Giulio ANDREOTTI - Presidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
VII Legislatura - Assemblea n. 383 - seduta del 13-12-1978
Sullo SME
1978 - Governo IV Andreotti - Legislatura n. 7 - Seduta n. 383
  • Comunicazioni del governo

chiedo venia ai colleghi se, data la immediatezza della mia replica, non sono in condizione di leggere un testo meditato di considerazioni e di valutazioni su tutto ciò che è stato qui detto ieri e oggi (c' è solo il vantaggio che non ci potranno essere errori di battitura!). vorrei dire che vi sono dei momenti nei quali devono essere, da ciascuno di noi, assunte delle responsabilità senza la minima considerazione per quello che non riguardi l' essenzialità dei problemi di fondo , che toccano, i grandi interessi e incidono sull' avvenire della nostra nazione. convinto come sono, e non certo per vanità personale o interesse di parte, che la necessità della maggioranza di emergenza permanga e che, a cominciare proprio dal settore monetario, se ne possano constatare gli effetti positivi altrimenti impensabili, devo dire che sarebbe stato radicalmente fuori strada chi, in un senso o nell' altro, avesse subordinato la decisione di ieri a preoccupazioni conservative del Governo. non debbo e non posso fare della polemica, oltretutto non strettamente indispensabile; ma vorrei affermare che quanti dicono — e forse pensano — dell' esistenza di complicate manovre che sarebbero al fondo di questa decisione sono completamente in errore: non si può scherzare su problemi di questa importanza e rilevanza. qui si è detto che si aderirebbe al sistema monetario europeo in funzione del congresso della Democrazia Cristiana . mi spiace dover raccogliere queste insinuazioni e già lo ha fatto, da un punto di vista politico, l' onorevole Galloni. dico solo, e spero di non essere frainteso, che per 35 anni, circa mi sono occupato poco dei congressi del mio partito e non me ne è venuto un gran danno. figurarsi se me ne occupo nei confronti di un problema nel quale sono impegnati veramente la coscienza e gli indirizzi fondamentali del nostro paese! non è casuale che nel dibattito attuale alcuni colleghi, che non sono certo usi ad appoggiare il Governo, abbiano preso la parola per condividere la proposta di immediata adesione al sistema monetario europeo , portando sempre motivazioni tecniche e politiche: mi riferisco in particolare agli onorevoli Malagodi, Spinelli e Pannella. anche sotto l' aspetto di una consultazione più ampia nella sede propria del Parlamento, dinanzi ad un testo definitivo di accordo, si è dimostrata, io credo, opportuna la pausa di meditazione, dopo i lavori dal Consiglio di Bruxelles, sui quali sono ingiuste ed infondate tutte le interpretazioni tendenti ad accreditare una motivazione di incertezza politica o di condizionamenti più o meno clandestini. prego l' onorevole Delfino di prendere atto, insieme ai suoi colleghi che hanno parlato di « salto triplo » , che non vi è nulla di tutto questo. devo anche richiamare quanto detto dall' onorevole Spaventa. non so dove egli abbia attinto la convinzione — cito sue parole testuali — « che io non tenga in conto le opinioni dei tecnici » . è vero esattamente il contrario, tanto più in temi come questo, dove non si tratta soltanto di scelte politiche ed ideali. una delle ragioni, per le quali responsabilmente abbiamo ritenuto di non prendere una immediata decisione a Bruxelles, è stata proprio la necessità di lasciare alle sedi tecnicamente competenti di valutare, senza forzatura e fretta, l' accettabilità della nostra favorevole risposta. questo ha provocato un iter in parte anomalo; e giustamente, sotto tale profilo, l' onorevole Pietro Longo ha detto stamane che forse sarebbe stato meglio fare una consultazione collegiale dei gruppi della maggioranza, anche se non sempre dalle consultazioni collegiali vengono dei risultati estremamente brillanti. se questo giudizio tecnico fosse stato negativo (cioè il giudizio di chi deve darci la propria opinione), credo che, anche con una indubbia passione europea che ci anima, noi non saremmo stati legittimati a muoverci come ieri ci siamo mossi. e vorrei dire che io ho nei tecnici più fiducia di quanto nei abbia lei, onorevole Spaventa, che al termine del suo intervento, pieno di argomenti estremamente rispettabili, ha detto però — cito