Luigi BERLINGUER - Deputato Opposizione
VIII Legislatura - Assemblea n. 218 - seduta del 23-10-1980
1980 - Governo Forlani - Legislatura n. 8 - Seduta n. 218
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , il nuovo Governo presieduto dall' onorevole Forlani non è certo il Governo di cui avrebbe bisogno l' Italia per superare la crisi che la colpisce in ogni campo, per risollevarsi e rinnovarsi. per questo noi comunisti saremo all' opposizione e dall' opposizione continueremo a lavorare e a lottare perché il nostro paese possa avere una guida politica all' altezza degli immani problemi che deve risolvere, e cioè un Governo unitario del quale facciano parte i partiti del movimento operaio e le altre grandi forze popolari dell' Italia. la crisi politica che travaglia l' Italia ormai da un decennio non ha ancora trovato questo sbocco, che è il solo che può garantire stabilità e certezze. la nostra opposizione all' attuale Governo sarà sempre commisurata ai suoi indirizzi e, soprattutto, ai suoi atti concreti. chiari saranno i nostri « no » e i nostri « sì » . verificheremo e controlleremo, passo a passo, la sua condotta. pertanto: primo, siamo pronti a dare il nostro contributo per risolvere positivamente le questioni urgenti ed i problemi di fondo della nostra società e del nostro Stato e a stabilire i confronti e le intese che saranno possibili a questo fine; secondo, ben sapendo che non mancheranno, come nel passato, manovre e tentativi per rinviare o eludere la soluzione dei problemi, ci batteremo perché il Parlamento e il Governo li affrontino e decidano con la tempestività che esige la condizione del paese; terzo, contrasteremo nel modo più fermo quelle scelte e quei provvedimenti e comportamenti del Governo che giudicheremo contrari agli interessi dei lavoratori e del popolo e lesivi della pubblica moralità. nelle file dei partiti che compongono il Governo si riconosce oggi, che, per risolvere i problemi del paese e per garantirne la reale governabilità, si rende necessario stabilire un corretto rapporto tra il Governo e il Parlamento, tra maggioranza e opposizione e, per conseguenza, cercare in particolare un terreno di dialogo e di intesa con l' opposizione comunista, che rappresenta qui una parte così ampia e viva della società, quella che più ne cerca e ne vuole il rinnovamento. prendiamo atto di queste intenzioni, ma vi diciamo anche: state attenti a non ripercorrere quel cammino involutivo che condusse il Governo precedente a commettere errori sempre più gravi, che ne sfaldò la maggioranza parlamentare e lo portò al fallimento. è un bene per il paese che il precedente Governo sia caduto. esso infatti non dimostrava di essere capace di risolvere i problemi, provocava continui e sempre più gravi danni in ogni campo, avvelenava ed acuiva le tensioni nei rapporti politici e parlamentari e stava portando ad una situazione sempre peggiore. di qui il nostro giudizio che ci si trovava di fronte ad un Governo, non solo inadeguato, ma pericoloso. di qui la nostra battaglia non solo contro singoli suoi atti negativi, ma per farlo cadere. la nostra opposizione è stata esattamente corrispondente alla crescente inadeguatezza e pericolosità del Governo. nelle condizioni date, vi era forse per noi un' altra strada? ce n' era, è vero, un' altra, che con tanta insistente sollecitudine ci veniva suggerita: quella di svolgere le nostre critiche a questo o a quell' atto, ma di accettare la permanenza del Governo e in definitiva di « galleggiare » anche noi insieme ad esso. ma, se avessimo agito così, avremmo abdicato alla nostra funzione ed ai nostri doveri. non starò a ricordare i singoli motivi e le occasioni che ci hanno portato via via a contrastare il Governo nella sua opera. ma come si fa a dimenticare i guasti che sta pagando il paese per gli indirizzi contraddittori e confusi della sua politica economica , per la sua assurda inerzia nella politica estera e per le pratiche di spartizione del potere e di abuso del denaro pubblico ? queste pratiche, questo abuso, hanno raggiunto negli ultimi tempi livelli di vera e propria frenesia: dalle nomine bancarie del maggio fino a quella notte del 28 settembre, nella quale, presentando e paventando la crisi di Governo , i partiti della maggioranza hanno voluto ad ogni costo, anche violando leggi e regolamenti, distribuirsi i posti al vertice della Rai. quanto alla vicenda dei decreti legge , si può dire che raramente il nostro Parlamento era stato messo davanti ad una prova così clamorosa di arroganza e insieme di debolezza, di provocazione e insieme di insipienza. c' è da domandarsi come mai coloro che hanno imposto questa linea di condotta non si siano accorti a tempo che essa avrebbe portato in un vicolo cieco il Governo, fino al suo fallimento, anche per le reazioni già manifestatesi nei gruppi della maggioranza. la vicenda dei decreti legge è stata il punto di caduta di una parabola all' inizio della quale stava un disegno politico, sorto da un patto tra la destra democristiana e la destra del partito