Marco PANNELLA - Deputato Opposizione
VII Legislatura - Assemblea n. 289 - seduta del 19-05-1978
Sugli sviluppi della situazione internazionale
1978 - Governo VI De Gasperi - Legislatura n. 1 - Seduta n. 488
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , colleghe, colleghi, signor presidente del Consiglio , l' articolo 96 della Costituzione recita — lo ricordo a me stesso — « il presidente del Consiglio dei ministri e i ministri sono posti in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune per reati commessi nello esercizio delle loro funzioni » . nell' articolo 95, dopo aver ricordato che il presidente del Consiglio dirige ed è responsabile della politica generale del Governo, è detto che i ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri e individualmente, personalmente, degli atti dei loro dicasteri. con il lungo e puntuale intervento del presidente del nostro gruppo (come spesso accade perché questa forma non solo esteriore di omaggio al Parlamento lei è solito darla, signor presidente del Consiglio , e cioè una certa attenzione a chi parla), con questo intervento — dicevo — in filigrana, signor presidente del Consiglio , chi crede agli articoli 95 e 96, chi crede allo stato di diritto , chi crede alla certezza del diritto, chi crede alle regole del gioco non poteva non leggere la consapevolezza che, se siamo giunti a momenti nei quali dei criminali pretendono di far passare processi che sono delle esecuzioni come processi popolari e democratici, alternativi a quelle che lo Stato non sa fare, ciò avviene perché il processo continuo di verità e di ricerca della verità nella quale consiste la democrazia politica e parlamentare è da trent' anni quotidianamente negata nel nostro paese, e lo è sempre di più negli ultimi anni; ciò avviene perché il venire a cessare di opposizioni vere e forti ha spostato questo processo di ricerca della verità, almeno a livello politico, al di fuori degli alvei nei quali la prudenza democratica vorrebbe che questi processi si svolgessero. in filigrana — dicevo — dietro la puntuale documentazione che ci ha fornito il presidente del gruppo parlamentare radicale, ci sono reati certi, quanto meno abusi ed omissioni di atti d' ufficio, sicuramente attentati ai diritti civili del cittadino e sicuramente, costantemente e sempre più crescenti attentati, magari preterintenzionali, ormai non più colposi, probabilmente in alcuni casi dolosi, alla Costituzione, dei quali noi siamo convinti che non possano non essere in linea di principio imputati come possibili responsabili anche i massimi magistrati dello Stato. noi sappiamo che in quella teoria lunga, signor presidente del Consiglio , di fatti appena evocati dalla collega Bonino, che non costituisce forse altro che un dieci per cento di ciò che potrebbe essere raccontato da lei, o potrebbe essere raccontato da forze politiche non di opposizione, in questa lunga teoria, dicevo, vi è sicuramente iscritta la teoria che legittimava Aldo Moro nel momento in cui si rivolgeva nella massima lucidità e con tono pari a tutti i suoi interventi precedenti, quando diceva: « il sacrificio degli innocenti, in nome di un astratto principio di legalità, è inammissibile » . eppure il giurista Moro non aveva mai affermato ciò. che cosa, con questa proposizione, Aldo Moro ci scriveva e vi scriveva? forse egli rinnegava ufficialmente la concezione dello stato di diritto , quella per la quale in realtà la legalità non può essere mercanteggiata dinanzi a nessun altro principio che non sia divenuto legalità esso stesso? cioè, la astrattezza della vita umana , che non esiste mai in quanto tale, ma sono sempre le vite umane , le singole vite umane ? no, io credo che la lettura di questa proposizione del giurista Moro e del presidente della Democrazia Cristiana Moro, del più prestigioso della vostra classe politica intendesse dire una cosa diversa, precisa, perché non troverebbe riscontro nel suo insegnamento esplicito di giurista e di professore universitario, nei suoi scritti di questi trent' anni ed oltre. quando dice: « il sacrificio degli innocenti in nome di un astratto principio di legalità » , sicuramente si riferiva al fatto che il principio di legalità in questi trent' anni non è stato applicato per scelte dovute alle circostanze o ad altro; ed è divenuto astratto ed era o è astratto nel momento in cui pretende di essere applicato da una classe dirigente che ha invece uniformato il suo Governo della società ed il Governo delle cose che aveva intorno al principio della doppia verità, principio teologico e principio mondano assolutamente rispettabile, perché trova direi storicamente, antropologicamente e culturalmente le sue profonde giustificazioni e poi ritrova le sue radici in tante altre componenti ed altrove. si sarebbe detto di più, probabilmente: è il principio puro e semplice della ragion di Stato , mentre noi, in Italia, più pertinentemente possiamo e dobbiamo in fondo parlare di quel principio della doppia verità, che, non a caso, è poi riemerso contro le posizioni, contro gli scritti, contro la cultura marxiana e di Engels, lì dove la rivoluzione cosiddetta marxiana si è fermata in paesi di cultura variamente cattolica e populista ed ha, appunto, portato a quella pratica del potere politico stalinista che è anch' essa incarnazione, di nuovo, di quel principio della doppia verità e della liceità dell' uso del potere e della legge in modi diversi: la legge come strumento di