Emma BONINO - Deputato Opposizione
VIII Legislatura - Assemblea n. 285 - seduta del 24-02-1981
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1981)
1981 - Governo Forlani - Legislatura n. 8 - Seduta n. 285
  • Attività legislativa

credo sia anzitutto evidente un dato: mentre in questa Camera si sono create convergenze tra forze di opposizione e forze di maggioranza, che peraltro non riescono a mettersi d' accordo sul problema, dapprima accantonato e poi rinviato (vi è stato, in sostanza, il rinvio dell' accantonamento!), dell' adeguamento delle pensioni e della trimestralizzazione della scala mobile , quando invece si tocca il dato delle spese militari l' isolamento politico del gruppo radicale risulta totale. sulla strada indicata dal ministro socialista Lagorio, che è quella di giocare a fare il pacifista nelle piazze, nelle strade o nei viaggi all' estero, ma di condurre in realtà una politica di riarmo, vi è una convergenza sostanziale tra maggioranza ed opposizione. nessuno, eccetto il gruppo radicale, ritiene di dover mettere in discussione l' aumento del 30 per cento delle spese militari, per un importo di 1.500-2 mila miliardi, considerandolo un dato estremamente grave sul piano delle scelte di politica economica . credo anche che, se non esaminiamo la questione con una visione più attenta a quello che sta succedendo nel mondo, in termini di politica di armamento, anziché limitarci al nostro piccolo particolare italiano, non possiamo comprendere come il nostro contributo sia sostanzialmente quello voluto dai due blocchi riguardo alla politica del riarmo, mentre non diamo nessun contributo ad una politica di pace, che si può perseguire ormai solo in termini e con strumenti completamente diversi. per questo, nell' illustrare questa serie di articoli aggiuntivi e nel motivarli, per dimostrare come si tratti di un' indicazione di politica estera diversa, diretta a non perseguire le strade fallimentari perseguite sino ad oggi, con la divisione del mondo in due blocchi che si fanno la guerra, non più soltanto in Europa ma coinvolgendo anche i paesi del terzo mondo , credo che se non abbiamo questo sguardo d' insieme rischiamo di sottovalutare quello che invece, nel nostro piccolo, come paese certamente povero, abbiamo la possibilità di fare. ed è per questo che mi occuperò nella freddezza delle cifre — credo che svolgerò un intervento solo di cifre — di ciò che succede nel mondo in termini di spese militari, di commercio internazionale delle armi, di proliferazione nucleare e di esperimenti nucleari. credo che tutti sappiano come i recenti avvenimenti politici abbiano fornito molti argomenti a chi reclama il potenziamento delle spese militari. se noi guardiamo, ad esempio, le incertezze negli approvvigionamenti di petrolio che hanno colpito l' intero Golfo Persico , dall' Afghanistan, alla guerra Iran-Iraq, all' Arabia Saudita , se guardiamo ciò che sta succedendo negli USA dove, dopo la guerra nel Vietnam, dopo il « caso Watergate » e specialmente dopo l' elezione del nuovo presidente, si è decisa una politica di risoluta difesa di quelli che vengono chiamati gli interessi nazionali e guardiamo cosa fa l' Unione Sovietica , la quale sostiene di non poter rimanere indifferente dinnanzi a quella che considera una minaccia alla propria sicurezza, ci rendiamo conto che la corsa agli armamenti viene vista da tutti quanti semplicemente come l' unica strada possibile per evitare la guerra. se guardiamo, ad esempio, le nude cifre che ci dà il SIPRI, organismo del Governo svedese, quindi certamente non di parte radicale, pubblicate nel suo bollettino, per quanto riguarda il 1980, in relazione alle spese militari nel mondo, possiamo vedere benissimo come queste spese militari stiano assumendo un andamento addirittura drammatico. infatti, negli ultimi anni uno degli obiettivi principali, condiviso in linea di principio , nelle dichiarazioni politiche, dalla maggior parte dei leaders politici, è stato quello di ridurre l' immenso onere che l' economia mondiale sostiene per le spese militari. come