socialista , le quali erano mosse dalla velleità di assicurare la governabilità del paese, senza il partito comunista , ed in sostanza contro di esso e persino contro le sinistre di questi due partiti. questo proposito venne, all' inizio, un po' mascherato. vi fu un ritegno a manifestarlo in modo aperto. ci fu persino chi sperò che quel Governo, diretto per giunta da un uomo che al congresso democristiano non si era schierato con la maggioranza del preambolo, potesse rappresentare una tappa di un rapporto più positivo verso di noi. di ciò vi era una eco anche nella parte politica del discorso programmatico. ma queste parole e queste intenzioni originarie, che erano già state contraddette nella struttura e nella composizione del Governo, vennero poi sempre più manifestamente soffocate e liquidate dagli atti concreti e dal merito dei provvedimenti presi e dagli atteggiamenti di sfida all' opposizione comunista. di qui il discredito del Governo, il suo distacco sempre più palese dall' opinione pubblica ; di qui l' inevitabile inasprirsi della lotta politica; di qui il crescente disagio e la progressiva presa di coscienza delle forze di sinistra del partito socialista e della Democrazia Cristiana , che giungevano poi alla richiesta di un cambiamento di Governo e di rapporti politici, fino all' abbandono della pregiudiziale contro il partito comunista . in un' ultima analisi, il Governo è caduto non solo per la sua esemplare inefficienza, ma perché le sue forze portanti non erano animate da una visione nazionale e da uno spirito costruttivo, ma da una visione di parte e da uno spirito settario. per questo erano costrette a girare intorno ai grandi problemi nazionali, senza mai affrontarli alla radice e risolverli innovando. per questo il Governo si privava necessariamente del reale apporto del partito comunista , oppure era portato a concepirlo e desiderarlo come un apporto di comodo e quindi impossibile. porre fine a questa situazione, combattere e far fallire queste pretese era divenuto per noi comunisti un compito non solo improrogabile ma, nella fase che si attraversava, il più costruttivo e più unitario. nel condurre la nostra lotta sapevamo che sgombrare il campo dal precedente Governo e così dare un colpo allo schieramento e al disegno politico di cui esso era espressione era diventata la condizione sine qua non per arrestare il processo involutivo avanzante, per rimettere in movimento i rapporti tra i partiti, che rischiavano di arrivare al muro contro muro , e per riaprire la strada ad una fase politica nuova. ecco il senso della nostra coerente opposizione. ma che cosa è avvenuto, onorevoli colleghi , subito dopo la caduta del Governo? le prime reazioni di alcuni dirigenti dei partiti al Governo sono state, a dir poco, inconsulte. ricorderò anzitutto l' assurda proposta di rinviare alle Camere il Governo caduto per ottenerne comunque la sopravvivenza attraverso un ennesimo voto di fiducia , proposta subito caduta anche per il dignitoso rifiuto dell' onorevole Cossiga. c' è stata poi la speculazione indegna di alcuni dirigenti politici dei partiti della maggioranza e persino di alcuni ministri che tendevano a riversare sull' opposizione, e sul partito comunista in particolare, la responsabilità delle conseguenze della decadenza del decreto legge , quasi che fosse possibile dimenticare che la colpa era stata invece proprio di quei settori della maggioranza che avevano spinto ed obbligato il Governo a rifiutare la via di una discussione parlamentare e di un' intesa, che servissero a varare i provvedimenti davvero indispensabili ed urgenti; ma, peggio ancora, dopo la decadenza del decreto vi sono stati rifiuti e resistenze a trovare i modi per salvare i punti validi del decreto stesso fino a correre l' azzardo di far pagare all' intero paese il prezzo di una condotta dettata solo da acrimoniosa rivalsa. infine, tra le reazioni rabbiose e avventate alla caduta del Governo vi è stata quella assai grave di chi in dichiarazioni alla stampa ha tentato il ricatto minacciando il ricorso a nuove elezioni politiche anticipate. tutte queste reazioni stanno a provare che pesante e nella direzione giusta è stato il colpo inferto dalla caduta del Governo a quanti puntavano ad approfondire la frattura tra le forze democratiche di sinistra, tentando o di isolare il partito comunista o di fargli cambiare strategia e caratteri peculiari. sono falliti, dunque, due tentativi: quello di mantenere comunque in piedi il secondo Governo Cossiga prolungandone la vita artificiosamente, malgrado la sua evidente consunzione politica, ed è fallito il tentativo di ripristinare all' indomani della caduta del Governo lo status quo ante, cioè quel quadro politico di cui era stato espressione. vediamo ora, onorevoli colleghi , cosa è avvenuto durante la crisi. nei partiti e nei loro rapporti si sono avuti movimenti complessi e contraddittori, sui quali vale la pena di soffermarsi un momento. nella Democrazia Cristiana , sia in conseguenza di una progressiva pressione della minoranza