Aldo MORO - Vicepresidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
VII Legislatura - Assemblea n. 91 - seduta del 15-02-1977
Incremento delle pensioni a favore dei soggetti disagiati
1977 - Governo II Berlusconi - Legislatura n. 14 - Seduta n. 110
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , rinuncerei volentieri a prendere la parola, poiché credo di aver detto nella relazione scritta tutto quanto — è essenziale, nonostante i rilievi dell' onorevole Tremaglia circa lacune che vi sarebbero nella relazione stessa. non lo faccio per doveroso riguardo verso i colleghi che hanno partecipato a questo dibattito così significativo e verso il presidente della Commissione esteri che ha voluto onorarmi, affidandomi l' incarico di relatore per questo disegno di legge . credo non vi siano molte cose da specificare, da parte del relatore, in ordine al dibattito che qui si è svolto. da questo dibattito emerge la larghissima volontà del Parlamento italiano a favore del provvedimento in esame e quindi della effettuazione, nel 1978, delle elezioni dirette per il Parlamento europeo . possiamo rilevare, come fatti nuovi, da un lato la sollecitudine con la quale il Parlamento procede a questa ratifica, dall' altro questa larghissima manifestazione di consensi. dopo le numerose lamentele per il ritardo con cui il Parlamento procede alla ratifica dei trattati, non è senza sodisfazione che questa volta non dobbiamo lamentare alcun ritardo. questo certamente è un fatto politico: tutti insieme abbiamo voluto rapidamente aprire la strada alla ratifica anche in altri paesi. abbiamo manifestato poi un larghissimo consenso intorno a questo atto e non vorrei, dicendo questo, dispiacere all' onorevole Pannella che ha tenuto a sottolineare che non vi è l' unanimità. certamente, io non mi permetto di sottovalutare il fatto che i colleghi di democrazia proletaria votino contro, ma è assai importante che tutte le altre parti politiche si trovino concordi nell' accettare il principio delle elezioni dirette e nell' esprimere la loro volontà di costruire un' Europa unita. ciò non vuol dire, naturalmente, che tutti pensiamo le stesse cose, né che tutti concepiamo l' Europa allo stesso modo. credo anzi che nessuno abbia inteso rinunciare alle naturali differenze che sono tra di noi e delle quali si alimenta e si arricchisce il dibattito democratico. credo altresì che ciascuno di noi pensi di portare domani, nella realtà europea, la propria posizione, di dare — in conformità alle sue tradizioni — il proprio rilevante contributo al dibattito politico che in quella sede si trasferirà in una misura che, pur se non può essere apprezzata in modo preciso, sarà senz' altro sensibile. ritengo che nessuno, in sede europea, voglia accettare una correzione della propria impostazione politica: se non per la parte che ovviamente deriverà dalla nuova esperienza di vivere un dibattito che non riguardi i singoli popoli, bensì il popolo europeo . è importante perciò che, non volendo noi esserle diversi, non volendo noi essere corretti in sede europea in rapporto a quelle che sono le nostre intuizioni di fondo, siamo però concordi nei ritenere che l' Europa sia necessariamente il luogo nel quale il dibattito politico dovrà svilupparsi; il luogo nel quale trasferire le nostre opinioni ed i nostri confronti. riteniamo quindi — e mi pare che questa sia la volontà manifestata dal Parlamento — che l' Europa sia il luogo essenziale nel quale i cittadini, ormai europei, pensano di doversi ritrovare. credo possiamo rilevare che in Italia, a differenza di altri paesi, siamo tutti — o quasi tutti — solidali sull' opportunità di far progredire l' integrazione europea . non abbiamo quelle laceranti e drammatiche incertezze che si riscontrano in altri paesi, e che sono documentate nel realistico (forse anche un po' tetro, sotto questo profilo), ma per altro luminoso discorso dell' amico Di Giannantonio . non siamo turbati come lo sono in Inghilterra; non siamo divisi come lo sono in Francia: vi è in sostanza da noi, pur nella permanente diversità delle nostre posizioni, un sostanziale accordo per essere europei, per ritenere che questo è il nostro destino. forse perché siamo meno potenti, meno importanti di altri paesi, che pervenuti