Giulio ANDREOTTI - Presidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
VII Legislatura - Assemblea n. 382 - seduta del 12-12-1978
Sullo SME
1978 - Governo IV Andreotti - Legislatura n. 7 - Seduta n. 382
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , questa discussione, che secondo il nostro calendario avrebbe dovuto rispondere anche al quesito sulla nomina del nuovo ministro dell' Industria , fatta isolatamente in quanto dai contatti avutisi si era scartata l' ipotesi, prima affacciata, di un rimpasto governativo, viene ad essere destinata ad un problema più importante che incombe. quando il 25 marzo del 1957 il presidente del Consiglio Segni e il ministro degli Esteri Gaetano Martino apposero per l' Italia la firma al trattato istitutivo della comunità economica europea, insieme ai rappresentanti della Francia, del Belgio, dell' Olanda, della Germania federale e del Lussemburgo, si avverava un grande disegno innovatore maturato nel dopoguerra attraverso sofferti tentativi all' insegna della cooperazione e della pace ed avente le sue antiche radici nelle migliori correnti del nostro Risorgimento. alla, convinta meditazione e nei fermi propositi degli assertori più attenti di questi dilatati orizzonti nazionali si ponevano alcune essenziali prospettive. le premesse del trattato avevano fissato precisi traguardi; l' unione sempre più stretta fra i popoli europei ; uno sforzo comune per assicurarne il progresso economico e sociale ; il miglioramento costante delle condizioni di vita e di occupazione; una azione concentrata per garantire stabilità nella espansione, equilibrio negli scambi e lealtà nella concorrenza; lo sviluppo armonioso delle singole economie riducendo le disparità fra le differenti regioni e il ritardo di quelle meno favorite; la soppressione progressiva delle restrizioni agli scambi internazionali. nessuno poteva certamente pensare che un fecondo rivolgimento di tale ampiezza potesse attuarsi in un breve volger di tempo. e a chi fosse portato a scandalizzarsi perché sussistono tuttora profonde differenze, dovremmo richiamare alla considerazione le divaricazioni che dopo più di cento anni di unità italiana persistono all' interno dello Stato; né sarebbe ipotizzabile un sistema politico che riuscisse ad imporre un immediato allineamento generalizzato sulle medie nazionali. l' essenziale è il mantenimento di uno spirito propulsivo che con grande impegno e coerenza guidi entro queste direttrici comunitarie e salvaguardi da ogni tiepidezza o deviazione. occorreva però dilatare l' ambito della Comunità, superando gli infiniti ostacoli che ogni operazione del genere comporta. l' Italia sostenne con tenacia l' adesione della Norvegia, della Danimarca, dell' Irlanda e dell' Inghilterra; in particolare, l' assenza della Gran Bretagna privava la Comunità di un apporto essenziale, impedendo che si realizzasse la rivincita storica sulla predicazione di un distacco ed in alcuni momenti di una odiosa avversione continentale che non si erano del tutto spenti con il cadere delle dittature fascista e nazista. il 1° gennaio 1973 Inghilterra, Danimarca e Irlanda divenivano membri della Comunità. successivamente — rimosse le difficoltà politiche di fondo — iniziavano i preliminari del negoziato per l' allargamento alla Grecia, alla Spagna e al Portogallo. e un processo che si sviluppa e che va valutato insieme agli accordi di associazione alla Cee e di cooperazione di 63 paesi del Mediterraneo, dell' Africa e d' oltre oceano, con un dato di novità che non ha precedenti. ma c' è di più. coerenti con l' iniziale appello a tutte le genti dell' Europa occidentale animate dagli stessi ideali di difesa della pace e della libertà, i paesi della Cee hanno posto ogni cura per mantenere e intensificare in tutti i campi i migliori rapporti con l' Unione Sovietica e con i paesi dell'est , partecipando altresì attivamente all' appassionato esercizio che da anni si svolge per i sèguiti della conferenza per la cooperazione e la sicurezza europea. se tutto ciò è corrispondente alla dinamica esterna della Comunità, va aggiunto che una condizione interna italiana rese per un certo