per stabilire un rapporto positivo con il partito comunista , sia in conseguenza di una più larga e diffusa preoccupazione per le richieste di sempre maggiori posizioni di potere che il partito socialista veniva avanzando in cambio dell' alleanza da esso stabilita con il preambolo, si è venuto determinando un riavvicinamento tra la maggioranza e la minoranza congressuale. tale processo all' interno della Democrazia Cristiana , ancora incerto nei suoi esiti, contiene molti aspetti ambigui, così come ora si presenta, perché, se da una parte esso sembra dar luogo ad una attenuazione delle punte anticomuniste che prevalsero al congresso, dall' altra sembra che nella, Democrazia Cristiana non venga emergendo una sufficiente consapevolezza dei mutamenti negli indirizzi politici e nei metodi di gestione del potere che si devono effettuare per poter realizzare davvero un rapporto positivo con il partito comunista , sempre al di fuori, beninteso, di qualsiasi particolare preferenza, che noi non cerchiamo e non riteniamo utile. il partito socialdemocratico , memore del fatto che la sua posizione di aperta ostilità verso il partito comunista fornì il motivo per la sua esclusione dal Governo precedente e, inizialmente, servì per presentare quel Governo più a sinistra di quanto lo fosse in sostanza e soprattutto di quanto si sia dimostrato alla prova dei fatti, ha cambiato atteggiamento rispetto alla questione dei rapporti con il partito comunista ; ed anche questo gli ha agevolato la via per partecipare all' attuale Governo. del partito repubblicano si deve dire che non si è compresa la condotta durante l' ultima fase del tripartito e durante la crisi. di fronte alla caduta del Governo ed ai successivi sviluppi politici, la maggioranza del partito socialista ha effettuato due operazioni: all' esterno ha stretto un patto con il partito socialdemocratico ed ha avviato, al tempo stesso , un raccordo con il partito radicale , di modo che la centralità del partito socialista italiano si è diluita in quella di una più vasta area laico-radicalsocialista. ciò indubbiamente aumenta la forza contrattuale dei partiti di questa area nei confronti della Democrazia Cristiana ; ma la concorrenzialità si svolge all' interno del tradizionale sistema di potere, che viene anzi esasperato. inoltre, la competizione con la Democrazia Cristiana si proietta dentro un gioco politico che esclude dal Governo le forze fondamentali del movimento operaio . in tal modo viene abbandonato il terreno della vera sfida da lanciare e su cui incalzare ed impegnare la Democrazia Cristiana : quella della soluzione dei grandi problemi nazionali, la quale comporta anche il profondo rinnovamento della concezione dei metodi di governo finora invalsi. all' interno del partito socialista , la sua maggioranza ha pensato di risolvere i problemi politici posti dalle correnti di sinistra riducendone la rappresentanza nella direzione, escludendola dagli incarichi esecutivi ed operativi e rifiutando l' ingresso di loro esponenti nel Governo. queste due operazioni compiute dalla maggioranza del partito socialista sollevano un quesito di fondo circa la concezione della politica che sembra oggi prevalere nel partito socialista . certo, fare politica significa essenzialmente tener conto dei rapporti di forza ed agire per cercare di cambiarli a proprio favore; ma, in questo caso, il problema dei rapporti di forza viene inteso soprattutto, a me sembra, come problema di estensione delle proprie posizioni di potere e non come organizzazione dell' iniziativa delle masse e conquista del loro consenso attorno ad un programma di rinnovamento. ma, oltre a ciò, le due operazioni che ho ricordato sollevano un quesito politicamente più stringente, e cioè se il partito socialista non rischi, oggi, di venire progressivamente perdendo quei caratteri e quella collocazione che ne hanno fatto sempre una componente essenziale del complessivo movimento operaio italiano. è chiaro che l' auspicio del nostro partito è che un simile rischio sia evitato, consapevoli come siamo che la forza e l' intesa dei partiti di sinistra — ed in particolare dei comunisti e dei socialisti — è un cardine di ogni schieramento e di ogni politica di progresso. onorevoli colleghi , ripeto che il nuovo Governo presieduto dall' onorevole Forlani non è certo il Governo di cui avrebbe bisogno l' Italia ed è per questo che abbiamo scelto di stare all' opposizione. si deve dire, tuttavia, che questa non è una riedizione pura e semplice del Governo precedente. esso ha avuto una gestazione diversa; inoltre, come ho detto all' inizio, nei partiti che lo compongono viene largamente riconosciuto che la soluzione del problema di una reale governabilità esige non solo la volontà, ma anche la capacità di stabilire un rapporto positivo con il partito comunista . al tempo stesso , però, già emergono le difficoltà che impacciano il nuovo Governo a muoversi verso un superamento coerente degli indirizzi politici e delle pratiche del passato e ad avviare sul serio con noi un dialogo