Achille OCCHETTO - Deputato Maggioranza
VII Legislatura - Assemblea n. 80 - seduta del 26-01-1977
1977 - Governo III Moro - Legislatura n. 4 - Seduta n. 425
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , onorevole ministro dell'Interno , sento che è particolarmente impegnativo affrontare, in questo momento della vita politica e sociale del nostro paese, le complesse questioni riguardanti l' ordine pubblico , perché tali questioni si presentano per una serie di motivi che cercherò di affrontare nel corso di questo mio intervento — come un aspetto della più generale battaglia per la difesa stessa dell' ordinamento democratico, per la difesa stessa della nostra democrazia. e non a caso, nell' imminente vigilia di questo stesso dibattito, da più parti si è fatta sentire l' eco di una serie di problemi e di interrogativi inquietanti. infatti, il drammatico susseguirsi degli eventi criminosi non poteva mancare di riscaldare le passioni — come è avvenuto — e di risvegliare (accanto alla sacrosanta preoccupazione di un popolo, come il nostro, che vuole vivere in pace, nella tranquillità; di gente semplice ed onesta, che ha paura per sé e per i propri figli), anche i più torbidi e rabbiosi sentimenti autoritari, contro i più elementari tentativi di umanizzare la giustizia e la pena, contro il cosiddetto permissivismo dei magistrati, l' eccessiva clemenza ed indulgenza di alcuni giudici. si è riproposto così, da alcune parti, il falso dilemma della scelta tra una maggiore o minore severità che induce ad invocare genericamente delle leggi più dure, fino ad aizzare lo spirito e la vocazione forcaiola di chi, duro a comprendere non dico le lezioni della storia o anche della letteratura, ma quelle più semplici ed immediate della cronaca, si abbandona con incosciente esaltazione a vagheggiare una nuova repressione o una nuova spirale della repressione e della violenza. ma a smentire l' efficacia di simili terapie io credo sia davanti a noi la drammatica radiografia della violenza così come essa affiora dalle relazioni dei procuratori generali in apertura dell' anno giudiziario , nelle quali abbiamo trovato, con piacere, anche accenti nuovi sull' inutilità di ulteriori misure repressive, sulla necessità di collocare la situazione della giustizia nel quadro della complessiva ingiustizia del nostro sistema penale, sulla necessità di misure sociali. e lo stesso procuratore generale presso la Corte di cassazione ha fatto riferimento alla impossibilità di trovare occupazione come ad una delle cause dell' aumento della delinquenza giovanile. ora i fatti, il buonsenso, la storia e l' esperienza dimostrano la falsità del problema — se sia necessaria una maggiore o una minore severità — qualora tale problema sia posto all' interno di una repressione globale e indistinta e al di fuori di una valutazione morde, culturale e sociologicamente accertata delle caratteristiche dei fenomeni criminali, delle differenziazioni interne a questi fenomeni e, soprattutto, delle cause immediate o remote. ora non c' è dubbio che la discussione che è in corso presso questo ramo del Parlamento sia delicata; dobbiamo guardarci perciò dal dividere ancora una volta gli italiani su di una questione nominalistica e questa volta sul nome « ordine » . a questo proposito vorrei ricordare che un grande scrittore siciliano, Leonardo Sciascia, commentando quella che egli chiamava la « trappola » della legge Reale , ci ricordava che, al di là del nome, c' è quello che Machiavelli chiama « la realtà effettuale delle cose » , per chiedersi poi: « qual è la realtà effettuale che si nasconde nella parola ordine se non il disordine? » e concludere dunque dicendo che innegabilmente esiste oggi in Italia il problema del « disordine pubblico » . noi comunisti non solo riconosciamo la esistenza del problema del disordine pubblico, ma sentiamo anche che in tutto questo disordine c' è qualcosa di oscuro e di torbido, c' è qualcosa che è contro di noi, c' è qualcosa che è profondamente contrario alle forze migliori della democrazia presenti in tutte le componenti democratiche di questa Assemblea. c' è dunque qualcosa che si muove contro la democrazia: si guardi agli stessi atti di provocazione e di violenza nelle carceri, da cui affiora una utilizzazione nuova della rivolta, una rivolta non per cambiare, non per lenire le sofferenze ma per conservare lo stato precedente alla riforma carceraria . badate, è la stessa strategia che si vuole allargare a tutto il paese da parte di chi punta sulla eversione sociale, sullo sfascio, sulla disintegrazione