prima di noi all' unità, dotati di maggiori ricchezze ed esperienze, hanno giocato nella politica mondiale un ruolo più importante che non sia stato il ruolo nazionale dell' Italia. forse si rinuncia più facilmente nelle condizioni nelle quali noi siamo alla propria autonomia, alla pienezza della propria sovranità nazionale. ma io non vorrei mettere in rapporto questa concordia nazionale intorno all' accettazione di un principio sovranazionale soltanto con il minor peso politico dell' Italia e con la sua storia unitaria meno antica. vi è una vocazione europea connaturale al popolo italiano . credo si debba sottolineare (non so in quale misura, ma certamente in larga misura) che nelle aspirazioni italiane sull' Europa vi è una autentica vocazione federalista. su questo punto evidentemente non tutti si sono pronunciati. quindi non è lecito dire, per questo, quello che diciamo per quanto riguarda l' atto da approvare e la generale vocazione europea; ma credo sia comunque largamente diffuso in Italia il senso che il punto finale, lo sbocco naturale del processo di unificazione deve essere, ovviamente per tappe — per molte tappe intermedie — uno Stato federale . questa del resto è stata sempre la posizione assunta dai governi italiani, estremamente duttili, come era necessario ogni qualvolta si trattava di trovare una convergenza di vedute con altri paesi, sempre pronti ad accogliere le tappe intermedie, ma sempre fermi nel dichiarare, valga quel che valga, che per noi la meta è lo Stato federale in Europa. ma è naturale che si debba tenere il passo con gli altri. in questo senso l' Italia non ha mai voluto forzare le cose. ferma nel suo intendimento, nel suo proposito politico, ha però sempre cercato di raccogliere i consensi, così come essi potevano essere raccolti e di realizzare, a mano a mano , le tappe che era possibile raggiungere. è stato un cammino lungo e difficile. ricordate, anche a proposito dell' atto che oggi è oggetto del nostro esame, la prudenza del governo italiano quando sono state presentate proposte di legge generose, per quanto riguardava l' elezione unilaterale da parte di singoli paesi, una elezione unilaterale diretta dei rappresentanti nel Parlamento europeo ? il nostro cuore era dalla parte dei presentatori di queste proposte, ma la ragione ci diceva di non perdere la possibilità di operare nella sede multilaterale. forse questa possibilità di iniziativa noi l' avremmo perduta, se avessimo voluto fare per nostro conto. invece abbiamo voluto esercitare influenza — e vi siamo riusciti — perché si giungesse a decisioni veramente significative, cioè a decisioni comuni. questo è l' esempio del modo fermo e pur duttile con il quale abbiamo affrontato il grande tema della unificazione nel corso di questi decenni. tra queste tappe importanti che noi abbiamo voluto raggiungere, desidero ricordare quelle inerenti all' allargamento della Comunità. è un discorso che ora appare chiuso e non si ricorda, questo passato, neppure tanto lontano; non si ricordano le difficoltà che abbiamo incontrato nel realizzare il passaggio dalla Comunità dei sei a quella che sarebbe stata la Comunità dei nove. ebbene, l' Italia su questo punto si è battuta fortemente, perché ha ritenuto che un' Europa senza la Gran Bretagna soprattutto e anche senza gli altri paesi poi entrati a farne parte, sarebbe stata un' Europa in qualche misura mutilata, gravemente mutilata, e ha ritenuto per questo anche di rinunciare, forse, ad alcune prospettive più immediate di un potere sovranazionale europeo, di rinunciare anche alla possibilità di un più omogeneo funzionamento della Comunità, pur di non escludere l' Inghilterra — il paese del Parlamento, il paese della civiltà democratica — dalla Comunità che voleva — rappresentare compiutamente l' Europa occidentale . lo stesso sentimento noi abbiamo in questo momento per quanto riguarda altri problemi di allargamento che si propongono alla Comunità, con le stesse difficoltà di armonizzazione economica, con gli stessi problemi di difficoltà crescente di conduzione politica. sentiamo, per altro, ancora una volta, che tali difficoltà — certo reali — non debbono impedirci di dare vera compiutezza all' Europa, visto che si sono create le condizioni politiche