aperto e davvero fecondo. le buone intenzioni hanno già urtato contro la persistenza di vecchi limiti e condizionamenti. lo si può constatare guardando alla struttura e composizione del Governo. noi avevamo suggerito una diminuzione del numero dei ministri e dei sottosegretari, abolendo incarichi inventati solo per soddisfare l' equilibrio nella rappresentanza dei partiti e delle loro correnti interne, specie quelle della Democrazia Cristiana . questo non è stato fatto. le proporzioni, stabilite dal famoso « manuale Cencelli » , sono state ancora una volta rispettate fino all' ultimo decimale: alcune assegnazioni di ministeri e di sottosegretari, e certe esclusioni, come quelle dell' onorevole Pandolfi e del professar Giannini, più che ispirarsi a criteri di competenza e di esperienza, sembrano tener conto della forza elettorale e clientelare delle persone che sono state scelte o tolte. in verità, voi siete stati ancora e di nuovo costretti a mantenere nel Governo uomini e metodi. di cui il paese è stanco, che lo spirito pubblico ormai rifiuta. per quanto riguarda il programma, vi sono in esso alcune proposte accettabili ed anche giuste, accanto però ad altre che sono generiche, e ad altre ancora contraddittorie o negative. vi sono poi impegni — mi si consenta di rilevarlo — che compaiono puntualmente in ogni esposizione programmatica, perché puntualmente non mantenuti, da anni, e alcuni da decenni, come la famosa riforma della Presidenza del Consiglio . ma non mi dilungo in un giudizio analitico della sua esposizione, onorevole Forlani; non mancheranno le occasioni — e alcune verranno presto — in questa stessa Aula per confrontarci, noi opposizione e voi Governo e maggioranza. ripetiamo ancora una volta che per noi conteranno non le parole, ma i fatti, la condotta concreta del Governo e dei suoi singoli ministri. i fatti in relazione a che cosa? in relazione ai grandi problemi, che pongono all' Italia la situazione mondiale e la situazione cui è giunta la nostra società. le relazioni internazionali stanno toccando un punto di gravissimo rischio per la pace, come dimostrano l' estendersi — dei conflitti — e anzitutto di quello sempre più distruttivo, in atto ormai da un mese, tra l' Iraq e l' Iran — , la inarrestata corsa agli armamenti, l' aggravarsi delle tensioni tra il nord ed il sud del mondo, in conseguenza dell' incapacità, finora manifestata dai paesi industrializzati , di operare decisamente per attenuare il divario nello sviluppo e nelle condizioni di vita tra queste due aree del mondo, e avviarne il superamento nel segno della pacifica cooperazione. l' onorevole Forlani ha trattato questi ed altri problemi della vita internazionale. il tono che egli ha usato è stato in genere misurato ed equilibrato, con insistenti richiami alla necessità di favorire la distensione. alcuni punti specifici meritano apprezzamento, come ha per esempio l' appoggio all' iniziativa di una conferenza paneuropea per il disarmo, e la sollecitazione al Congresso americano per affrettare la ratifica del trattato SALT II . altri punti esigerebbero un chiarimento. anzitutto, vorrei chiedere se è vero o no che, in occasione della visita in Italia, il 14-16 settembre scorso, di un Alto rappresentante del governo iracheno , l' Italia è stata informata che l' Iraq si apprestava ad aprire un conflitto nei confronti dell' Iran; e ciò nonostante il nostro Governo ha egualmente mantenuto l' impegno per nuove forniture militari all' Iraq. se così fosse, la decisione sarebbe grave. ma noi vorremmo anche sapere se, per favorire ora la cessazione del conflitto, l' Italia sta adoperandosi in qualche modo e ha qualche possibilità di farlo; oppure se — come mi pare abbia detto l' onorevole Forlani — si rimette tutto ad una sollecitazione della Comunità Europea alla conferenza islamica. circa la questione posta dall' intervento sovietico in Afghanistan, su cui ci siamo pronunciati più volte in modo netto, mi interesserebbe sapere che cosa pensa il Governo della proposta, che a me personalmente pare tra le più realistiche, avanzata nell' agosto scorso dal Pakistan. non ho ben compreso l' esatta posizione del Governo sulla questione arabo-israeliana. l' onorevole Forlani ha ripetuto quanto di nuovo e di diverso rispetto all' impostazione statunitense venne detto nella dichiarazione del Consiglio europeo a Venezia nel giugno scorso. ma che cosa significa il richiamo all' auspicio che agli accordi di Camp David altri se ne aggiungano per cito — « sperare in ulteriori prospettive » ? si ammetterà che si tratta di formulazioni poco chiare e di propositi quanto mai vaghi, soprattutto se si considera che sulla strada degli accordi di Camp David non si è evitata la grave decisione su Gerusalemme e si è dimostrato che non si risolve il problema principale, che è quello non solo dell' autodeterminazione dei palestinesi, ma del loro diritto ad avere un proprio Stato, nel quadro di un assetto pacifico di tutta la regione che garantisca anche la sicurezza dello Stato di Israele . non è forse il