Emma BONINO - Deputato Opposizione
VIII Legislatura - Assemblea n. 363 - seduta del 30-07-1981
Sulla fame nel mondo
1981 - Governo I Spadolini - Legislatura n. 8 - Seduta n. 363
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , colleghe e colleghi, signor ministro, e credo che il dibattito odierno debba assumere un grande rilievo politico, non solo per questo ramo del Parlamento, ma in generale, come dibattito che deve coinvolgere l' opinione pubblica del nostro paese e tutte le forze politiche qui rappresentate. è un dibattito che avviene a due anni e mezzo di distanza dal primo dibattito che vide impegnata questa Camera su questo tema, in seduta straordinaria, nel settembre 1979; un periodo che è stato per la nostra parte politica un periodo di tentativi, di iniziative, di lotte politiche per cercare di far capire a tutti come questo tema debba diventare — per tutti, e non solo per noi — la priorità delle priorità, non solo della nostra politica estera , ma della nostra linea politica, più in generale. se c' è un risultato che dobbiamo sottolineare — risultato di cui fanno testo anche le mozioni presentate — è la presa di coscienza dell' importanza del tema, della possibilità di risolvere questo problema drammatico, della fattibilità, in termini finanziari, operativi, tecnologici, di porre fine ad uno sterminio di questo tipo. mi pare di notare, almeno nella maggior parte delle mozioni presentate, questa coscienza di fondo, che sembra sia stata recepita dalla maggior parte delle forze politiche presentatrici di documenti. ci sembra che questo sia un successo che dobbiamo sottolineare, senza dimenticare, nel frattempo, che in questi due anni è certo aumentato lo sforzo italiano nell' aiuto pubblico allo sviluppo: siamo passati dai 200 miliardi del 1978, che ci relegavano all' ultimo posto tra i paesi DAC, con un quasi vergognoso 0,06 per cento , ad uno stanziamento per il 1981 di mille miliardi, con un impegno di 1.500 miliardi per il 1982 e di duemila miliardi per il 1983. se gli impegni sottintendono una volontà politica, di questo prendiamo atto; ma non possiamo dimenticare o far finta di ignorare che cosa sia poi successo — o che cosa debba succedere, perché ancora non lo sappiamo — di questi famosi mille miliardi. e le nostre critiche rispetto alla gestione di questi fondi — o anche alla non gestione, perché non siamo ancora riusciti a spenderli vogliono essere costruttive, indicando un modo diverso di agire su questo tema. parleremo probabilmente in altra sede o in Commissione su questo fondo di mille miliardi. abbiamo avuto, ed è allegato ad un documento della Camera, un progetto di distribuzione dei fondi, che riteniamo ufficioso (non ci è mai stato confermato, ma nemmeno smentito); e abbiamo dovuto notare come, anche se la mozione del 1979 finalizzava i fondi straordinari a progetti di emergenza destinati a salvare vite umane , in realtà in questo progetto di divisione e di spesa dei mille miliardi poco abbiamo ritrovato dello spirito di quella mozione. abbiamo trovato molto di più: la tendenza reale di una distribuzione « a pioggia » a tutte le organizzazioni internazionali , senza una scelta politica precisa. e una distribuzione « a pioggia » per vari progetti, che non è, a mio avviso, produttiva né in termini politici né in termini economici e neanche per l' obiettivo di salvare quelle vite umane . sono quasi certo che in realtà con questi fondi noi non abbiamo contribuito a garantire la sopravvivenza di nessuno. non abbiamo contribuito a dare un segno diverso, indicando come il nostro paese intende agire nel dialogo nord sud ; e da due anni, da quando abbiamo cominciato, le nostre richieste sono state forse martellanti, forse ripetitive, ma certo sempre univoche. il contributo italiano per la lotta alla fame ha un unico metro di valutazione, cioè quante persone si riesce a strappare dalla morte per fame. questo è l' unico metro di valutazione che possiamo avere, non ce ne possono essere altri. ma noi ci auguriamo che questi due anni di sensibilizzazione, questa maggiore presa di coscienza, come è dimostrato dai documenti presentati, voglia anche indicare un cambiamento di principi direttivi e ispiratori, non solo nella gestione dei fondi, ma