Ugo LA MALFA - Deputato Opposizione
VII Legislatura - Assemblea n. 329 - seduta del 21-09-1978
Concernenti gli attentati di Milano e di Roma
1978 - Governo Ciampi - Legislatura n. 11 - Seduta n. 226
  • Attività legislativa

signor presidente , molti dei colleghi che sono intervenuti in questo dibattito hanno osservato che è un segno positivo, nella situazione politica e parlamentare in cui oggi ci troviamo, il fatto che questa importante discussione avvenga in assenza di un clima di contrapposizione ideologica molto marcata per quanto riguarda gli obiettivi della scuola, gli obiettivi di questa particolare riforma e la articolazione che della riforma ha dato la Commissione istruzione. è certo che in una situazione nella quale le maggiori forze politiche del nostro paese si trovassero a scontrarsi con durezza su questo e su altri problemi, diventerebbe assai difficile condurre, come ha condotto la Commissione istruzione o come hanno condotto le forze politiche nelle più varie sedi nel corso di questi anni, un dibattito scevro da pregiudizi sulle cause che hanno condotto la scuola italiana ad una crisi, che è sotto gli occhi di tutti, e sulle linee lungo le quali si può tentare di restituire alla scuola italiana la funzione che è insieme di formazione dei suoi nuovi quadri dirigenti e dei nuovi cittadini, e la funzione di sostegno allo sviluppo di questa società. quindi, in questo dibattito — tranne poche voci isolate — possiamo evitare la ricerca delle responsabilità che hanno condotto alla condizione attuale della scuola e la contrapposizione forzata di schemi di intervento su questa realtà. i colleghi che sono intervenuti — in particolare quelli delle forze della maggioranza — mi pare abbiano insistito su due elementi, che danno un senso al disegno di legge che stiamo discutendo. il primo obiettivo mi pare sia stato definito come quello di restituire alla, scuola un significato e un valore tale che valga a ridurre il senso di estraneità dalla scuola di molta parte o di larghissima parte dei giovani che vi trascorrono otto, dieci, quindici anni. molti colleghi hanno sottolineato come, nelle condizioni attuali, la scuola sia un elemento permanente di crisi della vita politica e sociale nel nostro paese e che in essa si agitino e si determinino condizioni che sono alla. base di fenomeni sociali di estrema preoccupazione. la seconda esigenza che è stata manifestata è quella di cercare di ridurre un certo carattere di inquadramento sociale eccessivo che la scuola tradizionale nel nostro paese ha avuto con la distinzione tra scuole dalle quali si accede all' università, scuole che consentono un inserimento a medio livello nel mondo del lavoro , e infine scuole professionali che condannano definitivamente ad un inserimento sociale di un certo tipo e a certi livelli retributivi coloro i quali sono condannati a questa scelta. il secondo obiettivo contenuto in questa legge, e in particolare nell' articolo 5, è il tentativo di ricomposizione della scuola nel senso di dare ad essa un carattere unitario al cui interno si determini una pluralità di indirizzi non eccessivamente specifica, un numero limitato di indirizzi, accompagnato dal tentativo — sul quale insisto perché ci sembra, oggi, in pericolo se si guardano alcuni emendamenti proposti da altre parti politiche — di dare alla scuola nei suoi primi anni della formazione secondaria, come nella scuola dell'obbligo , un carattere di formazione generale che valga ad evitare ai giovani che entrano nella scuola una scelta che sia determinata dalle preesistenti condizioni professionali, sociali e di reddito delle famiglie da cui essi provengono. ci sembra che in questo disegno di legge , nella sua attuale formulazione se esso non verrà modificato, sia fermo il concetto che l' orientamento dei giovani debba avvenire nella scuola e sulla base di esperienze proprie della scuola, cercando di compensare, di colmare e di evitare che le provenienze di carattere sociale, economico, regionale, geografico, che le condizioni della famiglia e dell' ambiente che esprime il giovane, possano determinare delle scelte che poi condizionano tutta la vita professionale dei giovani, magari contro le loro aspirazioni e il loro possibile orientamento. vi è un terzo elemento che nella originaria proposta dell' onorevole Biasini e degli altri colleghi repubblicani era posto al centro della riforma; è un elemento sul quale abbiamo insistito nel corso dei dibattiti che si sono svolti, su questo problema, nel paese ed in Commissione; è un