Emma BONINO - Deputato Opposizione
VIII Legislatura - Assemblea n. 271 - seduta del 23-01-1981
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1980)
1981 - Governo Forlani - Legislatura n. 8 - Seduta n. 271
  • Attività legislativa

signor presidente , so che il mio gruppo ha chiesto la deroga ai limiti di tempo. sulla base di una valutazione generale del mio intervento, penso che li supererò. signor presidente , colleghe e colleghi, signor ministro, credo doveroso, all' inizio di questo mio intervento, ribadire... lo so; credo però che lei non voglia impedirmi di far riferimento ad appunti manoscritti, a dati e cifre desunti dall' esame della legge finanziaria . all' inizio di questo mio intervento — dicevo — debbo ribadire le motivazioni che ci inducono a questa battaglia, su questo tema specifico. incontrando ieri alcuni colleghi, nel Transatlantico o qui in Aula, mi sono sentita chiedere, in tono talvolta preoccupato, talvolta curioso, spiegazioni sul significato dei nostri lunghissimi interventi, in una Aula assolutamente vuota. alcuni chiedevano se non ci sembrasse, questo, uno svilimento delle istituzioni; altri mi facevano notare l' inutilità di questo nostro parlare. certo, assumersi l' onere di lunghi e documentati interventi non è facile, né piacevole, in molti casi. c' è però una ragione politica alla base del nostro atteggiamento. come gruppo e come forza politica non possiamo infatti accettare, da una parte, i contenuti specifici della legge finanziaria che indicherò dettagliatamente tra breve, e dall' altra i tempi di discussione che ci erano stati proposti dalla Presidenza della Camera in sede di conferenza dei capigruppo . se non è retorico dire che la legge finanziaria ed il bilancio sono i documenti fondamentali in cui si riscontra, e si dovrebbe riscontrare, la coerenza tra le indicazioni programmatiche del Governo e i dati, gli interventi, le leggi, i segni concreti, insomma, di applicazione di tali dichiarazioni programmatiche , noi riteniamo che l' analisi finanziaria e del bilancio debba consistere in una analisi approfondita e dettagliata anche tenendo conto delle diversità di impostazione e di filosofia che esistono su questi temi. finalmente ieri il collega Labriola ha avuto una intuizione e incontrandomi mi ha chiesto se quella che portiamo avanti sia una battaglia politica; sicuramente, signor presidente , non avevamo nessuna intenzione di portare avanti una battaglia gastronomica, perché non ci pare questa la sede. in questo caso il collega Labriola mi ha informato che avrebbe portato questa questione in sede di direzione del suo partito, e questo a noi pare un dato estremamente importante perché uno dei punti su cui la nostra battaglia sarà più dura è, come ormai tutti sanno, l' aumento del 30 per cento relativo alle spese militari proposto dal compagno socialista ministro Lagorio. noi proponiamo di utilizzare questo aumento per le spese militari per l' allestimento del corpo di protezione civile e per una serie di altri problemi riguardanti l' assetto idrogeologico del territorio, un intervento più sostanziale in politica estera e nell' amministrazione della giustizia . ci auguriamo che oggi, in sede di direzione del partito socialista , nascano nei compagni socialisti alcune riflessioni su questi temi per giungere, prima della votazione degli emendamenti, ad un incontro tra i gruppi e i partiti proprio per vedere se esiste la possibilità di realizzare degli obiettivi, che dal punto di vista teorico dovrebbero essere comuni. in relazione alla legge finanziaria abbiamo presentato un centinaio di emendamenti di due tipi diversi: da una parte ci sono alcuni emendamenti modificativi delle norme previste dalla legge finanziaria , mentre altri sono aggiuntivi di disposizioni altrimenti totalmente assenti dalla legge stessa. non si tratta di emendamenti ostruzionistici e, in particolare, abbiamo presentato alcuni emendamenti — per la verità pochi — tendenti ad esonerare i pensionati dall' obbligo della presentazione del modello 101, riprendendo in questo modo una proposta a suo tempo avanzata dal partito comunista ; inoltre abbiamo presentato alcuni emendamenti tendenti ad impedire finanziamenti ed ulteriori proroghe della Cassa per il Mezzogiorno , che in questi anni non è stata esente da pesanti critiche provenienti da tutte le parti politiche; abbiamo presentato 18 emendamenti per moratoria e riconversione delle spese militari, protezione civile e soccorso delle popolazioni, in Italia e all' estero, colpite da calamità; abbiamo presentato 10 emendamenti tendenti ad aumentare gli stanziamenti per la giustizia, nove emendamenti per la sistemazione idraulica e la difesa del suolo, dodici emendamenti per la politica estera relativi alla lotta per lo sterminio per fame nel mondo ed alcuni emendamenti per la trimestralizzazione della scala mobile per i pensionati. abbiamo affrontato alcuni temi specifici — non tutti, evidentemente, quelli affrontati dalla legge finanziaria , perché non ne avremmo avuto la forza — , sui quali riteniamo di dover richiamare l' attenzione delle altre forze politiche per una valutazione seria e concreta. nel mio intervento farò riferimento solo a tre settori, lasciando ad altri colleghi del mio gruppo la possibilità di illustrare altre parti della legge finanziaria . come dicevo, a me preme toccare tre settori: il primo riguarda l' assetto idrogeologico del territorio, il secondo è relativo alla questione energetica con particolare riguardo al piano energetico nazionale, nella sua ultima stesura, e il terzo punto è relativo ad un' analisi e ad una valutazione di politica estera così come è stata intrapresa dal nostro Governo. venendo al primo punto, cioè al problema dell' assetto idrogeologico del territorio, ci si può rifare anche ad avvenimenti più recenti: mi riferisco al disastro ferroviario della notte scorsa, che è stato causato, almeno a quanto risulta, da una frana caduta sui binari, in conseguenza della quale l' espresso Roma-Reggio Calabria è andato ad urtare contro l' ingresso di una vicina galleria, peraltro in un territorio che è stato teatro di un altro disastro, ben più grave, quello di Lamezia Terme , che abbiamo discusso anche in quest' Aula, non più tardi di alcune settimane fa. ma prendiamo