nella politica estera del nostro paese. questa lotta per noi ha di per sé tre motivazioni importanti. la prima motivazione è morale, che non mi dilungherò a spiegare e che basterebbe di per sé ad imporre al nostro paese, così come agli altri paesi, una linea politica più decisa. è evidente che non si può assistere ad un reale sterminio in corso facendo finta che non esista, solo perché sta a qualche migliaio di chilometri di distanza; motivazione morale che sarebbe sufficiente, ma che a nostro avviso non è la sola. in secondo luogo, vi è una motivazione politica precisa, in termini di distensione e di pace; perché crediamo fortemente che, se non affianchiamo il dialogo est ovest con il dialogo nord sud , non è matematicamente possibile garantire la pace nel nostro mondo; quando un terzo degli abitanti vive in paesi sviluppati ed è assediato da due terzi di persone che non hanno gli strumenti minimi per garantire la propria sopravvivenza. non è un mondo in pace, è un mondo di forti tensioni, è un mondo che può scoppiare. certo, i due terzi delle popolazioni affamate, o ridotte magari ad un reddito procapite inferiore ai 100 dollari annui, non potranno rassegnarsi ad assistere alla morte della propria gente senza tentare nulla; e qualche cosa hanno tentato, con le ripercussioni che tutti conosciamo. quando i paesi produttori di petrolio hanno deciso di unirsi e di dettare loro i termini dell' esportazione petrolifera, ce ne siamo accorti tutti. ma teniamo anche conto che i paesi del terzo mondo sono proprietari di ben altre materie prime , che sono indispensabili alla nostra società ed al nostro livello di società (basta pensare al rame o al tungsteno o a quello che volete). possiamo immaginare che cosa potrebbe mai succedere se, oltre al cartello del petrolio, si formassero altri cartelli per cominciare a dettare le condizioni del prezzo delle materie prime e se questo non avvenisse in un ambito di cooperazione e di dialogo internazionale, ma avvenisse invece in un' ottica di rottura; così come è avvenuto — tutti lo ricordiamo — con la rivoluzione libica del 1970; tutti sappiamo che cosa ha voluto dire con la crisi petrolifera del 1973, se cioè questa rivalutazione delle materie prime , che pure è doverosa per garantire lo sviluppo di questi paesi, non avvenisse in un contesto di dialogo nord sud in cui i paesi sviluppati si impegnano, ad esempio, sul piano della tecnologia, ma avvenisse in una fase di ottica di rottura. questo sarebbe veramente un minare alla base il nostro stato di vita, che, se pure deve cambiare, credo che lo sforzo di tutti noi deve essere finalizzato al fatto che questo cambiamento avvenga in termini di rapporti bilaterali seri, non rapporti come sono stati finora, unilaterali, molto spesso rapporti di rapina, rapporti che hanno provocato a volte la giusta rabbia dei paesi del terzo mondo . vi è poi una motivazione economica che per noi è molto importante e credo anche per le altre forze politiche . noi viviamo in un mondo di interdipendenza ormai molto sviluppata ed è evidente che anche per la nostra economia, ma soprattutto per l' economia in generale dei paesi sviluppati , non è più possibile progredire ai ritmi di sviluppo con cui è progredita, se non si aprono altri mercati, se non si apre cioè uno scambio, anche commerciale, di natura diversa. ma è altrettanto evidente che è difficile aprire uno scambio commerciale con paesi che hanno un reddito annuo procapite di 100 dollari; è difficile, infatti, che possano comprare alcunché non avendo la possibilità neanche di mantenere la propria gente. queste motivazioni, quella economica, quella sulla sicurezza, quella morale e quella giuridica sono le motivazioni di fondo di questa nostra iniziativa. e se noi guardiamo storicamente che cosa è successo in questi ultimi due decenni dello sviluppo, dobbiamo constatare che hanno avuto ed hanno, nella fotografia che ci presentano, un risultato che dobbiamo definire per lo meno fallimentare; due decenni delle Nazioni Unite per lo sviluppo in realtà non hanno significato lo sviluppo, non hanno implicato una riduzione della morte per fame, se è vero — come è vero — che le previsioni della Banca mondiale danno le cifre delle popolazioni in stato