momento di far fare in questo senso all' Italia un passo avanti? ma io vorrei fare a questo punto un rilievo di carattere più generale. a me pare che tutta l' esposizione dell' onorevole Forlani sui temi della politica estera sia mancata di quello slancio, di quel piglio, di quello spirito di determinazione che dovrebbe animare il Governo di un grande paese come l' Italia, che può e quindi deve assumere una sua funzione importante nel promuovere iniziative di pace, di distensione e di disarmo in Europa e in altre zone del mondo. noi condividiamo quanto ha detto l' onorevole Forlani sul fatto che la conservazione della pace è affidata innanzitutto ad una ripresa della fiducia e della collaborazione fra le due massime potenze, gli USA e l' Unione Sovietica . ma ciò non fa diminuire la responsabilità e il ruolo che devono avere altri Stati, tanto più oggi, in una fase in cui lo stato delle relazioni fra i due grandi è caratterizzato da una accentuata tensione e contesa. è in questo senso che si è mosso, ad esempio, il governo della Repubblica Federale Tedesca con l' incontro fra il cancelliere Schmidt e il presidente Breznev, con risultati giudicati utili da tutti, compresi gli USA e l' Unione Sovietica . perché l' Italia non prende mai iniziative di questo tipo? cosa manca ai governi italiani? manca, secondo me, l' abitudine ad una visione autonoma e lungimirante degli affari mondiali. non è vero — e Schmidt l' ha dimostrato — che questa capacità di iniziativa sia in contrasto con l' appartenenza al patto atlantico , alla NATO e alla Comunità Europea . non è su questo il contrasto tra voi e noi. intanto però osserviamo che nelle vostre formulazioni la comunità economica europea sembra venire considerata quasi fosse una propaggine del patto atlantico , mentre essa è una istituzione a sé stante, che può e deve avere una sua iniziativa in campo mondiale, anche perché rappresenta una inconfondibile realtà politica e culturale. voglio far notare poi che non è giusto, e spesso porta all' inerzia, condizionare l' iniziativa di ogni singolo paese membro della Comunità all' accordo preventivo e pregiudiziale con tutti gli altri paesi. e l' Italia di oggi ha più che mai bisogno di sviluppare al massimo le sue capacità di iniziativa in campo internazionale , non solo per dare un contributo più alto possibile alla causa della pace, ma anche perché tale iniziativa le è indispensabile per invertire quel processo che la sta portando sempre più indietro, nella vita economica e mondiale, rispetto agli altri paesi industrializzati . naturalmente lo sviluppo di una iniziativa economica e politica in campo internazionale , volta a superare questo rischio di arretramento, deve andare di pari passo con una azione di risollevamento e di rinnovamento del nostro apparato economico e del nostro assetto sociale. a questo proposito io concordo con la polemica che il presidente del Consiglio ha fatto contro visioni catastrofiche dello stato attuale dell' economia e della società italiana . l' Italia non è irrimediabilmente allo sfascio; esistono certamente nel nostro paese grandi risorse, che sono emerse anche nel corso di questi anni difficili. penso ai lavoratori in primo luogo, a quelli delle fabbriche e a quelli delle campagne; penso ai ceti imprenditoriali, agli artigiani, ai tecnici, ai ricercatori, e alla vitalità che ha dimostrato e dimostra il movimento cooperativo. ma penso anche a quelle tante energie, in gran parte non utilizzate o emarginate, che si esprimono nei movimenti delle donne, nel mondo giovanile, nella scuola, nel Mezzogiorno. e tuttavia vedo anche con preoccupazione i pericoli che stanno di fronte all' Italia, se tutte queste energie vengono abbandonate a se stesse e non trovano nelle forze politiche e nelle istituzioni una capacità di raccoglierne la forza e di guidarle. nei mesi passati c' è stata una polemica vivace: economisti, uomini politici della Democrazia Cristiana e di altri partiti, propagandisti governativi hanno affermato che l' avvenire del nostro paese sarebbe assicurato dalla vitalità e dalla forza della economia sommersa e, più in generale, della piccola e media attività imprenditoriale. ma si può pensare davvero, onorevoli colleghi , che l' Italia possa sostenere la competizione, così acuta, sui mercati mondiali, consolidare e aumentare la propria parte nella divisione internazionale del lavoro e risolvere i problemi strutturali della sua economia affidandosi solo al tessuto delle piccole e medie unità produttive, che costituiscono certamente una parte così vitale del paese? quello che deve allarmarci è la crisi di una parte notevole della grande industria pubblica e privata, di settori decisivi, come quello siderurgico, quello automobilistico e persino, in parte, quello elettronico. non crediamo di esagerare dicendo che, se non siamo capaci di imprimere una svolta innovatrice nella politica economica e sociale, di portare avanti un' azione di svecchiamento, di modernizzazione, di superamento di impacci e di ostacoli di varia natura, che