protezione dell' inerme, come strumento di protezione dell' umile dalle tentazioni di se stesso , della sua povertà e della sua umiltà da parte di chi è eletto o è riuscito a divenire colui che ne governa la vita, il destino, la possibilità di salvezza contro i pericoli del male, del demonio o degli altri demoni che, attorno ad un popolo, ad un paese, ad una nazione, sempre possono manifestarsi. la congiura capitalistica, la congiura imperialistica o la congiura erotica (signor presidente del Consiglio , è un suo lapsus, effettivamente pronunciato l' altro giorno) che, come lei sa, da una serie di intellettuali (di destra, ma non so; diciamo da una serie di intellettuali) viene appunto individuata come uno degli elementi del crollo della nostra civiltà: il cosiddetto permissivismo, la perdita dei valori, l' abortismo, l' apologia della droga, l' omosessualità, la sessualità, ecco, la velocità... queste cose le vediamo scritte sui muri, come simbolo, in fondo, del decadere, del disanimarsi moralmente della vita di un popolo, sì da crollare. signor presidente del Consiglio , mi pare quindi che questa frase di Moro sia la frase-chiave della vicenda della quale avremmo dovuto parlare: astratto principio di legalità. ed anche noi il 16 marzo avemmo un riflesso contraddittorio dentro di noi o ci rendemmo conto che dovevamo superare una contraddizione. noi non violenti , che riteniamo, ma non solo da Thoreau in poi (cioè cose molto occidentali, non è un problema di Gandhi o meno), che il dovere della disobbedienza rispetto all' ordine ingiusto, e della non collaborazione con la violenza, in nessun caso, o addirittura dell' obiezione di coscienza contro la legge, per pagarne la sanzione, quindi non collaborare nemmeno cercando di fuggire alla sanzione ingiusta della legge ingiusta, sicché l' evidenza dell' ingiustizia della sanzione fa esplodere l' intollerabilità storica di quella legge..., ebbene noi non violenti , certo più di ogni altro, avremmo dovuto gridare: nessuna trattativa, nessuna possibilità di accordo, niente; Moro, nel momento in cui è preso, è preso dai pirati, è preso dai ladroni, come nella storia, come Svetonio ci ha raccontato e ci racconta. non è più quello che gli altri hanno creduto di prendere: il carisma dello Stato, della religione o altro; e, nel momento stesso in cui è catturato, non è catturato con lui, si libera del suo corpo, è altrove. resta povera cosa nelle mani di coloro che si sono illusi di poter catturare lo Stato, la Chiesa, la religione, la ricchezza e non si sa che cos' altro. invece non ci sentivamo di dire con chiarezza immediata, con durezza: nessuna trattativa! perché, sentivamo, perché sapevamo, perché da vent' anni ci siamo costituiti in forza radicale, proprio in base alla constatazione, signor presidente del Consiglio , che lo stato di diritto , nel nostro paese, non esisteva, in base all' interpretazione, come scriveva Aldo Moro, del principio della legalità. altrimenti, signor presidente del Consiglio , quanti ministri, quanti presidenti, del Consiglio avrebbero dovuto essere, processati in questo nostro paese, e magari assolti o magari condannati! ancora una volta, in questo dibattito, mentre sottolineiamo che il passato insegue impietoso ed empio, qualche volta, agli occhi di chi ha riconquistato o spera di poter riconquistare l' innocenza di un momento, signor presidente del Consiglio , senza la confessione, senza passare attraverso questa cruna d' ago , ci veniamo a trovare in una situazione illusoria, perché il vostro passato vi insegue, le vostre non innocenze ma impunità vi inseguono e fanno sì che questo Stato non abbia e non abbia avuto, in sostanza, la credibilità di dire: « in nome del diritto, non trattiamo con chicchessia! » . inoltre, era un atteggiamento puramente negativo (già altri lo hanno detto). cosa significa non trattare? trattare o governare una situazione è quello che comunque si fa. tanto è vero che abbiamo udito dall' onorevole La Malfa e da altri colleghi, dire: « l' unico modo per trattare questa situazione, per governare, per salvare la vita è quello di non trattare » : cioè, la strategia del dialogo, la strategia del confronto, amministrata attraverso questa arma tecnica della non trattativa anziché attraverso l' altra. ma su questo penso che i fatti, purtroppo, abbiano parlato. mi pare, comunque, certo che dal 16 marzo fosse facile individuare quali potessero essere i rischi della situazione che avevamo dinanzi: uno Stato non abituato a custodire la legalità è uno Stato che non può chiamare, sia pure con grida spontanee come la sua del 16 marzo, signor presidente del Consiglio « ma dovranno pur essere in qualche posto questi uomini e queste donne! » , i cittadini in un determinato modo. lei crede davvero che non siano in qualche posto? ci sono! lei crede, signor presidente del Consiglio , che non vi sia gente che dica allo Stato che questi uomini ci sono o non ci sono? lei è del tutto sicuro, signor presidente del Consiglio , che informazioni giuste non siano arrivate anche nei punti terminali o nel punto pre-terminale, durante questo periodo? coloro che studiano e scrivono di terrorismo dicono che no, che non è possibile. ci dicono che gruppi terroristici che non siano di dieci o venti persone, ma di centinaia e centinaia di persone, non possono — direi quasi matematicamente — non essere, se non altro per l' incidenza del caso, per il calcolo delle probabilità, tali da offrire un fronte troppo