Emma BONINO - Deputato Opposizione
VIII Legislatura - Assemblea n. 290 - seduta del 01-03-1981
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1981)
1981 - Governo Forlani - Legislatura n. 8 - Seduta n. 290
  • Attività legislativa

svolgerò alcune osservazioni sul complesso degli articoli aggiuntivi, per motivare la presentazione di quelli che recano la nostra firma e per compiere una analisi, anche se abbastanza superficiale, della politica energetica del Governo. l' ultima volta che questa Camera fece un dibattito ad hoc sul problema energetico fu — come i colleghi ricordano — nel 1977. in quell' occasione fu approvata una mozione ufficiale di avvio della scelta nucleare. quel documento si apriva con una richiesta al Governo di modificare progressivamente la struttura del nostro sistema energetico, sottolineando la necessità di considerare con particolare attenzione la questione del risparmio energetico , inteso non in senso di pura austerità, ma nel suo significato più reale ed indicando l' importanza delle fonti cosiddette rinnovabili. ho usato l' espressione « fonti cosiddette rinnovabili » perché essa è contenuta nel disegno di legge numero 655-bis, approvato dal Senato e attualmente in discussione alla Camera, come se si potesse mettere in dubbio, tanto per fare un esempio, che la fonte solare sia rinnovabile. questa mozione, che fu appoggiata dai gruppi della Democrazia Cristiana , del partito comunista , del partito socialista democratico e del partito repubblicano (con la astensione del gruppo socialista, riguardante soprattutto la questione dell' energia nucleare ), segnalava soprattutto al Governo la necessità di pervenire, come ho detto, ad una progressiva modificazione della struttura del nostro sistema energetico. orbene, dal 1977 ad oggi non è successo nulla. ci troviamo, oggi, a otto anni di distanza dalla crisi energetica del 1973 ed a quattro anni dall' approvazione della mozione cui ho fatto riferimento, in presenza di un primo provvedimento, che appare prossimo all' approvazione, ma il cui stanziamento è, a nostro avviso, assolutamente carente. si tratta del già menzionato disegno di legge numero 655-bis, la cui relazione riconosce esplicitamente che gli stanziamenti previsti sono inferiori alla già inadeguata previsione del piano energetico, aggiungendo però che essi appaiono sufficienti a dare « un primo impulso » , primo impulso che arriva, però, abbastanza tardi (meglio tardi che mai, comunque!) e che è importante analizzare partendo dal presupposto che sul problema energetico non si è assolutamente adottato alcun provvedimento, a parte quelli episodici costituiti da taluni ricorrenti decreti legge . quando si vuole esaminare la politica energetica del Governo bisogna rifarsi essenzialmente agli strumenti legislativi esistenti. ora, in questo campo si può fare riferimento, da un lato, alla bozza del piano energetico nazionale, elaborata da Bisaglia ed ereditata da Pandolfi, e, dall' altro, al disegno di legge numero 655-bis. il piano energetico nazionale prevede uno stanziamento di circa 70 mila miliardi per dieci anni: di questi, 56 mila sono praticamente destinati alle fonti tradizionali « dure » (petrolio, nucleare, carbone, gas naturale), 5 mila vengono stanziati per l' idroelettrica in cinque anni, se non sbaglio; gli altri dati che possediamo sono 1.400 miliardi per quanto riguarda il solare, l' eolico, la biomassa ed i carburanti sostitutivi e mille miliardi per la geotermia. per quanto riguarda il risparmio energetico , il piano energetico nazionale prevede nel decennio investimenti per 4.700 miliardi, quindi con una cadenza annua di 470 miliardi. non conteggiamo qui gli stanziamenti previsti per incentivi al risparmio nel settore dei trasporti (si tratta peraltro di una cifra notevole: 3.280 miliardi) che, a nostro avviso, meritano un discorso a parte. non conteggiando questi stanziamenti, gli altri dati ammontano a 4.700 miliardi in dieci