. impegneremo tutte le nostre energie, non rinunceremo a nessuno sforzo in questa battaglia. ecco l' impegno rinnovato che il Governo assume davanti al Parlamento, davanti alla nazione e davanti all' opinione pubblica internazionale.