vasto alla informazione e alla delazione. nei loro confronti. ed allora, lei è proprio sicuro che le informazioni giuste non si arenino in qualche posto? lei è proprio sicuro che « frate Mitra » abbia detto, come può aver detto in molti casi, menzogne, parlando della sua convinzione che effettivamente le Brigate Rosse avessero all' interno dello Stato precise complicità? niente affatto, credo che anche lei sappia che attorno a lei (e limitiamoci a dire questo, perché ciascuno di noi non può rispondere di nessuno, nemmeno di se stesso , in certe circostanze) chiunque è sospettabile di avere commesso errori o di appartenere ad una linea politica che non è quella ufficialmente percorsa. è indubbio, signor presidente del Consiglio , che lotte di potere all' interno di questo Stato vi sono state! è indubbio che lei non ha protestato quando, per esempio, defenestrato da un certo ministero, mentre era in Giappone, le interpretazioni date in Italia da moltissimi parlavano di una lotta all' interno del regime della Democrazia Cristiana , tra contrapposti interessi, in connessione con un diverso uso da fare, probabilmente, dello Stato in relazione a temi e a problemi che sono — abbastanza pertinenti alla vicenda della quale stiamo discutendo. quando abbiamo visto passare, uno dopo l' altro, i giorni della detenzione del collega Moro, si aggiungeva ad essi un altro motivo di pessimismo e di timore dalla nostra parte. ci chiedevamo: dopo 20, 30, 40, 50 giorni, un uomo dell' intelligenza di Aldo Moro, un uomo che vive tutto teso, in ogni istante del giorno e della notte, a comprendere e spiare ogni segno intorno a lui, con questa magnifica, con questa splendida, con questa moralissima capacità di voler vivere ed affermare la vita sua e degli altri, che testimoniava ogni giorno, non avrà necessariamente colto delle verità? avrà sicuramente colto sospetti ed acquisito interpretazioni, probabilmente, sulla forza delle Brigate Rosse . questo si aggiungeva come timore, appunto, contro la possibilità di riuscire a liberare Aldo Moro. potremmo escludere che il presidente Moro, l' ex presidente del Consiglio Moro, si sia trovato lì a dover apprendere quali degli ambienti, per lui al di sopra di ogni sospetto, facevano magari parte di questa strategia della tensione ; possiamo escludere che lì si siano aggiunti tasselli di verità non ancora completamente conosciuti? signor presidente del Consiglio , il partito comunista lo ha ripetuto per anni e lo ha riscritto, su Rinascita, qualche settimana fa. questo Stato è a livelli, molto alti e sicuramente ha delle brecce, pericolose, a favore della strategia della tensione e quindi della politica dell' assassinio e del terrorismo. non mi pare un caso che voi abbiate fornito, voi maggioranza, non solo voi Governo o lei, signor presidente del Consiglio , una riprova dell' esattezza della formazione di Aldo Moro: l' astrazione di ogni richiamo alla legalità, che venga da questo regime e da questa maggioranza politica. perché, dal primo momento, dopo il 16 marzo, quello che è accaduto nel nostro paese è chiaro. si sono disattesi i doveri costituzionali. dal 16 marzo, quello che secondo una legalità non astratta ma concreta, doveva esser fatto, non è stato fatto. quando si dice « democrazia » , non dimentichiamo che di democrazia parlano tutti: lo stesso Peron e forse anche gli stessi colonnelli greci. ricordo benissimo quando ero « figlio della lupa » e sentivo dire che l' Italia era la grande-proletaria, la vera democrazia rispetto alle demoplutocrazie eccetera esterne. ebbene, la democrazia è qualcosa di storicamente individuabile; è questa democrazia, con queste leggi, in questo Stato. cioè democrazia significa certezza del diritto e soprattutto è anche rispetto delle regole del gioco . quale certezza del diritto abbiamo nel nostro paese; quale certezza del diritto? certezza del diritto è certezza del diritto sostantivo e procedurale. in democrazia, il momento procedurale probabilmente è ancora più fondamentale di quello apparentemente sostantivo. le regole del gioco , il come comportarsi, il come stare insieme, la codificazione di queste regole procedurali; è sostanza della democrazia prima ancora di altre parti che appaiono non procedurali e quindi dovrebbero e potrebbero apparire più sostantive ancora in termini di fondo dell' esistenza della democrazia. le regole del gioco sono state violate immediatamente. signor presidente del Consiglio , è vero che abbiamo tutta una nuova letteratura, adesso, di giuristi che si affacciano allo orizzonte, i quali tendono a edificare sull' articolo 49 della Costituzione e sul tenuissimo enunciato che se ne può trarre ( « tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale » ); è vero che a partire dalla situazione attuale si tende ormai a posteriori a far discendere, da questo articolo 49, non so quanti altri principi e come se avessimo un nuovo titolo, non so, un titolo terzo diverso della Costituzione: i partiti politici . io capisco comunque che non possiamo avere una nozione astratta del diritto. capisco che in effetti i partiti hanno acquistato sempre di più, in un certo modo, potere. ma, signor presidente del Consiglio , lei che è responsabile, sulla base dell' articolo 95 della Costituzione, della politica generale del Governo, è responsabile nei confronti del Parlamento. quando lei sceglie di percorrere degli alvei acostituzionali (diciamo pure così) e, prima di venire qui, riunisce i sei, i