certamente voi saprete nel 1980 si è concluso nel fallimento più totale il decennio del disarmo, lanciato dalle Nazioni Unite nel 1970; e meno male che era il decennio del disarmo perché se per caso fosse stato il decennio del riarmo non oso immaginare a quali cifre nei bilanci militari saremmo arrivati. nella maggior parte delle dichiarazioni ufficiali dei leaders politici si leggeva chiaramente la speranza che una parte delle risorse che si poteva o si voleva detrarre dalle spese militari potesse essere utilizzata per l' assistenza ai paesi del terzo mondo . viceversa credo sia noto a tutti come sono andate effettivamente le cose; infatti, nell' ultimo decennio si è passati da una media dello 0,45 per cento del prodotto interno lordo dei paesi sviluppati come aiuto e assistenza allo sviluppo allo 0,340,35 per cento , mentre le spese militari sono cresciute in modo esponenziale non solo nei paesi sviluppati ma anche nei paesi del terzo mondo . secondo i dati forniti dal SIPRI, ad esempio, nel 1979 le spese militari hanno raggiunto i 480 miliardi, di dollari, mentre nel 1980 hanno superato i 500 miliardi di dollari e la lettura dei bilanci attuali indica chiaramente che l' aumento di queste spese è andato a scapito delle spese destinate o impegnate per l' assistenza al terzo mondo . non interverrò dettagliatamente sul problema relativo al sottosviluppo e al terzo mondo che è trattato in una serie di nostri articoli aggiuntivi all' articolo 17. quello che mi preme qui sottolineare è che lo spreco delle risorse non è l' unico motivo di preoccupazione: vi sono anche implicazioni estremamente sinistre. se andiamo a esaminare storicamente i bilanci, subito prima della prima guerra mondiale , subito prima della seconda guerra mondiale , all' epoca della guerra di Corea e all' epoca della guerra del Vietnam, notiamo impennate nelle spese militari. ma quel che ci sembra anche più grave è che, essendo il mondo diviso in due grandi blocchi militari, normalmente l' incremento delle spese di uno dei blocchi viene usato per giustificare un aumento dall' altra parte; e a forza di incremento da una parte e tentativo di riequilibrio dall' altra, si è arrivati, dicevo, a 500 miliardi di dollari in spese militari. la NATO, per esempio, ha deciso, nel 1978, un aumento delle spese militari del 3 per cento ; gli USA hanno persino superato questa cifra, nel senso che hanno deciso, per il quinquennio 1980-1985, un aumento dello stanziamento del 4 per cento , pari a 80 miliardi di dollari — dico 80 miliardi di dollari ! — nel quinquennio. questa tendenza si ritrova, in realtà, anche nell' altro blocco: questo a prescindere dall' Unione Sovietica , a proposito della quale è in corso un grande dibattito sull' entità e la natura delle spese militari, dal momento che i dati ufficiali proposti sono poco credibili e fonti statunitensi valutano l' aumento delle spese militari dell' Unione Sovietica in circa il 3-5 per cento . escludendo gli USA, la Cina e i paesi del Patto di Varsavia , gli altri paesi sviluppati , in generale, hanno avuto un aumento delle spese militari del 7-8 per cento . ma la situazione, colleghi, appare ancora più grave se andiamo a vedere cosa succede nei paesi del terzo mondo . si sente sempre dire che questi paesi non hanno i saldi per comprare i nostri manufatti. questo non è vero (e ne discuteremo in seguito più a lungo), perché se è vero che quei paesi hanno un deficit verso i paesi dell' Opec, per il petrolio, di 21 milioni di dollari , hanno però un debito di 70 milioni di dollari verso paesi sviluppati per puri manufatti. ma in alcune regioni di questi paesi, vediamo come l' induzione al consumo di armi ci coinvolga in prima persona. i paesi dell' Opec, per esempio, hanno avuto nell' ultimo decennio un aumento medio annuale di spese militari del 15 per cento . l' Africa meridionale (Sudafrica e Stati limitrofi) ha avuto un aumento annuale, negli ultimi dieci anni, del 16 per cento . l' America del Sud ha avuto un aumento annuale, negli ultimi dieci anni, del 10 per cento . insomma, in questo decennio