ad esempio questo incidente, proprio perché le frane, come si sa, costituiscono una continua minaccia per le nostre vie di comunicazione, ed anche per non pochi centri abitati. il nostro paese, dicono i geologi, è poco invidiabilmente ricco di formazioni geologiche potenzialmente instabili, soprattutto argillose; ed inoltre, dicono sempre i geologi, in gergo tecnico, si presenta dotato — su una superficie che è occupata soltanto per il 21 per cento da pianura, ed è quindi in massima parte rappresentata da pendii — di notevoli complicazioni tettoniche o, come viene detto, di spiccata giovinezza morfologica. ne consegue che più della metà dei comuni italiani è interessata da frane. le frane censite sono migliaia, e si riproducono ad un ritmo valutato in una ogni ventisette giorni; in Italia le frane fanno una vittima ogni otto giorni (sempre riferendosi a dati statistici ); e viene detto e documentato che i soli danni alle vie di comunicazione sono stimati intorno a 500 miliardi per ogni stagione piovosa, essendo l' Emilia, la Sicilia, la Calabria e la Campania le regioni più colpite. ora, la piaga delle frane non è affatto, né per il nostro paese, né per il mondo intero, una maledizione biblica , rispetto alla quale non è possibile fare nulla, se non attendere con rassegnazione che si verifichi. la piaga delle frane si può efficacemente contrastare con una rigorosa disciplina delle acque, con interventi di consolidamento, con una progettazione razionale ed una esecuzione razionale di ogni nuova opera. ed effettivamente, per combattere il dissesto idrogeologico del paese, fu nominata, nel 1969, una commissione interministeriale per lo studio della sistemazione idraulica e della difesa del suolo, che fu chiamata, perché era presieduta da questo signore, « commissione De Marchi » . in un' analisi dettagliatissima del nostro territorio, diviso non solo per bacini fluviali, ma anche con particolare riguardo alla situazione delle coste nel nostro paese, alla situazione dei pendii, delle zone collinari e di quelle montagnose, la « commissione De Marchi » previde una spesa, nel 1969, di 9 mila miliardi, se non vado errata, per una sistemazione razionale del territorio. pare che questa stessa cifra, di 9 mila miliardi, sia stata recentemente stanziata dal Consiglio dei ministri , il quale ha nel caso specifico dimenticato l' inflazione galoppante avutasi nel nostro paese dal 1969 ad oggi. risulta, infatti, che le nuove valutazioni dell' ordine dei geologi stimino oggi questa cifra non più a 9 mila miliardi (e non solo a causa dell' inflazione, ma anche perché il deterioramento progressivo del nostro territorio rende oggi necessarie opere più consistenti), ma a 35 mila miliardi, necessari per affrontare il problema nel suo insieme. se non vado errata, si tratta di un ammontare che, a forza di tergiversare, supera ormai lo stesso deficit del bilancio statale. ora, è evidente che, tra tutte le vie di comunicazione esposte al rischio di frane, le ferrovie italiane si presentano come le più indifese. e questo è dovuto non soltanto alla natura particolare della strada ferrata, cui non sono consentiti tracciati agili oppure deviazioni di emergenza, ma è dovuto anche all' antichità o alla vetustà della massima parte delle linee in esercizio, ed anche, se mi si consente, all' impreparazione specifica dell' amministrazione ferroviaria. possiamo qui fornire alcuni dati su come e con quali forze umane si effettua il controllo giornaliero. si pensi che il controllo giornaliero della sicurezza della linea è affidato ad un semplice cantoniere e quello annuale ad un solo tecnico, tenuto a riferire alla superiore sede, mediante un apposito modulo, sullo stato di conservazione dei ponti, gallerie, eccetera, e, nello spazio riservato alle altre generiche osservazioni, anche sui guasti e sulle frane. risulta che le Ferrovie dello Stato hanno in organico tre geologi, che sono a Roma e si occupano soprattutto dell' approvvigionamento del pietrisco da massicciata. e, solo dopo il disastro della « freccia della laguna » — 47 morti nel 1978 — , disastro che fu causato da un' altra frana in una zona che è particolarmente colpita da questo fenomeno, e in cui già anni prima si erano verificate delle frane (nel 1960), l' amministrazione finalmente ha bandito un concorso per dodici geologi, che sono, statisticamente parlando, meno di mezzo geologo per compartimento, essendo i compartimenti ventisette. questa è la situazione del controllo sulle strade ferrate per quanto riguarda il nostro paese. così io ho appreso su documenti, che ritengo ufficiali, perché sono stati pubblicati dalle Ferrovie dello Stato . la fonte è l' edizione di quest' anno di una pubblicazione delle Ferrovie dello Stato , in cui, pubblicizzando il concorso per dodici geologi, così come era stato bandito, viene fatto riferimento — a meno che io abbia copiato male — a dodici geologi per ventisette compartimenti. signor presidente , non so quanti siano, a suo avviso, i compartimenti. abbiamo, quindi, tre quarti di geologo per compartimento! inoltre, una particolare attenzione viene, da allora, rivolta alla stabilità delle sedi e delle scarpate ferroviarie. ma mi sembra che la situazione non sia affatto incoraggiante. mi sono riferita in particolare alla situazione delle ferrovie, ma potremmo fare un ampio discorso sugli argini e le alluvioni. abbiamo un paese che è particolarmente soggetto a questi disastri, e non solo il territorio del Polesine. per non ricordare lo straripamento dell' Arno, devo dire che vi sono situazioni, forse meno eclatanti e meno drammatiche, ma che pure si producono costantemente nel nostro paese. credo che questo sia un tema che vada seriamente affrontato, non solo perché il nostro paese è particolarmente colpito da certi fenomeni, ma per una politica normale e seria di previdenza ragionata. pensiamo, ad esempio, che per tamponare situazioni che si sono create, per le Ferrovie dello Stato e per le vie di comunicazione in generale, si spendono circa 550 miliardi all' anno, cioè per ogni stagione piovosa. credo che sarebbe una politica seria quella della prevenzione, curando in modo particolare l' aspetto idrogeologico del territorio, perché credo sia anche una spesa produttiva in termini di posti di lavoro