anni, suddivisi in circa 2 mila miliardi nel settore civile e residenziale, 2.400 miliardi per l' industria, 90 miliardi per l' agricoltura e 250 miliardi per la cogenerazione. in totale, per le fonti dolci, esclusa l' idroelettrica e l' uso efficiente dell' energia, il piano energetico prevede una spesa nel decennio di poco più di 7.100 miliardi, con una cadenza di circa 678 miliardi in questo triennio. questa cifra regge il confronto solo con gli stanziamenti riguardanti l' idroelettrica e il gas naturale, ed è, come tutti possiamo immaginare o dedurre dalle cifre, largamente inferiore a quella prevista per il petrolio, per il quale si calcola un investimento di 25 mila miliardi; largamente inferiore a quello previsto per il nucleare, per il quale si prevede un investimento decennale di 13 mila miliardi, anche se è un totale parziale (ma questo è l' ordine di grandezza); e per il carbone, per il quale si prevedono investimenti per circa 13 mila miliardi. in sostanza, gli investimenti per l' uso efficiente dell' energia e le fonti rinnovabili costituiscono circa il dieci per cento della spesa globale prevista dal piano energetico nazionale. mi pare che la cifra proposta dal piano energetico venga invece abbondantemente ridotta con questo strumento legislativo in arrivo: si passa dai 1.350 miliardi previsti dal piano energetico nel biennio ai 550 miliardi di questo nuovo provvedimento; si prevede cioè un terzo degli stanziamenti fissati dal piano energetico nazionale, ossia il cinque per cento della spesa del piano. ma se i numeri vi dicono poco, si può fare un paragone più significativo: cioè, in realtà, per le fonti dolci ed il risparmio si spenderebbe in un anno l' equivalente di un quarto del costo di una centrale nucleare . a mio avviso, questa non è una scelta fatta a caso ma una scelta politica precisa, come fu una scelta precisa quella del « tutto petrolio » che ci ha portato alla crisi gravissima del 1973, così come, evidentemente, è una scelta politica il dato dell' immobilismo dei vari ministri che si sono succeduti in questo settore, che non hanno affatto considerato la mozione, di contenuto molto moderato, approvata dalla Camera nel 1977, che impegnava il Governo a modificare nel medio termine l' attuale struttura del sistema energetico nazionale. ciò non è avvenuto e l' unico dato di novità in questo disegno di legge , di cui prendiamo atto, è la rottura del monopolio dell' Enel per quanto riguarda la liberalizzazione della produzione di energia elettrica su piccola scala, anche se presenta limiti reali nei suoi possibili effetti proprio per l' insufficienza e l' inoperatività, in sostanza, del sistema degli incentivi. ma non voglio approfondire qui questo problema, perché ritengo sia meglio parlarne in Commissione quando esamineremo questo provvedimento; volevo invece sottolineare una carenza, la più importante a mio avviso, al di là delle scelte operative compiute, carenza di linea politica del Governo per quanto riguarda il sistema energetico. a me pare che la carenza più grave sia il rifiuto da parte del Governo di governare in qualche modo la domanda di energia; credo che, da questo punto di vista , ci sia un rifiuto totale del Governo, il quale infatti basa le sue previsioni della domanda rispetto al 1990 su presupposti che, a nostro avviso, devono essere severamente verificati. infatti, è evidente che o si fa una proiezione ed un' analisi serie della domanda di energia nel 1990 e per gli anni successivi, e su questa domanda (se è seria) si costruisce un piano energetico nazionale, oppure se la proiezione della quantità di domanda di energia nel 1990 è per lo meno discutibile, come noi sosteniamo al pari di uno studio commissionato dagli « amici della terra » ad una serie di esperti internazionali in questo campo, credo che tutto il resto del piano cada e non sia più credibile. il collega Crivellini ha già ricordato, ma volevo ribadirlo, come il piano energetico