si oppongono allo sviluppo, il destino dell' Italia può diventare quello della stagnazione e della decadenza. ora a me sembra che nella esposizione dell' onorevole Forlani questi pericoli siano sottovalutati. è apprezzabile l' impegno formale a rifiutare la via della svalutazione, già esclusa dal governatore della Banca d'Italia . sono però generiche le vie indicate per diminuire l' inflazione. l' onorevole Forlani ha parlato anche del problema decisivo della modernizzazione del nostro apparato economico, ma lo ha fatto in modo così vago e sommario che sono legittimi i nostri dubbi sulla capacità del Governo di prendere quelle decisioni che urgono già oggi per poter avviare le operazioni volte al rinnovamento. ci sono, infatti, questioni che non possono attendere, che il Parlamento e il Governo devono affrontare subito, nelle prossime settimane, nei prossimi giorni. la più drammatica mi sembra quella dell' energia. qui si avverte il peso di una inerzia che dura ormai da anni, con punte scandalose di irresponsabilità. eppure sulla questione energetica è in gioco la stessa indipendenza della nazione. non si può più aspettare, bisogna decidere subito, nelle prossime settimane. anche lei, onorevole presidente del Consiglio , ha sottolineato questa urgenza, ma non possiamo non ricordare che anche i precedenti governi hanno preso impegni di costruzione di nuove centrali senza che poi se ne sia cominciata la costruzione. l' opposizione comunista dovrà perciò essere assai vigile perché il Governo questa volta mantenga i suoi impegni. ma non si tratta soltanto di avviare la costruzione di alcune centrali, a carbone o nucleari, né di dare l' impulso necessario con ogni mezzo allo sviluppo di fonti energetiche nuove, come quella solare o altre. si tratta di mettere in atto subito, e senza aspettare incautamente che la situazione peggiori, un piano di risparmio energetico in tutti i campi. noi non comprendiamo infatti i motivi per i quali l' attuazione di misure di risparmio energetico dovrebbe essere subordinata all' aggravamento della situazione: non vi sembra che siamo già in una situazione di emergenza? altra questione è quella del risanamento finanziario e produttivo dei grandi gruppi in crisi. qui si è andati, negli ultimi anni, a tentoni; e la questione, più tempo passa, più si presenta in modo drammatico. nel nostro paese, la via dei licenziamenti non è facilmente percorribile. con il recente accordo tra la FIAT e i sindacati, si è avuto in Italia l' unico caso dell' industria automobilistica di tutta Europa in cui licenziamenti annunciati dall' azienda si è stati poi costretti a ritirarli. i comunisti sono fieri di essere scesi in campo, con tutte le loro energie, dentro e fuori la FIAT, per sostenere questa grande lotta dei lavoratori. vorrei ricordare, a questo proposito, che noi avevamo proposto che la trattativa sindacale venisse svolta a Torino. ciò avrebbe consentito una continua e completa informazione e una grande partecipazione operaia; e probabilmente avrebbe anche accelerato la conclusione della vertenza. quanto alla questione delle forme di azione e ad altri aspetti della battaglia alla FIAT, evidentemente siamo anche noi impegnati a svolgere un' analisi approfondita, così come impegnati sono i lavoratori della FIAT e i sindacati, per trarne tutti i necessari ammaestramenti. ma intanto vorrei dire che è del tutto falsa e artificiosa la campagna montata contro di noi, secondo la quale saremmo stati noi comunisti a incitare all' occupazione dell' azienda. in realtà, quando gli operai, che già ne discutevano da giorni, ci hanno chiesto quale sarebbe stato il nostro atteggiamento nel caso che i sindacati avessero deciso di adottare tale forma di lotta, noi ci siamo impegnati a stare fino in fondo con gli operai, anche in questa evenienza. con ciò, non abbiamo fatto altro che il nostro dovere di partito della classe operaia . a certi nostri pretenziosi critici chiediamo piuttosto: che cosa hanno fatto, con chi si sono schierati, durante i trentacinque giorni di quella memorabile lotta operaia? molti sono rimasti alla finestra, altri si sono messi dalla parte dell' azienda: se si fossero invece schierati con gli operai e con i sindacati, l' accordo si sarebbe certamente raggiunto più presto e forse sarebbe anche stato più positivo per i lavoratori. non possiamo dunque accettare che costoro impartiscano oggi lezioni a noi e al movimento sindacale unitario. se vogliono fare cosa utile, conducano un esame serio ed analitico della politica produttiva, commerciale, finanziaria e del personale portata avanti dal gruppo dirigente della FIAT in questi ultimi anni. e troveranno molte delle cause che hanno portato alla crisi la più grande azienda industriale italiana. sta di fatto, comunque, che quella parte del padronato che aspettava dall' esito della vertenza sindacale alla FIAT lo sperato segnale di via libera ai licenziamenti non lo ha avuto. il fatto che la via dei licenziamenti sia così difficile a percorrersi in Italia è una dimostrazione di forza