Ugo LA MALFA - Deputato Maggioranza
VII Legislatura - Assemblea n. 383 - seduta del 13-12-1978
1978 - Governo I Berlusconi - Legislatura n. 12 - Seduta n. 7
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , come uomo al quale si attribuisce una qualche competenza tecnica, devo dare ai miei colleghi giustificazione per il fatto di aver dato prevalente importanza al fatto politico rispetto al fatto tecnico. noi sappiamo tutti, onorevoli colleghi , che questo sforzo di costruzione europea ha attraversato, negli ultimi tempi, una fase estremamente delicata. tutti abbiamo avuto la consapevolezza che o si riusciva a fare un passo avanti, o saremmo rapidamente tornati indietro. come forze del Parlamento europeo , noi abbiamo chiesto ai capi di governo , ai rappresentanti degli Stati, uno sforzo per uscire da questa situazione. dirò che quando ho sentito molti dei miei collegi che frequentavano il Parlamento europeo proporre arditi progetti di avanzamento, quasi sempre io sono rimasto silenzioso, perché considero ed ho considerato sempre che il primo apporto all' avanzamento della costruzione europea sia quello di porre il proprio paese nelle condizioni migliori possibili per perseguire obiettivi europei. una spinta ad andare avanti, comunque, c' è stata, e ce ne dobbiamo assumere la responsabilità tutti, e non soltanto la Democrazia Cristiana , o i liberali, o i socialdemocratici, o i repubblicani, ma anche i colleghi comunisti ed i colleghi socialisti. la Comunità, del resto, quando ha presentato una relazione sul sistema monetario europeo , nella persona del suo presidente, ha dato una indicazione ai capi di Stato e di Governo dell' aspirazione profonda della Comunità in sé considerata, che più di ogni singolo Stato poteva sentire la situazione difficile in cui ci si andava a collocare. ebbene, io ho seguito con grande attenzione il dibattito, ed ho sentito esprimere la preoccupazione del come e dove noi ci lanciamo. ma voi credete, onorevoli colleghi , che il compito del presidente della Repubblica francese sia stato facile? credete che egli non abbia rischiato nulla, che si senta in una posizione così forte, per cui quello che per lui è facile è per noi estremamente difficile? chi conosce la condizione politica della Francia sa che il presidente Giscard ha sfidato la sua maggioranza gollista sul terreno di un avanzamento dell' Europa, e ha sfidato un partito comunista che, a differenza del nostro, non mostra nessuna propensione a partecipare alla vita europea. ebbene, un uomo che, come lui, si trova al vertice dello Stato e che rischia tutto il suo avvenire politico sulla carta europea non merita forse la nostra considerazione, al di là di ogni valutazione degli aspetti tecnici del problema? guardiamo dall' altra parte. troviamo il cancelliere Schmidt, e troviamo facile qualche volta financo parlare di « germanizzazione » dell' Europa. io vorrei che questo termine sparisse dal nostro linguaggio, perché se poteva essere appropriato in un' altra epoca storica, — sarebbe ingiusto e immorale farlo valere in questa situazione. anche Schmidt dall' alto della potenza del marco, avrebbe potuto rifugiarsi in se stesso . la Germania è lo Stato più forte dal punto di vista economico e monetario: perché rischiare? anch' egli, infatti, rischia, anch' egli può fallire, perché anche nel suo paese si può pensare ad un rischio che potrà essere pagato dal punto di vista politico. non collochiamoci quindi in due diverse sfere di valutazione del problema. si dice che in definitiva questo Sme ha finito con il rappresentare quasi il prolungamento del serpente monetario. colleghi, se vi domandassi chi ha creato il serpente monetario mi sapreste dare una risposta? il fatto è talmente tecnico che nessuno di voi sa da dove è originato. forse alcuni di noi — onorevole Spaventa — sanno che il vecchio « serpente » deriva da un accordo fra