cinque segretari dei partiti e con loro concorda il testo della risoluzione con la quale il legislativo deve impegnare l' Esecutivo e che la stampa poi divulga, lei capisce che, a questo punto, la democrazia consociativa o corporativista probabilmente è ormai ben organizzata, ha le sue regole non scritte; mentre quella garantista e quella costituzionale è obsoleta, è in missione, in missione altrove, in missione per altri tempi. ma certamente quello che voi ogni giorno configurate, quando il 16 marzo, in termini di procedura, la maggioranza decide che sulla fiducia di un Governo che, è chiaro, è stato formato in condizioni diverse da quelle esplose ed all' evidenza di tutti; quando il 16 marzo mattina, dicevo, la decisione è quella di dare la fiducia in due, tre ore, riservando il tempo di parola ai segretari di partito, a coloro che , ex articolo 49 della Costituzione, avevano già concordato in altra sede questo Governo e la sua formula, mi pare, allora, che dobbiamo renderci conto che forse esistono dei problemi che danno forza e ragione apparente, se non alle Brigate Rosse , ai perimetri che poi possono portare a pretendere di giustificare certe reazioni come quelle criminali o delle violenze organizzate. ma dobbiamo pur sapere se il diritto è astratto o concreto. noi ci siamo trovati nei giorni successivi con la maggioranza mobilitata perfino ad impedire che il regolamento della Camera avesse, diciamo così e moderatamente, una lettura tradizionale. e per impedire che la Camera dicesse qualche sola parola o udisse, signor presidente del Consiglio , da lei qualcosa sulle Brigate Rosse per il caso Moro, si è stabilito che esisteva un giorno o due della settimana nei quali l' articolo 27 del regolamento non era applicabile, o nei quali si è stabilito che una mozione non è « materia » da inserire all' ordine del giorno . questo perché l' articolo 27 parla di « materie » , e, quindi, si è stabilito che la mozione non è « materia » pur di... pur di, che cosa? pur di consentire che continuasse una situazione nella quale il luogo e la procedura di discussione fosse riservata, ex articolo 49, ai partiti, sul cui funzionamento democratico nessuno evidentemente pensa (nemmeno fra i nuovi giuristi) di dire qualcosa d' urgenza e di più. inoltre, soprattutto attraverso quell' altra forma di democrazia per la quale non si comunica più niente al deputato, ma si comunica tutto alle agenzie di stampa, alla radio di Stato o meno, costantemente il dibattito, che deve essere formativo dell' indirizzo politico per il Governo, diventa, scavalcando il Parlamento, l' opinione pubblica . una opinione pubblica alla quale si toglie il diritto di conoscere per deliberare, per avere semplicemente ogni giorno la possibilità di consentire o di restare perplessa, ma mai di scegliere diversamente. allora è giusto dire in un dibattito di questo genere che il presidente Moro aveva ragione quando sottolineava che era inconcepibile che il presidente della Democrazia Cristiana , per 54 giorni catturato, non aveva potuto assistere (direi spiritualmente) nemmeno ad una riunione, non dico del Consiglio nazionale , ma almeno della direzione. tutto questo invece veniva deciso da una delegazione che non credo lo statuto della Dc conosca. così parallelamente il presidente della Dc constata e denuncia che la Dc per salvarlo mette in mora il suo stesso statuto. così come per salvare uno dei prestigiosi esponenti del nostro regime e della nostra Repubblica, si deve mettere in mora il funzionamento costituzionale e normale, nonché l' assetto costituzionale della vita del nostro paese. quando il presidente del Consiglio ci viene a leggere per giustificare le sue mancate comunicazioni (perché non di comunicazioni si tratta, signor presidente del Consiglio ! anche perché sono convinto che, in fondo, un certo amore per la non sciattezza le si debba riconoscere), quel « mattinale » , dimenticando di dire che fra quei morti e quelle vittime c' era il generale Mino e gli altri quattro... no, signor presidente del Consiglio , perché forse queste sarebbero state precisazioni da fare. in quelle cifre vi erano semmai anche dei sintomi di episodi un po' misteriosi. io non so, per esempio, se in quell' elenco fossero anche compresi i tanti strani suicidi dei generali dei carabinieri nel nostro paese. uno dei rischi maggiori e più gravi, dai quali dovremmo premunirci, per quanto riguarda le alte sfere militari del nostro Stato, da qualche tempo a questa parte, dal generale Cilieri al generale Nino, è rappresentato dagli incidenti, stradali o aerei, oppure dagli inspiegabili suicidi. in quelle statistiche che lei ci ha letto — e che comunque erano sostanzialmente conosciute: era stato fatto solo un aggiornamento minimo — lei non poteva certo riporre molta fiducia; direi che non poteva sperare che avrebbero interessato molto il Parlamento, come argomento su cui discutere. lei è venuto qui a dirci: « le cose sono o note, e quindi è irriguardoso raccontarle; o per il momento non dicibili » . mi pare che con questo stiamo ancora una volta dimostrando quanto l' astratto principio di legalità significhi astrazione dalla legalità costituzionale nella prassi che noi seguiamo ogni giorno. e questo è poco importante, questo è garantismo sfrenato, questo significa non discutere in concreto del tema, signor presidente ? io penso di no, perché allora qualche riflessione si impone. io oggi avrei avuto la tentazione, signor presidente , di fare un' altra di quelle cosiddette « azioni folcloristiche » dei radicali. avrei avuto voglia, cioè, di fare come ha fatto la collega Castellina, che si è alzata e ha detto: « non ci avete comunicato nulla; non vi rispondo nulla » , secondo una visione che è tipica di una certa parte politica , che è rivoluzionaria spesso nell' analisi ideologica e che è un po' notarile poi nella pratica politica di ogni giorno, per cui registra gli insuccessi, gli smacchi, le protervie altrui e poi, appunto, fa una citazione brillante, e dice « arrivederci » . l' altra tentazione, signor presidente , era quella di alzarmi imbavagliato qui. e perché lo avrei fatto? questa può sembrare una astratta doglianza di un vecchio liberale libertario quale sono: quella che il Parlamento non vede riconosciute le sue prerogative. ma, signor presidente del Consiglio , come anche i suoi predecessori facevano, ma sempre di più, lei si riunisce con i cinque segretari, e con loro decide tutto, mentre poi la Camera viene convocata come organo di registrazione. c' è poi un altro fatto: dall' inizio della legislatura, quando ci riuniamo nella conferenza dei capigruppo , sentiamo dire, con tono non dico superbo, ma fiero, dal collega Piccoli e dal collega Natta: « per il nostro gruppo parlerà solo una persona » , come a significare: sono gruppi così grandi, vedete che senso di responsabilità abbiamo! un intervento, o forse due; e poi, magari, Costamagna (i compagni comunisti non hanno un Costamagna da inserire così, come eccezione che confermi la regola). e ogni volta noi cerchiamo di dire che questo non ci pare l' apporto che un grande gruppo deve dare al Parlamento. non è possibile concepire questi gruppi come dei partiti che obbediscono ad un centralismo democratico , che vengono a comunicare al Parlamento quanto è già stato deciso al di fuori. la forza di questo Parlamento sono i singoli parlamentari comunisti, sono i singoli parlamentari democristiani. e questa abitudine per la quale bisogna discutere un giorno e mezzo, per la quale più si è stringati e più si è efficaci, è null' altro che la conseguenza del fatto che nei corridoi, invece, non si è stringati, si tratta mattina, sera, notte, senza alcun rispetto dello statuto dei partiti e dei gruppi, senza delibere democratiche, per cui poi si viene a dire: « benissimo, per noi parlerà Piccoli » , o « per noi parlerà Natta » ; e la Presidenza sa già come si svolgerà il dibattito, con l' eccezione dell' intemperanza radicale, con quattro iscritti a parlare. noi lo avevamo già dichiarato: se in questo dibattito vi fossero stati diversi colleghi comunisti e democratici cristiani iscritti a parlare, noi avremmo ridotto volentieri i nostri ad un solo intervento. non potevo mettermi con il bavaglio... vi sono momenti nei quali nelle sue file non vi è buonumore, ma solo l' esistenza di una stampa strana. ieri, ad esempio, non ha registrato il fatto che alla fine delle non-comunicazioni del presidente del Consiglio , dai banchi democratici cristiani si è avuta — direi — la chiarezza, l' onestà, per chi pensava in un certo modo, di gridare, se non come il collega Franchi, più o meno la stessa protesta dinanzi a questo modo quanto meno sbrigativo e poco decoroso di trattare un tema, la vicenda Moro, e un soggetto, il Parlamento, come ha fatto lei ieri, signor presidente del Consiglio . quindi, questo buonumore, collega Bianco, ci sia dato spesso, ma non dire « anche la volta prossima » perché è di cattivo gusto. mi auguro che volte prossime di questo tipo non ci siano. certo, mi auguro che se volte prossime su questo tema ci dovranno essere, non si accetterà più una tale situazione, come l' avete accettata giorno dopo giorno, per 54 giorni, quando ci alzavamo a chiedere che il Parlamento compisse i suoi doveri rispetto al caso Moro e alla vicenda Moro, e tutti quanti, come un sol uomo, se non imbavagliati, legati ad alzare la mano per dire che il Parlamento non doveva discutere perché erano cose troppo serie! il tentativo che sto facendo... guarda, Torri, se tu parli, smetto subito, perché sarebbe interessantissimo invece sentire... signor presidente , devo dire che finché sono queste e non altre, che conosciamo, non è molto grave. lo sforzo di esporre quella lunga teoria di reati, ministeriali e non, che certamente in filigrana si leggono dietro ognuno degli episodi che hanno portato 280 cittadini a morire assassinati senza che la verità sulla loro morte sia stata fatta in questi 10 anni, in base ad una politica precisa che è quella alla quale, nella lettera che ho citato, sicuramente si riferiva il presidente Moro, quella per la quale la salvezza di una democrazia, intesa in un certo modo, e la ragion di Stato non possono astrattamente essere fatte valere nei confronti della legge; tutto questo, dicevo, fa vedere sullo sfondo perché abbiamo richiesto il referendum sull' inquirente, perché abbiamo richiesto che gli articoli 90 e 96 della Costituzione forse potessero vivere attraverso i processi costituzionali e non essere sepolti. perché — l' ho già detto — se i processi di verità non li fanno le istituzioni negli alvei che la Costituzione prevede, allora poi esplodono altri processi aberranti, perversi, ma che sono la conseguenza di quella mancanza di ricerca di giustizia, di procedure di verità delle quali un non violento , come Pasolini, parlava, a suo tempo, quando anche lui ammoniva e diceva che era necessario un processo, che può anche risolversi