di assoluta povertà, e quindi in una situazione di fame cronica (senza guardare ovviamente all' emergenza che avvengono per cause umane, belliche o per disastri naturali), cifre che sono spaventosamente in aumento e che ci devono far pensare quale mondo in realtà andiamo a costruire anche per salvare i paesi cosiddetti industrializzati. noi abbiamo avuto un primo periodo che è stato quello degli aiuti allo sviluppo basato su un concetto di carità da una parte un po' pelosa e dall' altra di interesse assolutamente unilaterale. questo primo periodo ha il suo fulcro, se vogliamo, nella legge numero 490, varata negli USA per gli aiuti allo sviluppo , legge che, come tutti sappiamo, finalizzava l' aiuto allo sviluppo in un modo in cui gli interessi andavano esclusivamente al paese donatore e che lasciava gestire l' aiuto allo sviluppo dalle grandi multinazionali, con operazioni di rapina e di speculazione che nella stragrande maggioranza dei casi si sono tradotte non in un aiuto, ma in un depauperamento sistematico dei paesi del terzo mondo . basti pensare, ad esempio, all' impulso dato, soprattutto dalle grandi multinazionali agroalimentari, alle monocolture che hanno reso nei paesi interessati sempre più dipendenti in termini alimentari dalle importazioni dai paesi sviluppati . ovviamente questi paesi non controllavano il prezzo di queste importazioni (pensiamo alla escalation del prezzo del grano), né quello delle loro monoculture di caucciù, di banane o di arachidi. si trattava, in altre parole, di uno scambio sempre a danno dei paesi del terzo mondo con l' arricchimento del paese donatore e spesso della sola multinazionale. operazioni che non tenevano assolutamente conto della realtà in cui si inserivano. non voglio ritornare sull' operazione Nestlè, che tutti conosciamo, e che è un esempio tipico di quello che in termini eufemistici si definisce a volte come libero mercato e che, invece, si è tradotta nell' assassinio, nella morte di milioni di bambini. i paesi del terzo mondo , infatti, non hanno alcun bisogno, se non in casi-limite, come anche da noi, di allattamento artificiale, ma era stata condotta una campagna a tappeto in questo senso. in questi anni sono piovute le denunzie ed io sono soddisfatta dell' atteggiamento tenuto dal governo italiano in sede di Organizzazione mondiale della sanità quando ha approvato il codice di comportamento delle multinazionali per quanto riguarda il terzo mondo , almeno in questo campo; è indubbio però che si è trattato di un periodo segnato — un periodo che continua perché queste operazioni non sono venute meno — da questo cosiddetto scambio totalmente unilaterale e totalmente a favore del paese donatore. i risultati di questo periodo sono stati drammatici; tanto è vero che da una parte l' amministrazione Carter, pur con tutti i suoi limiti, e dall' altra il rapporto Brandt hanno sentito l' esigenza di delineare un' altra strategia che è stata definita la « strategia dello sviluppo » che, a mio avviso, ha l' unico limite, peraltro insuperabile, che non è mai stata applicata e che è fallita prima ancora di cominciare. questa strategia è fallita certamente per varie ragioni, ma è significativo che mentre il rapporto Brandt chiedeva un incremento dell' aiuto ufficiale allo sviluppo, proprio il governo della Repubblica Federale Tedesca ha diminuito questo aiuto, seguito o preceduto a ruota dal governo inglese , per non parlare — ma ne parleremo poi più dettagliatamente — dell' atteggiamento dell' amministrazione Reagan. questa nuova strategia dello sviluppo delineata da Brandt, che comprendeva un programma di emergenza ed uno a lungo termine , segnalando l' esigenza che questi due programmi procedano parallelamente e contestualmente, perché è pensabile creare lo sviluppo in una situazione di aumento di morte, è fallita prima ancora di iniziare. forse è fallita perché non è mai stata applicata, ma quello che è certo è che oggi si trova in una impasse notevole per tutti. esiste un buon libro, « il dialogo nord sud : un programma per la sopravvivenza » . che è rimasto solo un libro, che nessuno, anche nelle raccomandazioni più marginali o meno impegnative, ha cercato di mettere in pratica. noi sosteniamo da due anni una proposta