Francesco COSSIGA - Ministro dell'Interno Maggioranza
VII Legislatura - Assemblea n. 95 - seduta del 22-02-1977
Sulla situazione dell'Università di Roma
1977 - Governo III Andreotti - Legislatura n. 7 - Seduta n. 95
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , rispondo alle interrogazioni all' ordine del giorno anche a nome del presidente del Consiglio dei ministri e del ministro della pubblica istruzione . sui temi che più specificamente attengono alla competenza del ministero della Pubblica Istruzione , e sui quali per altro nei giorni scorsi nelle competenti Commissioni parlamentari vi sono stati approfonditi dibattiti, il ministro Malfatti riferirà giovedì prossimo in occasione dello svolgimento di interpellanze presentate sull' argomento. prima di passare all' esposizione dei fatti su cui vertono le interrogazioni all' ordine del giorno , ritengo opportuno ricordare che nel mese di febbraio si è andato registrando un fermento crescente nelle università, che si dichiarò poi collegato alle notizie di una circolare diramata dal ministero della Pubblica Istruzione , diramata a seguito di un parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione . la protesta ha dato luogo, specialmente nell' università di Roma, ad iniziative di lotta, intraprese e gestite da studenti dell' area dei cosiddetti collettivi autonomi e da altri movimenti che si denominano « della sinistra rivoluzionaria di classe » , dando luogo all' occupazione di talune facoltà. ma lo stato di tensione è diventato più acuto a seguito dei gravi disordini avvenuti il 1° febbraio scorso per una dimostrazione inscenata dal FUAN-Caravella, nel corso della quale due giovani sono stati feriti per colpi di arma da fuoco esplosi dai dimostranti. lo stato di tensione si è poi ulteriormente aggravato a seguito degli altri gravi incidenti avvenuti in piazza Indipendenza il giorno successivo, durante i quali è stato proditoriamente aperto il fuoco contro la polizia. su tali episodi il Governo ha già riferito, subito dopo i fatti, dinanzi all' altro ramo del Parlamento. la protesta studentesca ha inizialmente portato alla occupazione della facoltà di lettere e, successivamente, l' occupazione si è estesa alla facoltà di scienze politiche e agli istituti di igiene, di fisica, di geologia e di matematica. il clima di tensione per gli incidenti induceva il questore di Roma a vietare due manifestazioni organizzate per nel pomeriggio del 5 febbraio, l' una dal collettivo lavoratori di democrazia proletaria , e l' altra dal partito di unità proletaria per il comunismo e da « Avanguardia operaia » . nel tardo pomeriggio del 5 febbraio, veniva decisa dai collettivi delle varie facoltà l' occupazione dell' intero ateneo, a nome del cosiddetto comitato di lotta contro la riforma, e venivano chiusi con catene tutti i cancelli di ingresso della città universitaria. nei giorni successivi, gli ingressi sono stati presidiati, dall' interno della città universitaria, da gruppi di quindici-venti giovani, i quali controllavano l' accesso all' ateneo. per quanto riguarda, in particolare, le perquisizioni che sarebbero state effettuate dagli studenti entrati, nell' ateneo (cui si riferisce l' onorevole Bozzi nella sua interrogazione), nessuna denuncia è stata presentata agli organi di polizia né da studenti né da docenti. comunque, il sistema di occupazione si è attenuato a partire dal 10 febbraio, allorché, per iniziativa del rettore, gli studenti non hanno più effettuato controlli agli ingressi. nel pomeriggio del 9 febbraio ha avuto luogo una manifestazione di circa cinquemila studenti che, dopo essersi concentrati nel piazzale delle Scienze , hanno effettuato un corteo lungo alcune vie del centro cittadino: confluendo infine a Piazza Navona , dove si sono sciolti senza dar luogo ad incidenti. la mattina del giorno 10 febbraio si sono svolte, sempre a Roma, due manifestazioni di studenti, l' una ad iniziativa del coordinamento romano dei comitati unitari degli studenti, con l' adesione delle federazioni giovanili del partito comunista italiano, nonché del Partito Democratico di unità proletaria e di un settore di « Avanguardia operaia » ; l' altra, con inizio un' ora dopo, indetta dai collettivi politici di occupazione