e di manodopera. su questo primo tema mi fermo qui, lasciando ad altri compagni la possibilità di intervenire su altri aspetti sempre relativi all' assetto idrogeologico del territorio. il secondo tema che desidero affrontare in modo più dettagliato ed approfondito è quello energetico. se non vado errata, il ministro Andreatta, nella sua relazione, parla di una riduzione dei consumi per circa 4-5 milioni di tonnellate equivalenti a petrolio. se vogliamo discutere di energia e di tutti i problemi connessi troviamo pochi dati sia nella legge finanziaria sia nel bilancio, perché la maggior parte della nostra politica energetica viene compiuta da altri enti; ciò nonostante io credo che sia questo il momento principale di discussione su questo tema perché la politica energetica che intende portare avanti il Governo e che abbiamo potuto vedere analizzata nel piano energetico nazionale nelle sue varie stesure, da quella dell' agosto scorso all' ultima, ci trova profondamente insoddisfatti ed assolutamente contrari. vedrò ora di esaminare alcune parti di questo piano per contestarne anche i principi ispiratori di alcuni dati che ci vengono proposti. in questo piano, ad esempio, per il 1990 si valuta una domanda di fabbisogno energetico paria 220 milioni di tep contro i 140 attuali. si aggiunge che la politica di risparmio energetico per il 1990 dovrebbe dare un risultato pari a un risparmio del 10 per cento della domanda di energia, equivalente a 20 milioni di tep, e che per quanto riguarda le energie rinnovabili sempre per il 1990 si prevede che possano soddisfare una quantità di energia pari a 2 milioni di tep. per il nucleare, invece, si afferma che occorrerà arrivare nel 1990 ad una produzione di 10 milioni di tep, facendo riferimento alle centrali esistenti, alle due centrali di Montalto di Castro , e ad altre quattro, due da localizzare in Lombardia e due altrove, per un totale di 6 mila megawatt nuovi, stanziati e funzionanti per il 1990, avendo peraltro cominciato a mettere in cantiere altre sei nuove centrali nucleari . vorrei partire da un' analisi di questi dati, cercando di contestarli o comunque di dare idea di come riteniamo debole e lacunosa la valutazione della domanda futura di energia così come presentata sul piano nazionale. mi riferisco alla seconda parte di questo piano, quella intitolata « il quadro nazionale » . è evidente a tutti che la prima tappa, per stabilire un piano energetico nazionale, è la valutazione della domanda futura di energia, elemento essenziale per costruire un sistema energetico per quanto riguarda l' approvvigionamento esterno e la produzione nazionale. da questo punto di vista , a nostro avviso, il documento presentato è molto debole. a pagina 41, ad esempio, si paragona la crescita economica e quella del consumo energetico per i periodi 1965-1973 e 1976-1979. per il caso italiano troviamo, a nostro avviso anche più accentuato, il fenomeno della dissociazione tra crescita economica e crescita energetica. poiché, per esempio, nel periodo 1965-1973 l' elasticità tra queste due grandezze è di 1,31, quando la stessa elasticità non è che dello 0,35 — se non abbiamo esaminato male per il periodo 1973-1979. questo fenomeno, a nostro avviso, è presentato in un modo un po' banale nella nota a piè di pagina 41, dove si dice che l' elasticità ha subìto una certa riduzione ed è scesa al di sotto del suo valore storico, che era superiore ad 1. mi si consenta però di sottolineare che, a mio avviso, non si può dare un significato scientifico o, devo dire, almeno in questo documento, quasi magico, a questo concetto di elasticità. ma bisogna semplicemente constatare che su un periodo recente (peraltro, però, abbastanza lungo, perché della durata di sei anni), il consumo di energia è cresciuto molto meno del prodotto interno lordo e che in effetti non c' è a nostro avviso alcuna ragione perché le due grandezze crescano al medesimo tasso. per esempio, a nostro avviso, le azioni destinate a contenere l' aumento del consumo energetico, e cioè a stabilizzarlo, sono fattori favorevoli alla crescita economica . ma questa dissociazione, cui facevo cenno prima, viene completamente dimenticata quando, per esempio. a partire da pagina 58 e soprattutto nella tabella a pagina 62 sono presentati gli obiettivi dei consumi energetici per il 1990. ci si dice che questi obiettivi sono stati stabiliti per una crescita economica del 3-3,5 per cento per anno. ora, se si applica una crescita del 3 per cento per anno della domanda di energia finale al valore del 1978, cioè 94 megawatt, e questo per dodici anni, si ottiene, se non andiamo errati, per il 1990 una domanda di consumi energetici per 134 megawatt, e cioè il valore presentato come valore tendenziale. in questo modo il valore tendenziale del 1990 è stato ottenuto basandosi su una elasticità pari ad 1 tra crescita energetica e crescita economica , quando abbiamo visto che nel periodo 19731979 questa elasticità è stata dello 0,35. la differenza cioè di 15 megawatt in energia finale tra obiettivo 1990 e valore tendenziale, peraltro, ci viene in seguito presentata come il risultato di una politica attiva di risparmio energetico . ma non sfuggirà a nessuno che l' obiettivo 1990 corrisponde ad una elasticità dello 0,7 che potrebbe evidentemente essere molto ben qualificata come tendenziale. cioè, a nostro avviso, il ragionamento seguito per ottenere la valutazione della domanda di energia e la valutazione delle pretese economie o risparmio energetico non ha particolare valore e, a nostro avviso, non si può fare molto affidamento sulle cifre che sono state annunciate. questo è un problema molto grave, perché è a partire da queste cifre che è stato elaborato il piano energetico nazionale e vengono evidentemente giustificate le proposizioni del Governo nei differenti settori. ora, io credo che non si riesca a capire, inoltre, perché il fattore che permette di passare dall' energia finale alla energia primaria valga 1,53 nel 1978 e 1,63 per il tendenziale e 1,67 per l' obiettivo 90. quindi la elaborazione degli obiettivi di consumo energetico nel 1990 è a nostro avviso la parte più debole di questo documento, dell' insieme del piano energetico, poiché tutto il resto del rapporto si basa poi su queste cifre che