diversa. sosteniamo che non è lo sviluppo a portare di conseguenza e di per sé una riduzione del tasso di mortalità , proprio perché lo sviluppo così non è mai stati attuato: forse il tentativo che dobbiamo fare il rischio che dobbiamo correre è quello di garantire la sopravvivenza di vite umane con piani integrati che siano portatori di sviluppo. si tratta, cioè di capovolgere completamente le priorità. questo è il senso di quanto abbiamo fatto per due anni, ma è anche il senso che si deduce da documenti ormai molto discussi; e questa è anche l' esatta lettura del « rapporto Carter » , che però neppure quella amministrazione ha mai cercato di applicare. non vi leggerò certo la nostra traduzione di quel rapporto (anche perché certamente lo conoscete tutti), ma la sua esatta lettura è proprio in questo senso: garantire la sopravvivenza di milioni di persone con progetti che non siano frutto di carità pelosa, ma che siano insieme di emergenza e di realizzazione di impianti strutturali a lungo termine . questa è l' unica strada perseguibile; ed il successo del nostro lavoro, delle nostre comuni iniziative può essere solo misurato sulla base del numero di esseri umani che riusciamo a salvare. leggendo le varie mozioni presentate, si nota che la maggior parte di esse fa riferimento al manifesto dei premi Nobel , che anche noi abbiamo sottoscritto. bisogna però stabilire se siamo d' accordo sulla corretta lettura di questo manifesto: non dice cose scontate, è un documento politico perentorio, sul quale non è possibile trarsi in inganno. dichiara infatti che l' obiettivo di strappare alla morte milioni di persone è un obiettivo ragionevole e possibile e, nello stesso tempo, un imperativo perentorio. non è solo una dichiarazione di principi, è un invito ad emanare nuove leggi, a redigere nuovi bilanci, a realizzare nuovi schieramenti politici, a decidere nuove azioni, parlamentari e non, richiamando tutti, governanti e persone comuni, alle loro responsabilità, a quanto ognuno possa fare, sia che abbia responsabilità di Governo, sia che si tratti di un cittadino qualsiasi, sia che si tratti di un legislatore. questo appello, dunque, richiama tutti ad un cambiamento di metodo, ad assicurare cioè lo sviluppo partendo dalla sopravvivenza, piuttosto che mancare lo sviluppo partendo dalla morte. perché proprio questi sono stati i risultati degli ultimi anni: abbiamo mancato l' obiettivo dello sviluppo garantendo solo la morte. il rischio che ora dobbiamo correre, il tentativo che dobbiamo fare è di assicurare lo sviluppo partendo dalla sopravvivenza del maggior numero possibile di persone. se leggiamo le mozioni presentate, dobbiamo dire che alcune hanno almeno in parte recepito questa corretta lettura del manifesto dei premi Nobel . e, in un certo senso, lo stesso si può dire anche dell' intervento del presidente del Consiglio alla conferenza di Ottawa, che in realtà ha raggiunto risultati ben modesti. però l' intervento del nostro presidente del Consiglio mi sembra aver recepito questo spirito, se è vero che ha avanzata la proposta di una conferenza da tenere a Roma e che a lui è stata affidata la responsabilità di organizzarla. inoltre, credo che un grande impulso alla mobilitazione delle più diverse forze, presenti e no in questo Parlamento, sia venuto dalla dichiarazione del presidente della Repubblica Pertini, al quale va un ringraziamento caloroso nostro e, credo di tutti. considero un atto di doveroso omaggio nei confronti dell' azione del presidente della Repubblica leggere qui brevemente la sua dichiarazione, affinché rimanga agli atti. e un ringraziamento doveroso che crediamo tutti vogliano fare (siamo disponibili) perché, credo, se il presidente ci ha rappresentati in questa dichiarazione e se in questa dichiarazione ci riteniamo rappresentati, per tutti noi sarà forse più facile capirci nel lavoro che mi auguro faremo, insieme o separati, a partire da oggi per i prossimi mesi. ha detto Sandro Pertini: « ogni anno nel mondo milioni di creature umane muoiono per denutrizione e mentre questa immane tragedia si consuma, miliardi vengono sperperati per costruire ordigni nucleari che, se per dannata ipotesi fossero usati, sarebbe la fine per l' umanità. la strage