del movimento operaio e sindacale del nostro paese. ma noi siamo del tutto consapevoli che ciò pone in modo ancora più acuto e pressante la necessità di uno sviluppo tecnologico, di un ammodernamento e di una estensione della base produttiva , diciamo pure di una riconversione programmatica, ma pone anche la necessità di una riforma del collocamento e di un intervento pubblico nel mercato del lavoro . solo in questo ambito, può aprirsi la via alla necessaria mobilità contrattata della manodopera. nel campo dell' agricoltura, non si capisce quale politica si voglia mettere in atto per far diminuire nel giro di qualche anno il deficit agricolo-alimentare e per aumentare quindi la produzione e la produttività. anche qui siamo di fronte ad una strozzatura che bisogna superare con urgenza, e così è per il sistema dei trasporti, dove è inderogabile soprattutto la necessità di decidere ed attuare il piano per le ferrovie. per quanto riguarda il Mezzogiorno, il presidente del Consiglio ha proposto il prolungamento per dieci anni della vita della Cassa per il Mezzogiorno , sia pure chiamandola « nuova » cassa. noi siamo contrari a mantenere in vita la Cassa come ente centralizzato ad erogatore di spesa; è nostra convinzione, basata anche su un' esperienza ormai trentennale, che servirebbe meglio le finalità di un intervento straordinario nelle regioni meridionali , un' agenzia di progettazione e di aiuto tecnico alle regioni, alla dipendenza del ministero del Bilancio e della programmazione, sciogliendo quindi il ministero per il Mezzogiorno. ho solo accennato a quei settori della nostra vita economica (energia, industria, agricoltura e trasporti) nei quali è più impellente avviare subito un' opera di modernizzazione e rinnovamento, ma non è possibile realizzare alcun progresso in questo senso, se non si procede anche sulla via di un ammodernamento della Pubblica Amministrazione e soprattutto se non si compie una radicale azione moralizzatrice. pratiche e bardature clientelari, corruzioni, tangenti, connivenze tra cosche mafiose e clan politici: ecco la cancrena che va estirpata, perché corrode e soffoca il tessuto vivo dell' economia e dello Stato. comprendiamo che anni ed anni di occupazione del potere rendono arduo porre fine a tante abitudini, e da qui viene forse il più profondo motivo della resistenza che si oppone ad un rapporto di piena collaborazione con noi, giacché stare con noi significa cambiare anche e proprio in questo campo! ma la crisi governativa , anche per il modo traumatico e singolare con cui è stata determinata in Parlamento, ha riproposto in termini acuti il problema della governabilità ed ha dato il via ad una ricerca, alquanto nervosa e peraltro confusa, di innovazioni istituzionali per riuscire a garantirla: non vi è dubbio che nel nostro sistema politico ed istituzionale si sono manifestati da tempo elementi di crisi e logoramento, che è cresciuto il peso di distorsioni, incongruità ed arretratezze nella vita politica e nel funzionamento dello Stato; siamo convinti che ad una opera seria e coraggiosa di riforma dello Stato bisogna mettere mano. in questo campo abbiamo lavorato e credo che siamo in grado di dare un contributo positivo per il rinnovamento, cosa delicata e rilevante che esige l' intesa e l' impegno di un largo schieramento. mi sia consentito però di mettere in guardia in primo luogo dal confondere e identificare le cause dell' instabilità ed incertezza che sono innanzitutto politiche e richiedono innanzitutto rimedi politici, a cominciare dal definitivo superamento della pregiudiziale ideologica verso il partito comunista . bisogna in secondo luogo non proporre obiettivi sbagliati di carattere puramente polemico ed in definitiva illusorio; se si ritiene che il guaio da correggere è il principio della proporzionale, diciamo subito e nettamente che non consentiremo offese e limitazioni a questo cardine della democrazia italiana. se si pensa che la vita e l' autorità di un Governo, la compattezza di una maggioranza, possano essere difese ed assicurate dall' abolizione del voto segreto , dallo scioglimento punitivo di una o di entrambe le Camere, dobbiamo avvertire che su queste vie avventurose è opportuno non azzardarsi! altri e ben più importanti sono i problemi che occorre affrontare; per un verso, vi è la necessità di ristabilire il rispetto dell' indirizzo e della norma costituzionale. è il caso del decreto legge , per il quale prendiamo atto dell' impegno, preso in questo senso dall' onorevole Forlani; non può continuare l' uso abnorme e prevaricante che se ne è fatto. è il caso degli strumenti della fiducia e del referendum, un istituto democratico che rischia di essere logorato e svilito, di divenire elemento di confusione; ed ormai siamo a questo punto non solo per l' esorbitanza del numero dei referendum proposti, ma per la contemporanea richiesta di tre referendum sull' aborto che hanno impostazioni ed obiettivi radicalmente diversi, e che non so proprio come possano essere sottoposti contemporaneamente al giudizio