elemento che a noi sta a cuore e che ci sembra caratterizzare le linee della riforma in esame. mi riferisco al tentativo di identificare il rapporto e il nesso che esiste tra il processo formativo che avviene nella scuola e lo sviluppo, il progresso, l' ammodernamento, l' arricchimento sostanziale della vita di una società industriale e di una società urbana moderna, come è in parte il nostro paese e come aspira sempre più a diventare, nelle intenzioni delle forze politiche e sociali che il paese stesso esprime. è il punto più delicato e più innovatore che a me sembra sia contenuto in questa riforma ma è anche — mi consentano i colleghi di dirlo — quello che incontra più minacce, attraverso l' uno o l' altro emendamento, quello sul quale si è giunti ad un compromesso che possiamo considerare accettabile dal nostro punto di vista , come altre forze politiche considerano detto risultato unitario accettabile rispetto alle loro impostazioni di base. è il punto dal quale temiamo ci si possa discostare. a me sembra che da concezioni pedagogiche rispettabili, ma che sono proprie della cultura di un paese ai primordi dello sviluppo industriale (quelle delle riforme Casati o Gentile), si sia entrati in un altro ambito. che sia cioè penetrata in questo schema di legge l' idea del rapporto che vi è tra la scuola e la crescita industriale, intendendosi per tale la caratteristica propria delle società democratiche avanzate dei nostri anni. nel senso che la scuola non si colloca in astratto come l' eredità della storia di un paese, bensì si colloca — e si deve collocare — come la premessa della trasformazione ulteriore di questo paese. ed è quindi il luogo nel quale una società riflette e fa riflettere i suoi giovani su ciò che è stato il suo passato, ma è anche il luogo nel quale la società prepara la sua trasformazione ed il suo avanzamento nei più disparati campi, dalla cultura alla vita economica, alla vita civile e alla vita artistica. tutto ciò richiede, certamente, come ha detto un collega socialista e come i colleghi del Psi hanno ribadito in un emendamento, che la scuola sia ricca di spirito critico e che l' insegnamento avvenga attraverso il metodo critico. è forse opportuno ripetere che questo è il fondamento di un insegnamento che voglia essere tale! ma è importante sapere a che cosa e su che cosa tale spirito critico si esercita: se sulle forme o sulla sostanza della realtà della società nella quale la scuola opera e forma i giovani. e se si vuole condurre il discorso più avanti, sugli indirizzi della riforma della scuola; se volessimo che questo dibattito, seguito con tanta poca attenzione dai colleghi, avesse la dignità che nella storia della società italiana hanno avuto i dibattiti sulla scuola nel Parlamento liberale e nel corso della prima parte delle discussioni che si sono avute negli anni precedenti al fascismo, dovremmo riuscire ad andare al di là delle declamazioni sulla necessità di collegare la scuola e il mercato del lavoro , o di eliminare l' aspetto classista che ha l' eccessivo « sbrindellamento » degli orientamenti professionali del nostro paese, o il carattere classista del liceo scientifico o classico, che dovrebbero condurre i giovani all' università. dovremmo cercare di raccogliere, di approfondire meglio il nesso tra la formazione generale me la formazione professionale , tra l' apprendimento delle scienze sociali e delle scienze umane e l' apprendimento delle tecnologie e del rapporto con il mondo del lavoro ; cercare di definire meglio in cosa consiste il processo di formazione, e cercare di incorporare nelle linee di questa tendenza (indirizzando anche il Governo nell' uso della delega, quando si tratterà di definire i programmi), i contenuti ed i profili dei nuovi programmi, in modo da tener conto della necessità di una formazione che abbia allo stesso tempo flessibilità rispetto alle esigenze di una società in trasformazione e ricchezza di informazione su ciò di cui tale società in trasformazione ha necessità. insisto su questi problemi, onorevoli colleghi , perché il testo che è stato licenziato dalla Commissione istruzione rappresenta, dal punto di vista del gruppo repubblicano, il massimo di compromesso, per così dire, fra una concezione quale quella che sto cercando di illustrare, e che noi avremmo voluto veder espressa in maniera più spinta nel progetto di legge , ed una concezione, che per certi versi ci sembra più tradizionale, di una scuola nella quale, per la quale, attorno alla quale si guarda come ad un mondo