della società, per arrivare alla ingovernabilità del paese cavalcando di volta in volta le varie « tigri » delle carceri, degli emarginati, dei corporativismi, delle proteste meridionali. bisogna dunque opporsi a questo disegno, da qualsiasi parte esso venga, sia attraverso un' attiva mobilitazione delle migliori energie morali della nazione, sia evitando che le riforme e i provvedimenti innovativi rimangano a metà strada, incompleti e quindi contraddittori, cadendo in una sorta di terra di nessuno dove il vecchio non funziona più ed il nuovo non è ancora attivato e da cui appunto sorgono le nuove forme di disordine, i nuovi alibi contro il rinnovamento, i nuovi terreni per chi vuol far andare indietro tutta la situazione. tutto ciò reclama in primo luogo una difesa severa dello Stato democratico , della convivenza civile, della sicurezza e della libertà dei cittadini: una difesa efficace e ferma nell' alveo della Costituzione e del metodo democratico. una maggiore severità è dunque necessaria in tutti i settori della nostra vita sociale, educativa, ideale e politica. ma il problema è come rendere efficace questa severità, verso che cosa essere severi, con quali mezzi, quale rapporto deve intercorrere tra la fermezza e la giustizia; e, soprattutto, tra la fermezza e la capacità di suscitare una tensione morale attiva e un autentico consenso democratico. ecco perché il problema non è di vedere chi tra di noi in quest' Aula o nel paese è più severo in tema di ordine pubblico . la questione è altra: il lassismo colpevole nei confronti delle cause, accompagnato da una severità ipocrita nei confronti degli effetti, è la vera causa del disordine pubblico e dell' affievolirsi dello spirito pubblico nel nostro paese. e sono d' accordo con un illustre pretore, quando ha affermato che non si tratta, dopo avere alimentato una società violenta, di tenerla sotto controllo con una violenza ancora più forte. noi comunisti siamo dunque per una severità fondata sulla giustizia, una severità che deve esercitarsi prima di tutto sulle cause del profondo malessere della nostra società. a proposito delle cause, il presidente del Consiglio nella sua relazione ha presentato una curiosa lacuna, cioè si è dimenticato di affrontare il problema della forza dell' esempio che deve venire dall' alto, che deve venire dai vertici della vita pubblica . infatti è una severità primaria quella che si deve esercitare nei confronti, del risanamento morale della vita pubblica del nostro paese, se si vuol far rinascere quel necessario spirito pubblico, capace di suscitare fiducia nelle masse popolari e di fare circolare una moralità nuova in tutto il corpo della società. non vorrei che sfuggisse a nessuno il posto che occupano nel disordine, nel malessere, nella crisi dei valori della nostra società, gli effetti negativi del modo di governare, le aree di impunità, il rafforzamento del fenomeno mafioso nella regione calabrese (in cui ancora una volta si è visto il legame tra mafia e politica), l' incapacità di portare chiarezza sui gravi attentati alla sicurezza dello Stato, la complicità all' interno degli apparati statali con le forze eversive, oltre che l' insufficienza complessiva della Pubblica Amministrazione : a questo proposito mi è sembrata felice l' espressione del presidente del Consiglio , quando ha parlato di operatori dell' ingiustizia in relazione a quanti compiono delitti contro l' amministrazione e praticano l' evasione fiscale . ma non solo in questa direzione noi dobbiamo dare l' esempio. l' opinione pubblica attende esemplari prove di giustizia; e, a tal fine, ci permettiamo di auspicare una positiva conclusione della commissione inquirente sul caso Lockheed. da parte nostra — lo sapete bene — non siamo mai stati mossi a priori da furori colpevolisti ma auspichiamo una conclusione che sia tale da persuadere l' opinione pubblica che qui, nel Parlamento italiano, si fa giustizia e che non ci si abbandona a mediazioni politiche o, peggio, a logiche di parte; come traspare da alcune affermazioni avventate fatte dall' onorevole Pontello, relatore della commissione inquirente, in una trasmissione radiofonica. nello stesso tempo dobbiamo essere consapevoli — sono lieto che tale consapevolezza si stia diffondendo e l' esposizione del presidente del Consiglio ha dimostrato che in questo vi è qualche cosa di nuovo, nel senso di aver colto l' ampio dibattito che si è sviluppato all' interno delle forze democratiche, dei giuristi, degli operatori del diritto — che non ci troviamo più a discutere di fatti