banche centrali. possiamo quindi vedere il trapasso che si è registrato dal serpente monetario ad un impegno politico in cui noi giochiamo una carta rischiosa, ma la giochiamo meno di quanto la giochi il presidente della Repubblica francese o di quanto la giochi il cancelliere della Repubblica federale ? noi siamo deboli, ma forse la Francia, rispetto alla Germania, si sente in condizione di forza? forse non esiste un rapporto tra la Francia e la Germania? non c' è un rapporto tra il Benelux e la Germania? possiamo noi ridurre la considerazione del problema ad un livello che non sia prima di tutto una valutazione politica? che cosa può significare, onorevoli colleghi , lasciar fallire questo disegno? esso può anche fallire, ma non vorrei che si dicesse che lo Sme è fallito perché non abbiamo avuto coraggio, perché noi, al momento opportuno, non abbiamo dato l' appoggio a coloro che si esponevano politicamente. si dice che gli altri si espongono perché sono certi del loro avvenire. avvenire del paese, non avvenire di uomini politici impegnati. voi, onorevoli colleghi , preferireste una situazione in cui si possa dire che, nel momento in cui si compie un passo avanti, o si tenta di compierlo, sia mancato l' appoggio dell' Italia? se questo passo avanti non fosse compiuto sarebbe la fine, dell' obiettivo di fare avanzare la Comunità. se non cogliamo questa occasione credete forse che dopo qualche mese o qualche anno ci verrà riproposta? e chiaro che se questo passo fallisse anche quelli che abbiamo compiuto fino ad ora fallirebbero inesorabilmente. d' altra parte voglio essere il più realista possibile: se noi rimaniamo fuori dello Sme, rimane il serpente monetario. rimane, quindi, una situazione che riguarda alcuni paesi della comunità . ma se noi andiamo dentro ed il meccanismo che abbiamo creato fallisce — vi pongo anche l' ipotesi estrema di una nostra uscita tra sei mesi — non falliamo soltanto noi, onorevoli colleghi ! fallisce il cancelliere tedesco, fallisce il presidente della Repubblica francese, falliamo tutti! allora sì che il problema dell' Italia è sul tappeto; in quel momento il problema dell' Italia diventa un problema comune. questo non vuol dire, onorevoli colleghi , che a noi sia consentito di fare qualunque politica, la politica che ho sempre severamente condannato; e quindi, da questo punto di vista , la mia coscienza e quella del gruppo al quale mi onoro di appartenere non è tra quelle che debbano farsi autocritiche. non ci è chiesto se non quello che abbiamo scelto in via autonoma. noi ci siamo presentati con il piano Pandolfi come strumento, come impegno, come garanzia della sola politica di severità che potevamo fare. non abbiamo detto che nel giro di un anno la nostra inflazione dal 13 sarebbe caduta al 3 per cento ; ma dopo 3 anni noi abbiamo preso l' impegno di andare al tasso di svalutazione della Francia. e agli amici, al collega Cicchitto, al collega Napolitano e al collega Spaventa, che ho ascoltato con molta attenzione, devo dire che questo impegno di rientrare dall' inflazione nel giro di 3 anni per raggiungere il tasso dell' 8 per cento ci espone sempre a quei rischi. si dice: prendiamo sei mesi! ma noi ribattiamo che al settimo mese, se è vero che la lira è debole, su di essa si può concentrare la speculazione. questo può avvenire dopo sei o dopo sette o dopo otto mesi; questo può sempre avvenire nel corso dell' attuazione del piano Pandolfi. ma noi riteniamo che, essendo la sorte futura della Comunità legata al successo dello Sme, le condizioni difficili di un paese saranno guardate al momento necessario con grande attenzione e con spirito di solidarietà. onorevoli colleghi , noi dobbiamo stare attenti, perché sembra che i problemi difficili siano solo i nostri. noi abbiamo il governatore della Banca d'Italia , ma anche il presidente della Repubblica francese ed il cancelliere della