chiuso in se stesso , di cui non si coglie il nesso con la realtà circostante. so anche, dalle molte discussioni che abbiamo avuto, che, ad esempio, i colleghi del partito socialista esperti di problemi scolastici e pedagogici, quando sentono parlare di un' impostazione quale quella da noi richiamata, affermano che noi abbiamo delle preoccupazioni di tipo economicistico, come se noi volessimo rendere la scuola un elemento di sostegno del processo produttivo in quanto tale. ora, innanzitutto c' è da dire che abbiamo qualche difficoltà a capire dove poi porti l' atteggiamento opposto, ed abbiamo anzi presente dove ha portato la pratica dell' atteggiamento opposto in diversi campi della vita nazionale, quasi che il sostegno al processo produttivo significhi il sostegno ad una società più arcaica o più arretrata, e non invece la difesa delle premesse di una società più avanzata, e quindi più libera e con maggiori possibilità. a parte simili questioni, che rientrano nella polemica quotidiana, nella cosiddetta polemica ideologica, di cui si legge tutti i giorni, quando si sente affermare che attraverso l' una o l' altra forma si tratta di superare il sistema capitalistico — e non si capisce poi se si tratti di superare il sistema capitalistico o piuttosto il sistema industriale, per arretrare verso una condizione precedente — vorrei segnalare all' attenzione dei colleghi, che sono così impegnati nel dibattito ideologico, e che sono così attenti ed entusiasti lettori di Proudhon, quello che ha scritto uno storico di ispirazione socialista, Salvadori, oggi su un quotidiano: egli ha detto, in sostanza, che certamente Proudhon aveva in antipatia le concezioni statalistiche di Marx (e forse anche Salvadori ha una certa antipatia per le concezioni di Marx e per le conseguenze che esse hanno avuto nella storia di alcuni paesi), ma che la ragione di tale antipatia sta nel fatto che egli aveva davanti agli occhi non la società industriale che Marx vedeva e capiva (salvo poi a condividere o meno le conclusioni del « capire » di Marx), bensì la società feudale ed agricola, in cui il massimo di espressione organizzata era l' artigianato o l' impresa minuscola. se ne deduce che si guarda oggi — e non vorremmo che si guardasse anche ai problemi della scuola — , con un occhio, che per certi versi può avere da parte nostra qualche simpatia, ad una revisione delle degenerazioni che nascono all' interno di certe concezioni del marxismo e anche un occhio che invece di guardare avanti, a ciò che le società industriali sono diventate in questi cinquanta anni dopo Marx o attraverso le evoluzioni industriali, guarda indietro, a ciò che le società erano al tempo in cui esse non avevano questo fenomeno che è originario di questo secolo e del precedente, che è il grande sviluppo dell' industria, dell' esistenza di grandi masse di lavoratori. queste questioni non sono lontane dal dibattito sulla riforma della scuola secondaria come non sono lontane dal dibattito sul progetto di riforma dell' istruzione professionale, sulla quale devo immediatamente dire che il nostro giudizio è negativo. se il testo della riforma della scuola secondaria non sarà modificato — e dirò in seguito il significato di questa mia affermazione — non ci sentiamo di votare per la riforma dell' istruzione professionale nel testo elaborato dalla Commissione istruzione della Camera dei Deputati . mi appello, quindi, ai partiti della maggioranza di volere riconsiderare a fondo quel problema alla luce di questa considerazioni. in che senso, allora, una scuola collegata al mondo produttivo, alla società industriale? non certo nel senso di una scuola che registri i bisogni del cosiddetto mercato del lavoro , dei bisogni dei profili professionali dell' industria. se l' industria chiede manodopera non specializzata la scuola deve fornire manodopera non specializzata o se chiede tecnici con conoscenze arretrate deve fornire questi tecnici con conoscenze arretrate o non abituati ad un lavoro indipendente. occorre, quindi, una scuola che sappia incorporare, come elementi del suo patrimonio culturale, l' esperienza della vita industriale, della crescita della democrazia industriale nel nostro paese, che sappia portare all' interno dei suoi curricula l' espressione di ciò che è stato il pensiero scientifico e il contributo che esso ha dato alla trasformazione della vita associata della società contemporanea. essa deve dare ai giovani capacità di flessibilità rispetto alla loro specifica attività professionale ma nel frattempo