eccezionali, che reclamano solo provvedi menti eccezionali, ma che si tratta di appesantire una strategia complessiva nei confronti del crimine, nei confronti della permanenza di certe tensioni, che hanno radici profonde nell' emarginazione, nelle cause sociali, nelle crisi paurose di valori nella nostra società. il vero grande problema consiste nel come si risolve il quesito centrale, cioè nel come uno Stato democratico riesca a fronteggiare problemi così grandi, e così terribili con i metodi e sul terreno della democrazia. la prima condizione per risolvere con efficacia questo problema è quello di una grande mobilitazione democratica delle migliori energie del nostro popolo. come si ottiene ciò, onorevoli colleghi , se non muovendoci in tre direzioni fondamentali; di cui la prima è quella della corresponsabilità unitaria di tutte le componenti democratiche? la seconda è quella di una profonda riforma che apra lo Stato alla partecipazione e all' apporto delle masse popolari . la terza è quella di un processo di risanamento sociale ed economico fondato sui principi della razionalità, del lavoro produttivo e della giustizia. solo operando in tutte queste direzioni, senza esitazioni sarà possibile salvaguardare l' ordine democratico con la necessaria efficacia e la democrazia dimostrerà di sapersi difendere. l' onorevole presidente del Consiglio , in un fuggevole riferimento, ha affermato che le cause non dovrebbero essere accolte come motivo determinante nella valutazione degli elementi criminali. voi sapete che la valutazione delle cause profonde della criminalità nel pensiero, democratico e socialista ha sempre avuto, fin dagli albori del secolo scorso, un peso determinante nell' esame del significato che riveste la diseguaglianza economica e sociale. noi non intendiamo certo, onorevole presidente del Consiglio , dare la colpa di ogni singola distorsione della società a questo fattore, però non rimarrei molto tempo incerto nel domandarmi se sia la disoccupazione la casa della criminalità o la criminalità la causa della disoccupazione. perché, anche se rimane valido l' elemento determinante delle caratteristiche sociali della povertà, della miseria, della disorganizzazione stessa della società, non c' è dubbio che questa valutazione — noi l' abbiamo detto da tempo — va liberata da un eccessivo meccanicismo di sapore positivistico per aprirsi ad una valutazione più attenta del senso della crisi ideale e morale nel contesto della società, della crisi dei valori che scuote tutto l' assetto, della convivenza umana. si profila, quindi, davanti a noi un intreccio complesso e non riducibile ad una causa sola; gli squilibri storici propri della nostra società, il Mezzogiorno, gli squilibri territoriali, il modo come si è arrivati nel nostro paese alla unificazione (ed i nuovi squilibri propri di una società industriale avanzata, con i suoi modelli di vita fondati sul profitto, sul denaro e sul consumismo. ebbene, dinanzi alla frantumazione individualistica, alla condizione, di disperazione e di smarrimento dei giovani, si è portati ad evocare molto spesso l' inevitabile americanizzazione della società italiana ; il fatale manifestarsi di una nuova criminalità che sarebbe il portato dello sviluppo stesso e della industrializzazione. comprendo il significato di queste sottolineature, ma di quale evoluzione si tratta? vi è quasi la convinzione che non vi sia altra forma di sviluppo — ed è proprio dei teorici dello « sviluppo zero » credere questo — diversa da quella che creando sacche di marginazione e di solitudine, ha innalzato i valori dell' arricchimento privato e del denaro. non a caso la nuova delinquenza organizzata è trascinata da quei valori più che dalla necessità della miseria di un tempo in cui si sviluppava la vecchia criminalità individuale; e non a caso in una società che è ad un tempo sempre più ricca di certi beni ma più povera di prospettive ideali. si creano le condizioni di una nuova organizzazione della delinquenza e di una rivolta endemica contro lo Stato. ciò dimostra una volta di più che i problemi della lotta alla criminalità sono un aspetto della più generale necessità di offrire nuovi modelli, nuovi valori ed una diversa razionalità al nostro paese. la stessa questione dell' austerità, onorevole presidente del Consiglio , su cui è impegnato il Governo, se si presenta come un momento neutrale rispetto alle prospettive, una richiesta transitoria di sacrifici in attesa di una nuova opulenza, non schiude certo davanti alle coscienze, soprattutto delle giovani generazioni, una