con una assoluzione. invece, continuiamo ad avere l' assuefazione; se si è presidenti del Consiglio , se si è ministri, non si è processati e se, in lontana ipotesi, si dovesse avviare un processo, ebbene abbiamo le nuove o le vecchie leggi sull' inquirente che non lo consentiranno, creando alla lunga situazioni storiche esplosive e pericolose. se dietro, appunto, a quella teoria di fatti — dicevo — che avevamo esposto, sicuramente c' è la dimostrazione di quello che c' è a monte di non credibilità del nostro Stato dinanzi alle accuse frenetiche se voi volete — delle Brigate Rosse , di certi intellettuali, dei radicali e degli altri, c' è però indubbiamente qualche cosa che deve essere sottolineata, ed è che noi ci troviamo in atto riuniti costantemente a constatare che la legalità è una cosa astratta, che la Costituzione non è rispettata; e qui, signor presidente del Consiglio , lei ha trovato — mi pare — echi quasi generali, quando ieri ha affermato che gli Stati liberaldemocratici sarebbero impreparati al terrorismo. questa è un' affermazione che ho sentito raccolta persino, sia pure in un modo diverso, dal collega Zanone dal quale è venuta, se non una accettazione di questo fatto, una spiegazione di questo fatto come se si trattasse di un fatto incontrovertibile. non è vero, signor presidente del Consiglio . su questo non siamo affatto d' accordo, intanto perché gli Stati totalitari non li potete mai giudicare dal loro apogeo. come muoiono? come finiscono? in genere, in modo violento, attraverso dati interni ed esterni; cioè, quella conflittualità anche violenta, che in apparenza riescono a reprimere nel piccolo e medio termine, in realtà, poi, esplode ancora più pericolosamente. ma alla base di quella affermazione c' è una convinzione che va denunciata, che non è la nostra, e che riteniamo pericolosa, omicida di certi principi e suicida. non è affatto vero: noi riteniamo che i principi liberaldemocratici siano i principi comunque migliori, quelli che anche l' alternativa socialista non può non iscrivere a proprio conto per l' ordine della società. non è affatto vero, signor presidente del Consiglio , che certe norme liberaldemocratiche siano possibili se c' è tranquillità e, se non c' è tranquillità, ce ne vogliono delle altre. per lo stesso criterio, se c' è nella società un po' di calma, niente pena di morte ; ma se, invece, poi, ci sono dei cattivi, degli assassini, subito la pena di morte . ma questa è una concezione che, in realtà, giustifica pienamente le conseguenze che il Movimento Sociale continua a trarre in questi giorni rispetto alla situazione. cosa dice il Movimento Sociale ? oggi, come anche altre parti politiche prestigiose, e padri della Repubblica, dicono che la pena di morte è una necessità, o comunque parlano di stato di guerra . e allora, a questo punto, il Movimento Sociale , ricordandosi che delle leggi cosiddette fasciste, come quella sui tribunali e i codici penali militari, sono state inserite nella nostra legislazione (sono state promulgate nel 1941) tre anni per volontà del PNF e trentadue per volontà dell' antifascismo, dice: queste leggi esistono; quindi, con i combinati disposti dell' uno e dell' altro tipo, la pena di morte è costituzionale in Italia, tanto è vero che voi per trent' anni avete tutti, unanimi, lottato contro le esigenze, le battaglie radicali per l' abrogazione di questi codici, fino appunto alla scomparsa con il referendum abrogativo dei tribunali militari e dei codici penali militari, che è stata decisa dalla Corte costituzionale a febbraio. ma — voglio dire — se è vero che la pena di morte è un deterrente, allora questo deterrente tenetelo, esercitatelo nei periodi calmi, che così non diventeranno mai periodi selvaggi. se l' ergastolo, che avete reintrodotto, rinnovato e rinfrescato l' altro giorno nel nostro ordinamento, è un deterrente, allora applicatelo, tenetelo. infatti ve lo siete tenuto, malgrado la manifesta incompatibilità con la Costituzione, in questi trent' anni . ma, allora, dite che, quando, non a caso, il presidente Moro cita e invoca Cesare Beccaria, voi con Cesare Beccaria non avete nulla a che fare. perché? perché il principio che non è l' entità della pena, ma è la certezza di questa che può fungere da deterrente, è un principio al quale non credete. ci credete finché vi fa comodo. e allora, questo sarebbe l' argomento con il quale pensiamo di vincere non solo le Brigate Rosse , ma l' eversione; di vincere non solo il fanatismo, ma anche la disperazione? di che cosa è fatto il pericolo per il nostro Stato? non credo, in realtà, signor presidente del Consiglio , che voi vi rendiate conto della gravità della situazione nella quale viviamo. certo, le Brigate Rosse danno una copertura alla realtà più grave. la nostra Costituzione ormai non esiste più nella vita di ogni giorno; e non è che essa non esista più perché le Brigate Rosse non la praticano, ma perché voi avete dimostrato di avere, tutti insieme, una nozione, un tipo di civiltà giuridica per il quale la Costituzione si applica se fa comodo. voi avete ormai definitivamente accantonato il Parlamento come luogo, come procedura stabilita, scelta, necessaria per prendere le decisioni. anche la posizione dei compagni del partito socialista in questo è stata contraddittoria rispetto agli effetti che si volevano procurare. perché? perché la posizione socialista sarebbe vissuta, e sarebbe vissuta chiara se fosse stata portata qui, in