vengono date per scontate e non vengono più discusse nel corso di tutto il piano. il primo lavoro che, a nostro avviso, occorre fare in modo assolutamente urgente, prima di intraprendere qualunque tipo di discussione sui mezzi di approvvigionamento e di produzione, è quello di procedere ad uno studio dettagliato della domanda di energia, secondo uno schema (di cui alcuni elementi già esistono nel rapporto) che noi vogliamo sottoporre all' attenzione del Governo. in una prima fase bisognerebbe fare un' analisi dettagliata della domanda per un certo anno iniziale (poniamo: il 1978), divisa per regioni (per esempio, nord est , nord ovest , centro, sud e isole), divisa per settori di consumo ed anche per usi finali. in una seconda fase si dovrebbe studiare l' evoluzione dei comuni dei differenti settori, uso finale per uso finale, evidentemente, e regione per regione, formulando diversi livelli di ipotesi sui fattori che determinano i consumi energetici. questi fattori — li possiamo richiamare brevemente — sono: il fattore demografico, il ritmo delle costruzioni edilizie sia per edifici pubblici sia per edifici privati, l' evoluzione dei mezzi di trasporto, l' evoluzione quantitativa e qualitativa della produzione industriale . occorre poi integrare in questi dati i diversi livelli di una politica di risparmio e di uso razionale dell' energia e prevedere l' introduzione progressiva dell' energia rinnovabile. si può, per esempio, pensare ad un piano serio di isolamento delle abitazioni e degli uffici, l' installazione di scaldacqua solari, lo sviluppo delle reti di calore, e via dicendo. solo questo confronti fra le diverse evoluzioni possibili e, dunque, fra le diverse politiche possibili ci permetterà di valutare l' importanza, di una politica di risparmio energetico e i mezzi che a questa politica bisogna dedicare. a nostro avviso essa ci permetterà anche di fissare un obiettivo 1990 che sia spiegato e dettagliato, in modo da stanziare i mezzi per raggiungerlo. devo anche dire che si possono fare diverse valutazioni per una stima ragionevole di ciò che una politica seria di risparmio energetico e di uso razionale dell' energia ci può consentire per il 1990, anche con un tasso di credito del prodotto interno lordo del 3 o del 3,5 per cento per anno e con un livello di consumi energetici finali nettamente inferiore, a nostro avviso, a 120 milioni di megawatt. occorre però che tutte le scelte politiche intervengano in questi settori, perché, come vedremo poi analizzando le cifre, quando poco o nulla si investe sia in strumenti che consentano il risparmio energetico , sia nella ricerca e nella commercializzazione delle energie cosiddette rinnovabili, e quando oltre 12 mila miliardi vengono investiti nel nucleare, è evidente che esiste una proporzione fra investimenti e risultati: se non investiamo nulla o quasi nulla nell' energia rinnovabile, è chiaro che otterremo sempre pochissimo o quasi nulla. se noi peraltro abbinassimo a questo consumo un migliore utilizzo delle sorgenti di energia e il più grande utilizzo possibile delle energie rinnovabili, il consumo di energia dovrebbe e potrebbe diventare inferiore a 200 milioni di tep. si tratta evidentemente di verificare queste stime, ma in ogni caso sono dati essenziali per il prosieguo della discussione e per mettere poi in opera un piano di forniture energetiche capace di far fronte alla domanda prevista per il futuro. nell' ambito della politica energetica , una particolare attenzione va dedicata al settore elettrico, che è affrontato in maniera secondo noi non soddisfacente nel rapporto. a pagina 62 e a pagina 63 di questo rapporto si dice che la domanda di elettricità per usi specifici deve aumentare del 5,4 per cento per ciascuno degli anni dal 1978 al 1990. se non andiamo errati, questa significa che dovrà passare da 136 miliardi di chilowattora (pari a 11,7 megawatt) a 255 miliardi di chilowattora, e cioè raggiungere 21,9 megawatt per il 1990. d' altra parte, un successivo grafico, a pagina 75, ci indica che la produzione totale di elettricità (pari a 174 miliardi di chilowattore nel 1978) dovrebbe passare, nel 1990, a circa 315 miliardi di chilowattore. bisognerebbe dedicare uno studio particolare, un capitolo a sé stante, a questo problema dell' elettricità, sia per quanto riguarda l' evoluzione della domanda, sia per quanto riguarda i sistemi di produzione. facciamo alcuni esempi, per trarne alcune indicazioni. prendiamo l' evoluzione della domanda. come è noto a tutti, esistono due categorie di uso dell' elettricità: gli usi specifici, quelli in cui l' elettricità è praticamente il solo fattore energetico utilizzabile (mi riferisco, in particolare, all' illuminazione e alla alimentazione degli elettrodomestici), e gli usi termici , nei quali l' elettricità serve a produrre calore, sia per le abitazioni e gli uffici (riscaldamento e acqua calda), sia per l' industria (settore dei forni). guardando le cifre, si nota che l' evoluzione di ciascuno di questi usi dovrebbe essere, in miliardi di chilowattore: per gli usi specifici, da 136 del 1978 a 255 del 1990; per gli usi termici , da 38 a 60. in totale, secondo il piano energetico, si dovrebbe passare da 174 a 315 miliardi di chilowattore. per quanto riguarda gli usi termici , l' incremento, così come enunciato dal piano energetico, non costituisce un dato estremamente importante. è comunque necessario, a nostro avviso, che gli usi termici dell' elettricità siano limitati al massimo, per due ragioni fondamentali. in primo luogo, perché si tratta di un modo assurdo di utilizzare l' energia primaria, in quanto è più conveniente utilizzare direttamente il gas, il carbone o il petrolio. in secondo luogo, perché gli usi termici sono in generale a bassa temperatura (particolarmente per il riscaldamento e per la produzione di acqua calda) e quindi possono essere sostituiti dall' uso di energie rinnovabili (geotermia, biomassa, energia solare ). per quanto riguarda invece gli usi specifici (che, come dicevo, il piano prevede debbano passare da 136 a 255 miliardi di chilowattore tra il 1978 e il 1990), dobbiamo dire che un aumento del 5 per cento annuo, che effettivamente porta ad un raddoppio del livello dei consumi in 12 anni, a nostro avviso necessita di ulteriori