dell' università, con il medesimo itinerario della precedente, dalla zona di piazza Indipendenza e dell' università fino alla zona circostante il ministero della Pubblica Istruzione . le due manifestazioni si sono svolte senza incidenti. nei giorni successivi, la tensione all' interno dell' università si è inasprita, anche per i contrasti insorti fra gli stessi occupanti, poiché gli appartenenti ai collettivi propugnavano l' occupazione ad oltranza, mentre i gruppi più moderati proponevano una forma di occupazione cosiddetta libera, cioè con il ripristino delle attività di studio. a questo punto, debbo ricordare che il vigente ordinamento delle università è fondato essenzialmente, e per antica tradizione, su principi di autonomia; principi tanto più validi in uno Stato democratico in cui il rispetto della legge e della sfera di libertà altrui deve essere assicurato, oltreché dagli operatori della giustizia e delle forze dell'ordine , dallo stesso cittadino, cosciente non solo dei suoi diritti, ma anche dei suoi doveri verso la collettività. infatti: l' articolo 166 del testo unico delle leggi all' istruzione superiore attribuisce ai rettori degli atenei e ai direttori degli istituti universitari competenze e poteri per prevenire e reprimere ogni turbamento della regolarità dei corsi o danneggiamento di immobili e materiali di pertinenza dell' università, disponendo che: « gli impiegati amministrativi e il personale ausiliario costituiscono, » — come recita testualmente la legge — « alle dipendenze del rettore o direttore, un corpo di polizia interna » . inoltre, il decreto 4 giugno 1938, numero 1269, prevede che gli studenti, per tenere adunanze nelle università, debbono ottenere la preventiva autorizzazione del rettore e che, in caso di disordini, il rettore stesso o il direttore dell' istituto universitario possono prendere accordi con l' autorità politica per ristabilire la disciplina. per altro, se è vero che alle autorità accademiche sono riservate le accennate attribuzioni e che l' autonomia universitaria va sempre rispettata, non si può dimenticare che, nel quadro dell' ordine democratico e delle imprescindibili esigenze di tutela delle istituzioni, spetta in ogni caso al ministero dell'Interno la responsabilità generale e primaria del mantenimento dell' ordine pubblico e della protezione della sicurezza dei cittadini, ed all' autorità giudiziaria il potere di intervenire per interrompere la commissione di reati e per impedire che essi vengano portati ad ulteriori conseguenze. durante il periodo dell' occupazione dell' università di Roma, quindi, le forze di polizia si sono mantenute in una posizione. di prudente attesa e di attenta vigilanza (costituendo presidi all' esterno dell' area universitaria) pronte ad intervenire, come fu più volte chiarito, su richiesta delle autorità accademiche, nella prospettiva che lo stato di tensione potesse spontaneamente esaurirsi all' interno dell' ateneo. proprio per valutare nel modo più diretto e responsabile l' evoluzione della situazione dell' ateneo romano, ho avuto incontri con il rettore e con il pro-rettore il giorno 6 il giorno 14 febbraio. ed in tali incontri concordammo in pieno, sia sulle valutazioni, sia sulle modalità di un possibile intervento. nei giorni precedenti i disordini del 17 febbraio veniva annunciato, anche dagli organi di stampa, un comizio che avrebbe tenuto nella città universitaria il segretario generale della Cgil, Luciano Lama, sui temi della riforma universitaria e della situazione economica del paese. in vista di tale manifestazione, gli organi di polizia predisponevano gli adeguati servizi di vigilanza all' esterno dell' ateneo. il 17 febbraio, dalle prime ore del mattino, centinaia di studenti affluivano nel piazzale della Minerva , all' interno della città universitaria, per assistere al comizio. contemporaneamente, nello stesso luogo si concentravano oltre 500 elementi aderenti ai cosiddetti comitati autonomi operai, i quali assumevano un atteggiamento provocatorio, scandendo slogans contro l' oratore e il partito comunista italiano ed inalberando numerosi cartelli e striscioni, che al di là della critica sconfinavano nell' aperta denigrazione e dell' oratore, e della manifestazione. alle ore 10, da un palco