Parlamento, invece che proposta nei corridoi o, attraverso questa o quella banda della Rai-TV o della stampa italiana. portata qui dentro, avrebbe, probabilmente, stimolato altri parlamentari ad intervenire, avrebbe creato quel dato di unità parlamentare che inutilmente andiamo cercando in questi momenti, quando, ormai, evidentemente, non si aspetta altro che di registrare e legittimare le decisioni prese altrove. allora non ci si facciano illusioni, quando si arriva a comportarsi normalmente in questo modo. a questo punto mi sembra fatale che la Costituzione, la Repubblica, l' ordine repubblicano, siano in pericolo e, in gran parte, avvolti di nostalgia, che si crede di avere quando, in realtà, l' ordine che si difende è un ordine non repubblicano. un' ultima cosa, forse già detta, visto che non abbiamo scelto di accettare, signor presidente del Consiglio , questa liquidazione sbrigativa della vicenda della quale ci siamo occupati e che ha pesato sull' immagine nazionale ed internazionale del nostro paese. e una cosa cui sono state dedicate solo due cartelle — sì e no — di mancate spiegazioni, ma è qualcosa che, forse, è necessario registrare qui. se voi credete che le Brigate Rosse possano essere spiegate con la possibilità che esistano dei mostri feroci, non arriveremo mai a capire, in realtà, qual è la situazione nella quale ci troviamo. le Brigate Rosse , probabilmente, non si trovano o perché non esistono i mostri, o perché non sono dei mostri. la ferocia, per chi crede agli stati di guerra, di un certo tipo, o di un altro, anche lì, non c' è. c' è l' angelo sterminatore, c' è la « necessità di fare pulizia » , c' è « la necessità di uccidere gli agenti del male » , c' è l' abitudine a demonizzare la vita civile, oltre che la vita personale della gente. invece, se di una ferocia si deve parlare, io ritengo che due esempi dobbiamo fare. in primo luogo, la ferocia — e in questo concordiamo con quello che ha scritto Andreotti — di coloro che , giorno dopo giorno, hanno sospeso la legalità costituzionale, hanno sospeso le prerogative del Parlamento e quello dello statuto del partito. a mio avviso, questa è ferocia, perché feroce è quel continuo insistere nel negare la certezza del diritto e le regole del gioco che sono conosciute. l' altra ferocia — come spesso accade ci viene, poi, da coloro che sono più vicini, da coloro che credono di amarci di più. torno a dire dell' immagine di Aldo Moro che dalla televisione deve ascoltare che delle persone, che proclamano di amarlo, di averlo amato, fanno strage del suo tentativo quotidiano di governare la situazione nella quale vive, secondo coscienza e secondo convinzione. penso all' uomo che, probabilmente, aspetta da quella televisione le notizie che ritiene necessarie per la propria vita e quelle provenienti dalla società nella quale crede e che, invece, vede il volto, o sente i nomi di coloro che dicono di amarlo di più, mentre dicono che quelle parole scritte da lui poche ore prima, che quelle cose che egli ha detto, che quelle vie che ha suggerito, sono indegne di una persona come lui, Aldo Moro. cosa c' è dietro questa tesi, che a lungo è stata avanzata, devo anche dire, dietro quello che questa mattina ho sentito dire qui dentro, che pure sembra umile e saggio? qualcuno ha detto: « se un giorno qualcuno di noi fosse rapito, o fosse sequestrato, ebbene non si creda ad una sola parola di quelle che scriveremo o che fossimo indotti a scrivere » . perché? siamo sicuri che questa sia moralmente la posizione giusta da prendere? siamo sicuri che quello che decine di migliaia di resistenti, di partigiani, di combattenti di ogni sorta — i nostri nemici o noi — hanno sempre dovuto praticare, il non arrendersi di fronte a nessuno, il non arrendersi di fronte al carceriere, a priori debba essere imposto anche per Aldo Moro o per chiunque, addirittura, di noi? io penso che questa sia una visione profondamente sbagliata; che nessuna offesa maggiore e più feroce vi sia stata rispetto al fatto di dare per scontato che Aldo Moro non fosse capace di non scrivere — ove avesse voluto non scrivere o di preferire di non vivere piuttosto che non scrivere le cose che scriveva. penso che se ciascuno di noi commettesse il peccato di presunzione di dire: « io, comunque, arrestato, resisterò; non cederò alla tortura » , questo sarebbe un atto di presunzione e di superbia sbagliato. ma anche il gesto opposto: « consideratemi morto comunque, nel momento in cui sono prigioniero e sono catturato. non crediate che io sia più in condizione di dire parole, di scrivere, di fare gesti, di dialogare, di cercare di prevalere rispetto al carceriere, di ingannarlo, al limite, di governare quella situazione » , questo è all' opposto della presunzione: è la viltà, è preventivare un comportamento vile. nessuno, quando è catturato, cessa di essere un uomo libero. molto spesso l' uomo catturato è più libero del suo carceriere: molto spesso questo accade. certo, è possibile estorcere in un momento di debolezza a qualcuno una confessione, una firma sotto un pezzo di carta dattiloscritto. certo, è possibile ottenere anche dieci firme su altrettanti pezzi di carta dattiloscritti, essendo accecati dalla tortura o dalla droga. quello che non è possibile — non volendolo dal profondo di se stessi — è l' essere costretti (se non per viltà, appunto) a scrivere lettere lunghissime a tutti, continuamente e rapidamente, dialogiche, con una qualità di pensiero che chiunque