deve anche dare una capacità critica nei confronti del mondo circostante. in questo senso, e non in senso generico, la scuola deve utilizzare un metodo critico, deve guardare le istituzioni, deve abituare i giovani a guardare i fatti e le realtà e non le ideologie che in essa circolano. rispetto a questi fatti circostanti la scuola deve abituare i giovani a guardare al di là di essi, e deve essere sensibile alle trasformazioni che questa società richiede; trasformazioni che si collocano sul terreno economico, istituzionale e civile. ecco lo spirito innovatore della scuola. Oggi noi non tracciamo i programmi della nuova scuola secondaria , dobbiamo indicare nella nostra legge lo spirito e le strutture di una diversa impostazione della scuola. nella nostra proposta di legge prevedevano uno schema un po' diverso, prevedevamo una scuola della durata di quattro anni in cui il primo anno fosse basato su insegnamenti comuni e gli altri tre anni fossero utilizzati per la specializzazione. non volevamo troppa specializzazione proprio per rendere più flessibili i giovani che escono dalla scuola e più disponibili ad ogni esperienza, siamo ad una scuola di cinque anni. ma in questo schema il primo anno rimane dedicato agli insegnamenti comuni, in maniera da utilizzare la scuola come veicolo di orientamento dei giovani, e non già le preesistenti loro condizioni sociali o di famiglia, andando poi progressivamente verso l' insegnamento specialistico. si dovrà allora utilizzare il quinto anno come elemento di passaggio specifico tra la formazione culturale in senso generale, così come si articola nei tredici indirizzi dell' articolo 5, e la formazione professionale in quanto tale, sia che, allo sbocco del quinto anno, si vada verso le professioni, sia che si vada verso l' insegnamento superiore, cioè verso l' università. abbiamo però sentito parlare della possibilità di emendamenti nelle due direzioni; emendamenti che cominciano a introdurre la specificità e le opzioni nel primo dei cinque anni; ed abbiamo sentito avanzare anche l' indicazione che l' area comune debba proseguire nel quinto anno. ma se si imbocca questa strada, allora noi ci domandiamo perché questo quinto anno diventi particolare, e non debba essere integrato completamente nel quadriennio precedente; e dobbiamo tornare alla nostra vecchia proposta (che del resto è più vicina all' esperienza di altri paesi industriali) che la scuola termini a 18 anni, dopo il quarto anno e non dopo il quinto, come avverrebbe secondo il progetto attuale, e cioè a 19 anni d' età. da questo punto di vista , questo è il limite principale che noi poniamo alla discussione degli emendamenti. da esso discende (e del resto è una materia sulla quale c' è stato un certo silenzio in questo dibattito) la questione degli esami di Stato , di cui vogliamo vedere cosa sarà. gli stessi emendamenti che cominciano a circolare. infatti, non contengono indicazioni specifiche sulla definizione degli esami di Stato , a proposito della quale i colleghi conoscono le nostre posizioni. vogliamo sapere se il disegno di legge che scaturisce dall' Aula sia lo stesso che era stato elaborato dal comitato ristretto (sia pure con modificazioni migliorative), ovvero tutt' altra cosa, un elaborato del quale abbiamo pieno rispetto, ma che corrisponde ad una concezione e ad una impostazione di fondo che è diversa da quella del progetto Biasini, che noi siamo impegnati a difendere nelle sue linee essenziali. questo è il limite invalicabile della nostra posizione rispetto a questo disegno di legge : ove si determinasse una condizione di snaturamento di questa concezione, di cui ci sembrava si vedessero affermare nella legge i primi passi , non ci sentiremmo vincolati a un voto favorevole, che per il resto invece annunziamo, nel caso che il disegno di legge rimanga nelle condizioni attuali. esistono poi una serie di problemi che noi illustreremo in sede di esame degli articoli, e che non intendo affrontare adesso. voglio soltanto accennarne due, brevissimamente. il primo è quello della formazione dei lavoratori a proposito della quale noi presenteremo un emendamento all' articolo 18 . mentre siamo fermamente convinti che debba essere non solo consentito, ma incoraggiato il ritorno alla scuola per periodi di formazione che consentano ai lavoratori, a coloro che hanno già un' occupazione, di acquisire qualificazioni superiori, vogliamo che ciò avvenga alle stesse condizioni alla quale queste qualificazioni vengono acquisite dai giovani nella scuola. vogliamo