popolare. ma una riforma deve investire più a fondo la struttura, i compiti, la procedura del Parlamento, il carattere ed il funzionamento del Governo, i rapporti tra i diversi organi dello Stato , l' ordinamento e la gestione della Pubblica Amministrazione . si è sottolineata l' importanza di una revisione dei regolamenti della Camera; siamo d' accordo da tempo e sollecitiamo che si giunga ad un confronto e ad una soluzione, ma non possiamo però fermarci a questo se vogliamo davvero che il Parlamento sia un organismo moderno, efficiente e tempestivo. la riflessione, da parte nostra, giunge fino a riconsiderare la stessa validità del sistema bicamerale; ma siamo comunque aperti ad attuare una ricerca per una differenziazione di funzioni, per un coordinamento più organico tra i due rami del Parlamento, per un adeguamento dei servizi. credo che non possiamo continuare, proseguendo una discussione ed una disputa penosa sul numero dei ministri, dei sottosegretari, sull' invenzione di volta in volta di funzioni e, di incarichi di dubbia o nulla consistenza, sull' incertezza dei poteri del presidente del Consiglio , sul difetto di collegialità, di unità di indirizzo, sulla mancanza di moderni strumenti di governo. il richiamo alla legge sull' ordinamento della Presidenza del Consiglio è diventato — come ho ricordato prima un fatto rituale ed ormai avvilente. l' ordinamento regionale è in atto da dieci anni, ma la revisione necessaria del carattere delle attribuzioni di una serie di ministeri non c' è stata, i propositi di coordinamento per grandi settori sono rimasti lettera morta . altro che governabilità! sia chiaro: noi siamo fautori di una struttura che dia vigore, efficienza ed omogeneità all' Esecutivo, che affermi le funzioni costituzionali di direzione politica, di promozione e di coordinamento della complessiva attività del presidente del Consiglio . non voglio insistere su altre esigenze acute e decisive di riforma, da quelle relative alla Pubblica Amministrazione — per la quale non vorremmo, come accade da decenni, che, essendo cambiato il ministro per la Funzione pubblica , si ricominciasse daccapo nelle indagini e negli studi — , a quelle che concernono il completamento dell' assetto delle autonomie, la legge sulla finanza locale , la revisione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti. prima di concludere, vorrei brevemente richiamare l' attenzione della Camera e del Governo su poche altre questioni. la prima riguarda la lotta contro il terrorismo. condividiamo la generale soddisfazione per i risultati che continuano ad essere raggiunti nell' individuazione delle organizzazioni terroristiche che si ammantano di rosso: risultati che dimostrano quanto ci sia da scavare a fondo nelle ramificazioni, nelle radici e nelle protezioni di questo tipo di eversione. molti casi risultano ancora oscuri e noi continueremo a chiedere che si faccia piena luce su di essi non fermandosi davanti a nessuna soglia. ma la domanda che vorrei rivolgere al presidente del Consiglio è se il suo silenzio sulla strage di Bologna, alla quale sono seguite quelle di Monaco e di Parigi, che hanno riproposto la pericolosità del terrorismo nero , non significa che, come apparve chiaro dopo l' uccisione del giudice Amato e dopo le prime indagini e gli arresti relativi all' eccidio di Bologna, si sia tornati a sottovalutare questo fenomeno, questa faccia del terrorismo. la seconda domanda riguarda le nomine della Rai-TV. cosa significa il fatto che nemmeno una parola sia stata detta sul caso clamoroso di lottizzazione fra i partiti al Governo e di faziosità? si pensa forse che la questione sia chiusa e che i nuovi dirigenti della Rai-TV possono contare sull' appoggio del Governo nel continuare ad estendere queste pratiche, ciò che oltretutto porta alla degradazione della stessa azienda radiotelevisiva? il Governo e le Camere sappiano che la nostra lotta in questo campo continuerà senza sosta dentro la Rai, nel Parlamento e nel paese. prendiamo atto dell' impegno che il presidente del Consiglio ha preso per un organico provvedimento di tutela della minoranza slovena che vive nella regione Friuli Venezia Giulia ; dobbiamo, però, rilevare che i risultati dei lavori della commissione governativa cui egli si è richiamato non soddisfano le esigenze e le aspettative della comunità slovena. ci auguriamo che al più presto su questo tema si possa avviare nella sede parlamentare un confronto aperto, che si tengano nel dovuto conto anche le nostre proposte e che si arrivi rapidamente a varare una legge che sia davvero soddisfacente per la minoranza, ponendo fine allo stato di sperequazione e di ingiustizia che essa subisce da anni, garantendole piena parità di diritti, univocità e certezza nella tutela, libero sviluppo, attuando così pienamente il dettato costituzionale. signor presidente , onorevoli colleghi , signor presidente del Consiglio , spero di aver reso chiaro il nostro giudizio sul nuovo Governo e le ragioni, il carattere e gli obiettivi della nostra opposizione.