spiegazioni. in effetti, la maggior parte di questi usi è per il settore elettrodomestico; sappiamo benissimo che, pur aumentando l' equipaggiamento di questo settore (e quindi, gli elettrodomestici), è possibile diminuire in modo rilevante il consumo per unità di elettrodomestici. ad esempio, vi sono i frigoriferi meglio isolati, o macchine lavatrici già alimentate ad acqua calda. anche l' utilizzo dell' elettricità per usi specifici necessita di spiegazioni più dettagliate, soprattutto per l' aumento annuo del 5,4 per cento . lo stesso ragionamento vale per settori meno consumatori di energia, ma altrettanto importanti, come l' illuminazione. è necessario definire una politica di risparmio energetico , per l' impiego dell' elettricità in usi specifici, nei confronti del consumatore e soprattutto in quelli dei fabbricati degli elettrodomestici. se questa azione è intrapresa in tempo, potranno diminuire (bisognerebbe comunque valutare se è possibile ed in quale misura) i tassi di crescita della domanda di elettricità, incrementandone persino l' equipaggiamento cioè gli stessi elettrodomestici. così facendo, si dovrebbe limitare la crescita della domanda di energia ad un tasso medio del 3 per cento annuo, limitando il consumo a circa 250 miliardi di chilowattore, rispetto a quanto proposto dal piano nella cifra di 315, se non erro. vorrei toccare adesso un altro punto: evidentemente è difficile parlare di sistema di produzione, senza avere una rivalutazione precisa della domanda perché, a seconda che la previsione di essa sia di 250 o 315 miliardi di chilowattore per il 1990, le cose sono molto diverse. alcune osservazioni: in primo luogo, è necessario diminuire l' uso del petrolio nella produzione di elettricità. il più normale sostituito a corto e medio termine è il carbone, ed il suo approvvigionamento è più facilmente garantito. in secondo luogo, il modo più economico di utilizzare il carbone per ottenere elettricità, è una produzione mista di calore ed elettricità: la cogenerazione. un piano di costruzione di centrali a carbone deve essere accompagnato dal piano di sviluppo della cogenerazione. rinviando a dopo le motivazioni di fondo della nostra opposizione al nucleare, dobbiamo comunque sottolineare che lo sviluppo dell' energia nucleare non offre interesse perché il suo contributo a corto e medio termine, è comunque molto scarso. abbiamo l' esempio di una unica centrale di dimensioni rilevanti, che è la sfortunatissima centrale nucleare di Caorso che, iniziata dal 1969, entra oggi, dopo 11 anni, nella fase di collaudo. quindi l' ipotesi contenuta nel piano energetico, cioè la produzione di sei mila megawatt di energia entro il 1990, è utopistica. non mi riferisco soltanto al problema della popolazione, la quale, stranamente sobillata da alcuni antinucleari completamente irresponsabili, normalmente si oppone all' installazione delle centrali nucleari nel proprio territorio, bensì al problema tecnico. la centrale di Caorso non fu ostacolata, nel suo insediamento, da alcuno, tanto è vero che sia la scelta del sito che la costruzione vera e propria non fu ritardata da alcuna presa di posizione dell' opinione pubblica ; ciò nonostante, pur essendo questa centrale stata edificata con il sistema delle « chiavi in mano » , solo dopo 10 anni si è dato l' avvio all' ultima fase di collaudo. comunque se il « buco energetico » , come spesso dicono gli esperti, si verificherà tra breve, non saremo sicuramente in grado di far fronte a questa necessità. se, per esempio, il « buco energetico » dovesse avvenire nel 1985. certamente non potremo far fronte a questo accresciuto fabbisogno energetico con il nucleare. ci troviamo quindi in una situazione in cui l' energia nucleare non può risolvere tutti i problemi. d' altra parte gli investimenti in questo settore sono considerevoli, così come lo stesso piano energetico ci dice, soprattutto se si tiene conto che non si vuole investire in una politica di risparmio energetico . inoltre il chilowattora di origine nucleare, pur nel caso di un funzionamento ottimale delle centrali nucleari , che è ben lungi dall' essere assicurato, è di poco meno caro del chilowattora prodotto dal carbone. non lo so, perché l' approvvigionamento dell' uranio ha avuto, anche di recente, sbalzi notevolissimi; nessuno infatti ci dice se il prezzo di questo prodotto rimarrà stabile nel tempo. anche per il petrolio vi fu un periodo in cui si poteva reperirlo ad un costo relativamente basso, e cioè fino al 1973; peccato che da quell' anno in poi nessuno sia stato più in grado di controllare il prezzo di questo bene. essendo il petrolio poi una materia prima dalla quale siamo completamente dipendenti, e con scarsissima forza contrattuale , ci troviamo nella situazione di dover subire i rialzi del prezzo così come vengono stabiliti dai produttori. vorrei far notare anche per quanto riguarda l' uranio siamo nella stessa posizione del petrolio, siamo cioè totalmente dipendenti, senza alcuna forza contrattuale per bloccarne il prezzo. non si comprende, quindi, in base a quali dati si affermi che il prezzo del chilowattora di origine nucleare, avrà un casto più basso rispetto al chilowattora prodotto dal carbone, in quanto non abbiamo alcuna sicurezza per quanto concerne l' approvvigionamento della materia prima . in più il prezzo del chilowattora di origine nucleare è più caro se si pensa non solo ad una produzione diretta dal carbone, ma ad una produzione combinata calore-forza. noi riteniamo che l' energia solare sia per l' Italia un mezzo considerevole e notevole nel medio e nel lungo periodo. sul piano della ricerca, dello sviluppo e degli investimenti, ci sembra che sia assolutamente competitiva rispetto all' energia nucleare . l' unica cosa che dobbiamo però sottolineare è che, se si fa la scelta, fra le altre, dell' energia solare , questa scelta deve essere fatta subito; in questo modo i mezzi finanziari risparmiati dal settore nucleare dovrebbero essere, a nostro avviso, consacrati, da una parte ad un programma serio di risparmio energetico dell' elettricità e, dall' altra, ad uno sviluppo dell' energia solare . in realtà, va rivista l' intera politica dell' elettricità. perché, a nostro avviso, i produttori di elettricità, che devono assicurare