nazionale si ostini a considerare, nel calcolo della domanda di energia nel 1990, il fattore di elasticità superiore a uno; cioè si ostina a calcolare il fattore di elasticità così come si realizzò negli anni che vanno dal 1965 al 1979. quindi, si ostina a considerare che tra sviluppo economico e crescita dei consumi energetici esiste un fattore di elasticità superiore ad uno, reale negli anni dal 1965 al 1973, ma che da quella data ad oggi ha registrato un andamento diverso. si dice normalmente che il consumo nazionale di energia sia cresciuto, tra gli anni 1965-1979, del cinque per cento l' anno, ma credo che disaggregando i dati e dividendo questo periodo in due — e precisamente il primo fino al 1973, anno della grande crisi, e l' altro fino ad oggi — , non è certo la media di questi due periodi che può offrirci indicazioni precise. infatti, fino al 1973 i consumi energetici sono cresciuti in media del sette per cento l' anno, mentre dopo la crisi del 1973 hanno registrato un tasso medio annuo di aumento dello 0,9 per cento . quindi, evidentemente anche il prodotto nazionale lordo ha avuto una crescita di tipo diverso — questo non lo nega nessuno — , molto più ridotta per gli anni che vanno dal 1973 ad oggi; ma non possiamo nascondere — come fa d' altra parte il piano energetico nazionale ed il disegno di legge prima citato — la dissociazione prodottasi negli ultimi anni tra consumi di energia e crescita del prodotto interno lordo . quindi, credo sia necessario calcolare di nuovo queste cifre e porre al Governo il problema reale della politica energetica , cioè quali azioni intenda svolgere per governare la domanda di energia. negli anni che vanno dal 1965 al 1973 il prodotto interno lordo è aumentato del 5,4 per cento annuo mentre i consumi di energia sono aumentati del 7,1 per cento ; ecco, quindi, che il fattore elasticità era superiore ad uno, mentre è sceso nel periodo fra il 1973 ed il 1979, in cui il prodotto interno lordo è cresciuto mediamente del 2,6 per cento mentre i consumi energetici sono aumentati solo dello 0,9 per cento . quindi, il piano energetico nazionale, dopo averci documentato la realtà e la dissociazione esistenti tra crescita economica e consumi energetici, se ne dimentica totalmente quando passa a calcolare i consumi di energia per il 1990; periodo per il quale, su un' ipotesi di crescita del prodotto interno lordo del tre per cento , il piano energetico nazionale ci presenta un' ipotesi calcolata di nuovo sulla base di un fattore elasticità pari ad uno, mentre — come risulta in maniera evidente da questi ultimi anni — si è ridotto allo 0,35 per cento . partendo, quindi, da una cifra base di 94 milioni di tep — pari al consumo annuo del 1978 — e calcolando un fattore di elasticità superiore a uno, il piano energetico arriva a cifre di 220 milioni di tep necessarie per la energia primaria, o 135 milioni di tep di energia finale; se invece calcoliamo questa proiezione in base al fattore di elasticità reale, pari a 9,35, conseguono tutt' altri dati: 165 milioni di tep come energia primaria e 107 milioni come energia finale. facevo questo esempio proprio per dimostrare come non sia pensabile, né possibile, arrivare a cifrare le quantità, le necessità e la diversificazione delle varie fonti all' interno del piano energetico nazionale se non esiste un minimo di confronto e di dibattito pubblico per stabilire quale sarà la crescita della domanda dei consumi energetici per i prossimi dieci anni. mancando questi dati precisi di riferimento, tutto il piano energetico nazionale cade completamente. i colleghi saranno concordi nel ritenere che ben diverso è un piano energetico nazionale che deve far fronte ad una necessità per il 1990 di 107 milioni di tep di energia finale o, se volete, di 165 di energia primaria, rispetto ad uno che invece debba far fronte ad una richiesta — a nostro avviso fantomatica — di 220 milioni di tep di energia primaria per il 1990. primo