tempo parziale la nostra partecipazione. specifiche posizioni ostili e lo impatto di una totale contrapposizione politica restrinsero nel 1958 ai deputati e ai senatori della maggioranza la partecipazione all' Assemblea parlamentare europea. soltanto il 21 gennaio 1969... no, si votava a maggioranza; i missini vi furono successivamente quando si fece l' accordo generale. stavo dicendo che soltanto il 21 gennaio 1969 veniva mutato il metodo di designazione e, a seguito di un accordo generale, ogni gruppo poté inviare al Parlamento europeo propri rappresentanti. era il punto forse meno adatto per farmi un' interruzione, onorevole Pajetta. considero di grande importanza questa data, che ha offerto a tutti la possibilità di superare pregiudizi, conoscere le istituzioni comuni, esercitare una legittima influenza, affermare — ed è stata opera precipua degli italiani — la parità effettiva, senza più sottovalutazioni o pratiche discriminazioni. non starò ora a fare un consuntivo dell' attività della Cee, nelle diverse direzioni. abbiamo più volte rilevato insufficienze e indicato difetti da correggere: ma nessuno può negare — pur invocando rettifiche per avviare il pareggio delle disparità strutturali e naturali fra le diverse aree — l' importanza di una politica agricola che mira ad « assicurare un tenore di vita equo alle popolazioni rurali, grazie, in particolare, al miglioramento del reddito individuale di coloro che lavorano nell' agricoltura » . nessuno può sminuire l' importanza dei sostegni contro gli squilibri delle bilance dei pagamenti né delle iniziative assunte per alcuni coordinamenti delle politiche economiche . a nessuno, pur caldeggiando dotazioni di bilancio più consistenti, è lecito contestare l' importanza del fondo sociale per i lavoratori, per i quali il trattato, più in generale, prevede il miglioramento delle condizioni di vita e la parificazione del progresso, in un indirizzo globale di funzionamento del mercato comune tale da favorire l' armonizzarsi dei sistemi sociali, la mobilità geografica e professionale dei lavoratori e il ravvicinamento delle disposizioni legislative e amministrative. una stretta collaborazione tra gli stati membri è prevista in un arco più vasto per le materie riguardanti: l' occupazione; il diritto al lavoro e le condizioni di lavoro; la formazione e il perfezionamento professionale; la protezione contro gli infortuni e le malattie professionali; l' igiene del lavoro; il diritto sindacale e le trattative tra datori di lavoro e lavoratori. nessuno negherà l' importanza del fondo regionale — anche qui, a prescindere dall' entità delle voci di bilancio — per interventi a sviluppo delle zone più arretrate dei nove paesi. ancor meno discutibile è l' intervento, in molteplici settori, della Banca europea per gli investimenti, che ha promosso iniziative per 10.602 miliardi di lire , di cui più di 8.000 miliardi nell' Italia meridionale e insulare. soltanto nell' ultimo anno la Banca europea , fino a tutto ottobre, aveva concesso finanziamenti per 908 miliardi (di cui quasi l' 83 per cento , pari a lire 756 miliardi, per investimenti nel Mezzogiorno). una certa sproporzione tra la realtà e le ansie per un « dover essere » della Comunità ai fini del raggiungimento dell' intera gamma di obiettivi di perequazione e di sviluppo torna di frequente ad emergere. i colleghi che hanno fatto o fanno parte del Parlamento europeo più degli altri — senza distinzione di parte avvertono sovente la spinta perché si faccia di più. ed in questo senso va vista la decisione del Consiglio europeo di Brema nel luglio scorso. riprendendo una idea emersa nel precedente Consiglio di Copenaghen in tema di stabilizzazione monetaria, a Brema si inquadrò esplicitamente questa in un rilancio del grande disegno economico-sociale sottostante all' impostazione del trattato di Roma . in tale luce noi abbiamo visto e vissuto il negoziato per il nuovo sistema monetario , dedicandovi la massima energia attraverso una fitta serie di contatti a tutti i livelli mai orientati da esclusiva tutela di interessi italiani, ma ispirati sempre allo sviluppo della Comunità nel suo