allestito su di un camion, predeva la parola il segretario provinciale della Uil, Paolo Poma, per presentare l' oratore ufficiale. qualche minuto dopo, mentre i cosiddetti autonomi rumoreggiavano, Luciano Lama iniziava il comizio, nel corso del quale i contestatori venivano a vie di fatto con i giovani incaricati dalle organizzazioni sindacali di assicurare il pacifico svolgimento della manifestazione. dal gruppo dei facinorosi venivano lanciati, a più riprese, oggetti contundenti di vario genere contro i partecipanti alla manifestazione. ciononostante il segretario generale della Cgil continuava e concludeva il comizio, al termine del quale, mentre gli intervenuti defluivano dall' università, rifiutando giustamente il confronto fisico, i contestatori aggredivano nuovamente, con bastoni, spranghe di ferro e sassi, i giovani del servizio d' ordine, estromettendoli di forza dalla città universitaria. nella circostanza, i teppisti danneggiavano il furgone usato per il comizio e subito dopo circondavano minacciosamente l' edificio del rettorato, senza, per altro, farvi irruzione. negli scontri rimanevano ferite, fortunatamente in modo non grave, numerose persone. lo stesso giorno 17, in considerazione dell' ulteriore deterioramento della situazione, le autorità accademiche hanno informato il procuratore della Repubblica (con il quale fu sempre mia cura mantenere gli opportuni contatti direttamente, attraverso l' autorità provinciale di Pubblica Sicurezza ) ed altresì l' autorità di Pubblica Sicurezza di Roma della gravità della situazione, chiedendo un immediato intervento. ricevuta la richiesta, le forze di polizia , che avevano già programmato tecnicamente l' operazione, sono intervenute per procedere allo sgombero della città universitaria. i tutori dell' ordine hanno rivolto, nella forma rituale, l' invito a coloro i quali ancora occupavano l' università (circa 500 elementi) ad abbandonare l' ateneo, ma tale invito non è stato accolto; anzi i dimostranti hanno dato alle fiamme tre autovetture poste a ridosso dei cancelli ed hanno lanciato contro la polizia numerosi corpi contundenti. si è perciò reso necessario il lancio di numerosi lacrimogeni; dopo di che, i contingenti della Pubblica Sicurezza e dell' Arma dei carabinieri sono entrati nell' ateneo attraverso gli ingressi di piazzale delle Scienze e viale dell' Università , forzando i cancelli e demolendo le barricate con automezzi meccanici. i dimostrati, quindi, hanno abbandonato i luoghi occupati, facendo perdere le proprie tracce e lasciando sul piano stradale numerose armi improprie, sassi ed infissi. alcuni estremisti hanno, poco dopo, tentato di ricostituirsi in gruppi nelle vie adiacenti, facendosi anche scudo con alcuni mezzi pubblici, ma venivano dispersi dallo immediato intervento dei tutori dell' ordine. le forze di politizia hanno poi proceduto ad una attenta ispezione di tutti i locali della città universitaria, anche per motivi di sicurezza, constatando ovunque gravi danni. al termine delle operazioni si è anche rilevato che il vetro anteriore di un pulmino blindato della Pubblica Sicurezza , che aveva preceduto gli agenti e i carabinieri che entravano nell' università, era stato danneggiato con due colpi di pistola. i fatti in questione sono stati riferiti all' autorità giudiziaria con tempestivo e dettagliato rapporto degli organi di polizia. per completezza di informazione va aggiunto che il giorno 18 il senato accademico ha proposto al rettore la sospensione temporanea dell' attività didattica nella città universitaria anche per procedere all' accertamento dei danni e che il rettore ha subito emesso il relativo decreto, dandone comunicazione al ministero della Pubblica Istruzione . una relazione, politicamente compiuta, da parte del Governo sugli avvenimenti della città universitaria e sulle iniziative del ministero dell'Interno , di quello della pubblica istruzione , dell' autorità di Pubblica Sicurezza e delle forze di polizia , non può limitarsi all' esposizione dei fatti e deve muoversi anche sul terreno di una analisi del nuovo fenomeno contestativo e sulle motivazioni, reali o dichiarate, dei comportamenti in cui fenomeno si è manifestato. non si può negare che il centro del fenomeno è rappresentato