Repubblica federale di Germania hanno i loro governatori. ma che cosa dà a me, che non sono abituato all' ottimismo, fiducia? non bisogna anticipare troppo la richiesta di garanzie per le situazioni difficili; bisogna che noi facciamo il nostro dovere attraverso il piano Pandolfi: questo sì, perché è un impegno preso in sede europea. niente di più ci si chiede del piano Pandolfi in cui ci siamo impegnati. e se nell' ambito della sua attuazione troviamo difficoltà, il sistema non potrà non aiutarci. ma non potremmo pretendere aiuto quando ci abbandonassimo ad una politica disinvolta sperando di fare ricadere le conseguenze su altri paesi. evidentemente attraverso questa via non si costituisce l' unità dei popoli europei ; evidentemente ognuno di questi paesi ha preso un impegno di politica serio e non credo che nessuno di essi possa essere costretto ad una politica di controllo dell' inflazione nello sviluppo. se il congegno deve operare come mezzo di avvicinamento delle politiche economiche dei singoli paesi, è chiaro che una costrizione di questo genere determina reazioni che pongono in discussione il sistema. ma non anticipiamo troppo, non siamo troppo garantisti, non mettiamoci nella prospettiva che solo noi abbiamo dei terribili problemi e che gli altri (quelli che fanno uno sforzo politico, che hanno dei parlamenti, che hanno delle banche, che hanno una opinione pubblica ) siano lì a distribuire a dritta e a manca, ed a garantire tutto. lo spirito comunitario si esprime attraverso uno sforzo comune. devo dire poi che i limiti del nostro impegno sono conosciuti, il cancelliere li conosce, gli altri paesi li conoscono; noi non abbiamo promesso una deflazione, abbiamo presentato un quadro ed entro questo quadro ci riteniamo impegnati. capisco, anche se non ne conosco il tenore, che essendoci un impegno politico prima che un impegno tecnico ci siano state delle telefonate; capisco che il presidente del governo danese scriva una bellissima lettera al presidente del Consiglio , perché è chiaro che la consapevolezza della situazione di ogni paese non può che maturare rispetto a situazioni reali. naturalmente ci saranno trattative e difficoltà, ma noi abbiamo fiducia. ho ascoltato con molta attenzione i discorsi tecnici che qui si sono tenuti ma, collega Cicchitto, collega Napolitano, vi dirò che cinque o sei mesi di tempo non cambiano nulla dal punto di vista dei rischi. voglio aggiungere poi anche un' altra cosa. voi stessi sapete che fra sei mesi è stabilito che si rivedrà, in base all' esperienza, che cosa bisogna fare. evidentemente, o fra sei mesi questo passo avanti manca ai suoi obiettivi e allora ci saluteremo tutti e ognuno riprenderà la marcia nazionale non certo trionfante; oppure il congegno avrà operato, anche se qualcosa occorrerà rivedere. in quella occasione noi sapremo che cosa è accaduto al sistema monetario . non siamo così pessimisti da pensare che entro sei mesi noi perderemo tutte le riserve, e saremo quindi in condizione catastrofica. non mi pare che si possa vedere così il problema. devo dire però, onorevoli colleghi — avendo ascoltato con estrema attenzione il discorso dell' onorevole Spaventa e quelli di tutti coloro che si sono addentrati su questo terreno e tra gli altri il brillante discorso dal collega Magri, brillante ed astratto — di avere avuto l' impressione — e questo mi ha disorientato che noi dobbiamo ancora fare un serio dibattito sulla politica economica . noi non abbiamo approfondito i problemi della politica economica , sia dal punto di vista interno sia del punto di vista internazionale. quando sento parlare delle multinazionali che vanno sui mercati del terzo mondo , onorevole collega Magri, devo rilevare che qui si tratta, del rapporto tra società di massa dei paesi industrializzati e le società del terzo mondo : non il capitalismo si colloca qui, ma una situazione più