prospettiva nuova. la lotta alla criminalità può essere invece condotta anche sul terreno ideale e morale se l' austerità non viene considerata come una fase congiunturale, ma come una scelta obbligata e duratura, come il mezzo per contrastare alle radici il sistema, il cui carattere distintivo è lo sperpero, l' esaltazione dell' individualismo, più sfrenata del consumismo più dissennato. questo è il punto! questo è il grande compito che ci siamo prefissi: passare dentro la crisi, non per ricostruire il vecchio modello di sviluppo con i suoi miti e i suoi disvalori, ma per proporre un progetto di trasformazione della società. e quando noi diciamo, di voler fare della austerità una occasione storica per il cambiamento, non intendiamo proporre un ideale di povertà, ma intendiamo non riproporre l' ideale di una ricchezza fallita e falsa, e rispondere positivamente a tutta la richiesta dei bisogni umani, economici e non soltanto economici. come si può, al di fuori di una simile prospettiva, combattere lo smarrimento, la disperazione delle giovani generazioni? come si può altrimenti restringere l' area della criminalità? ebbene, è proprio su questo terreno che ho colto la debolezza di fondo della esposizione del presidente del Consiglio . infatti è nostra convinzione che lo Stato democratico non riuscirà a stabilire un rapporto organico con le giovani generazioni se non saprà combattere, accanto alla antica, la nuova miseria se non saprà superare la contraddizione lacerante tra le nuove aspirazioni dei giovani e delle donne e le attuali condizioni di lavoro e di vita. il problema centrale rimane quello del recupero dei giovani, problema che non permette di sbarazzarsi troppo facilmente della analisi delle colpe della società. nulla, tuttavia può giustificare, affermato questo, il ricorso alla delinquenza organizzata e a forme terroristiche criminali di lotta. la responsabilità, della stessa scelta della illegalità e dell' eversione ricade su quei gruppi che predicano la violenza e che si fanno sostenitori di lotte assurde, e avventuristiche o che esasperano l' individualismo e il corporativismo più sfrenato. ritornerò brevemente sulle diverse manifestazioni della delinquenza e, della criminalità, ma vorrei precisare che, quali che siano le analisi dei mali, delle cause o dei rimedi che noi dobbiamo attuare, a monte di queste analisi c' è uno spartiacque sul modo di atteggiarsi nei confronti dei problema dell' ordine pubblico , sul quale ciascuno deve assumersi chiaramente le proprie responsabilità: lo spartiacque del rapporto con lo Stato democratico . e la vera sfida consiste nel dimostrare che è possibile costruire l' ordine nella democrazia. questa è la sfida che siamo chiamati a raccogliere. infatti, per rimettere il paese su una giusta carreggiata, facendogli cambiare strada, si rende necessaria una grande capacità di unificazione della società nella democrazia occorre combattere risolutamente tutte le tendenze alla dissoluzione e alla disgregazione della vita sociale civile degli uomini. il problema fondamentale è, dunque, quello dell' unificazione del paese su basi democratiche. ed è necessario perseguire una unità del paese che vada al di là del dilemma e della scelta fra il caos e l' ordine autoritario, dimostrando in modo coerente che sono possibili un ordine democratico e una società regolata in modo nuovo. ma è proprio questo sforzo di unificazione e di ricostruzione, che noi vogliamo che avvenga nell' ambito di una società democratica e pluralista, uno dei bersagli del terrorismo e della delinquenza politica. ci sono gruppi, uomini e forze che intendono impedire ciò e che lavorano per dimostrare, attraverso il disordine, che l' unico ordine possibile è quello autoritario. questa è la partita che si sta tragicamente giocando nel nostro paese dal 1969, dai fatti di piazza Fontana in poi e che ha visto la classe operaia , le forze sindacali e democratiche e tutto il nostro popolo impegnarsi, con saldezza di nervi, in una grande storica prova di maturità civile e democratica; in una prova di maturità civile e democratica che dovrebbe scoraggiare quanti, come chiaramente è avvenuto nel recente congresso del MSI-Destra Nazionale , fanno dell' esempio cileno, dell' eversione sociale e della politica del « tanto peggio, tanto meglio » la base di un rilancio sul terreno della radicalizzazione e dell' avventura. l' obiettivo stesso, che noi perseguiamo con tenacia e con passione, della difesa strenua della democrazia, non ci fa certamente vagheggiare uno Stato imbelle; al contrario, noi