per l' aggregazione all' Europa comunitaria della Spagna, del Portogallo, della Grecia, paesi che pongono indubbiamente alla Comunità, ed in ispecie all' Italia, alcuni problemi economici rilevanti, ma dei quali, ancora una volta non sapremmo fare a meno. ci sembrerebbe incompiuta la democratizzazione già realizzata o in corso in questi paesi, se essa non avesse il suo corollario in un ulteriore allargamento, questa volta, verso l' area mediterranea della Comunità, allargamento che oltre tutto serve a riequilibrare una Cee che altrimenti sarebbe, con danno politico dell' Italia ed anche con danno politico generale, — squilibrata verso il Nord Europa ; allargamento verso l' area del Mediterraneo, in direzione di quei paesi ai quali vogliamo e dobbiamo collegarci in una superiore integrazione (parlo soprattutto dell' Africa). di quel che è avvenuto nel corso di questi anni si danno giudizi diversi e non sempre, mi pare, equilibrati. credo che per passione, per sincera passione europeistica, si vorrebbe che tutto fosse fatto con rapidità, come è nei nostri voti; si vorrebbe che ogni problema fosse risolto la prima volta che esso è posto sul tappeto, che ogni riunione del Consiglio dei ministri fosse feconda di risultati. è, invece, naturale che vi siano dei ritardi e delle remore; soprattutto, non sopravvaluterei alcune piccole soste che lo stesso funzionamento della Comunità rende necessarie. vorrei dare per parte mia un giudizio equilibrato, essendo stato nel corso di molti anni, come presidente del Consiglio e come ministro degli Esteri , nel pieno dell' esperienza comunitaria. vorrei dare, dicevo, un giudizio equilibrato e sostanzialmente positivo. naturalmente sappiamo bene che vi sono altre, molte altre mete da raggiungere. ma credo che non sarebbe giusto — tenendo conto soprattutto delle difficoltà, delle disparità di vedute, della umanità da raggiungere — non rilevare i progressi che, qualche volta silenziosamente, sono stati realizzati nel corso di questi anni. parlo di progressi per quanto riguarda l' integrazione; mi guardo bene dal dire, naturalmente, che abbiamo fatto tutto il cammino che avremmo voluto in tema di integrazione. basti pensare al settore economico e monetario, dove evidentemente ci siamo fermati limitandoci a cooperazioni economiche più ristrette. tuttavia, sia pure con alcuni errori, una politica agricola comune è stata costruita e può e deve essere perfezionata. una politica commerciale è stata stabilita. lo stesso vale per quello che riguarda una politica regionale. io ricordo le difficilissime vicende relative a questa presa in carico, da parte della Comunità, delle aree depresse dell' Europa. so bene che quello che è stato fatto è quantitativamente assai limitato, anche se collegato con quanto si fa in altri settori (anche quello agricolo) per quanto riguarda le aree depresse. tuttavia è importante che il principio di una competenza comunitaria sia stato affermato ed è una conquista di questi anni; una conquista da valorizzare tenuto conto delle difficoltà con le quali il principio è stato affermato. siamo andati avanti in molti campi nella collaborazione intergovernativa. esso non è un fatto comunitario, ma non è chi non veda come una maggiore intesa, una maggiore cooperazione, un maggiore affiatamento tra i governi sia un contributo fondamentale, in prospettiva, per lo sviluppo di un' autentica politica comunitaria con quegli obiettivi più ambiziosi dei quali ho parlato. e, a proposito della collaborazione intergovernativa, mi sia consentito di ricordare lo sforzo sottile, non vistoso, ma estremamente significativo, per la concertazione della politica estera tra i nove paesi. una concertazione in forza della quale assai più frequentemente che in passato i nostri nove paesi hanno assunto atteggiamenti eguali sia in seno alle Nazioni Unite , sia in relazione a grandi problemi internazionali; ed è una collaborazione che avviene anche nelle sedi periferiche, nelle nostre più remote ambasciate, dove lo scambio di informazioni e l' amalgama delle posizioni sono naturali. ed infine i fatti istituzionali. naturalmente mi soffermo in questo momento su questo fatto istituzionale fondamentale che è l' elezione del Parlamento europeo a suffragio universale