Emma BONINO - Deputato Opposizione
VII Legislatura - Assemblea n. 262 - seduta del 07-04-1978
Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza
1978 - Governo IV Andreotti - Legislatura n. 7 - Seduta n. 262
  • Attività legislativa

a me, in realtà, premeva iniziare questo mio intervento cercando di riportare come centrale, in questo dibattito, non tanto e non solo la figura della donna ma, soprattutto — io credo — gli approfondimenti e le riflessioni, che in questi ultimi tempi, otto o nove anni, le donne in diversi settori e in diverse occasioni hanno voluto compiere sul rapporto tra donna e sessualità. io credo, infatti, che se non si capisce esattamente questo, se non si mette questo al centro del discorso, ci troviamo a discutere senza aver capito — e come donna è quello che mi interessa — quali siano state le elaborazioni di questi anni sul rapporto tra sessualità e maternità, tra sessualità e aborto, tra l' essere donna e il vivere o, anzi, il non vivere normalmente un tipo di sessualità che è il nostro ma che in realtà ci è stato negato per condizionamento da questa società. per questo mi preoccupo — a maggior ragione — nel momento in cui per la spada di Damocle del referendum — se vogliamo essere onesti — il Parlamento per la terza volta parla di aborto, e ne parla in termini frettolosi. sappiamo tutti che questo dibattito, in realtà, è durato un giorno e mezzo, e si conoscono già i tempi dell' esame degli articoli. questo dibattito frettoloso, dunque, si deve fare perché, altrimenti, scatta il meccanismo del referendum. il dibattito ha portato molti colleghi ad intervenire (per esempio, da parte democristiana) su alcuni problemi di fondo che non sono nemmeno nuovi, ma che i colleghi pare abbiano scoperto solo oggi: quelli dell' informazione sessuale e della prevenzione dell' aborto. sfogliando gli Atti parlamentari del Senato relativi allo scorso dibattito, debbo dire che in essi sono contenute alcune « perle » per quanto riguarda la cosiddetta sessualità. da parte mia ritengo che, se non riflettiamo su questo, (ma non si sa bene quando potremo farlo), ci troveremo ad iniziare una politica di informazione sessuale che in realtà è viziata (come lo è anche questa legge sull' aborto) da ambiguità fin dall' inizio. ciò accade perché, in realtà — e lo si constata ancora una volta — le forze politiche molto spesso sono in ritardo rispetto alla elaborazione che nel paese i vari movimenti (e in questo momento, in particolare, il movimento delle donne) stanno portando avanti in questi anni. questa proposta di legge che stiamo discutendo — a mio avviso — non solo per i motivi addotti dal collega Brusca, ma per tutta un' altra serie di motivi, è estremamente in ritardo e non può essere né accettata, né applicata proprio perché nasce estremamente in ritardo rispetto alla elaborazione che vi è nel paese. dunque, si è scoperta da tutte le parti, nel 1978, l' esigenza dell' informazione sessuale. anzi — se vogliamo intenderci — tale esigenza è stata scoperta anche prima, sempre in relazione all' aborto, tanto è vero che si è fatta una legge sui consultori, che non è assolutamente applicata, che non ha risolto e non ha nemmeno tentato di affrontare il problema; oltretutto, mi pare che essa parta da un presupposto ambiguo. per esempio, il collega Pinto, del partito repubblicano , al Senato, nel giugno dell' anno scorso sosteneva che la donna, in realtà, vuole unicamente una famiglia cui provvedere ed accudire. poiché deve « accudire e provvedere » bene, è necessario che la famiglia sia limitata: ne derivava — sempre secondo il collega Pinto la possibilità della legalizzazione dell' aborto. il senatore Bufalini, dal canto suo, diceva che la donna ama naturalmente la maternità. ebbene, ciò che è venuto fuori è che la maternità è una delle possibilità che la donna ha, ma non la sola, per realizzarsi, per esprimersi e per tutta una serie di cose. in realtà, fino ad oggi, il destino delle donne era molto chiaro: o moglie ideale, come la vuole la società, cioè dedicata esclusivamente alla famiglia; oppure sposa di Cristo; oppure qualche altra cosa, non meglio definita, ma comunque moralmente non tanto apprezzabile. una persona un po' strana, poiché l' unica funzione era quella della moglie-madre o della donna suora; le altre — le non sposate — quelle che non sono madri, avevano una figura moralmente poco chiara, poiché la donna — appunto — dovrebbe amare naturalmente la