un servizio pubblico , debbono avere come obiettivo non tanto e non solo quello di produrre sempre più elettricità e di venderne sempre di più, quanto piuttosto quello di aiutare i consumatori a consumare nel modo più economico possibile. questo principio ci permette di stabilire le grandi linee di una politica dell' elettricità. a nostro avviso, questa politica della elettricità dovrebbe basarsi su quattro grandi linee; bandire l' elettricità dagli usi termici , costruire apparecchi elettrici meno consumatori di elettricità, sviluppare la cogenerazione forza-calore usando le centrali a carbone, sviluppare l' utilizzazione della geotermia, dell' idraulica e dell' energia solare . non diciamo affatto che nel medio termine l' energia solare può risolvere tutti i problemi, ma diciamo che se continuiamo ad investire praticamente nulla in questo settore, ci troveremo sempre di più in una situazione in cui esso non sarà in grado di produrre nulla. ma noi diciamo anche che per un uso diverso dell' elettricità, per una politica diversa, dobbiamo partire basandoci sulle quattro grandi linee che ho prima indicato. se invece prendiamo le cifre che ci vengono indicate dal piano energetico nazionale, osserviamo, appunto, che le linee di tendenza su cui si muove il Governo sono completamente diverse. il piano energetico prevede uno stanziamento di 64.100 miliardi per il decennio 1981-1990 per tutto il settore energetico, nei vari comparti. in particolare, nella tabella che troviamo a pagina 77 del nuovo piano energetico, troviamo per esempio che si arriva, paragonando alcune cifre, a valutare la diversa politica del Governo, che si manifesta nella diversità delle cifre stanziate. nel decennio, per l' attività mineraria, per gli idrocarburi e per il ciclo petrolifero, si prevede di stanziare 17 mila 150 miliardi, per il gas naturale 3.300 miliardi, per il carbone, 11 mila miliardi, per il nucleare 12.750 miliardi, per il settore idroelettrico 5 mila miliardi, per la geotermia 1.000 miliardi, per le fonti rinnovabili (solare, biomassa, eccetera) 350 miliardi per il triennio 1981-1983, per un totale di 1.400 miliardi nel decennio. se decidiamo di stanziare 13 mila miliardi per il nucleare e 1.400 per l' energia rinnovabile di tutti i tipi (solare, eolica, biomassa, eccetera), è evidente che facciamo una scelta politica precisa, che è quella di considerare le energie cosiddette rinnovabili, non soltanto residuali o complementari, perché in realtà abbiamo scelto di non considerarle affatto, da nessun punto di vista . infatti, se andiamo a guardare la tabella più specifica, relativa alle energie cosiddette alternative, così come ci vengono presentate dal piano economico nazionale (la tabella è quella di pagina 230), vediamo, per esempio, che per quanto riguarda l' energia solare a bassa temperatura sono previsti 200 miliardi per il triennio 1981-83, 800 miliardi per il periodo 1984-90, quindi, come dicevo prima, per un totale di 1.000 miliardi. per quanto riguarda, insieme e complessivamente, il biogas da biomassa, l' energia eolica, la conversione fotovoltaica, gli impianti a torre ed i sistemi distribuiti a concentrazione, si prevedono 85 miliardi per tutte le voci nel triennio 1981-1983 e 125 miliardi per i restanti sei anni, per un totale, appunto, di 210 miliardi. questa è la situazione, e sono le cifre stesse che parlano chiaro. il Governo ha deciso di non investire praticamente nulla sulle energie rinnovabili. ha fatto una scelta, che è senza ritorno, del nucleare e si avvia, a mio avviso, sempre di più e in modo sempre più preoccupante, verso una situazione non dico ancora del « tutto elettrico » , ma verso una situazione di elettrificazione del nostro sistema che, a mio parere, è sbagliata e peraltro molto, molto notevole. per quanto riguarda il secondo settore che vogliamo sottolineare, il settore del risparmio energetico e dell' uso razionale dell' energia per i settori civili e residenziali, è illuminante la tabella che si presenta il piano energetico a pagina 246. per il triennio 1981-1983, abbiamo 100 miliardi di stanziamento, finanziamenti già previsti in virtù della legge numero 655. c' è un finanziamento per tre anni; dopo di che, non si prevede nulla per i restanti sei anni. quindi, dal 1984 al 1990 non si prevede assolutamente nulla. poi, c' è una voce in cui si parla di « ulteriori incentivazioni » con la previsione di 640 miliardi per il triennio 1981-1983, di 2.240 miliardi per il periodo 1983-1990, per un totale di 2.880 miliardi. guardiamo, per esempio (senza citare fonti che potrebbero essere considerate di parte o parziali), le ricerche (che il Governo avrà sicuramente consultato) svolte e pubblicate in questi giorni sul risparmio energetico dal Censis e dal CISE, se non vado errata, peraltro per conto della Esso italiana. queste due ricerche sono state presentate proprio in questi giorni a Roma. i dati di tali ricerche ci sembrano, in termini di risparmio energetico e di uso razionale della energia, estremamente significative, per arrivare poi alla discussione delle cifre che il Governo ci propone. la premessa iniziale da cui sono partite queste due iniziative è il valore prioritario e indilazionabile attribuito all' adozione di una politica nazionale di risparmio energetico . e va bene . « il nostro paese, infatti, con una struttura industriale eminentemente trasformatrice e fortemente dipendente dal greggio di importazione, è più esposto alle brusche impennate dei costi di energia » . fin qui siamo d' accordo. « purtroppo, nel campo del risparmio energetico , l' Italia è in forte ritardo rispetto ad altri » . i dati che vengono forniti sono i seguenti: nel triennio 1978-1980, la Repubblica federale di Germania ha speso 223 miliardi, la Francia 198, i Paesi Bassi 104, la Gran Bretagna 57, l' Italia nulla. abbiamo visto adesso che c' è uno stanziamento per il prossimo triennio di 740 miliardi. ma la cosa più importante è che entrambe le ricerche concordano nel suggerire di superare la mentalità che identifica risparmio ed energia con una indiscriminata riduzione dei consumi e sottolineano, invece, la necessità di interventi attivi per creare le premesse, gli strumenti per lo sviluppo di un' industria finalizzata alla razionalizzazione e all' uso efficiente