dall' iniziativa, più o meno unita, più o meno spontanea, più o meno concentrata, di gruppi di studenti universitari che si muovono su linee, spesso non omogenee, di contestazione del sistema e, spesso, di violenta contestazione del sistema. questa iniziativa, o meglio queste iniziative hanno trovato solo motivo occasionale di espressione a livello di azioni violente di massa nei confronti dei provvedimenti allo studio del ministro della pubblica istruzione . la febbre già da tempo serpeggiava nell' ateneo romano come in altri atenei italiani. da parte delle forze politiche e culturali ritengo sia doveroso ricercare ed approfondire le cause ed anche valutare con attenzione le motivazioni di questo malessere. certo, la crisi di alcuni valori civili, culturali e morali tradizionali, di alcune strutture istituzionali, scolastiche e — bisogna riconoscerlo — anche non scolastiche, di alcune motivazioni sociali verso lo studio e la ricerca, hanno avuto un effetto destabilizzante sulle masse giovanili universitarie. a ciò si è aggiunta l' obiettiva angosciosa incertezza del mondo giovanile universitario per la mancanza di prospettive chiare e sicure di impieghi corrispondenti al livello finale degli studi compiuti; infine, oltre alla giusta aspirazione ad un futuro meno incerto moralmente, culturalmente ed economicamente pagante, ha avuto un suo ruolo sul concreto impegno e sul concreto inserimento nella società un male inteso simbolo di status. in tale situazione psicologica e morale si è inserita l' attuale domanda di riforme e le proposte avanzate in materia non solo dal Governo, ma anche dalle altre forze politiche che sono state ritenute non idonee ed appaganti. con il movimento contestativo si è saldata l' agitazione dei cosiddetti « precari » la cui posizione giuridica è fonte largamente di legittime preoccupazioni per il loro immediato futuro. a tutto ciò si è, da più parti, cercato di dare una sistemazione con largo ricorso alla ideologizzazione, a volte confusa e verbalmente collegata a temi rivoluzionari o pseudorivoluzionari di semplice contestazione nominalistica, spesso ingenua e fantasiosa nella simbologia grafica e linguistica. nel movimento contestatario si è infatti inserito — distorcendolo in iniziative di sapore folcloristico — un certo anarchismo, con i suoi freaks, « indiani metropolitani » , variamente dipinti, e con i suoi stupefacenti slogans. ma ciò che di irrazionale e di inquinato, ciò che di aberrante e di violento vi è stato nel comportamento di non pochi appartenenti alle masse giovanili che agivano nella città universitaria non sottrae la classe politica e il mondo culturale, non sottrae il Governo, che intende rispettare i suoi compiti fino in fondo, al dovere di valutare non solo le ragioni obiettive e profonde di tanto malessere, ma anche quanto di positivo, in termini di genuinità, spontaneità, autonomia e spinta di libertà vi è nelle masse giovanili; quanto nella loro protesta vi è, in fondo, di speranza in una società più autentica, in istituzioni più aperte, in valori rinnovati. in una società democratica e culturalmente aperta qual è la nostra, la vita sociale, politica e culturale vive anche di iniziative autonome, di esperienze originali, vive anche di sentimenti e di passioni, vive anche di quanto la gioventù, con le sue inesperienze, certo, ma anche con la sua libertà di giudizio, con la sua freschezza, può dare a tutti in termini di ripensamento di istituzioni, di prassi, si teorie, può dare alla società in termini di speranza e di critica, pur se talvolta tinta di rabbia. condanna fermissima della violenza, isolamento delle provocazioni, quindi, ma attento e aperto interesse alla partecipazione giovanile; condanna fermissima della violenza e, ripeto, isolamento delle provocazioni proprio per salvaguardare i valori positivi dell' esperienza giovanile ed aprire ad essa forme ordinate e produttive di presenza nel dibattito, nel confronto, nello sviluppo. ragioni serie e profonde, motivazioni ideali, anche se non sempre maturate, obiettive condizioni dell' università italiana e del mondo giovanile, sono sufficienti a dare non una semplice dimensione di polizia ma una effettiva dimensione politica alla contestazione dell' università di Roma. i problemi