vogliamo uno Stato forte, forte del consenso delle grandi masse popolari , forte della unità (di tutte le forze antifasciste e forte nei confronti, dei terroristi e dei nemici della democrazia. in sostanza, come ebbe a dire un tempo il compagno Nenni, « uno Stato che non sia più forte con i deboli e debole con i forti » . il che reclama una profonda riforma complessiva dello Stato che si muova in due direzioni: da una parte, quella della articolazione democratica, del processo autonomistico, dello sviluppo dalla democrazia, e dall' altra, quella della ricostruzione democratica del potere centrale dello Stato, capace cioè di rompere in modo definitivo la logica dei corpi separati, delle concorrenze, dello scarico di responsabilità, al fine di realizzare coordinamenti e collaborazione tra gli apparati, le forze democratiche, le istituzioni rappresentative. si tratta anche, a questo proposito, di far avanzare un autonomismo non corporativo e separato, ma democratico e popolare, che non intenda disarticolare lo Stato, ma cerchi di riportare la linfa della partecipazione ad un processo di unificazione democratica del paese, in cui gli stessi comuni, le regioni, i momenti, decentrati, si pongano come centri attivi di lotta alla disgregazione. abbiamo apprezzato il riferimento fatto dal presidente del Consiglio alla funzione che possono avere anche i consigli di quartiere in questa lotta. ciò implica anche una critica alla mancanza del senso unitario dello Stato, sia per le tendenze corporative che lo disarticolano, sia per la mancata organizzazione democratica del potere centrale. soprattutto, occorre superare al più presto quel tipo di mancanza del senso unitario dello Stato che conduce alla frantumazione, alla lottizzazione, al mancato coordinamento tra i vari settori impegnati nella lotta al crimine. dobbiamo superare questa mancanza del senso unitario dello Stato, dello Stato democratico , in primo luogo negli apparati: attraverso una verifica della realtà costituzionale e democratica. ci chiediamo ancora oggi, dopo anni, quale iniziativa sia stata assunta nei confronti di quel personale militare che è stato direttamente coinvolto nelle vicende del 1964. più in generale chiediamo una socializzazione di tutta questa tematica, ed un coinvolgimento di tutte le forze di democrazia rappresentativa . consideriamo un fatto positivo che quest' anno le celebrazioni dell' apertura del nuovo anno giudiziario siano avvenute attraverso assemblee aperte, con la partecipazione di forze democratiche; e consideriamo positivo il fatto che il presidente del Consiglio abbia incoraggiato questa esperienza. però si tratta di andare avanti con coraggio in questa direzione, verso le conferenze distrettuali sulla giustizia e sull' ordine pubblico , capaci di impostare una strategia di lotta al crimine non solo repressiva, ma che abbracci i temi dell' urbanistica, dell' abitazione, della famiglia, della scuola e dell' assistenza. per questo non ce la sentiamo di condividere certi giudizi, che consideriamo leggeri e faciloni, sui fenomeni di lassismo all' interno della magistratura; e ci sembra che non serva a nessuno il « gioco al massacro » dello scarico delle responsabilità. se vi è qualche magistrato che non compie il suo dovere, il ministro di grazia e Giustizia faccia quello che deve fare; ma non si creino gli alibi per coprire le responsabilità politiche e l' esiguità della spesa pubblica per i servizi giudiziari. vogliamo ricordare, signor presidente , signor ministro dell'Interno , che nel corso del dibattito parlamentare del novembre scorso sulla situazione delle carceri sono stati assunti dal Governo precisi impegni sulla base di una nostra mozione illustrata dal compagno onorevole Coccia, dinnanzi ai quali il Governo si è presentato, questa volta ancora, chiaramente inadempiente. tali ritardi sono ancora più clamorosi se si giudicano alla luce delle recenti prese di posizione dei procuratori generali sullo stato dell' amministrazione della giustizia , e anche di alcune delle stesse affermazioni fatte qui dal presidente del Consiglio , in cui si possono cogliere, sia pure con una certa fatica e sia pure attraverso un linguaggio elegante ed avaro di tipo ministeriale, le premesse per effettuare una svolta nella tradizionale politica di lotta alla criminalità, impostando un' efficace strategia di lotta alle più pericolose forme di delinquenza e superando deficienze tradizionali del nostro sistema giudiziario . se si supera l' illusione repressiva, cioè l' illusione che la repressione globale e