legga queste lettere vede confermata. quello che non è possibile è lasciare senza silenzio una situazione nella quale, dal Governo, dai partiti e da una certa stampa, naturalmente... ecco, chi è eccelso in questo tentativo? il giornale moroteo il giorno, di Milano, che mobilita qualche chierico laico a fare qualche vergognosa analisi del testo, delle frasi e delle proposizioni. « questo non può essere autentico! » , mentre l' indomani Moro leggeva queste cose e, probabilmente, le vedeva per televisione. questa è la tortura che è stata inflitta. perché? perché, in realtà, quella che è scattata è stata la ragion di Stato , la volontà di difendere comunque una situazione. ragion di Stato non significa lo stato di diritto ; non significa la Costituzione; non significa rispondere con la democrazia alle Brigate Rosse . se poi questo dibattito è quello che è, se si arriva a riscontrare che, quando il presidente del Consiglio cessa di parlare, non viene un solo applauso dalla maggioranza, se non dal suo partito, ed all' interno del suo partito molti deputati hanno espresso, anche ad alta voce (anche se censurati dalla stampa), la loro insodisfazione come è loro diritto. essere di un partito non significa essere dei servi, degli ubbidienti; non significa non poter esprimere dei sentimenti: infatti questo accade ed è accaduto nella Democrazia Cristiana . forse non sarebbe accaduto in un altro gruppo; lì è accaduto: è un elemento che dimostra, al limite, la vitalità, la forza e la serietà di Pella parte politica su un tema come questo, il rifiutarsi davanti al modo indecoroso di « stracciare » questo tema dalla discussione del Parlamento; di portare qui, almeno in parte, questo dibattito che continua. ebbene, dinanzi a questo tentativo che prosegue noi abbiamo presentato una risoluzione con la quale chiediamo una cosa che chiunque può chiederle, signor presidente del Consiglio , anche se per avventura non fosse dell' opposizione. abbiamo presentato una risoluzione con la quale umilmente chiediamo al Governo di tornare al più presto a fare delle dichiarazioni su questo tema che siano decorose e sufficienti, per consentire al Parlamento di dibattere in condizioni diverse. vorrei ribadire ancora quello che ho già detto: il fatto che questo dibattito sia stato condotto in questo modo, il fatto che in fondo si continui a non consentire, nemmeno in questi momenti, ai parlamentari della maggioranza, ai parlamentari dei due maggiori partiti, di dare a noi tutti il contributo del loro intervento, per continuare a vivere in questo Parlamento con delle storie parallele, in cui ci dobbiamo vedere qui solo per registrare, attraverso gli speakers, come massa amorfa, il numero di parlamentari, mentre poi, se siamo in « Transatlantico » , se siamo altrove, vediamo che ciascuno ha un suo taglio politico diverso, anche se convergente, una sua umanità diversa, ciascuno può dare alla riflessione un contributo importante, questo significa semplicemente ricordarsi che la democrazia è certezza del diritto, ma è anche un diritto procedurale, prima ancora che un diritto di altra natura. che la Costituzione dica che qui si discute, non è un fatto formale. il fatto che si continui a discutere altrove avviene perché probabilmente la politica che altrove si deve stabilire e difendere è una politica incompatibile con le procedure e l' assetto costituzionale; una politica che vuol fondare, per esempio, la rinascita dell' ordine democratico e repubblicano, con l' impedire i dibattiti sull' ordine pubblico in questo Parlamento, come per 14 mesi si è fatto, o renderli ridicoli come oggi, che si vuole impedire che in Parlamento si parli finalmente in un modo chiaro di tutta la teoria di stragi di Stato , si parli del questore Molino e degli altri, e si chieda al presidente del Consiglio : « tutti costoro, sospettati di stragi, di aver omesso di fare le loro cose, dove stanno, a che punto sono? l' ufficio affari riservati è stato sciolto, d' accordo; ma i suoi responsabili dove sono? signor presidente del Consiglio , perché non sono stati denunciati alla magistratura questo o quest' altro agente dell' ordine? signor presidente del Consiglio , perché non riformate la polizia, per premiare chi sente in modo democratico e repubblicano la propria natura di agente della Pubblica Sicurezza ? e continuate invece a produrre leggi, che fatalmente ecciteranno, all' interno della polizia, non le volontà e le speranze democratiche e repubblicane, ma quelle di tipo autoritario e violento? ecco, il dover fare un dibattito di questo genere nel gioco meccanico opposizione-maggioranza è doloroso, ed è certamente uno dei motivi della crisi che attraversiamo. quello che noi possiamo augurarci è che il Parlamento sappia, un giorno o l' altro, togliersi il bavaglio; sappia riportare i diritti dei partiti, come prevede l' articolo 49 della Costituzione, ad una sua disciplina autonoma e che non si assista più a questa poco decorosa scena del Parlamento che si riunisce semplicemente e solo per registrare volontà che, in sede irresponsabile, anche in termini degli statuti dei partiti, sono state prese altrove, e di cui il presidente del Consiglio poi si fa portavoce, magari portavoce di silenzio, visto che si riesce solo ad appiattire nel silenzio, quando esistono, posizioni di fondo contraddittorie, e ancora una volta, in nome della ragione politica, si deve rinunciare a parlare con verità e con serietà nel Parlamento repubblicano.