testualmente — che « su questi problemi le certezze sono stolte » . io credo che certezze non le possa avere nessuno in questo campo, né in una opinione né in quella opposta. ci sono dati esterni, dati psicologici, fattori di carattere internazionale, mille e uno motivi che possono far andare in un senso o nell' altro l' insieme delle tendenze del mercato monetario, non solo all' interno della Comunità, ma anche fuori. si tratta però di valutare (e l' opinione prevalente e l' opinione competente portano ad aver valutato, oltre che per altri argomenti che brevemente ora cercherò di enunciare, anche sotto il profilo del rischio) quello che si avrebbe nel caso inverso. qui si è detto che se si avranno perdite valutarie la colpa è del presidente del Consiglio . bisognerebbe però fare il ragionamento opposto; non avendo la possibilità di verificarlo, bisognerebbe vedere cioè quali potrebbero essere le conseguenze in presenza dei fattori che verranno a svilupparsi, qualora noi avessimo preso un' altra decisione. vi era una proposta che giustamente l' onorevole Cicchitto ha detto non era di mediazione, ma di soluzione: cioè la proposta, più o meno analoga all' atteggiamento inglese, di una accettazione a termine. e stata valutata con grande attenzione, sotto il profilo sia tecnico, sia politico. ho esposto ieri le conclusioni negative in proposito per le quali ha giocato anche, ma sempre insieme ad argomenti tecnici e funzionali, un fattore che non può essere sottovalutato. può darsi che sia anche frutto di certe polemiche e strumentalizzazioni interne; ma sta di fatto che la stampa, e non solo la stampa internazionale, avrebbe certamente interpretato un mancato ingresso nello Sme fin dal suo inizio come l' avvio di un allontanamento italiano dagli impegni comunitari europei. questa considerazione, che certo non è conforme alla volontà e ai propositi di chi ha suggerito la soluzione differita, negli ultimi giorni, fin nelle ultime ore prima che adottassimo in Consiglio la decisione, aveva una importanza enorme. e di estremo interesse rimuovere ogni dubbio in proposito, che rischierebbe altrimenti di far tornare indietro, nella considerazione esterna e forse anche in una parte dell' opinione pubblica interna, una valutazione esatta della realtà politica italiana , nei suoi travagli, nelle sue ansie, nello sforzo di costruire una convivenza democratica sempre più solida e meno ingiusta. da tempo in Italia la Comunità Europea , superata una fase di contrastanti e laceranti valutazioni, rappresenta uno dei punti che uniscono le forze democratiche italiane. non va assolutamente rimesso in gioco questo fattore coesivo e non vanno consentite interpretazioni difformi. e noi sappiamo che le interpretazioni, anche se sono infondate, possono fare del male quanto quelle fondate sulla esattezza. a questo mi riferivo ieri, chiedendo ai gruppi della maggioranza, senza sottovalutare le ragioni di chi ha perplessità o contrarietà sui tempi, di fare uno sforzo di convergenza. registro comunque positivamente, e spero che abbiano una eco adeguata fuori di qui, le precise dichiarazioni fatte dagli oratori dei gruppi comunista e socialista sulla intatta adesione alla nostra presenza nella Comunità. in un certo senso giova come interpretazione autentica il discorso dell' onorevole Magri, il quale si è posto — se non ho mal compreso — non contro lo Sme, ma contro la Comunità quale essa è e quale opera, in una visione di opzione per un modello di sviluppo diverso, di cui per altro — ed era difficile farlo qui incidentalmente — non vengono definite le linee di guida e le condizioni di effettualità. il collega Magri ha osservato che lo Sme e la politica comunitaria sottostante non sono il Piano Marshall ; a parte questa significativa rievocazione, potrei dire Agnosco veteris vestigia flammae e di un momento importante di solidarietà nazionale. ma chi ha sostenuto il contrario, chi è venuto a dire che lo Sme rappresenta un Piano Marshall ? nella Comunità quello che può in un certo senso avvicinarsi alla impostazione del Piano Marshall nella sua linea di sostegno a riprese esterne è, a mio avviso, l' azione che la Comunità stessa fa — e ieri volutamente lo ho accennato — verso i 63 paesi associati o in altro modo aiutati in Africa, nel Mediterraneo e oltremare. ed è su questa strada