politici e culturali debbono indubbiamente essere affrontati e gestiti sul piano e con il metodo delle forze politiche e culturali. e ad essi è pericoloso, oltre che illusorio, voler meccanicamente e acriticamente sovrapporre le pur fondamentali e giuste esigenze di tutela dell' ordine e della sicurezza e i meccanismi dell' intervento, necessariamente autoritario, della polizia. certo, vi sono i valori essenziali di legalità e di ordine che debbono essere fatti valere e che in certi momenti debbono essere fatti valere autoritativamente ed anche, se necessario, con la coazione, nell' interesse generale; ma l' azione di polizia, specie in una società democratica e aperta come è e come abbiamo voluto e vogliamo che sia la società italiana , deve sempre inserirsi in una più articolata azione politica, di competenza del Governo, del Parlamento, dei gruppi politici , sociali e culturali. certo, vi sono momenti in cui, purtroppo, la coazione è necessaria, anzi indispensabile e severa, ma ciò può e deve accadere solo quando essa venga accompagnata dalla ricerca di altri metodi di gestione e di soluzione della crisi. altrimenti un uso non appropriato, nei modi e nei tempi, dei mezzi coercitivi non ristabilisce l' ordine, ma rischia anzi di creare disordine, con danno per la comunità, per la credibilità della autorità, per il prestigio e l' incolumità delle stesse forze dell'ordine . in una società democratica ed aperta l' intervento autoritativo non può non essere basato — sempre — su una convincente ed accoglibile motivazione. questa è la linea su cui si muove il ministero dell'Interno e questa è la linea cui ci si è attenuti anche nelle vicende dell' ateneo romano. essa nasce dal profondo convincimento che la prudenza nella gestione dell' ordine pubblico può e deve alimentare l' autorità e che la ricerca del consenso su motivazioni sincere è garanzia non solo di democrazia, ma anche di vero prestigio e autorevolezza degli organi dello Stato . in altri termini, che il problema del malessere giovanile debba essere affrontato nell' àmbito del più generale problema del rinnovamento dell' università e della società italiana — come sottolineato nell' interrogazione degli onorevoli Cicchitto e altri — trova del tutto consenziente il Governo e, particolarmente, il ministro della pubblica istruzione e quello dell' Interno, la cui condotta nella gestione di loro competenza della crisi dell' università di Roma è stata, come si è detto, appunto ispirata a questi convincimenti. mi si concenta per altro di riaffermare che riforme e confronti non sono incompatibili con la tutela della legalità e proprio nella legalità anzi trovano la garanzia di genuina libertà; e che per riformare università, società e Stato bisogna innanzi tutto difendere università, società e Stato nella loro pace, nel loro ordine e nella loro dignità. il comune convincimento di una real dimensione politica del fenomeno da parte del rettore dell' università, di tutte le autorità accademiche, di tutte le componenti della vita universitaria, del più ampio schieramento di forze politiche , culturali e sociali, doveva essere tenuto nel doveroso conto e dal ministero della Pubblica Istruzione e dal ministro dell'Interno che hanno sempre agito d' intesa e che, per loro conto, di questa dimensione politica erano già convinti. e un giudizio sull' opportunità, anzi sulla necessità di ogni tentativo volto a gestire e risolvere i conflitti, col metodo e con l' intervento delle parti culturali, politiche e sociali, acquistava maggiore rilevanza nel momento in cui era responsabilmente e autorevolmente fatto proprio e comunicato al Governo dalle autorità accademiche, nella doverosa considerazione delle responsabilità giuridiche che su quest' ultime incombono — come già detto — per il Governo e l' amministrazione delle università e per il mantenimento nell' àmbito di esse della disciplina e dell' ordine. ciò non significa riconoscere franchigie e immunità o privilegi; ciò non significa abdicare alle proprie responsabilità ed ai propri doveri: ciò significa muoversi sul terreno certo del realismo, del rispetto delle competenze e delle responsabilità di tutte le autorità pubbliche, rifiutando l' impulsività che su questo terreno può essere