maternità. quindi, evidentemente, una donna che non è madre è un personaggio un po' strano. in realtà, quello che abbiamo cercato di elaborare è proprio questo e siamo arrivate alla conclusione non solo che la maternità deve essere scelta dalla donna nei tempi (infatti non è uguale essere madre a 18 o a 30 anni), ma che deve essere una scelta altrettanto normale e tipica del soggetto politico donna quella di decidere di non divenire madre affatto. fare questa scelta non significa scegliere la castità, significa un' altra cosa: significa semplicemente l' avere scelto di essere un individuo con la propria sessualità, semplicemente rifiutando quello che è sempre stato considerato uno sbocco tipico, cioè la maternità. partendo da questo punto di vista e quindi vedendo la donna sotto un altro spetto che non quello della donna-madre, che ha però bisogno di regolamentare la sua famiglia per provvedervi meglio, e partendo dall' altro presupposto, quello della sessualità, io credo che solo se riusciamo a capirci senza ambiguità su questi problemi si riescano poi a fare le leggi, in termini di diritto positivo , più chiare, più semplici, meno ambigue e quindi più facilmente applicabili. invece continuiamo ad andare avanti dicendo, per esempio, sull' informazione sessuale, cose come quelle che, al Senato, ha detto — il senatore Gozzini: « se io fossi presidente della regione e se non potessi fare altro, vorrei la promozione del rapporto intimo, effettivo e sessuale tra i coniugi » . come se chi coniuge non è, questo problema del rapporto effettivo e sessuale non lo abbia o non lo debba avere perché è riprovevole porsi questo problema al di fuori del matrimonio. e continuava, il senatore Gozzini, dicendo: « se fossi un sindaco, non esiterei un istante a predisporre subito almeno uno stampato sull' informazione sessuale da consegnare ad ogni coppia di sposi » . dal che si deduce che i non sposi dell' informazione sessuale non hanno bisogno per niente: cosa in realtà da dimostrare. ma il senatore Gozzini diceva ancora: « se non avessi proprio altra possibilità, prenderei il numero di gennaio di Aggiornamenti sociali , la rivista dei gesuiti di San Fedele a Milano, dove padre Perico in quattro-cinque paginette spiega come si deve fare » . ora, devo dire che rispetto a questa tesi mi sento enormemente estranea, perché da quello che vedo e da quello che vivo con le compagne in mezzo alla gente, il problema della sessualità, dell' informazione sessuale e della prevenzione dell' aborto si pone uguale, preciso e identico sia all' interno di una coppia legalmente consacrata sia tra persone che non sono sposate, ma che non per questo — mi pare, giustamente — rinunciano all' espressione della loro sessualità. se quindi noi partiamo dicendo che l' informazione sessuale deve essere fatta all' interno delle coppie legali e sposate, mi pare che trascuriamo tutta un' altra parte di persone, che mi sembrano ormai moltissime, e che sposate non sono ma questi problemi li hanno ugualmente. e allora, affrontando il problema dell' aborto, non bisogna fare dei piagnistei, come fanno alcuni colleghi democristiani che ieri dicevano: bisogna prevenire l' aborto, eccetera, perché allora a me viene da chiedere che cosa mai è stato fatto in questi trent' anni per prevenire l' aborto. pensiamo, per esempio, a tutto il curriculum di quello che è stato l' uso degli anticoncezionali in Italia, che ancora non c' è, non esiste (tanto che le ultime statistiche dicono che le donne che prendono la pillola sono in Italia il 4 per cento , figuriamoci!). io vi dico quindi che se partiamo con questa ottica, non solo non risolviamo il problema, ma non tentiamo neanche di affrontarlo. questa mi sembra una cosa molto importante perché in realtà — lo sappiamo ormai — o di informazione sessuale si comincia a parlare nelle scuole oppure dare lo stampato ad ogni coppia di sposi a 25 anni è un po' tardi, da quello che vedo in giro. mi risulta infatti che vi sono delle minorenni — vivaddio! — che abortiscono, e quindi di questa informazione sessuale, prima o dopo il timbro del sindaco, io credo che tutti gli individui abbiano bisogno, anche perché la sessualità non si sprigiona improvvisamente dopo il timbro del sindaco, mentre invece quello che si vuol far credere è che ho a 20 o 23 anni, comunque fino alla benedizione del prete o al timbro del sindaco, gli individui non hanno sessualità e, se l' hanno, sono pregati di reprimersela. questo