punto essenziale è quindi, a mio avviso, una verifica reale di queste cifre. tutti parliamo di questo piano energetico, perché è l' unico dato su cui ci possiamo basare per fare un' analisi, una critica, o delle controproposte; pare, invece, che questo piano resterà nei cassetti, non sarà mai discusso, perché si è invece deciso (così mi pare di aver sentito, o almeno questa è la voce che circola nei corridoi) di presentare un piano triennale. occorre, comunque, procedere con rapidità, altrimenti non saranno giustificati i vari « decreti tampone » che verranno emanati, e che, a nostro avviso, non affrontano il problema nella sostanza. parlavo prima del rifiuto del piano energetico di porsi il problema del Governo della domanda energetica. questo rifiuto diventa assoluto per quanto riguarda uno dei problemi, a nostro avviso, più spinosi: quello dell' energia elettrica . perché per noi il problema elettrico, all' interno del complesso problema energetico, è punto essenziale? perché è il punto dolente della controversia energetica, ed è il punto di forza delle politiche dure, in particolare del nucleare che, come è noto a tutti, produce solo energia elettrica . ebbene, il piano energetico nazionale prevede un aumento annuo della domanda di elettricità del 5,4 per cento per gli usi specifici, cioè per quegli usi in cui l' elettricità è l' unico vettore energetico possibile, cioè per l' illuminazione, per gli elettrodomestici, per i motori e per l' elettrolisi. nessuna azione è prevista per limitare questi usi, che pure offrono spazio apprezzabile, a nostro avviso, per economie di energia; ma soprattutto non è previsto alcun intervento neanche per limitare quelli che vengono definiti gli usi impropri dell' elettricità, cioè quegli usi per cui si potrebbe impiegare altra fonte primaria. mi riferisco, evidentemente, agli usi termici : il riscaldamento, per esempio, la produzione dell' acqua calda, come è a tutti noto, o i forni industriali, che costituiscono un vero e proprio spreco e che possono aggravare i pericoli, già più che evidenti, di blackout. a nostro avviso una politica decisa di economia di energie potrebbe limitare la crescita della domanda ad un tasso del 3 per cento senza per questo comportare inverni al gelo o terrorismi di vario tipo, così come ci viene raccontato normalmente dalla televisione. è, per esempio, significativo notare come la Francia, che è notoriamente il paese più elettronucleare europeo, in uno studio fatto sulla crescita della domanda di energia elettrica prevede un tasso del 3,5 per cento variabile fino al 2,9 annuo. a noi invece viene detto che per noi lo aumento annuo sarà del 5,4 per cento , dicevo, senza alcun intervento né per quanto riguarda gli usi specifici che pure presentano possibilità di interventi, né tanto meno per quanto riguarda gli usi impropri. in realtà, oggi la politica che è stata fatta non è quella della riduzione della domanda di energia elettrica . è stata seguita esattamente una politica opposta, cioè dell' incentivazione dei consumi elettrici. basti pensare che l' Enel vende oggi sotto costo la sua produzione e che l' indice del prezzo del chilowattore a moneta costante è persino sceso dal 1963 ad oggi. ma credo che per avere l' esempio più classico, che, per altro, viene in mente a tutti quando ci si occupa di questo problema, basti pensare all' utilizzazione o all' incentivazione reale delle famose stufette nel sud. ora, se noi facciamo queste osservazioni e riteniamo che una politica seria di investimenti, sia nel campo del risparmio energetico , sia nel campo delle fonti rinnovabili è anche una politica diretta a sostenere ed accrescere l' occupazione — cosa che non sono, consentitemi colleghi, i 13.000 miliardi previsti dal piano energetico per le centrali nucleari dobbiamo dire che la stessa proposta contenuta nel piano energetico nazionale, cioè di un risparmio del 10 per cento (del milione di tep previsti per il 1990 (si