estremamente pericolosa. il ministro dell'Interno e le competenti autorità di Pubblica Sicurezza , come si è già detto, si sono sempre tenuti, oltreché in doveroso rapporto con il ministro della pubblica istruzione , in costante contatto con le autorità accademiche e non hanno mai mancato di mantenere doverosamente informata, per quanto di sua competenza, la procura della Repubblica di Roma, di cui è doveroso sottolineare l' acuta sensibilità e il costante impegno di fronte a questa difficile crisi. il ministro dell'Interno ha sempre tenuto informato anche il sindaco di Roma, per l' importanza che la vita dell' ateneo ha per la capitale, per la connessione che esiste tra situazione nella città universitaria e pacifica convivenza cittadina, oltre che per la sua personale autorità culturale e politica. l' autorità di Pubblica Sicurezza è stata sempre, in ogni momento, in grado di controllare la situazione cittadina e di intervenire in ogni momento nella città universitaria e di assumerne il controllo per ristabilire l' ordine e la legalità: e di questa costante disponibilità e capacità le autorità accademiche sono state sempre informate e assicurate. contro la volontà e in dispregio della prudenza e della consapevolezza dimostrate dalle autorità politiche e accademiche, la situazione interna della città universitaria si è deteriorata e aggravata, chiudendo gli spazi per una gestione politica e per un confronto civile nella morsa del vandalismo, della provocazione, dell' infantilismo estremista, della violenza, spesso irrazionale, ma non poche volte guidata da fredda determinazione. purtroppo, la imprecisione e la mancanza di chiari e realistici obiettivi ideali e pratici del movimento studentesco , la sua tante volte dimostrata incapacità ad esprimere un effettivo collegamento con la realtà in termini pacifici, democratici e costruttivi, hanno finito per far soffocare dall' irrazionale, dal provocatorio, dall' antidemocratico, dal violento, quanto di genuino e quindi di positivo, quanto di libertario e anche forse di utopistico vi era e vi è nel movimento attuale. i giovani, bisogna ripeterlo, non costituiscono certamente, come per altro si potrebbe facilmente pensare, una base di manovra; rappresentano invece la voce di un bisogno che la difficile situazione economica ed il conseguente spettro della disoccupazione rendono oggi effettivo e che credo sia dovere di tutte le forze politiche tenere non contaminato da infiltrazioni di carattere estremistico. da qui, da questo inquinamento, le devastazioni, la violenza, il vandalismo. ma è proprio battendo il teppismo, ciò che è possibile solo con il concorso della volontà delle stesse masse studentesche, che si può salvare l' anima genuina del movimento dalle deviazioni della violenza e restituire l' università a quelle forze che intendano lavorarvi in democrazia e in pace. quando ogni spazio di gestione, democratica e politica dei conflitti si è chiuso, quando l' autorità accademica ha preso atto ed ha comunicato che non era più in grado di controllare la situazione e di garantire, oltre la ormai perduta e in brevi tempi non recuperabile, normalità della vita universitaria, la incolumità delle persone e la salvezza dei beni già gravemente offesa, le autorità competenti, in un comune giudizio della situazione, hanno disposto l' intervento delle forze dell'ordine che, già pianificato tecnicamente e tatticamente, si è svolto nelle forme e nei modi programmati, con lo scopo di riassumere il pieno controllo della città universitaria per restituirla alle iniziative ed alla responsabilità dell' autorità accademica e delle componenti del mondo universitario ed al fine di evitare reazioni a catena nell' ordine pubblico cittadino, già così pesantemente, altre volte, insidiato, minacciato e turbato. nessun riconoscimento di extraterritorialità, quindi, come paventato dall' onorevole Costamagna. per quanto attiene all' uso di servizi d' ordine da parte di associazioni e movimenti che organizzano manifestazioni pubbliche, nulla vi è di illegittimo ed improprio in esso quando non usurpino pubbliche funzioni e non usino mezzi e metodi non consentiti ai cittadini comuni dalle leggi comuni e si limitino ad agevolare il pacifico svolgimento delle manifestazioni. tale