insieme, dal quale soltanto ci attendiamo una efficace promozione italiana. la riunione di Bruxelles ha solo in parte sodisfatto le aspettative che era lecito nutrire dando l' impressione che si ridimensionassero sia la suggestiva cornice di Brema, sia taluni propositi di concreta solidarietà che erano apparsi realistici nella fase preparatoria. hanno probabilmente pesato in modo negativo le vicende interne di uno dei paesi — parlamentari e politiche — in cui si è registrata una ripresa di diffidenza comunitaria, che per altro negli ultimissimi giorni sembra parzialmente attutita. basti! dire che il cancelliere Schmidt ha dichiarato al Bundestag che il governo germanico era pronto a sacrifici finanziari maggiori, ma che non aveva trovato (si riferiva in particolare agli aumenti al fondo regionale) la necessaria rispondenza. in tali condizioni, e tenuto più che altro conto che anche le modifiche apportate in riunione allo schema di sistema monetario richiedevano una valutazione meditata nelle competenti sedi nazionali, la delegazione italiana si è riservata di manifestare la sua adesione al nuovo sistema comunitario dopo qualche giorno di consultazioni e di studio. nello stesso modo si sono regolate l' Irlanda e l' Inghilterra, benché quest' ultima dichiarasse già a Bruxelles che non si sarebbe impegnata negli obblighi di cambio fin dalla data di partenza, stabilita al 1° gennaio prossimo. le interpretazioni polemiche che da qualche parte si sono volute avanzare non hanno fondamento. era doveroso per il Governo far verificare, come richiesto, gli aspetti tecnici e nel contempo avere gli opportuni contatti politici e parlamentari in aggiunta a quelli precedenti, sia bilaterali sia nelle due Camere (per questi ultimi ricorderò la relazione dei ministri Forlani e Pandolfi il 20 luglio dinanzi alle Commissioni riunite esteri e finanze e tesoro della Camera; l' esposizione del ministro Pandolfi in Aula il 10 ottobre; le dichiarazioni dello stesso ministro Pandolfi e l' audizione del governatore della Banca d'Italia alla Commissione finanze e tesoro del Senato il 26 ottobre). posso dire che né prima né dopo Bruxelles sono state sollevate verso il sistema monetario di cui stiamo discutendo eccezioni mosse da riserve antieuropeiste o da contrarietà al sistema come tale, come pure nessuno ha espresso disimpegno dalla linea di ulteriori riduzioni del tasso di inflazione in una politica non recessiva, secondo gli accordi di Governo e lo schema di programma triennale ormai prossimo alla sua definizione. sono state viceversa mosse da qualche parte riserve, che io mi auguro l' odierna discussione valga a superare, sui tempi di piena accettazione del sistema monetario e sulle misure parallele. al termine della revisione fatta in questi giorni dei testi di Bruxelles, sentite tutte le istanze opportune e competenti, il Governo è in grado di esprimere una responsabile valutazione e di assumere le conseguenti decisioni. la creazione di una zona di stabilità monetaria in Europa è un obiettivo condiviso da tutti i paesi membri della Comunità e da tutte le forze politiche italiane. abbiamo bisogno di una Comunità forte per uscire dalla crisi economica che colpisce, anche se in misura diversa, tutti i paesi industrializzati . abbiamo bisogno di affrontare in un quadro razionale e nella solidarietà comunitaria la lotta contro la disoccupazione, oggi strettamente collegata con il problema della ristrutturazione industriale a livello europeo. l' alternativa è il rafforzamento delle spinte protezionistiche e il risorgere del nazionalismo economico e quindi politico. la creazione di un sistema monetario europeo si inserisce dunque in una strategia volta a contrastare la stagnazione e l' involuzione della costruzione europea. la mancanza di una stabilità monetaria nella Comunità ha già prodotto una visibile conseguenza: gli scambi intracomunitari, che erano costantemente aumentati in misura maggiore degli scambi mondiali dalla creazione del mercato comune , hanno in questi ultimi anni registrato una flessione. con la flessione degli scambi è diminuita anche la crescita economica e quindi l' occupazione. noi