del disarmo, dobbiamo dire che l' unica area del mondo in cui dal 1970 al 1979 le spese militari non sono aumentate di molto, in termini reali, è l' Oceania. per il resto, e per quanto riguarda la corsa agli armamenti, siamo tutti coinvolti, non solo, ma coinvolgiamo altri. se andiamo a guardare il capitolo del commercio internazionale delle armi ci rendiamo conto (e lo dimostrerò) come l' Italia, che è un paese piccolo, povero, che non ha mai soldi, o che comunque non li ha per iniziative di pace (mi riferisco alla polemica sull' aiuto al terzo mondo ), abbia però la possibilità di esportare armi che, come sapete, non rientrano normalmente nel deficit, ma vengono pagate. in realtà, il commercio internazionale delle armi ha fornito la maggior parte del materiale bellico usato nelle numerose guerre che sono state combattute nel terzo mondo dalla fine della seconda guerra mondiale ; le vittime di queste guerre sono calcolate dal SIPRI in 25 milioni di persone. ma per riferire solo alcuni dati citati dal SIPRI per quanto riguarda il commercio internazionale delle armi, vorrei farvi notare che nel 1979 il valore complessivo delle esportazioni di armi nel mondo è stato superiore di cinque volte a quello del 1969 (la cifra si è quindi quintuplicata in un decennio), ed è stato dodici volte maggiore del valore complessivo del 1959. mi riferisco solamente alle esportazioni di armi pesanti, cioè aerei, missili, veicoli blindati e navi da guerra, che rappresentano solo il 40 per cento delle armi che esportiamo. sempre da questi dati che vorrei sottoporre alla vostra attenzione perché da questo punto di vista mi sembra che non siamo affatto estranei, risulta che nel corso degli anni 70 il valore globale delle importazioni di armi pesanti è stato di 61 miliardi di dollari e che nei primi anni 80 è previsto un aumento degli investimenti nel settore delle armi convenzionali; e sappiamo tutti, cari colleghi , che le armi non vengono usate come soprammobili, anche perché esteticamente brutte, per cui chi costruisce delle armi poi le esporta. d' altra parte abbiamo fornito know how tecnologico ai paesi del terzo mondo per cui ormai 56 paesi, di cui 24 nel terzo mondo , producono armi pesanti in proprio . se analizziamo le nostre forniture di armi ai paesi del terzo mondo , che sono normalmente colpiti da sottosviluppo, dalla fame e dalle malattie, ci accorgiamo che i più grandi esportatori di armi nel mondo sono gli USA per una percentuale pari al 45 per cento del valore complessivo; al secondo posto troviamo l' Unione Sovietica con il 27 per cento e molto più indietro la Francia con una fetta di torta pari al 10 per cento e la Gran Bretagna con il 5,3 per cento ; seguono poi i nuovi esportatori di armi, cioè l' Italia con il 3 per cento (e mi riferisco sempre soltanto alle armi pesanti) e la Repubblica federale di Germania . dove sono state esportate queste armi? evidentemente sono state esportate — e i dati SIPRI lo dimostrano — nelle aree a guerra latente; nessuno ha esportato armi in Oceania o in Australia. il maggior flusso si è diretto verso il Medio Oriente , la cui situazione è ben nota. la maggior parte del commercio di armi è responsabilità della NATO, esattamente per il 66 per cento , mentre il Patto di Varsavia è esportatore per il 28 per cento . c' è chi ci dice che con la nostra politica non diamo impulso e non siamo responsabili delle guerre che avvengono nel terzo mondo , ma basta guardare le destinazioni delle navi dei paesi esportatori, in generale e dell' Italia, in particolare, per renderci conto che si tratta di paesi situati nelle cosiddette zone calde: da Israele alla Libia, dall' Iran all' Iraq (e sappiamo tutti quale sia stato l' ultimo accordo con l' Iraq), eccetera. da altre parti si dice sempre che la NATO e la divisione del mondo in due blocchi hanno garantito la pace, ma come ho cercato di dimostrare prima, hanno sì garantito la pace in Europa, ma ciò è accaduto perché questi due blocchi si sono combattuti in altre zone del mondo per la semplice ragione che hanno scelto un altro terreno