che noi dobbiamo fare molto di più, anche in seno alla Comunità, in direzione di tutti i paesi in via di sviluppo . e una visione più ampia che deve essere tenuta presente, anche nel momento in cui noi chiediamo una giustizia perequativa più efficace oggi tra i nove paesi, e tra non molto il problema sarà ancora più impegnativo — tra i dodici paesi della comunità . noi non possiamo dimenticare quanti nel mondo vivono a, livelli umanamente intollerabili e le cui sorti non possono non riguardarci direttamente; benché in moda certo ancora impari alle esigenze, questa discorso nella Comunità è stato impostato, e infatti, nel documento finale di Bruxelles si è anche detto esplicitamente che il disegno di una stabilizzazione monetaria nella nostra area è assunto anche nell' interesse dei paesi in via di sviluppo , ai quali dedicammo a Brema una attenzione forse più approfondita, come si può rilevare leggendo il comunicato finale. quando parlo — e l' ho fatto prima di tutto in riunione a Bruxelles — del timore di un affievolimento dello spirito di Brema, mi riferisco proprio a questo concetto globale di solidarietà che è difficile nei momenti in cui ognuno dei paesi ha particolari problemi. quando problemi di crisi sopraggiungono in paesi non abituati, ed aventi un tenore di vita molto più consistente del nostro, il morso forse è ancora più incisivo e difficile ad essere sopportato. questa solidarietà, questo concetto globale di solidarietà, non si esaurisce certo, pur essendo importanti gli atti concreti, nell' una o nell' altra dotazione in più o in meno in uno dei fondi comuni , ma riguarda un' apertura totale della Comunità in senso europeo, così come è all' origine del trattato di Roma , anche se, poi, è parsa forse attenuata in dipendenza delle condizioni politiche interne di uno dei più grandi paesi della comunità . la nostra azione dentro il sistema ed in ogni altra sede della Cee deve continuare per vivificare questa coscienza comunitaria, per farla riprendere laddove si è attenuata, e per farla progredire. in tale direzione vediamo una importanza enorme nel Parlamento europeo eletto a suffragio universale . non vogliamo creare difficoltà a nessuno battendo su questo punto, ma credo che tutti avvertiamo come gli ideali affidati più direttamente ai rappresentanti dei popoli cammineranno in modo assai più rigido di quanto non riescano a fare nel difficile contesto dei soli rapporti tra i delegati dei governi. molti colleghi si sono soffermati sui rischi, pur avendo riconosciuto, almeno una parte di loro, che la situazione, in un certo senso congiunturale dal punto di vista monetario, se ha comportato alcuni risultati per noi indubbiamente positivi, non ha tuttavia mancato di forti controindicazioni e non ha permesso di risolvere alcuni problemi di fondo della nostra indispensabile trasformazione. a me pare che possa in tutta coscienza dirsi che noi non creiamo, con l' adesione allo Sme, condizioni di rischio di deflazione e di disoccupazione; mentre, non entrando, godremo di una minore protezione in momenti difficili, che certamente possono essere all' orizzonte. l' onorevole Cicchitto ha detto che forse poteva essere utile per noi dare una adesione di massima al sistema, non una adesione piena — ne ho parlato poc' anzi — , e ha detto che tra i lati positivi di pesta soluzione vi era quello di lasciare alla Francia il ruolo (cito l' espressione da lui usata) di cavia, nel senso di lasciare alla Francia la posizione incomoda di moneta meno forte nello Sme, in modo da indurla poi a consentire condizioni migliori, per il proprio interesse, all' accesso pieno di altri paesi (Italia ed altri). a parte una valutazione più generale, io credo che potrebbe verificarsi proprio l' opposto in questo caso. cioè, in caso di terremoti, il sistema dovrebbe sostenere i suoi soci più deboli, e chi fosse fuori si troverebbe esposto senza alcuna protezione al morso di difficoltà forse non superabili; senza dire, in linea molto più generale, che fuori del sistema noi non parteciperemmo comunque al meccanismo decisionale sugli adeguamenti dei tassi di cambio, essendo così privi di poteri contrattuali in una parte importante di quella simmetria degli oneri che tutti considerano essenziale. quanto ai nostri impegni, essi non si differenziano da quelli di ulteriore correzione