di innocenti, vittime della fame, pesa come una condanna sulla coscienza di ogni uomo di Stato e quindi anche sulla mia. per quanto mi riguarda, questo peso mi diviene sempre più insopportabile e quindi insorgo rivolgendo un appello a tutti i capi di Stato perché si uniscano per combattere la fame nel mondo . tutti gli uomini di buona volontà e soprattutto chi detiene nelle proprie mani il destino dei popoli, debbono unirsi ed opporsi con ogni mezzo contro il regno della morte e per l' esaltazione della vita. siamo ormai legati allo stesso destino: o perire vittime della bomba atomica , o vivere in pace, affratellati insieme esaltando la vita! io sono italiano, ma mi sento anche cittadino del mondo e sono quindi al fianco, con fraterna solidarietà, di quanti in ogni angolo della terra si battono per i loro diritti civili ed umani, contro la fame. ancora una volta ripeto quanto ebbi a dire in Italia ed all' estero: si svuotino gli arsenali, si colmino i granai! » . quest' invocazione di Pertini almeno nella sua ultima parte, finora non è certamente stata ascoltata, se noi pensiamo che quanto si spende annualmente per armamenti è ormai sull' ordine di 500 miliardi di dollari , mentre quanto si spende a livello mondiale nel pubblico aiuto allo sviluppo , è 20 miliardi di dollari ! la sproporzione è schiacciante: 500 miliardi di dollari in armamenti e 20 miliardi di dollari per l' aiuto allo sviluppo ! molte tensioni ormai a livello internazionale (citerò solo quelle dell' Iran), dimostrano che anche con tutti i nostri armamentari più o meno nucleari, si creano situazioni in cui è impossibile intervenire con le armi, ma già nel 1970 ce lo aveva dimostrato la rivoluzione libica e, anni dopo, la rivoluzione iraniana. tutte le armi in questi conflitti dalle drammatiche dimensioni non solo non sono servite a niente, ma non sono state nemmeno usate. devo aggiungere: fortunatamente, perché le usano abbastanza gli abitanti di quei paesi! e un alibi, quanto è stato ripetuto per molti anni: andiamo al disarmo (progressivo, graduale eccetera) e, quanto non investiremo nelle armi, lo investiremo nell' aiuto pubblico allo sviluppo. e uno slogan — se volete — affascinante ed in qualche misura convincente, sulla carta: in realtà, è un alibi che ha fatto sì che le spese militari siano aumentate in modo sproporzionato in tutto il mondo (compreso il nostro paese) e che l' aiuto pubblico allo sviluppo sia calato dallo 0,35 allo 0,33 (media DAC). certamente, la nuova amministrazione americana con gli interventi di Ottawa e le dichiarazioni del presidente Reagan, non solo non ci fa molto ben sperare, ma ormai rende chiaro ed evidente il disegno degli USA per quanto riguarda il terzo mondo . se mai è esistita una filosofia di aiuto allo sviluppo col suo interprete in un inascoltato presidente McNamara, è una politica seppellita perché gli USA ne hanno decisa un' altra che è una vecchia politica. è la vecchia politica neocolonialista, il cui fallimento abbiamo già visto negli anni scorsi, che viene però ripresa. ritengo che l' Europa abbia il dovere di scegliere un' altra strada, cioè una strada autonoma nei rapporti con i paesi del terzo mondo , una strada di politica estera autonoma rispetto ai due blocchi . venendo più specificatamente alle mozioni presentate, ed in particolare a quella presentata dalla maggioranza, mi sembra dover fare due rilievi. il primo al punto 4) di detta mozione nella quale si legge che: « si invita il Governo a compiere ogni sforzo per portare, entro la fine del decennio, allo 0,7 del prodotto interno lordo il livello dell' aiuto italiano allo sviluppo nel rispetto degli impegni internazionali » . questo punto non è accettabile. nella risoluzione del 1979, relativa al problema dello stanziamento per l' aiuto allo sviluppo , si parlò di « tempi ragionevoli » e precisamente si disse che: « occorre mantenere l' impegno di raggiungere la media dei paesi industrializzati occidentali, per l' aiuto pubblico allo sviluppo, con stanziamenti aggiuntivi cercando di giungere allo 0,7 del prodotto interno lordo in tempi coerenti » . la mozione socialista parla invece di « tempi ragionevoli » , mentre quella della maggioranza fissa come termine di scadenza il