profonda, che va verificata: cos' è il tenore di vita , di produzione delle masse delle società industriali rispetto alle masse dal terzo mondo e quali sono i rapporti reciproci. d' altra parte, lasciatemelo dire, siamo forse riusciti a risolvere il problema, noi, all' infuori della Comunità, del rapporto fra le zone sviluppate del nord e quelle del Mezzogiorno? e noi abbiamo avuto anni in cui potevamo risolverlo! ma non siamo stati capaci di impostarlo nel modo in cui era necessario. abbiamo vissuto in noi stessi il rapporto tra una zona altamente sviluppata e le zone meridionali. lasciatami dire che non siamo diventati così deboli da essere assimilati alla Grecia o alla Spagna. abbiamo nel nostro territorio il rapporto tra una società sviluppata ed una società arretrata. ho sempre detto, infatti, che la Valle Padana si colloca più nel centro dell' Europa che nell' Europa mediterranea quale io la conosco. la verità è che non abbiamo risolto questo problema, e se andiamo ad approfondirlo dobbiamo badare molto a quello che è il vero rapporto tra le società industriali avanzate e le zone arretrate; fra le zone sviluppate in cui i consumi si sono svolti verticalmente rispetto alle società del terzo mondo . del resto, onorevoli colleghi , che cosa è avvenuto nel nostro paese? noi, abbiamo sviluppato verticalmente il potere di acquisto e di consumo della società industriale più avanzata del nostro paese, mentre avevamo il dovere di sviluppare orizzontalmente il potere di acquisto e di consumo se volevamo riequilibrare la nostra situazione. abbiamo, quindi, dei problemi interni da esaminare con estrema attenzione. se dovessimo perciò addentrarci in una discussione di questo genere, che forse è necessario e che darebbe un significato al piano Pandolfi spenderemmo molto tempo. ma sarebbe bene che il Parlamento italiano, che ha avuto momenti elevati di discussione, anche se non recenti, su indirizzi di politica economica , dedicasse, signor presidente della Camera, qualche seduta a questi problemi. sono, infatti, stimolanti i discorsi fatti proprio in occasione della discussione sull' entrata nel sistema monetario europeo ; questo dibattito — che io ho attentamente seguito — ci è servito proprio per analizzare alcuni problemi. se è vero che questa è una politica di solidarietà nazionale, non possiamo aver aperto un dibattito senza che questo porti a conclusioni che spieghino le ragioni di tale politica. onorevoli colleghi , di questo infatti si tratta. che cos' è la politica di solidarietà nazionale se non si riesce attraverso discussioni e dibattiti a trovare un programma comune per tirare fuori il nostro paese dalla crisi? abbiamo commesso certamente degli errori: ella, onorevole presidente del Consiglio , come del resto anche io; gli aspetti rilevanti della discussione forse non sono stati messi a punto tempestivamente e, quindi, possiamo avere la responsabilità rispetto alla politica che abbiamo cercato di sviluppare e per la quale abbiamo assunto, noi repubblicani, per intero la responsabilità. e l' abbiamo assunta tanto intera che ne abbiamo pagato lo scotto con campagne di stampa violentissime, che ci sono costate qualche cosa. d' altra parte, devo dire ai colleghi comunisti che io ero quasi sicuro della loro adesione allo Sme, non perché, onorevole Napolitano, non sapessi che il gruppo parlamentare europeo del partito comunista lavora, ma perché questo è un momento decisivo per l' avanzamento della costruzione europea. onorevole presidente del Consiglio , ella ha ricordato il 15 marzo 1957, data nella quale entrammo nella Comunità; ma ella, pur essendo più giovane di me, ha vissuto altri momenti. io ricordo, onorevole presidente del Consiglio , il Consiglio dei ministri che autorizzò il ministro degli Esteri Sforza a firmare — mi pare l' 8 aprile 1951 — il trattato relativo alla Comunità del carbone e dell' acciaio : a sei