dell' inflazione e di ripresa della crescita, che nel programma di Governo abbiamo tutti sottoscritto e che saranno meglio concretati nel piano triennale, che si collega strettamente alla strategia che a Bruxelles è stata definita « di costante crescita nella stabilità, di progressivo ritorno al pieno impiego, di riavvicinamento dei livelli di vita e di riduzione delle disparità territoriali nella Comunità » . è assolutamente esatto che una politica di rigore in questo senso — lo ha detto ieri l' onorevole Rende, l' ha ripetuto oggi lo onorevole Galloni, l' ha detto poc' anzi il collega Ugo La Malfa — è indipendente dallo Sme, se noi vogliamo veramente che l' Italia non precipiti nel sottosviluppo. lo Sme non ci chiede nulla di più di quello che dobbiamo comunque fare, e che di fatto faremmo con minori possibilità di solidarietà comunitarie. le misure — ne discuteremo di qui a non molto — del piano triennale sono misure impopolari, ha detto l' onorevole Gorla. bisogna intendersi su questa parola. se un piano porta, da un lato, veramente a far sì che chi è ai margini venga ad essere messo in una condizione di normalità civile e sociale, allora il sacrificio che naturalmente deve essere inversamente proporzionale alle posizioni — che si chiede agli altri in questo periodo è un sacrificio finalizzato a qualcosa che a me sembra tutt' altro che impopolare, anzi assolutamente popolare, anche se certamente, a tutti i livelli, chi ha delle condizioni meno favorite non è portato mai ad applaudire. si è detto che avremmo forse fatto meglio a concordare prima con i sindacati le premesse della nostra adesione. da un lato, a me pare che noi, proprio perché non siamo affatto al di là del programma governativo come linee di politica economica , non possiamo vedere in questo una novità che, forse mettendo anche in difficoltà i sindacati, avremmo dovuto contrattare in precedenza. ma dirò di più: i sindacati partecipano all' attività della Cee. anzi, uno dei punti sui quali ci siamo battuti è quello per cui la presenza dei sindacati e degli operatori economici sia più importante, e non soltanto limitata ad una conferenza annuale o ad alcune riunioni che restano un po' estranee alla vita effettiva di tutta la Comunità. noi riteniamo che i grandi problemi dei sindacati (come è stato assunto — su richiesta dei sindacati stessi — dalla Comunità nelle sue ultime riunioni), come quello della riduzione degli orari di lavoro, debbano essere visti comunitariamente, in modo che non si creino delle divergenze che, invece di aiutare le perequazioni, possano allontanare ulteriormente tra loro le condizioni dei paesi membri della Comunità. si è domandato ancora se si può essere (e la risposta certamente è positiva) fautori della Comunità anche se non si è nel sistema. nessuno può fare una coincidenza pura e semplice delle due entità, però dobbiamo dire che — a differenza del « serpente » , che è un fatto intergovernativo — il nuovo sistema monetario è un fatto comunitario, e come tale non può che essere vissuto in maniera profondamente diversa rispetto a quello che è stato un fatto — come ha detto giustamente l' onorevole La Malfa — quasi tecnico, più da Banca Centrale che da « politica del serpente » . vorrei fare altre due osservazioni su temi che ho annotato durante questo dibattito. ho già detto dei motivi psicologici, politici ed anche della tranquillità tecnica che stanno a monte della nostra decisione di ieri; vorrei ripetere qui che costituirebbe un grave pericolo la nostra mancata adesione. questo abbiamo potuto valutarlo negli ultimi giorni in maniera assai preoccupante: mi riferisco al pericolo di dare la sensazione di una mancanza di fiducia nella nostra volontà di procedere verso il risanamento e verso il rilancio della nostra economia, con i grandi obiettivi dell' occupazione e del Mezzogiorno, legati strettamente ad una riduzione del tasso di inflazione . vi era, in più, il rischio di un' attesa di sei mesi, periodo che rappresenta la fase sperimentale, come previsto nel testo di questo « sistema » , per rettificare o per migliorare determinate cose; vi era il rischio di non essere nel sistema, perché verificare se le norme fissate per la simmetria degli oneri delle monete forti e di quelle deboli funzionino in modo sodisfacente non è ipotizzabile quando, anche con una