e diretto. evidentemente ci possono essere molte forme di innovazione istituzionale in senso comunitario. ma perché la nostra opinione pubblica e in genere l' opinione pubblica europea si sono concentrate, nel corso di questi anni, nella richiesta di eleggere, come fatto istituzionale — fondamentale, in modo diretto il Parlamento europeo ? è segno che la nostra opinione pubblica e quella europea hanno colto il valore emblematico di questa scelta, cioè di questo dare la parola — come ora potrà avvenire — al popolo europeo : il fatto che per la prima volta si possa parlare di un popolo europeo che si esprime, anche se con strumentazioni elettorali diverse, nello stesso tempo per la elezione della sua rappresentanza. io direi che questo è il dato fondamentale: il fatto che si sia dinanzi ad una scelta popolare, che i cittadini europei possano dire la loro parola e possano decidere in ordine alla loro rappresentanza. mi permetto di rilevare che ciò è più importante che non il tema delle competenze del Parlamento eletto. non è più importante dal punto di vista giuridico evidentemente, ma è più importante dal punto di vista morale e politico. c' è certamente un problema dei poteri dei quali è investito il Parlamento europeo e noi sappiamo tassativamente che per il momento i poteri del Parlamento sono quelli previsti dai trattati, ivi compreso quel trattato correttivo che non da molto abbiamo ratificato anche nel nostro Parlamento. sono competenze relativamente modeste, anche se quelle che attengono al bilancio assumono maggior peso con il sistema di finanziamento della Comunità con risorse proprie. certo, per quanto riguarda le competenze sono progressi modesti; e questi progressi modesti sono il segno della diversità delle posizioni tra i vari paesi e tra le varie opinioni pubbliche; diversità delle quali abbiamo parlato e che del resto abbiamo riscontrato ad ogni passo del lungo cammino della unificazione europea . ma io insisto nel dire che è importante che intanto il Parlamento sia eletto, che sia riconosciuto ai cittadini europei questo diritto. penso che ciò farà andare avanti il processo unitario, perché è, oltre che un fatto emblematico, manifestazione di una capacità di crescita interna, inserita nel contesto europeo. noi siamo naturalmente del tutto leali con i paesi nostri soci della Comunità; certo non immaginiamo dei colpi di mano che facciano assumere al Parlamento europeo poteri i quali non siano consentiti; non pensiamo di potere in nessun modo forzare la mano agli altri paesi le cui incertezze sono state del resto indicate eloquentemente nel discorso ben documentato dell' amico Di Giannantonio . indubbiamente, incertezze vi sono, anche se io sono convinto che ancora una volta il fatto storico dell' unità europea le dissolverà. e così è per il Parlamento. io credo, cioè, nel grande movimento di opinione pubblica che l' esistenza del Parlamento, la sua dialettica interna, il suo riflesso sulle opinioni pubbliche determinerà. quindi non ritengo che siano né possibili né necessari dei colpi di mano, visto che con il consenso di tutti si è creato un meccanismo di opinione capace di mettere in moto, io credo, sviluppi oggi imprevedibili, ma che noi possiamo in qualche modo immaginare con il nostro sentimento di europei. uno dei punti su cui si è soffermato il dibattito è stato quello dei rapporti della Europa unita, di questo embrione di Europa unita con il resto del mondo. questo è un lungo discorso, che noi abbiamo posto in una serie di incontri dei ministri degli affari esteri , nel corso dei quali ci siamo sforzati di stabilire, come si diceva, un' identità europea. e quello che voi, onorevoli colleghi , avete chiesto, era appunto l' oggetto del nostro sforzo di alcuni anni, concluso in documenti poi in parte approvati ed in parte non approvati, ma che già profilavano questa identità europea che del resto è un fatto politico e non ha bisogno, in sé, di documenti, anche se è bene che dei documenti siano redatti. si parla dei nostri rapporti nei confronti degli USA. non abbiamo difficoltà a dire che noi intendiamo riconfermare la nostra autonomia, la nostra originalità, e dare maggior peso alla Europa in quanto unita, nei rapporti, che debbono essere fiduciosi ma