anni dalla Liberazione, onorevoli colleghi , quel Consiglio dei ministri per primo dette il contributo dell' Italia alla fondazione dell' unione dei popoli europei . vorrei che leggessimo, con l' amico Spinelli, federalista, il preambolo di quel trattato sulla Comunità del carbone e dell' acciaio , che è il più bello che sia stato scritto in materia. questo è un primo momento che non si può cancellare dalla mia memoria. ma ne voglio ricordare un secondo: nell' agosto 1951, con l' appoggio di tre uomini ai quali va il mio profondo rispetto (l' onorevole Alcide De Gasperi , presidente del Consiglio , l' onorevole Ezio Vanoni, ministro delle Finanze , Donato Menichella, il più grande governatore della Banca d'Italia , maestro di Paolo Baffi), l' allora giovane ministro del Commercio con l' Estero in dieci minuti fece approvare dal Consiglio dei ministri l' apertura delle frontiere al commercio internazionale e l' abbassamento dei dazi del 10 per cento . ebbene, onorevoli colleghi , come la Comunità del carbone e dell' acciaio aveva suscitato le preoccupazioni, le grida di allarme della siderurgia, la liberalizzazione degli scambi determinò ancora più gravi reazioni e il giovane ministro del Commercio con l' Estero sofferse un amo di attacchi furibondi. eppure, lasciatemi ricordare che, quando il ministro Erhard, lo autore del miracolo economico tedesco, venne alla Fiera di Milano nel 1952, ebbe a dire, giacché l' Italia era stata la prima ad aprire le frontiere: « come avete trovato questo coraggio? » . nell' organizzazione economica per la cooperazione europea — l' OECE — che precedette di molti anni la costituzione della Comunità del carbone e dell' acciaio , l' Italia si presentò come il primo paese che avesse aperto le frontiere. di questi precedenti, onorevoli colleghi , non dovete tenere conto? e che cosa chiedo? non chiedo di riguardare questo passato, che ormai è lontano, non chiedo di pensare alla Comunità del 1957, non dico, onorevoli colleghi comunisti, che non siate stati presenti nel Parlamento europeo , ma ho sperato che foste stati presenti in questa grande giornata in cui, con tutti i suoi rischi, un passo in quella direzione si poteva compiere con lo sforzo di tutti. c' è stata mancanza da parte nostra nel rendere estremamente chiari ed evidenti gli aspetti politici e se volete — come diceva l' onorevole Galloni — ideali, del problema. questo io mi aspettavo; queste potevano essere le due grandi giornate europee del Parlamento, di tutto il Parlamento; potevano essere le due grandi giornate europee di tutte le forze che oggi contribuiscono alla politica di solidarietà democratica. non faccio responsabilità ad alcuno per la nostra incapacità di sapere, di comprendere i termini del problema, come noi li viviamo: li viviamo come tradizione e come coscienza attuale. e stata la nostra insufficienza a determinare incomprensioni. ma se noi abbiamo dovuto compiere, a nome del gruppo, un atto deciso (di cui quasi mi posso scusare adesso) è perché abbiamo visto non solo mettere in forse un passato, che ha fatto sì che il nostro da paese agricolo, depresso, autarchico, con industrie protette, diventasse, come io spero possa ridiventare, una grande potenza industriale moderna, aperta agli scambi, capace di coraggiose iniziative. non possiamo, onorevoli colleghi , esimerci dal fare con gli altri questo sforzo; non possiamo assumerci la responsabilità di mancare — qualunque sia la nostra condizione — a questo appuntamento. come noi oggi ci siamo impegnati in questo dibattito, — ci impegneremo domani a conti; mare lo sforzo, a discutere, a trattare, ma senza perdere di vista il fatto che se falliamo, falliamo tutti. se questa Europa non riesce a realizzarsi come unità contro le spinte particolari, viene a mancare un grande momento della storia europea, ma viene a mancare anche un grande momento della storia del mondo.