decennio. vorrei sollecitare la maggioranza a sopprimere questa parte della sua mozione; credo infatti che se ne compiremo uno sforzo aggiuntivo, in un anno arriveremo certamente allo 0,7. il secondo rilievo che intendo fare è che le richieste, contenute nella mozione, parlano del raggiungimento dello 0,7 del prodotto nazionale lordo nel 1985 e dell' 1 per cento nel 1990. ritengo che la maggioranza ed il Governo farebbero atto di prudenza ad eliminare il vincolo del decennio; infatti, se mai riusciremo a compiere uno sforzo straordinario — così come previsto nella mozione della maggioranza — nel periodo di un anno si potrà raggiungere la media dello 0,7. credo sia un bene per tutti — soprattutto per chi, in campo internazionale , leggerà questa mozione — non fissare questo vincolo preciso. gli altri punti della mozione ci trovano sostanzialmente d' accordo. sono dichiarazioni di intenti, di cui comprendiamo l' importanza, che ci invitano ad una attesa fiduciosa, forse perché siamo degli inguaribili ottimisti. infatti se dovessimo guardare a quanto è avvenuto in questi due anni, molta speranza e molta fiducia verrebbero meno. la nostra speranza è che questa mozione e le dichiarazioni del presidente del Consiglio Spadolini ad Ottawa implichino un' inversione di tendenza . siamo disponibili — come abbiamo più. volte ripetuto — a lavorare insieme, in quanto ritengo che questa battaglia non sia solo del gruppo radicale e non possa essere risolta esclusivamente in questi termini; è invece una battaglia che deve coinvolgere tutti (ognuno per le sue responsabilità) se vogliamo risolvere il problema. c' è anche un altro punto che mi lascia perplessa, nella risoluzione presentata dalla maggioranza, ed è il punto 9. in tale punto si parla dello stanziamento aggiuntivo e straordinario di tremila miliardi ma mi lascia incerta, perché non ho capito (e vorrei dei chiarimenti in proposito) che cosa implichi la dicitura seguente: « ... utilizzando tutte le disponibilità umane e tecnologiche dell' industria italiana » . che cosa significa dunque questa divisione, con l' obiettivo di realizzare progetti pluriennali di sviluppo ed interventi di emergenza? questa è pressoché la stessa dicitura contenuta nella mozione del 1979, che parlava di progetti pluriennali di sviluppo e di progetti di emergenza. però, la percentuale dei fondi destinati all' emergenza è ridicola; ebbene, cumulando ai fini degli stanziamenti progetti pluriennali di sviluppo e interventi di emergenza, non vorrei che spendessimo il 90 per cento delle somme in progetti pluriennali di sviluppo e un residuo minimo in interventi di emergenza; se così facessimo, continueremmo a realizzare interventi di emergenza in modo confuso, dispersivo, nella migliore delle ipotesi, di tipo caritativo, non interventi straordinari, capaci, nel momento in cui sappiano assicurare la vita, di trainare con sé lo sviluppo. questo ci interessa: iniziare con il garantire la sopravvivenza di interventi che sappiano trascinare con sé lo sviluppo, porre cioè le basi per uno sviluppo organico ed a lungo termine di questi paesi. pertanto, la dicitura finale, cui mi sono riferita, non solo perché non prevede scansioni di tempi, ma anche per la sua formulazione, ci lascia particolarmente incerti. infatti, il primo grado di chiarezza che dobbiamo raggiungere consiste in questo: siamo convinti che si debba partire col compiere sforzi per interventi di emergenza, e trascinare dietro ad essi lo sviluppo del terzo e quarto mondo , o vogliamo continuare — come abbiamo sempre fatto — con una distribuzione « a pioggia » di fondi (se mai siamo riusciti a distribuirli), in modo confuso, in modo dispersivo, economicamente e politicamente poco produttivo anche per il nostro paese? questo è il problema che io mi pongo circa il modo in cui la maggioranza, che aderisce a questa mozione, ha inteso l' ultimo paragrafo. per il resto, debbo soltanto aggiungere che molte delle considerazioni che vi sono svolte ci trovano concordi, anche se siamo ancora al livello di dichiarazioni, importanti — è vero — ma pur sempre di dichiarazioni, di affermazioni di principio, che pure hanno il loro valore e che noi sottolineiamo. certo, questa mozione è ben diversa e rappresenta un