vogliamo invertire questa tendenza e combattere nello stesso tempo l' inflazione e la disoccupazione. l' adesione dell' Italia al sistema monetario europeo è coerente con l' impegno del Governo di risanare la nostra economia, diminuendo il tasso di inflazione ed aumentando la crescita economica . se non aderissimo subito, la nostra stessa volontà di raggiungere gli obiettivi sui quali ci siamo impegnati potrebbe venire ad essere messa in dubbio, con gravi conseguenze. la decisione che dobbiamo adottare deve tener conto, in una visione serena e realistica, degli obiettivi che ci eravamo prefissi in questo negoziato e dei risultati raggiunti. abbiamo chiesto ai nostri partners che il sistema monetario europeo dovesse essere flessibile, per consentire a tutti i paesi della comunità di parteciparvi in modo durevole. in questo quadro, abbiamo chiesto una banda di oscillazione più larga di quella del « serpente » per le monete attualmente fluttuanti. abbiamo ottenuto una banda del 6 per cento . abbiamo chiesto che lo Sme fosse diverso dal « serpente » e che pertanto vi dovesse essere una simmetria tra gli oneri delle monete forti e delle monete deboli. abbiamo pertanto richiesto che il sistema contenesse un indicatore di divergenza, basato sullo scudo, che indicasse la moneta che si allontana dalla media ponderata delle altre monete, per stabilire su chi incomba in primo luogo la responsabilità dell' intervento sul mercato dei cambi, l' adozione di misure economiche o il cambiamento del tasso centrale. l' abbiamo ottenuto. abbiamo chiesto che all' indicatore di divergenza venga dato un contenuto reale. quindi, nella sessione del Consiglio dei ministri , dell' Economia e delle Finanze che ha preceduto il Consiglio europeo avevamo votato a favore, con altre sei delegazioni, per una forma in cui si prevedeva che se « eccezionalmente » le autorità responsabili della moneta divergente non avessero adottato le misure previste, esse dovessero informare le autorità degli altri paesi dei motivi del mancato intervento. al Consiglio europeo siamo riusciti a raggiungere l' unanimità sostituendo la parola « eccezionalmente » con l' espressione « in presenza di circostanze speciali » . si è anche convenuto di riesaminare questo problema al termine di sei mesi, sulla base, dell' esperienza acquisita. abbiamo sollevato il problema del « debitore involontario » . si tratta del caso (in cui la Banca Centrale di un paese la cui valuta viene spinta al rialzo interviene sul mercato vendendo la propria valuta ed acquistando una o più valute comunitarie che non divergano dalla media ponderata. abbiamo chiesto che nel comunicato fosse pertanto introdotto un paragrafo che prevedesse l' adozione di regole speciali nei confronti dei saldi accumulati da un paese la cui valuta risulti persistentemente al di là della soglia di divergenza, mentre la valuta del paese debitore non è essa stessa divergente. questa formula, sostenuta da noi e dagli inglesi, non è stata però accolta, anche in presenza di una persistente discordanza di pareri tecnici. si è tuttavia convenuto, nel testo, di riesaminare il problema fra sei mesi. abbiamo chiesto che la « soglia di divergenza » , ossia il punto in cui le autorità della moneta divergente intervengono prima che siano raggiunti i margini estremi della fluttuazione, sia fissata al 75 per cento , dello scarto massimo di divergenza ammesso per ciascuna moneta. ciò significa che le monete divergenti che fluttuano nella banda del « serpente » raggiungono tale soglia al 75 per cento di 2,25, mentre per la lira e per le altre monete attualmente fluttuanti che lo desiderino la soglia di divergenza sarà del 75 per cento del 6 per cento . lo abbiamo ottenuto. abbiamo chiesto che l' ammontare delle risorse del sistema creditizio a breve e a medio termine fosse di 25 miliardi di scudi. lo abbiamo ottenuto. abbiamo chiesto che la ripartizione tra i crediti a breve termine e l' assistenza finanziaria a medio termine (i primi vengono concessi senza condizione, la seconda con condizioni) fosse di 15 miliardi di scudi per i primi e di 10 miliardi di scudi per la seconda. la proporzione su cui