condotta volontaria — come ha detto il Primo Ministro Callaghan — , si segua poi una politica al di fuori degli obblighi giuridici della sottoscrizione. noi ci siamo battuti per un accordo monetario che comprendesse tutti, anche nell' ultima sessione, proprio perché siamo tutti interessati nel senso più nobile di questa parola, ma anche nel senso più pratico, a che non prevalgano in Inghilterra delle tendenze anticomunitarie; abbiamo voluto che, tra gli esperti cui è stato dato il compito di riconsiderare il modo di procedere della Comunità, anche in previsione dell' allargamento, vi fosse proprio un rappresentante dell' Inghilterra ed abbiamo ritenuto importante appoggiare questo, anzi, in un certo senso, è stato qualcosa di più di un appoggio. si è parlato ancora dell' Europa a due velocità. ho detto ieri che la classifica, la catalogazione dei paesi non è data solo da un fatto esteriore, di adesione o no ad un sistema, ma è data da una coerenza di carattere generale nei comportamenti di tutti i giorni; sia nei grandi sia nei piccoli comportamenti. mi sembra che nessuno abbia criticato, e anzi sia stato lodato l' aver ottenuto, trattando, dei margini più larghi; nel margine più ristretto non avremmo potuto comunque aderire al sistema. ma certamente, se fosse partita questa Europa di serie A , forse avremmo perduto una importante occasione non di prestigio, ma di realtà, di ancoraggio della nostra politica e della nostra situazione economica e sociale. vorrei fare un' ultima considerazione: qualcuno ha ricordato che alle origini, sia nel momento della liberalizzazione degli scambi, sia nel momento della creazione della comunità economica , vi erano non solo delle forti opposizioni politiche per alcuni dei motivi che ieri ho ricordato e che si sono poi superate, ma anche delle forti, direi quasi generalizzate, obiezioni di carattere economico. il consuntivo non è affatto negativo e il tasso di crescita dell' Italia, dal momento in cui è entrata nella Comunità fino all' anno scorso , pur essendo nell' ultima fase diminuito in seguito alla crisi petrolifera, è un tasso che ha una media, in tutto il periodo della Comunità, del 4,10 per cento , superiore a quella di quasi tutti gli altri paesi, salvo quelli che marciano a ritmi assolutamente da noi, almeno per il momento, non pensabili. potevamo fare di più noi all' interno e nella Comunità? credo, di sì, ma dobbiamo tener conto che questa possibilità comunitaria rappresenta una spinta e deve rappresentare sempre di più una solidarietà. non condivido l' opinione di chi vede in tutto questo una specie di grande cerimonia, fatta soltanto per non so quale ossequio nei confronti di uno dei paesi, e pensa che il beneficiario debba essere il marco. certo, nell' immediato, la posizione del marco tedesco è estremamente forte, ma noi siamo convinti (e su questo credo non vi siano delle divergenze) che tale forza rimarrebbe anche indipendentemente dal sistema monetario . ma io ritengo che l' idea non sia quella delle banche; è l' idea di una linea politica, che pensa che avere un marco sempre più forte, ma con vicini e soci che si indeboliscano progressivamente, non rappresenterebbe un interesse per la Germania, e probabilmente, facendo rinascere tutta una serie di tendenze contro la Germania, porterebbe a sconvolgimenti molto più gravi di quelli solamente monetari. vorrei concludere ripetendo che la nostra è stata una scelta meditata e sofferta, ma siamo convinti di aver adottato quello che era nella linea giusta. qualcuno ha polemizzato sulle idealità. guai certamente a prescindere dai computi tecnici, ma guai anche a quanti non sanno seguire, anche nella loro azione pubblica, l' attrazione dei grandi ideali. forse anche la storia di quest' Aula ci insegna come in qualche momento lontano la prudenza non fu una virtù. noi crediamo di aver fatto il nostro dovere. ci auguriamo che questo non solo corrisponda alle finalità di rafforzamento e di sostegno del nostro apparato economico e di lavoro, ma ci auguriamo anche che non crei complicazioni di carattere politico, che riteniamo non gioverebbero certamente, fuori o dentro il sistema, ad aiutare quelli che sono gli interessi del nostro popolo. proprio per avere la coscienza di aver fatto il nostro dovere, noi possiamo dire qui di essere comunque interamente sodisfatti.