di scontro. guardiamo a ciò che sta succedendo in Europa con le armi cosiddette eurostrategiche, con i missili sovietici ss20 da una parte (e tutti ci ricordiamo la polemica ed il dibattito in Parlamento) e dall' altra la richiesta da noi subito accettata — per carità, siamo fedelissimi da questo punto di vista — della installazione dei Pershing 2: queste armi non sono contemplate da nessun negoziato internazionale per il controllo degli armamenti. arriveremo anche, tra poco, a vedere quale misera fine fanno sempre, di solito, i trattati internazionali; ma devo dire che per quanto riguarda le armi strategiche, per quanto riguarda i 108 missili Pershing 2 che si vogliono installare in Europa, e i già installati ss20 della Unione Sovietica , non è in programma e non esiste nessun negoziato internazionale — non è neanche avviato — per il controllo di questi armamenti. e per dirvi brevemente come non è più possibile credere, d' altra parte, ai trattati internazionali o ai negoziati internazionali, voglio solo fare due esempi. il primo è quello che ha sicuramente un grande significato politico e che è la ratifica — la mancata ratifica per il momento — del trattato internazionale, del negoziato internazionale relativo al SALT II che, pur ammettendo, come ammetto, che ha sicuramente un grande significato politico, in realtà se pure lo si raggiunge è una modesta conquista come misura di controllo delle armi. infatti il trattato, come ognuno di noi sa, non serve a fermare la corsa alle armi nucleari , tanto meno a ridurre le spese militari, come dimostra il fatto che proprio facendo leva sul trattato il Senato americano ha ottenuto un aumento del budget militare; quindi può essere una conquista politica, ma certamente non servirà a ridurre le spese militari né servirà a fermare la corsa alle armi nucleari . ma c' è un altro trattato, credo, che è anche più significativo e di cui voglio citare i dati per dirvi, cari colleghi , che o cambiamo indirizzo e troviamo degli altri strumenti di intervento, ma se continuiamo a seguire le vecchie strade noi siamo responsabili così come i due grandi blocchi, pur nel nostro piccolo, di una politica riarmista, di una politica in realtà carrista che ci viene peraltro proposta dal ministro Lagorio. devo dire che nessun ministro democristiano si era mai permesso negli anni precedenti di proporre le cose che invece ci vengono oggi proposte, come già è stato detto e dimostrato dal mio collega Cicciomessere, perché questa politica non ha neanche il fine difensivo non è questo, non si fa in questo modo, ma ci viene proposta oggi — e mi riferisco come fallimento totale e quindi come dimostrazione del fatto che non si possono più perseguire le vecchie strade, mi riferisco, dicevo, al trattato di interdizione parziale degli esperimenti nucleari firmato nel 1963. già il titolo stesso dice « interdizione parziale degli esperimenti nucleari » . ebbene, ci sono stati più esperimenti nucleari dopo il trattato, in particolare il bollettino del SIPRI dà 45 esplosioni l' anno dopo questo trattato, che non negli anni prima della conclusione del trattato, in cui le esplosioni nucleari sono state 27. i responsabili di queste esplosioni in termini percentuali sono soprattutto tre paesi, la Gran Bretagna , gli USA e l' Unione Sovietica , che sono responsabili delle esplosioni pari circa al 90 per cento . ma nel solo 1979 sono avvenute 53 esplosioni nucleari, tutte sotterranee ovviamente. abbiamo avuto la Francia e la Unione Sovietica che hanno fatto più esperimenti nucleari nel 1979 e, guarda caso , questa intensa attività di sperimentazione ha coinciso con i colloqui tripartiti, Gran Bretagna-USA-URSS per un trattato che proibisca gli esperimenti militari-nucleari di qualunque tipo. quindi, mentre sono in corso i colloqui per un trattato che proibisca gli esperimenti nucleari di qualunque tipo, nel 1979 abbiamo avuto 53 esplosioni nucleari. questi accordi, trattati, pour-parler, che dir si voglia, che sono iniziati nel 1977, hanno avuto questi risultati e io credo che se vogliamo, come