dell' energia. il succo di queste due analisi — fatte, evidentemente, non per conto nostro, non ne avremmo la capacità — è che le misure consigliare, pur se limitate a settori specifici (lo ha dichiarato il professor Zorzoli), possono generare nel prossimo decennio — ma, attenzione, con un investimento annuo di 710 miliardi e non con un investimento triennale di 740 miliardi — un aumento di circa 21 mila posti di lavoro diretto ed un risparmio di oltre 6 milioni di tonnellate di petrolio (evidentemente, a programmi ultimati). quindi, primo scontro sulle cifre... a quali settori si indirizza questa ricerca per ottenere il maggior risparmio energetico ? i provvedimenti proposti dal CISE riguardano: la costruzione di abitazioni, in modo da evitare la dispersione del calore del riscaldamento, così come abbiamo detto poco tempo fa; l' autotrazione (attraverso una revisione regolare, obbligatoria delle autovetture — dice questa ricerca — si possono ridurre i consumi dell' 8-10 per cento , con un risparmio annuo medio di circa 70 miliardi di lire ), l' impiego dell' energia solare . come abbiamo detto prima, anche questa ricerca conferma che tutti gli scaldabagni elettrici dovrebbero essere sostituiti con impianti ad energia solare e che anche le scuole dovrebbero essere riscaldate con pannelli solari; si risparmierebbero così 170 mila tonnellate di petrolio l' anno e si creerebbero 18 mila nuovi posti di lavoro . nelle industrie e nelle città, infine, migliorando l' uso dell' energia, si potrebbero realizzare ulteriori, grossi risparmi. né diversa ci pare l' analisi condotta dal Censis, illustrata dal professor De Rita . questi ha semplicemente fatto una denunzia di tipo politico, individuando i problemi che condizionano l' attuazione di una politica di risparmio. in particolare, De Rita rileva, sul piano istituzionale, la mancanza di un quadro normativo organico, che determina una forte conflittualità paralizzante nell' attribuzione delle competenze e delle responsabilità tra Stato e regioni. a risultati non diversi è giunta la riunione di esperti, promossa dall' organizzazione Amici della terra, tenutasi in questi giorni tra esponenti di 19 paesi; i risultati di tale indagine sono stati resi pubblici in una conferenza stampa che si è svolta sotto il patrocinio del sindaco di Roma. quest' ultimo, aprendo i lavori, ha fatto cenno al progetto in corso per la metanizzazione di Roma ed alla necessità di consumi minori per vivere meglio; gli esperti, dal canto loro, hanno sottolineato come un' azione combinata di potenziamento e di investimenti nelle energie rinnovabili e di potenziamento di investimenti circa il risparmio energetico potrebbe, a breve e medio termine, darci strumenti più idonei di quelli forniti dalla scelta nucleare — verso la quale sembra orientato il Governo — per affrontare il problema della crisi energetica . e non voglio ripetere qui le considerazioni più generali che abbiamo sempre fatto, anche nel dibattito del 1977 sul vecchio piano energetico, in ordine alle nostre preoccupazioni sulla scelta nucleare, al problema, irrisolto, a livello mondiale, della custodia delle scorie radioattive e del loro riciclaggio. come ognuno di noi sa, esistono in realtà due impianti per il riciclaggio di tali scorie una a Windscale, uno a La Hague . quello di La Hague è eternamente in crisi e con incidenti preoccupanti, gli ultimi dei quali — perché si susseguono a catena — denunciati pochi giorni fa in una conferenza stampa dalla CFDT (sindacato francese). questi, per altro, sono problemi che abbiamo sottolineato molte volte e rispetto ai quali non è che il Governo non ci fornisca risposta: intendo dire che il Governo non ce ne dà, perché non esistono risposte affidabili tecnicamente e scientificamente, a livello mondiale. nessuno ha ancora scoperto cosa occorra fare di queste scorie radioattive, non esiste una possibilità oggi — possibilità industrialmente provata — di riciclaggio delle stesse per produrre plutonio per i reattori autofertilizzanti (i « brides » ): tutti però affermano di voler assolutamente sperimentare in tale senso. il collega Ippolito, in sede di Parlamento europeo , ha tranquillamente dichiarato che o si va ai reattori fertilizzanti o la scelta del nucleare — è provato — non ha alcun senso. dunque, nella realtà, affrontiamo una scelta, quella nucleare, che è una sorta di tunnel buio dal quale non sappiamo come uscire e rispetto al quale talune cose conosciamo: innanzitutto che il nucleare convenzionale — anche questo è provato — non è economicamente attraente e quindi non serve assolutamente a nulla, può solo servire se decideremo (come è stato deciso, per altro completamente al buio ed a scatola assolutamente vuota) di andare al plutonio, in una situazione che è certamente molto più utopistica di quella che prospetta chi viene a dire: « guardate che occorre fare degli investimenti in campo solare » . ripeto, la scelta del tipo che ho detto è stata effettuata in una situazione che a noi sembra irresponsabile. altri tipi di politiche che invece bisognerebbe portare avanti vengono sacrificati alla politica, non solo dell' uranio, ma soprattutto del plutonio, e ci si rifiuta di prendere le iniziative che sarebbero importanti a che potrebbero dare risultati a breve e medio termine. lascio da parte — perché lo abbiamo ricordato in altre sedi, ed in modo molto specifico — il problema delle istituzioni che il nostro paese ha preposto all' energia: mi riferisco all' Enel e al CNEN, che hanno avuto per anni una situazione irregolare nel Consiglio d'amministrazione , che se non vado errata è stato regolarizzato soltanto alcuni giorni fa, dopo una serie di iniziative tendenti, quanto meno, a far sì che chi viene a chiedere soldi al contribuente abbia una situazione regolare nel Consiglio d'amministrazione . vi è poi il problema che ci interessa particolarmente, che è quello della concentrazione del potere tecnologico e della tecnologia dura — se si va ad una scelta nucleare — , nel momento in cui riteniamo che la politica del risparmio debba avere come sostegno una scelta di grande decentralizzazione, anche se coordinata, oltre a quei risvolti politici che può avere la scelta nucleare, con la impostazione conseguente di un « clero tecnologico » . quando