passo avanti rispetto a quella del 1979; tuttavia, il problema è di passare alla fase operativa e concreta: quali progetti, fatti da chi, in che tempi, se con una funzione di controllo e di promozione da parte del governo italiano . mi riferisco alle fasi operative, non solo di spesa dei tremila miliardi, ma anche di realizzazione delle iniziative che intendiamo prendere. il Governo ha ricevuto il mandato di convocare una conferenza a Roma: ci pare un momento veramente importante! ma la conferenza dei capi di Stato della Cee di cosa discuterà? forse del problema della fame del mondo in generale? non credo sia più il caso! forse discuterà su progetti precisi che il Governo intende commissionare? o no? tutti questi punti costituiscono la base su cui dobbiamo lavorare. credo che anche il Governo senta la necessità di chiarire, come noi, che lo studio della fase operativa è ancora da iniziare e che quindi esso si riserva un periodo, certamente breve, data l' urgenza della situazione, per riproporre al Parlamento le azioni concrete che ha intrapreso in questo mese, o che intende intraprendere, per arrivare ai primi passi della soluzione di questo problema. è importante che ci diamo una scadenza, affinché il Governo riproponga al Parlamento le azioni concrete che intende compiere; altrimenti rischiamo, o rischiate, di votare a favore di una mozione che è buona, in linea di principio , salvi i due punti che ho segnalato, ma che potrebbe diventare « acqua fresca » , perché alle affermazioni di principio non farebbero seguito azioni concrete, in grado di dare credibilità a questa nuova volontà del Governo, se c' è, come a me pare di leggere. se vogliamo essere credibili, dobbiamo studiare azioni concrete; allora credo che sia un bene per tutti darci una scadenza, un mese, cinque settimane, per discutere su proposte concrete. possiamo prendere atto di questa nuova impostazione e convergere su di essa, correggerla e lavorare insieme, vincere insieme questa battaglia, o almeno pensare di lavorare insieme per arrivare a certi risultati. ci saranno divergenze, ma forse sarà più utile per tutti cercare le convergenze su un tema di questo tipo, piuttosto che vedere che cosa ci separa. credo che la volontà reale di questa nuova linea politica si dedurrà proprio dalla volontà, o meno, del Governo di tornare a brevissimo termine a proporre al Parlamento misure concrete. questa sarà in realtà la « cartina di tornasole » , che indicherà se veramente abbiamo voltato pagina, o se invece continuiamo, come sempre, considerando la politica estera un po' la « cenerentola » della politica italiana — lo dico, ovviamente, senza offendere il ministro degli Esteri , cui la critica non è rivolta in termini personali — senza aver capito, invece, che l' Italia può svolgere un grande ruolo nell' apertura di un effettivo dialogo nord sud . dobbiamo ricoprire un ruolo autonomo e di traino su questo problema; e a tanto è quasi la stessa politica estera americana che ci costringe. è evidente che l' Europa deve cercare un ruolo autonomo e diverso, un rapporto diretto con i paesi del terzo mondo , con quelli produttori di materie prime , con i paesi più i poveri e con quelli che hanno un reddito procapite di 100 dollari. se anche non avessimo grandi stimoli, la stessa scelta americana ci imporrebbe di arrivare all' elaborazione di una politica autonoma; questo è il momento, a mio avviso, di prendere un' iniziativa. l' Italia ha questa possibilità; perciò mi auguro che il governo italiano , le forze di maggioranza vorranno essere consapevoli di ciò e non si lasceranno sfuggire questa occasione, per le motivazioni che ho detto prima, non solo morali, anche politiche ed economiche. ma la cartina di tornasole per capire se questo sforzo sia reale, è, ripeto, l' appuntamento per un dibattito su proposte concrete. prendiamo oggi atto delle dichiarazioni che vengono rese, eppure siamo molto prudenti, perché la stessa formulazione di talune parti della mozione maggioranza non ci fa ben sperare. ma un' attesa, più o meno scettica, più o meno fiduciosa, più o meno benevola, ci sembra doverosa, attenderemo, dunque, con l' impegno che a breve scadenza ci ritroveremo insieme a discutere delle operazioni concrete.