quindi che sia ben definito che cosa si intende con l' espressione dell' articolo 18 che parla di formazione che avvenga nell' ambito dei permessi retribuiti. se non vi fosse, come ho detto, parità di condizioni con i giovani, introdurremmo, nel momento in cui parliamo di una riforma che in qualche modo renda più rigoroso il sistema, in questo stesso documento un altro degli elementi casuali di correzione della condizione della scuola che l' hanno peggiorata negli anni dal 69 al 78 (cosa, del resto, che tutti abbiamo detto, nel corso di questi interventi). una seconda osservazione è relativa all' articolo 22: noi siamo preoccupati per il modo con il quale viene prospettato il problema dell' aggiornamento, per la possibilità che nell' arco di tre anni possano nascere settecento istituti di aggiornamento nei settecento distretti scolastici; per com' è formulato l' articolo, si va verso questa esperienza. si corre il rischio di avere una situazione nella quale si porrà il problema di fare l' aggiornamento di coloro i quali fanno l' aggiornamento nei settecento distretti scolastici; perché abbiamo qualche dubbio che esista la possibilità di programmare in modo serio l' aggiornamento degli insegnanti. onorevoli colleghi , anche qui troviamo nei problemi della scuola questioni che poi dobbiamo affrontare nel dibattito politico in altri campi tutti i giorni. quando poniamo il problema del coordinamento dell' aggiornamento scolastico tra distretto e distretto, incontriamo gli stessi problemi che concernono poi l' autogestione dei servizi pubblici dei diversi comuni del paese o il rifiuto di qualsiasi sforzo di programmazione della spesa pubblica , che passa attraverso i canali delle regioni, dei comuni e dei comprensori. se non stiamo attenti, invece di introdurre principi di programmazione, introduciamo elementi di disgregazione delle strutture che noi vogliamo conservare. vi è quindi un problema di bilanciamento tra ciò che deve essere fatto a livello di base e ciò che deve essere programmato nel suo complesso. un terzo argomento è relativo al fatto che noi guardiamo sempre con preoccupazione gli aspetti economici della riforma. ci è stato detto che il Governo ha in corso nuovi calcoli sull' onere finanziario di questa riforma: noi vogliamo sapere esattamente in che cosa consistano questi nuovi calcoli. soprattutto vorremmo sapere in dettaglio come si arriva a questi calcoli; vogliamo collocare il problema delle compatibilità tra ciò che noi facciamo nei singoli campi della vita nazionale e le condizioni generali del nostro paese, non a posteriori come tentiamo invano di fare attraverso la discussione del piano Pandolfi, ma a priori , cioè nel momento in cui prospettiamo le riforme. altrimenti, rischiamo di votare in Parlamento riforme, come quella universitaria e quella sanitaria, per poi assistere, da parte di altri ministri e delle stesse forze politiche che compongono la maggioranza, a tentativi di limitare le conseguenze perniciose che ha sul terreno finanziario il passaggio di queste riforme. in questo momento — lo debbo dire con franchezza — vediamo un ministro della Sanità che spinge per la riforma, perché questa corrisponde alle esigenze del paese, ed un ministro del Tesoro che, con l' apporto delle forze politiche , spinge per ridurre la spesa sanitaria, augurandosi cioè che quella riforma non abbia mai a passare. tale pratica è aiutata anche dal fatto che i deputati che si occupano di sanità non vanno a sentire i deputati che si occupano di scuola, e nessuno dei deputati che si occupa di scuola, di opere pubbliche o di sanità, va mai a sentire la Commissione bilancio o la Commissione finanze e tesoro. chiediamo quindi che il Governo nella sua replica voglia avere la cortesia di precisare con molta chiarezza cifre, calcoli e fondamenti di questi calcoli, perché si possa fare una riflessione seria, non congetturale e non puramente apparente e di circostanza sull' insieme di questi problemi. ho concluso, signor presidente , e mi riservo naturalmente, a nome del mio gruppo, l' illustrazione dei singoli emendamenti; credo tuttavia di aver potuto precisare ai colleghi delle altre forze politiche quale sia il nostro atteggiamento rispetto al testo che abbiamo in discussione e quelli che noi consideriamo i limiti invalicabili delle modificazioni che a questo testo possono essere apportate oltre i quali verrebbe meno la nostra solidarietà nei confronti di questo progetto di legge . con queste precisazioni ringrazio l' Assemblea della cortese attenzione.