indifferenziata sia l' unica arma efficace per combattere la criminalità, occorre saper mettere in campo una strategia differenziata di lotta alla criminalità. lei sa benissimo, signor ministro, come l' esempio della lotta alla mafia in Sicilia abbia dimostrato che un rigore generico e indifferenziato ha fatto « volare gli stracci » , i piccoli mafiosi, lasciando impuniti i grandi mafiosi. l' aggravamento delle misure repressive nei confronti delle colpe meno gravi aggrava la delinquenza, aumenta l' esercito dei delinquenti, crea forme di solidarietà. per questo, noi siamo decisamente favorevoli all' impostazione di una strategia differenziata nei confronti della criminalità, graduata a seconda della gravità del reato e connessa ad ampie scelte di politica sociale . quando si è detto un tempo in Sicilia che tutto era mafia, era anche questo un modo per non colpire la vera mafia. o ancora, quando non si imposta una strategia differenziata nei confronti della droga, si finisce per non vedere l' emergente pericolosità di un mercato della droga pesante con collegamenti internazionali torbidi e legato alle forze eversive di destra. naturalmente, una simile impostazione della battaglia al crimine, più moderna, articolata e scientificamente aggiornata comporta l' esigenza di comprendere che spendere per la giustizia e la lotta al crimine significa fornire un indirizzo produttivo alla spesa pubblica e che, come nell' assistenza, nella sanità, nella difesa del suolo, la prevenzione è risparmio. si pensi ai miliardi gettati per una mancata politica del suolo; cioè, per risparmiare 20 miliardi se ne spendono, dopo il disastro, 200. e cosi è per le carceri. è esattamente la stessa cosa. i ritardi che fomentano le rivolte hanno costretto lo Stato a gettare miliardi in un' opera di riparazione. a questo proposito dobbiamo dire, quindi, con chiarezza che il paese paga per delle precise responsabilità del Governo, dal momento che nei due anni trascorsi dall' approvazione della legge carceraria poco o nulla è stato fatto per predisporre strutture idonee a gestire la riforma. ancora una volta, miliardi sprecati, disagi, guasti, rivolte, distruzioni per inadempienze nei confronti della popolazione carceraria. il tempo, dunque, è risparmio. in attesa della riforma della procedura penale , che dovrà costituire l' atto fondamentale in ordine al perseguimento del fine di rendere più snelli e celeri i processi, è necessario — se non si vuole incappare negli stessi errori in cui si è incorsi nei confronti della legge sull' ordinamento carcerario — creare tutte le condizioni atte a recepire e ad applicare la nuova normativa. non solo, ma in attesa dell' entrata in vigore del nuovo codice occorrono interventi di urgenza; in primo luogo, rapidità nella celebrazione dei processi; in secondo luogo, misure di depenalizzazione e di pene alternative alla detenzione per i reati minori; in terzo luogo, l' eliminazione della convivenza dei detenuti in attesa di giudizio con incalliti criminali. poi, alcune riforme parziali, che anticipino il senso della riforma, attraverso l' istituzione del giudice monocratico e del giudice onorario, al fine di celebrare subito i processi rimasti per lungo tempo inevasi. una particolare attenzione deve essere rivolta al problema delle carceri. noi non possiamo non essere preoccupati per la violenza che in esse si genera, anche se come ha giustamente osservato lo stesso presidente del Consiglio — non la si elimina lottando contro una riforma penitenziaria positiva. vorrei solo osservare che quanto è avvenuto e avviene nelle carceri italiane è una dimostrazione in più che ci vuole intelligenza ed oculatezza nel portare avanti le riforme e che il nuovo non è buono di per sé: bisogna creare le condizioni perché diventi realmente operante, senza favorire improvvise e controproducenti manifestazioni di lassismo e di mancanza di vigilanza. nelle carceri devono essere stroncate le violenze e le sopraffazioni; devono essere resi rigidi i controlli, perché, onorevoli colleghi , non basta enunciare quanto è avvenuto nelle carceri italiane, ma va fatta una valutazione attenta di come sono state rispettate e fatte rispettare la norme di legge e di regolamento. soprattutto, occorre comprendere che bisogna saper fare una rigida e chiara selezione tra i detenuti e tra gli stessi condannati, a seconda della gravità del reato. ecco perché, signor presidente , la proposta dell' uso dei militari per la sorveglianza esterna alle carceri non incontra una nostra contrarietà di principio, a condizione che sia