Marco PANNELLA - Ministro degli affari esteri Maggioranza
VII Legislatura - Assemblea n. 266 - seduta del 13-04-1978
Sul colpo di Stato in Cile
1978 - Governo IV Rumor - Legislatura n. 6 - Seduta n. 155
  • Attività legislativa

signor presidente , colleghi, a questo punto possiamo cominciare, forse, a trarre un primo bilancio di questa fatica che tutti ci siamo imposti e che stiamo affrontando. se qualcosa ci attendiamo da questo dibattito, è che si faccia giustizia di uno schema che a lungo abbiamo sentito pesare addosso non solo a noi, ma anche come errori di valutazione sugli altri. parlo del fatto che in quest' Aula vi sia chi predilige percorrere la ricerca dell' unità e chi preferisce ricercare la divisione e la contrapposizione. il problema, man mano che andiamo avanti, è di ricercare quali siano le varie e diverse possibili unità che possiamo sperare di realizzare qui e nel nostro paese. non sono fra coloro — anche perché ritengo che ormai sia un fatto trentennale — che temono il cosiddetto compromesso storico incombente. non sono fra coloro che ritengono che la via del progresso di un paese possa passare facilmente attraverso unità ristrette e contrapposizioni estremamente dure. nel momento in cui mi accingo a dire che voto contro e sono lieto di avere combattuto contro la formulazione di questo articolo, se mi interrogo sono certo che non è per motivi settari, né ristretti e particolari; e — soprattutto — non è per motivi che in qualche misura allontanino la parte politica alla quale faccio riferimento dalla coscienza dei credenti di qualsiasi posizione, cioè di coloro che comunque credono che, nel momento in cui il Parlamento repubblicano voti una legge, in quel momento la responsabilità che ci si assume è tremenda, enorme e di grande importanza, anche dal punto di vista giuridico. in realtà noi determiniamo non solo la vita pubblica del nostro paese, ma continuiamo a rendere per un millesimo o per un centesimo un po' più felice o un po' più infelice il giorno e la notte di ciascuno di coloro che vivono nel nostro paese. cioè, la legge o affonda veramente nella esistenza di ciascuno di noi, o non ha importanza, e rischia di vivere staccata dalla realtà di ogni giorno: e fra istituzioni e vita reale, vita sociale, vita morale si creano quei fossati che sappiamo purtroppo essere non molto lontani dalla nostra storia di questi momenti. e allora vorrei provare per un istante a riflettere su cosa sarebbe accaduto, colleghe e colleghi, per dei credenti, per religiosi di varia posizione e di varia religiosità, se per assurdo per un momento avessimo votato qui una norma che, sulla base di quella francese, affidi nei primi novanta giorni alla responsabilità e alla libertà della donna la decisione di abortire o no. ecco, io vorrei cercare di immaginare se questa norma costituirebbe nella vita concreta delle donne, degli uomini, delle famiglie italiane un incentivo ad una maggiore irresponsabilità, un incentivo alla licenza e non un incentivo a responsabilità e libertà. mi chiedo, signor presidente , se, votando questa norma, anche in termini qualitativi, sia lecito sperare che il numero delle donne convinte in coscienza di dover interrompere la gravidanza diminuirà anziché aumentare: se cioè questo sbarramento del dovere della menzogna, del dovere di mentire « sarò matta o sarò malata » costituirà un deterrente contro la scelta del non proseguire la maternità. io di questo non sono affatto sicuro: sono anzi sicuro che, nel momento in cui una legge (che è una legge terroristica, intimidatrice, che comunque colpevolizza la donna) avrà un impatto nel paese, produrrà il risultato di respingere le donne ancora di più nella loro solitudine e quindi le respingerà maggiormente in quel cattivo consiglio che necessariamente deriva dal sentirsi soli, abbandonati, e non capaci o non in condizione di socializzare con il dialogo la propria vita morale, i propri problemi pratici, i problemi del proprio avvenire. cioè, io continuo a credere che le leggi Rocco, quelle che stiamo tutti seppellendo, per quello che riguarda l' aborto non abbiano impedito di abortire a una sola donna che lo volesse; penso invece che quelle leggi inique, terroristiche, abbiano costituito nella dinamica sociale un incentivo all' aborto perché, lasciando la donna terrorizzata, senza possibilità concrete, senza un aiuto della struttura pubblica per confortare la propria solitudine dinanzi a questo problema, hanno sicuramente costituito uno stimolo negativo alla irresponsabilità sociale e al più doloroso e tremendo degli esercizi della propria responsabilità individuale. e quindi, ancora convinto che la dinamica che realizzano le leggi è quella per cui premiando il senso di libertà si premia anche il senso di responsabilità , credo che probabilmente avremmo avuto più donne che si sarebbero avvicinate a queste forme di controllo, di aiuto sociale, se tali forme fossero state individuate tutte come facoltative e non come obbligatorie, come possibilità di scelta, di usufruire di un servizio sociale e pubblico. credo che lo stimolo a farvi ricorso sarebbe stato maggiore ; e non solo nell' Italia non metropolitana, diciamo non delle grandi città, ma nella piccola e media città di provincia, o anche nei quartieri, lì dove non si è ancora del tutto distrutto il tessuto umano delle grandi città, li dove il timore della colpevolizzazione isola le donne le une dalle altre, ciascuna invece in coscienza convinta di avere a volte moralmente il dovere di abortire, così come moralmente si può avere quello di non abortire. in questa situazione l' articolo 5 è davvero un esempio dell' impotenza di chi vuole, attraverso Cesare, attraverso l' arma dello Stato, attraverso gli espedienti, le scenografie dei consultori, dei carabinieri, dei magistrati, dei medici, riuscire a conquistare certe scelte di coscienza piuttosto che altre. penso e spero che diventi presto un pezzo da museo di legge velleitaria, di scenografia per un cattivo film, di un incubo malriuscito, questo articolo 5. penso che non vi sarà una sola donna, comunista, radicale, cattolica, che trarrà da questa legge conforto alla propria dignità e ai propri diritti. per questo, signor presidente , con serenità voto contro questo articolo.