ancora non ci siamo liberati di un altro tipo di clero, quello vero, che ci affligge da molti anni, l' idea di crearne un altro particolarmente ristretto e nelle mani del quale sono poste, in termini quasi totali, le risorse energetiche del nostro paese, non ci sembra una strada da percorrere. è per questa ragione che volevo fare una riflessione in ordine alla energia solare . non diciamo affatto che il solare, di per sé, implichi un decentramento del potere. siamo assolutamente contrari, ad esempio, alle grandi centrali solari, perché anch' esse implicano l' uso di una tecnologia particolarmente raffinata e quindi hanno, dal punto di vista politico, gli stessi rischi che sono connessi alle centrali nucleari , anche se comportano pericoli certamente minori in termini di sicurezza e di salute dei cittadini. dal punto di vista politico, comunque, una scelta « solare » fatta non in termini di decentramento e di tecnologia dolce, ma in termini di concentrazione di grandi centrali, ci troverebbe in disaccordo. la situazione illustrata ci porta peraltro a fare un' ultima riflessione. nel piano dello scorso anno furono stanziati 800 miliardi per il risparmio energetico . di questi 800 miliardi, ben 400 sono stati spesi per finanziare « leggine » varie che non avevano nulla a che vedere con la energia. questa voce di bilancio è stata usata, come un pozzo di San Patrizio , per finanziare « leggine » tra le più disparate. è rimasto uno stanziamento di 400 miliardi che, in mancanza di un controllo diretto che costringa il Governo a fare quello che dice, rischia, pur essendo a nostro avviso assolutamente inadeguato ad un problema come quello del risparmio energetico , di finire tra i residui passivi o di essere utilizzato per consentire erogazioni di contributi ai cavalieri di San Giorgio o a qualche altro ente inutile, come è avvenuto nello scorso anno . l' ultimo punto che intendo toccare nel mio intervento riguarda un problema che ci sta a cuore da molti anni: quello dello sterminio per fame e dell' atteggiamento del nostro paese in politica estera . potrei dire che ancora oggi non è cambiato nulla: le cifre che avevo richiamato l' anno scorso , in sede di discussione della legge finanziaria , non solo non sono mutate ma, se hanno avuto qualche variazione, questa è peggiorativa, nel senso che è aumentato il numero delle persone in situazione di assoluta miseria e sottosviluppo. in queste condizioni potrei semplicemente richiamare, in ordine alle valutazioni morali, politiche, giuridiche ed economiche, che ci inducono a questa battaglia, l' intervento che ho avuto modo di svolgere lo scorso anno nel dibattito generale sulla legge finanziaria . darò soltanto alcuni aggiornamenti di dati, così come ci sono stati forniti dal vicedirettore della Fao, professor West, nel corso di una conferenza sul problema della fame nel mondo e sulle strategie per affrontarlo, promossa dal presidente del Senato . questi dati riguardano l' aumento demografico e la situazione della sottonutrizione. altri colleghi sono già intervenuti su questo problema, come il collega Ajello, altri interverranno successivamente, per spiegare le motivazioni della nostra iniziativa. io mi limito qui a ricordare che la Fao, nel suo studio « Agricoltura verso il 2000 » , afferma che, assumendo miglioramenti di modesta entità nei consumi alimentari, la produzione agricola e zootecnica continuerà ad accrescersi soltanto al tasso del 2,7 per cento annuo, tasso ancora oggi insufficiente. il deficit di cereali, nei 90 paesi in via di sviluppo considerati, subirà un rapido aggravamento e dovrà essere coperto con un aumento delle importazioni di generi alimentari o con aiuti alimentari dell' ordine dai 50 ai 175 milioni di tonnellate all' anno. il deficit della produzione di carne crescerà di ben 14 volte, raggiungendo i 14 milioni di tonnellate . inoltre, continua il rapporto: « saranno lasciati in uno stato di sottonutrizione più di 400 milioni di individui » , cioè la stessa quantità stimata negli anni precedenti. sappiamo bene che il Governo ha stanziato per d' anno in corso mille miliardi di lire , 1.500 miliardi per il 1982, 2 mila miliardi per il 1983, per arrivare alla cifra complessiva di 4.500 miliardi in tre anni, che costituisce la media DAC dell' aiuto pubblico allo sviluppo. non vorrei, signor presidente , signor ministro, che per questo stanziamento dei mille miliardi si ripetesse quanto è avvenuto per il famoso raddoppio dello stanziamento pubblico allo sviluppo da parte dell' Italia, cioè che gli ulteriori 200 miliardi di lire , così sbandierati pubblicitariamente dal Governo per bocca del sottosegretario Fracanzani, successivamente sono stati ridotti ad una vera e propria presa in giro in relazione alla suddivisione degli stessi fondi. infatti ancora una volta, invece di seguire la strada normale dell' aiuto pubblico allo sviluppo, cioè del finanziamento senza contropartita ai paesi più poveri, si è preferita la strada del credito agevolato nella convinzione che i paesi del terzo e del quarto mondo non sarebbero particolarmente contenti di ricevere una carità pelosa, preferendo crediti agevolati da restituire in più anni. tutto questo è sbagliato, non solo perché non è vero, ma soprattutto perché, nel momento in cui si concedono crediti agevolati — con la preoccupazione della restituzione — è chiaro che si scelgono i paesi più affidabili ai fini della restituzione. in relazione allo stanziamento dei mille miliardi, ho constatato che il Governo stanzia soltanto 141 miliardi aggiuntivi, in quanto i restanti sono residui degli anni scorsi; naturalmente approfondiremo la questione, ma è chiaro che in questo caso, oltre alla beffa, ci sarebbe anche l' inganno. signor presidente , colleghi, questi sono i tre temi che desideravo affrontare per quanto riguarda la legge finanziaria , per illustrare, in qualche modo, anche gli emendamenti da noi presentati; ritengo che su questi ed altri temi che saranno toccati dai miei colleghi sia necessario arrivare ad una valutazione più approfondita e per questo non riteniamo inutili i nostri interventi in questa Aula anche perché, in questo modo, l' opinione pubblica e le altre forze politiche avranno il tempo di darci una risposta il più possibile concreta e precisa.