vista come una soluzione molto transitoria e di emergenza e che non si utilizzino i giovani di leva, ma si utilizzino dei reparti composti da personale specializzato, come i carabinieri in congedo. comunque, non può essere considerata una misura determinante, proprio perché il problema è interno alle carceri, proprio perché il problema è quello della rottura dei gruppi di potere interni; è il problema, cioè, di realizzare un sistema di separazione tra i vari tipi di detenuti. si impegnino delle somme, si avviino dei progetti di ristrutturazione edilizia, si stabilisca la tipologia di differenti carceri in cui isolare i soggetti più pericolosi, si promuovano i conseguenti concorsi di appalto sulla base delle caratteristiche delle nuove case di pena, si cerchino su questa strada anche delle soluzioni transitorie. si provveda immediatamente a migliorare la situazione degli agenti di custodia, la cui condizione di carcerati è diventata proverbiale, e non solo in Italia, da quanto testimonia una vignetta apparsa sul Le Figaro , dove si vedono due agenti di custodia scendere nottetempo dal carcere sotto gli occhi strabiliati dei carcerati. ebbene, nelle carceri abbiamo bisogno di rieducatori, di uomini non assillati dal bisogno e quindi pagati meglio e non mortificati dallo squallore di una vita di segregazione e quindi un personale riqualificato e smilitarizzato. ciò nella prospettiva della unificazione dei vari reparti che operano nel settore della lotta alla criminalità che dovranno distinguersi non per le mostrine, ma per la diversità professionale, se siano delle guardie di custodia oppure degli operatori nell' ambito delle guardie di finanza. in questo quadro, del tutto insufficienti sono gli accenni alla riforma e alla democratizzazione del corpo di polizia nella esposizione fatta dall' onorevole Andreotti. noi chiediamo che entro febbraio si presenti il disegno di legge per la smilitarizzazione che venga discusso e approvato dal Parlamento: perché consideriamo questo un banco di prova della volontà politica, cioè della comprensione di un fatto essenziale e cioè che la democrazia è una condizione fondamentale dell' efficienza, anche se: come è ovvio, in questo campo sarà necessario un regolamento particolare e particolari vincoli disciplinari. la linea di riforma non riguarda solo la smilitarizzazione del corpo, ma anche il potenziamento dei reparti operativi, il miglioramento della preparazione e della professionalità dell' agente. infatti, come si fa a combattere contro la delinquenza organizzata — quella delinquenza di cui ha parlato l' onorevole Andreotti, che si serve addirittura dei laser — con una visione antica in cui da un lato c' è il vecchio tipo di ladro e dall' altro la piazza, con soli 3.500 poliziotti in servizio nelle squadre mobili, per giunta divisi in tre turni? come si fa a combattere la guerra contro lo Stato democratico se l' antiterrorismo ha a disposizione 300 uomini e lo stesso dottor Santillo riconosce che non riesce ad avere una funzione effettiva di comando nei confronti degli altri corpi? diamo dunque tranquillità alla polizia, diamo al personale una certezza civile, soprattutto paghiamolo meglio e recuperiamo immediatamente a compiti operativi gran parte del personale adibito mansioni burocratiche che deve essere trasferito ad altri istituti. ma sono anni che si denuncia questo fatto. non basta continuare il dirlo, si faccia questo concretamente. l' altro problema cui occorre dare una risposta immediata è quello dei centri unici di comando, del miglioramento e del coordinamento, dell' adozione di forme di direzione operativa unica per la polizia, l' Arma dei carabinieri e la Guardia di Finanza , le cui sezioni di notizia giudiziaria, le dirette dipendenze del magistrato, dovrebbero poter rappresentare una anticipazione, una concreta sperimentazione della possibilità di questo coordinamento. un essenziale apporto all' attività dei corpi di polizia deve venire da un efficace servizio di informazioni, per la riforma del quale occorre procedere con rapidità e noi comunisti accogliamo la sollecitazione fatta dal presidente del Consiglio a discutere subito tale problema. queste sono le questioni di fondo cui provvedere, con fermezza, senza farsi saltare i nervi. devo dire infatti che mi sembra di cogliere un po' di nervosismo nella proposta di comminare l' ergastolo a chi commette reato di sequestro di minori. tutti noi condividiamo la ripugnanza nei confronti di un simile crimine, ma quello che temiamo è che una soluzione del genere abbia l' effetto