uso è molto diffuso nelle democrazie di più antica tradizione associativa: si è sviluppato nel nostro paese a livello di organizzazioni, si è dimostrato nella pratica civile, pacifico e utile. è la tutela in forme organizzative della libertà e dei diritti dei cittadini che è prerogativa e responsabilità esclusiva dello Stato e della sua forza pubblica . non sarebbe ammissibile una organizzazione preventiva di detta tutela, anche sotto forma di organizzazione collettiva dell' esercizio delle facoltà di legittima difesa . non consta, per altro, che il servizio d' ordine predisposto per il comizio dell' onorevole Lama si sia arrogato poteri o abbia utilizzato mezzi non consentiti. consta, invece, che i sostenitori dell' onorevole Lama, così come gli altri studenti che, anche dissentendo, volevano ascoltare il comizio dello stesso, sono stati aggrediti anche con armi improprie: e che essi si sono comportati con molta prudenza, non accettando il confronto fisico. consta che illegalità abbia compiuto, mista a violenza, il sedicente servizio d' ordine degli estraparlamentari organizzato all' interno della città universitaria. il giudizio espresso nei confronti del rettore della università di Roma dall' onorevole Costamagna non è condiviso dal Governo, in quanto ingiusto e offensivo nei confronti di persona degnissima, che penso non ritenesse, entrando in carica , di dover assumere anche funzioni relative alla tutela dell' ordine e della sicurezza pubblica. all' onorevole Borromeo D' Adda voglio chiarire che la città universitaria è giuridicamente un luogo aperto al pubblico, dotazione di un ente pubblico autonomo che esercita su di esso, in virtù di ordinamenti speciali previsti dalla legge e dianzi ricordati, poteri di supremazia speciale in materia di Governo, amministrazione, disciplina e ordine. non poteva, dunque, considerarsi illegittima e tanto meno provocatoria la presenza e l' iniziativa del movimento sindacale nell' università, così come la presenza di altre parti politiche, culturali e sociali. in una società aperta come la nostra, nessun problema può considerarsi esclusivo di una sola parte della società stessa, e tanto meno il problema dell' università, per i suoi stretti legami con i problemi dello sviluppo civile, culturale ed anche economici del paese. vi è il momento istituzionale, espressione certa, giuridica e democratica del paese; vi è il momento dell' iniziativa, della libera partecipazione, della elaborazione dei gruppi e dei movimenti politici , culturali e sociali: entrambi sono essenziali in diversi ordini ad una genuina democrazia. non vi è, e non vi deve essere, ritengo fondatamente, non vi fosse nelle iniziative assunte da parti culturali, politiche e sociali nell' università di Roma, la volontà di comprimere, reprimere, disconoscere l' iniziativa dei giovani, neanche nella forma sottile del loro riassorbimento in un discorso portato e calato dal di fuori. vi è, come per altri problemi del paese, il diritto, il dovere di una molteplicità di presenze, di articolazioni indispensabili, di utili collegamenti, che facciano salva l' originalità e la libertà di tutti e l' apporto anche dialettico, anche contrapposto, che le varie componenti offrono alla comune meditazione della società e delle sue istituzioni. sarebbe ingiusto non tener conto delle esigenze e delle aspirazioni dei giovani nel momento delle scelte da parte di istituzioni, partiti e movimenti. ma sarebbe altrettanto ingiusto, proprio da parte di chi chiede più ampi spazi di partecipazione, respingere o considerare illegittima e provocatoria la presenza nel dibattito, la partecipazione, la ricerca di collegamento, per capire, per comunicare, per confrontarsi, per costruire proprio da parte di forze politiche , culturali e sociali, e tra esse anche del movimento dei lavoratori, per la dimensione anche culturale che esso ha voluto avere ed ha nella nostra società, al di là delle sue peculiari e specifiche funzioni e dei compiti nel campo della rivendicazione e della tutela del lavoro. sarebbe ingiusto da parte delle forze politiche , culturali e sociali non rispettare con sincero spirito di libertà le ansie, le esigenze, gli ideali, anche se talvolta tanto imprecisamente e fantasiosamente