pare, qui, uniti in una unica indicazione, ottenere e perseguire questa politica di riarmo per poi rimetterci a un qualche trattato che invece impegni le forze che dispongono delle armi a non usarle, credo che la speranza verso un tale tipo di trattato è per lo meno remota perché storicamente essi si sono dimostrati assolutamente inadatti a garantire alcunché da questo punto di vista . quindi la strada che abbiamo. scelto da anni, la strada della pariteticità delle armi convenzionali o nucleari che siano, per cui la tesi che, se la bomba atomica ce l' abbiamo tutti, siamo tutti spaventati dal fatto di averla e quindi nessuno la usa, è una tesi fallimentare, come si è dimostrato per armi convenzionali. credo sia doveroso oggi porre invece il problema se non esista la possibilità di una politica aggressiva di pace fatta in termini non convenzionali perché, se è vero, cari colleghi , che i paesi del terzo mondo riescono a pagare gli armamenti che noi gli mandiamo, siamo anche una classe politica , oggi, che non è riuscita a spendere i 500 miliardi stanziati l' anno scorso per l' aiuto ai paesi del terzo mondo , che quest' anno ne ha stanziati mille, che troveremo nei residui passivi sicuramente l' anno prossimo . certo, sappiamo dove collocare le armi — questo è indubbio — , e stiamo anche diventando un paese esportatore, ma siamo anche un paese che, al di là di questi modi convenzionali non ha saputo e voluto trovare una strada diversa nella sua politica estera , nel suo rapporto con i due grandi blocchi e con i paesi del terzo mondo . è per lo meno meschino, per esempio, vedere oggi la richiesta di rinvio avanzata dalla maggioranza che deve appurare dalla Banca d'Italia se vi sono i soldi o no per la trimestralizzazione della scala mobile ai pensionati, e quindi la maggioranza chiede un rinvio per assicurarsi bene se vi siano o no e poi, senza colpo ferire , dichiara l' aumento di 2 mila miliardi delle spese militari, evidentemente d' accordo tutti quanti, opposizione o maggioranza che sia. siamo isolati sicuramente in questa battaglia, ma riteniamo doveroso e importante farla: la rifaremo sui bilancio dello Stato e sulle tabelle del ministero della Difesa , perché riteniamo che si debba intervenire prima che sia troppo tardi. i soli dati, nudi, puri e semplici, che vi ho esposto a livello internazionale dimostrano come siamo assolutamente incapaci di una iniziativa politica diversa: ci stiamo solamente e tranquillamente accodando alla politica militarista dei due blocchi , per cui uno va in Afghanistan e l' altro finanzia il Salvador oppure ci si intende tutti e due e esportano tutti e due, USA e Urss, armi in San Salvador , per esempio, e noi semplicemente siamo il fanalino, di coda di questa politica, senza avere una iniziativa nostra che dia dignità diversa e valori di vita, che tutti diciamo di voler perseguire. non vi è dato più significativo di questo, signor ministro: non siamo stati capaci di spendere 500 miliardi l' anno scarso per una politica di pace nel terzo mondo , ma non abbiamo problemi ad essere esportatori per il 3 per cento nel commercio internazionale delle armi. se questa non è una scelta politica, ditemi voi che cos' è. certo, non è una scelta gastronomica. è una scelta precisa, e cioè quella di essere i seguaci, il fanalino di coda di una politica, a mio avviso, estremamente pericolosa e di cui vedremo le conseguenze come spettatori inermi e inerti, magari venendoci anche a raccontare che non abbiamo responsabilità di sorta perché, essendo un paesino piccolino e anche un po' povero, non potevamo fare diversamente. i nostri emendamenti vi dimostrano che si può fare diversamente solo che lo si voglia, che quello che manca è la volontà politica, perché credo che, se non ci attrezziamo per una politica di pace e di vita contro le calamità « naturali » del nostro territorio e dei paesi del terzo mondo , in politica estera , non siamo sulla buona strada, anzi abbiamo imboccato decisamente la strada della guerra, di cui poi andremo certamente a raccontare che non è stata colpa nostra.