è stato possibile trovare un accordo al Consiglio europeo è di 14 ed 11 miliardi. abbiamo chiesto che i regolamenti tra banche centrali per il meccanismo a brevissimo termine — che è di importo illimitato — siano fatti 60 giorni dopo la fine del mese in cui ha avuto luogo l' intervento. al Consiglio europeo è stato possibile trovare un accordo sul termine di 45 giorni. sulle misure economiche a sostegno delle economie meno prospere, che erano definite « essenziali » dal comunicato di Brema, abbiamo chiesto un impegno preciso affinché le politiche comunitarie nel loro insieme (quindi anche la politica agricola comune) contribuiscano alla convergenza dei risultati economici. abbiamo appoggiato al Consiglio europeo un progetto di testo, presentato dal Primo Ministro Callaghan, molto dettagliato nella ricerca di questo obiettivo. questo non è stato adottato. tuttavia nel comunicato finale il Consiglio europeo ha deciso di chiedere alla commissione di studiare il rapporto che intercorre tra una maggiore convergenza dei risultati economici degli stati membri e l' utilizzazione degli strumenti comunitari, in particolare i fondi che sono destinati a ridurne gli squilibri strutturali. i risultati di questi studi saranno discussi al prossimo Consiglio europeo . certo, avremmo preferito una formula più esplicita, ma la strada è comunque aperta per un ampio dibattito su una Comunità che dovrà essere sempre più attenta ad aiutare gli sforzi nazionali per la riduzione degli squilibri sociali ed economici. abbiamo chiesto di aumentare le disponibilità creditizie degli attuali strumenti finanziari della Comunità, in particolare a favore del Mezzogiorno. il Consiglio europeo ha deciso di chiedere alle istituzioni della Comunità ed alla Banca europea per gli investimenti di mettere a disposizione dell' Italia e dell' Irlanda, per un periodo di cinque anni, prestiti a condizioni speciali per un ammontare massimo di un miliardo di unità di conto all' anno (pari a 1.100 miliardi di lire ). anche il Regno Unito potrà beneficiare di queste risorse, ma soltanto dal momento in cui parteciperà pienamente, al sistema monetario . per il momento sia l' ammontare dei prestiti, sia l' ammontare delle risorse destinate ad agevolare questi prestiti, vengono divisi tra l' Italia e l' Irlanda — se aderiscono — in ragione di due terzi e di un terzo. questi crediti saranno assistiti da un bonifico di interesse del 3 per cento . in totale, i crediti per il Mezzogiorno ammonteranno a 3.710 miliardi di lire in cinque anni, con agevolazioni corrispondenti a 750 miliardi di lire per lo stesso periodo. si tratta di crediti aggiuntivi alle attuali disponibilità che sono, come abbiamo già visto parlando della Banca europea , di rilevante entità. avevamo altresì chiesto un aumento delle risorse del fondo regionale, sia perché attribuiamo a questo strumento una grande importanza per l' obiettivo di una riduzione degli squilibri territoriali, sia per tenere conto del voto espresso dal Parlamento europeo . su questo punto non è stato purtroppo possibile trovare l' accordo. ed ora qualche considerazione sul problema della annunciata mancata partecipazione totale del Regno Unito al sistema monetario europeo , che è stato uno dei motivi che ci ha indotto a chiedere una pausa di riflessione, non solo per motivi di valutazione politica, ma anche per vagliare le conseguenze di questa assenza sul funzionamento del sistema. auspichiamo ora che, come ha dichiarato il Primo Ministro Callaghan, il Regno Unito possa aderire a tutti gli elementi dell' accordo di cambio, compresa una condotta valutariamente conforme alle regole del sistema, salvo l' obbligo legale della difesa dei margini. Callaghan ha dichiarato di impegnarsi a mantenere la stabilità della sterlina in una banda di fluttuazione. sin da quando si è delineata la prospettiva di una adesione del Regno Unito all' accordo di cambio, noi abbiamo insistito con i partners comunitari per creare ugualmente un sistema comunitario, in modo da tenere la porta sempre aperta al Regno Unito . al Consiglio europeo siamo andati in questa direzione nei limiti del possibile. la sterlina è