espressi, del mondo giovanile; ma sarebbe sterile respingere dal dibattito del mondo giovanile le forze politiche e le forze culturali e le forze sociali . tutto questo, però, nulla ha da spartire con la violenza, con la provocazione, con l' uso delle armi improprie e sciaguratamente anche proprie. difendere la legalità, battere la violenza, isolare la provocazione significa garantire in un quadro democratico la libertà per tutti, la presenza e il valore della originale partecipazione di tutti, studenti compresi. nel rispetto della diversità delle rispettive posizioni, dobbiamo stabilire con le forze politiche partecipi di quelle irrinunciabili esigenze, pur nella differenza delle rispettive posizioni, una larga intesa per opporre alla coalizione disgregante del rifiuto e della disperazione una coalizione di consapevole fiducia nell' avvenire del paese che, fatta salva l' autonomia di ogni parte politica e l' autonomia dei valori ideali e politici di cui ciascuno di essa è singolarmente espressione, renda unificante e valida l' azione del Parlamento e del Governo. per quanto attiene ai gruppi eversivi o provocatori — cui si riferiscono nelle loro interrogazioni gli onorevoli Tortorella, Giannantoni ed altri — e i loro covi, riaffermo che le autorità di polizia hanno sempre preso tutte le iniziative di loro competenza, che altre ne assumeranno alla stregua delle vigenti leggi sulle misure di prevenzione e che, quando il Parlamento approverà i provvedimenti proposti dal Governo, quest' ultimo prenderà per quanto di sua competenza necessarie misure volte alla neutralizzazione dei denunciati covi, focolai pericolosi di infezione, di eversione e di violenza, cosa che con le norme vigenti (per concorde giudizio anche dei competenti organi di consulenza giuridica da me interpellati) non è nelle possibilità né dell' autorità giudiziaria , né dell' autorità di Pubblica Sicurezza , né delle forze di polizia . la città universitaria è ora restituita alle autorità accademiche e speriamo possa essere presto pacificamente restituita ai professori, ai ricercatori, agli studenti, a tutte le componenti del mondo universitario che vogliono impegnarsi con piena libertà allo studio, alla ricerca ed anche, nel pieno rispetto del pluralismo ideologico, culturale e politico, ad ogni costruttivo confronto. il Governo ritiene di aver operato con il realismo necessario e, nel rispetto delle competenze proprie di ognuno, con volontà democratica. la prudenza — forse sarebbe meglio dire la paziente prudenza esercitata non può e non deve essere però intesa né come debolezza, né come mancanza di determinazione, né come impreparazione. con meditata convinzione dichiaro perciò che nel ripetersi — non certo delle sole assemblee o delle altre forme di presenza e partecipazione democratica — di disordini, violenze, devastazioni e vandalismi nella città universitaria, per quello che ciò significherebbe politicamente di disprezzo per il confronto e l' impegno democratico, giuridicamente di reiterata violazione delle leggi, costituzionalmente di offesa all' ordinamento repubblicano liberamente costituito, socialmente di attentato alla pacifica vita della città, le autorità politiche, in collegamento doveroso con le autorità accademiche, dovranno prontamente adottare con ferma decisione gli opportuni provvedimenti e le misure per salvaguardare, con la legalità, la libertà stessa dell' università e nell' università di Roma. mentre infatti diciamo sì al confronto, all' impegno, alla iniziativa, libera, autonoma, originale degli studenti e delle altre componenti del mondo universitario, dobbiamo dire no alla violenza, al teppismo, alla provocazione. in questi giorni lo Stato democratico è stato su altri fronti dolorosamente colpito in modo proditorio con un rinnovato tributo di sangue e di dolore, ma ha anche dimostrato di sapere colpire il crimine politico e comune. Forte del vigore della legge, forte del consenso certo, su questi delicati temi della vita nazionale, da parte della comunità del nostro paese, forte della fedeltà alle istituzioni democratiche, il Governo della Repubblica farà interamente qui a Roma, come altrove, il suo dovere per tutelare l' ordine e la legalità, per difendere la libertà e la pacifica convivenza.