prevede un risparmio di venti milioni di tep sui complessivi 220 milioni; ho detto prima come io metto in discussione sulle linee generali il calcolo di 220 milioni di tep per il 1990) è estremamente timida, che lo stesso piano energetico, a mio avviso, per quanto riguarda tutto il settore del risparmio energetico ha delle proposte che sono estremamente timide sia negli obiettivi che si prefigge sia negli stanziamenti che vengono addebitati. basta, per esempio, dividere i campi in cui si può intervenire per vedere e motivare perché secondo noi questo piano energetico è estremamente restrittivo. per esempio, l' obiettivo del risparmio energetico del 10 per cento nel riscaldamento degli alloggi è, a nostro avviso, troppo basso ed è ottenibile anche solo con una migliore regolazione degli impianti di riscaldamento. uno studio del 1980, reso pubblico in Italia dall' Associazione amici della terra e compiuto dalla confederazione socialista o parasocialista francese dà una stima di 200.000 lire per tep economizzato in un anno: isolando quindi tetti, pareti e pavimenti — dice questo studiosi potrebbe economizzare fino al 30 per cento . le possibilità tecniche esistono, si tratta essenzialmente di una decisione che è politica, data soprattutto la complessità dei problemi finanziari e anche amministrativi che si pongono. il piano energetico non ha voluto compiere questa scelta; neanche il disegno di legge non l' ha voluta fare. non parliamo della legge finanziaria , del bilancio che ci presenta una cifra persino inferiore a quella prevista dal piano energetico nazionale; ma se noi combiniamo questa timidezza del Governo in questo campo e la sommiamo alla sua timidezza nella decisione di penetrare nel campo delle energie rinnovabili — ad esempio uno studio dell' Eni, che si intitola « gli usi finali dell' energia in Italia » , non tiene assolutamente conto neanche di questo, pur sottolineando che gli usi termici a bassa temperatura costituiscono il 32 per cento del bilancio energetico nazionale — credo che se questi, due campi continuano ad essere considerati come la cenerentola dell' intero sistema energetico, è evidente che non solo non risolveremo il problema, ma sempre di più imboccheremo una strada da cui sarà impossibile tornare indietro. mi riferisco alla strada, a mio avviso economicamente sbagliata, della scelta, residuale o marginale o come volete chiamarla, del nucleare. queste riflessioni portano a due necessità reali. la prima è che si riapra un dibattito serio non tanto sul sì o sul no al nucleare, ma sulla struttura del sistema energetico del nostro paese e sulle reali possibilità di contenimento dei consumi energetici, senza per questo dichiarare sempre per mari e per monti che restringere la domanda di energia significa diminuire il prodotto interno lordo , perché questo è smentito dalle stesse relazioni del piano energetico. ma intanto, e per quanto riguarda l' oggi, occorre accantonare dei fondi, che siano per lo meno decenti per un paese civile, per intraprendere questa strada. non ci si venga a dire per l' ennesima volta che non si potranno spendere, perché io mi chiedo come mai sia possibile spendere 13 mila miliardi in 10 anni per il nucleare (anche se per fortuna non si vede alcuna centrale) e invece si sollevino obiezioni sulle cifre che noi proponiamo rispetto a questo settore. mi auguro che al più presto, non solo in sede di Commissione, ma in quest' Aula, si apra un dibattito serio su questo problema e si smetta con il balletto delle cifre fra i vari piani energetici, e si arrivi ad una definizione accettabile di quali saranno i fabbisogni energetici del nostro paese e ad una decisione su come si intendano soddisfare. senza questo punto di riferimento globale, anche il disegno di legge numero 655-bis, che viene definito un primo passo in questo senso, ma che a mio avviso è assolutamente zoppo, rischia di non andare incontro alle necessità reali del nostro paese.