nel « paniere » delle monete che partecipano al sistema. Callaghan ha dichiarato di impegnarsi a mantenere la stabilità della sterlina in una banda di fluttuazione. d' altra parte, il Regno Unito non potrà avvalersi dei crediti a brevissimo termine, che sono di importo illimitato. inoltre non potrà fruire dell' aumento dei crediti previsti dal sostegno a breve termine . infine il Consiglio europeo ha stabilito che per i paesi che non partecipano al meccanismo del cambio vi siano soltanto consultazioni reciproche sulle decisioni importanti riguardanti la politica del tasso di cambio. quale è dunque l' alternativa che è davanti a noi? per evitare che si crei un sistema monetario a sei con caratteristiche del tutto diverse dal sistema comunitario attuale, noi dovremmo prendere gli stessi impegni del Regno Unito e rinunciare agli stessi benefici cui ha rinunciato il Regno Unito . un rinvio anche limitato nel tempo della nostra adesione rischierebbe di falsare il funzionamento del sistema, perché quel che è possibile ancora fare a « otto e mezzo » è quasi impossibile fare con sei monete nel sistema del meccanismo di cambio e tre fuori dal meccanismo stesso. la stessa simmetria degli oneri di interventi e di aggiustamento delle politiche economiche per la quale ci siamo tanto battuti non avrebbe più senso. in realtà, con la probabile creazione di un sistema monetario a sei si verrebbe a creare quella Comunità a due velocità contro la quale ci siamo sempre battuti, anche se dobbiamo dire con chiarezza che le diverse velocità sono date non solo dall' adesione o meno al sistema, ma dalle differenze fra i tassi di inflazione; se non riusciamo a portarci sulla media europea è pura retorica la protesta contro l' Europa a due velocità, ipotizzata nel rapporto Tindemans. non vi è contraddizione tra la creazione del sistema monetario europeo e la stabilità del dollaro. in primo luogo perché la stabilità del dollaro è un interesse generale che coinvolge la stabilità stessa di gran parte del mondo, delle nazioni industrializzate come di quelle in via di sviluppo e dei paesi produttori di petrolio. la stabilizzazione del dollaro dipende notevolmente, salva la parte legata a misure speculative esterne, che possono purtroppo assumere dimensioni rilevanti, dalla politica economica degli USA. le recenti misure adottate dal presidente Carter vanno nella giusta direzione e non potranno che) essere intensificate. il problema è dunque di sapere se, nell' ambito della solidarietà con gli USA, noi siamo in grado di contribuire in modo più positivo ad un' azione concertata con la stabilità del dollaro per la creazione di un nuovo ordine monetario internazionale, attraverso la creazione di una vasta zona di stabilità monetaria in Europa, oppure senza questa zona. la risposta è evidente. proprio perché tutti i paesi membri della Comunità sono concordi nel ritenere che la stabilità del dollaro sia essenziale al buon funzionamento dello Sme, la creazione di questo sistema renderà ancora più urgenti e necessari gli sforzi comuni dell' Europa, del Giappone e degli USA per un nuovo ordine monetario mondiale, che è anche un interesse dei paesi in via di sviluppo . la nostra pronta adesione al sistema monetario è un atto di fiducia in noi stessi. sarebbe inoltre ben grave se, nel momento in cui le tre nuove democrazie della Grecia, del Portogallo e della Spagna chiedono di entrare in una Comunità forte e dinamica per salvaguardare le loro libertà, proprio noi, che siamo di questa Comunità un membro fondatore, dessimo la impressione di affievolire i nostri legami, sia pure per breve tempo. il ruolo che noi abbiamo nella Comunità verrebbe a scadere e così pure le nostre possibilità di concorrere, a breve come a medio termine , alla costruzione di una Comunità più forte e più attenta anche alle nostre particolari esigenze. onorevoli colleghi , a queste conclusioni siamo giunti dopo avere valutato tutti gli aspetti ed i rischi, nell' una e nell' altra ipotesi, del complesso problema, senza alcuna forzatura. noi stessi abbiamo fatto fatica per convincerci su alcuni punti. il desiderio che l' Italia sciogliesse in senso