equilibrati, tra l' Europa e gli USA. naturalmente non possiamo dimenticare che noi, come singoli paesi, fatta eccezione per l' Irlanda, siamo legati da un vincolo di solidarietà in uno schieramento politico-militare con gli USA. su questo legame vitale ha richiamato l' attenzione l' onorevole Battaglia. questo lo ricordiamo, ma non la riteniamo in alcun modo in contraddizione con l' autonomia che vogliamo acquisire autonomia di dialogo, ma autonomia tanto più facile da ottenere e da vivere fecondamente, in quanto sia l' autonomia di un' Europa unita, non di singoli paesi europei , di fronte alla grande potenza americana. né abbiamo mai dimenticato i nostri rapporti con i paesi dell'est , europeo, perché il nostro disegno è stato di distensione politica, alla quale abbiamo dato il nostro contributo, come Italia e come Europa, nel corso di questi anni. siamo stati fautori e protagonisti attivi, fino alla firma del trattato, della conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa. sappiamo quindi che esiste una Europa che va al di là dei confini dell' Europa occidentale ; e con questa Europa, secondo le indicazioni di Helsinki, vogliamo collaborare, in uno spirito sincero di distensione e di intesa. vogliamo collaborare ritenendo, per altro, che la nostra unità non sia un ostacolo, ma anzi, in prospettiva, costituisca un contributo importante, anche qui, per la fecondità dei rapporti di collaborazione con l' est europeo. abbiamo sempre tenuto fermo, anche ad Helsinki; in modo significativo il fatto che parlava un' Europa occidentale unita, che il suo discorso voleva essere amichevole e intenso anche per l' est europeo, ma sulla base della sua unità. ed i parsi dell' Europa orientale , nel loro realismo, hanno finito per tenere conto e per considerare questo non un fatto irrilevante o negativo, ma un fatto che poteva essere l' inizio di sviluppi politici interessanti. vi sono poi i nostri rapporti (cui d' altra parte, ho fatto già cenno) con i paesi del terzo mondo , nei confronti dei quali la Comunità non è stata certo l' ultima né la meno generosa nello stabilire dei rapporti costruttivi, come dimostrano le due convenzioni che abbiamo stipulato. sappiamo bene che non si esaurisce in questo la politica europea nei confronti del terzo mondo , che è oggi un fatto dominante della scena mondiale. essendo un fatto dominante, siamo convinti che sia possibile e realistico affrontare questo problema non come singoli paesi (non ne avremmo la forza né la capacità), ma soltanto nel contesto dell' unità europea. Europa unita vuol dire un rapporto costruttivo con i paesi del terzo mondo e un contributo notevole all' avviare a soluzione questo problema fondamentale e drammatico della nostra epoca. un' ultimo accenno. nella mia relazione non ho parlato di emigrati, perché non credo che in una relazione si debba dire tutto. desidero però ricordare che questo momento di elezioni ci richiama alla mente questi italiani che, in un certo senso, sono diventati cittadini europei prima di noi, perché hanno fatto la loro esperienza nella madre patria ed in altri paesi della comunità . essi, quindi, hanno una posizione, per così dire, di avanguardia: sarebbe impensabile che noi dimenticassimo, in questo momento, coloro che costituiscono uno dei legami più significativi e più commoventi tra l' Italia e gli altri paesi della comunità . certo, è importante che l' Italia abbia propri cittadini in tutti gli altri paesi della comunità . sono certo che essi voteranno, e sono certo che ciò sarà espressione significativa della solidarietà profonda che noi abbiamo verso questi nostri concittadini, i quali hanno dovuto affrontare grandi difficoltà, anche di adattamento. noi speriamo che essi possano veramente dire di aver trovato una patria europea. onorevoli colleghi , credo di avere detto, in sintesi, quello che è emerso dalla discussione e di averlo detto in termini di consenso, perché non ho avuto occasione di polemizzare, ma di raccogliere il ricco contributo che voi avete offerto. vorrei concludere dicendo che c' è un domani importante dinanzi a noi e che noi ci apprestiamo a viverlo con piena consapevolezza. esso è il passaggio da una fase nazionale ad una fase autenticamente ed unitaria nel nostro continente.