contrario, non solo perché è ormai provato che l' aggravamento della sanzione penale non ha alcun effetto deterrente, ma perché la soglia massima che qui verrebbe raggiunta addirittura potrebbe diventare incentivante dell' omicidio e dobbiamo fare attenzione a non decretare la pena di morte per i sequestrati. la vera via, quindi, è quella di colpire l' industria dei sequestri, a partire dal problema del ritiro del denaro e del suo riciclaggio, entrando in certi templi che non possono essere considerati più sacri, quale quello del segreto bancario, oppure quelli della nobilissima Repubblica elvetica o del sistema bancario internazionale. studiamo quindi i necessari coordinamenti internazionali in questa direzione. si parla da parte di certi gruppi politici — e ne abbiamo avuta un' eco in questo dibattito — di severità in generale, e mi chiedo perché questa severità si fermi sulle soglie di certi problemi o di certi reati. si ferma sulla soglia delle cause sociali ed economiche, oppure si ferma sulla soglia di una serie di delitti: gli infortuni sul lavoro, le frodi alimentari , i reati di devastazione dell' ambiente, le esportazioni di capitali. perché questa severità si ferma sulla soglia dell' inquietante capitolo del rapporto tra la politica e la mafia, ormai rinverdito, dopo la lunga esperienza siciliana, dalla nuova pagina calabrese, su cui una delegazione parlamentare del partito comunista italiano ha raccolto una documentazione agghiacciante da cui affiorano compiacenze e complicità. ebbene, in Calabria si conoscono nomi e cognomi dei boss mafiosi; c' è bisogno di misure straordinarie? no, sono sufficienti rigorosi accertamenti fiscali che sappiano cogliere le ragioni e i modi di certe consistenze patrimoniali, utilizzando le leggi vigenti. ci sono ancora nel nostro paese, dunque, zone geografiche e aree di impunità dove lo Stato democratico stenta ad affermarsi. e ci chiediamo quindi perché quella severità si fermi quando si tratta di parlare del rapporto che intercorre tra l' industria del sequestro, le attività eversive e la lotta alla mafia calabrese. perché chi grida sulla permissività dei giudici o sul lassismo promanante dalle riforme tace dinanzi al traffico illegale delle armi? perché non si va a guardare, un po' più a fondo, da chi sono gestiti certi servizi esterni alle carceri da cui — si veda la questione delle mense — sembra che possa verificarsi il passaggio delle armi? perché si ammutolisce quando si tratta di denunciare il collegamento tra eversione e criminalità nella vendita all' ingrosso e al dettaglio della droga pesante? e stata dunque lanciata una sfida alla nostra Repubblica. a quella sfida occorre rispondere dimostrando che è possibile perseguire l' unità del paese al di là del dilemma tra caos e ordine autoritario, facendo convivere gli ideali della solidarietà umana, gli ideali comunitari e solidaristici che ci sono propri e che sono propri a gran parte del movimento popolare cattolico, con lo sviluppo pieno delle libertà individuali. ecco perché la severità quando è indifferenziata, quando non è sorretta da un senso lucido di giustizia è da un profondo sentimento umano è inutile cosa nel Governo dei popoli come nella educazione dei giovani. l' ordine e la giustizia vanno di pari passo! occorre dunque far avanzare il progetto di una società più razionale e più giusta, una società, che sappia debellare un parassitismo prodotto dallo stesso sistema economico ; occorre infondere nuova fiducia nei giovani dell' hinterland delle grandi città operaie del nord, delle borgate romane, negli studenti e neodiplomati disoccupati di origine piccolo borghese non sulla via della repressione, ma di un nuovo rapporto con il lavoro produttivo. occorre indicare la prospettiva di una società in cui il lavoro venga nobilitato e in cui si affermino forme più umane e solidali di vita. sappiamo che non è un' impresa facile, né di un giorno solo, ma il nodo dell' ordine pubblico non può non richiamare direttamente quello di una unità politica, di una solidarietà democratica e popolare, di una svolta nel modo di governare capace di suscitare l' adesione attiva della stragrande maggioranza del nostro popolo. solo così, onorevoli colleghi , lo Stato democratico potrà vincere la sua dura lotta contro l' eversione e la criminalità. solo così il paese troverà la forza di proseguire il suo cammino nella libertà e nella democrazia. solo così la Repubblica potrà vincere la sfida che le viene lanciata dalla strategia della tensione e dalle trame più oscure della eversione e del terrorismo.