positivo la sua riserva ci è stato manifestato nel modo più esplicito, a Bruxelles e dopo, dai consociati della Comunità, apprezzando il nostro sforzo ed assicurandoci la solidarietà necessaria. interpretiamo le assicurazioni che ci sono state date nel senso che il nostro paese non sarà chiamato a subire un sensibile apprezzamento del cambio medio effettivo della lira, soprattutto ove ciò derivasse da spostamenti di fondi verso i poli di maggior forza monetaria in Europa, dovuti a movimenti speculativi contro monete terze. il cancelliere Schmidt, che mi ha personalmente dato la sua impegnativa solidarietà anche stamane, ha pubblicamente dichiarato nei giorni scorsi a Bruxelles che, con lo straordinario miglioramento dal 1976, l' Italia « si è guadagnata il rispetto di tutti ed ha diritto ad un po' di ottimismo » . citerò per gli altri la frase di un lungo e motivato messaggio di incoraggiamento ricevuto ieri dal Primo Ministro danese Jorgensen: « l' idea stessa del sistema monetario europeo implica che comune è la responsabilità nel contribuire a che le difficoltà di un singolo paese vengano risolte in modo che la finalità della cooperazione monetaria, ossia la creazione di condizioni stabili, non si volatilizzi. pertanto, l' adesione allo Sme comporta che un paese membro che, contrariamente alle previsioni, venga ad aver bisogno di ulteriori sostegni, abbia il diritto a che il problema possa di nuovo essere preso in considerazione » . Jorgensen, che si dice certo che i suoi punti di vista vengono condivisi dalla maggior parte dei nostri colleghi del Consiglio europeo , attribuisce « la più grande importanza a che sia l' Italia sia l' Irlanda aderiscano allo Sme sin dall' entrata in vigore del sistema » ; ed aggiunge che la successiva entrata nello Sme di altri paesi non dovrà implicare riduzione dei sostegni all' Italia e all' Irlanda » . dinanzi a questi appelli non possiamo non dire che apprezziamo la generale opinione che, senza una pienezza di partecipazione italiana, qualunque novità comunitaria mancherebbe di qualcosa di essenziale e di caratterizzante. ma è questo un momento di grande impegno globale per chi ha la responsabilità della politica in Italia. non è immaginabile entrare nel sistema monetario che deve assicurare stabilità e sviluppo all' avvenire del paese, senza assumere decisioni che imprimano alla nostra economia una forte tendenza convergente verso le altre economie. ciò vale innanzitutto per il tasso di inflazione , che ha incidenza diretta sul rapporto di cambio. la conferma della nostra serietà e coerenza non è lontana. di qui a non molto, noi dovremo riprendere in Parlamento un discorso che è strettamente connesso con quello odierno dell' adesione al sistema monetario . dovremo recepire il piano triennale e dare il via alle azioni programmatiche nelle quali poniamo il segno del successo di una politica antinflazionistica ma di selezionato sviluppo, che può e deve ad ogni costo essere realizzata. e un debito della nazione verso il Mezzogiorno d' Italia e verso i disoccupati. e, come tale, non consente fughe, disimpegni e furbizie particolaristiche. a chi ha appena il necessario per vivere non chiederemo certo sacrifici, mentre a chi ha di più abbiamo l' obbligo di esigere una pausa nelle pur legittime richieste di miglioramento, a vantaggio di quanti, fino ad ora, sono restati ai margini della società. né sarà mai abbastanza adeguata una politica di severissima giustizia tributaria e di rigore morale che corregga le persistenti posizioni di elevato privilegio, troppo dissonanti da una accettabile convivenza democratica. secondo questi indirizzi, sarà più facile domandare ed ottenere dalla Cee un apporto più equo di risorse. le elezioni del Parlamento europeo della prossima primavera, al di fuori di ogni nominalismo e di ogni malposta preoccupazione, costituiranno certamente una svolta nella quale gli ideali di unità e di solidarietà europea saranno assunti più direttamente dai popoli di ognuno dei nostri paesi e ne verrà una spinta ordinata e fortissima per realizzare in pieno e senza ulteriori ritardi da lettera e lo spirito del trattato di Roma .