vale per le donne; per gli uomini è tutt' altro discorso, che conosciamo benissimo, perché gli uomini hanno altri tipi di valori rispetto alla loro virilità, alla loro sessualità eccetera! per un uomo infatti essere vergine non è mai stato un valore, mentre questo valore della verginità è sempre stato tipico della donna. io dico allora che, poiché nasciamo come esseri sessuali, non è vero che questa sessualità si manifesti dopo un timbro particolare; la sessualità cresce con noi, cambia di esigenza a seconda che si prenda un bambino di un anno o una ragazzina di tredici anni che la esprime e la manifesta e ne ha le esigenze, ma non lo possiamo assolutamente dire. forse i cattolici lo possono dire, i credenti lo possono dire (per loro, magari è la moralità) ma per chi credente non è, cattolico non è (e non mi pare un insulto), evidentemente i problemi sono altri, sono diversi. come donne, in questi anni, ci siamo battute per il riconoscimento della sessualità come componente fondamentale dell' individuo soggetto politico donna, dell' individuo che sta cercando di liberarsi da millenni di condizionamenti sociali, che facevano, per esempio, della verginità — credente o meno che fosse la donna — il valore su cui puntare. è vero quello che diceva Gozzini, continuando: « in realtà, la Chiesa cattolica ha sempre avuto una posizione sostanzialmente ipocrita rispetto all' aborto » . e Gozzini ricordava appunto il detto: nisi caste saltem caute , cioè se non sei casto, fallo almeno di nascosto! in realtà, questa è stata anche la posizione della Democrazia Cristiana per tanto tempo , quando si denunciavano gli aborti clandestini . ma si arriva anche oggi a negare che esistano. e un tipo di atteggiamento che riflette un certo tipo di ipocrisia: l' aborto c' è in realtà, e vi andava benissimo sino a quando le donne non lo hanno chiesto organizzandosi e non lo hanno chiesto a gran voce. fino a quando se la sbrigavano da sole, con il senso di colpa e di vergogna che ha sempre accompagnato queste cose, vi andava tutto bene. quando avete cominciato a turbarvi? avete cominciato a turbarvi quando le donne non hanno più vissuto o voluto vivere il problema dell' aborto chiuse in casa, vergognandosi e colpevolizzandosi per quello che stavano facendo, ma quando hanno cominciato a dire: in realtà, la responsabilità di questa violenza enorme che noi paghiamo oggi è di chi l' informazione sessuale non ce l' ha mai voluta dare e ci costringe oggi a vivere questo atto con senso di colpa. mi pare che, per lo meno dal 1970, le donne, i vari movimenti, a cominciare dall' miliardi, dall' UDI, a partire dal 1972, con tutta una serie di manifestazioni (la legge di iniziativa popolare, l' miliardi che appoggia il progetto di legge Fortuna) sono andate avanti con tutta una serie di lotte, fino agli arresti di appartenenti al CISA del febbraio 1975 e alla raccolta di firme per il referendum. da allora il problema si è posto con tutta la sua urgenza, ma soprattutto con tutta la sua gravità. si ha quindi l' ingorgo delle forze politiche , che nel giro di tre mesi presentano sei progetti di legge , con avanzamenti anche da parte della sinistra: si è partiti con una commissione di tre medici, ma poi si è arrivati a dire che tale commissione non c' entrava nulla, per cui si è giunti ad un medico solo! penso che oggi sia importante riuscire a scoprire che spesso il potere politico e le forze politiche sono sempre arretrate, rispetto alle esigenze della gente, ma anche alle scoperte scientifiche. ho l' impressione che oggi votiamo una legge che non solo è ambigua, orrenda, ma pone in essere in realtà una discriminazione profonda tra le donne. quello che in realtà questa legge non ha risolto è il problema di fondo . qui si doveva, a mio avviso, rispondere ad una domanda precisa: l' aborto è o non è un reato? questo era il problema, cui la classe politica doveva rispondere con una legge in termini di diritto positivo . la classe politica , in realtà, ha risposto « ni » , dicendo che per tutte quelle donne che sapranno percorrere la trafila, che andranno dal medico, poi faranno passare sette giorni, poi andranno in lista d' attesa negli ospedali, poi insisteranno, eccetera, eccetera, per le donne che riusciranno a superare questa corsa ad ostacoli, l' aborto è perdonato. sono le donne buone. per le altre, che disgraziatamente non riescono per limiti culturali, economici, o di altra natura, a superare questa corsa ad ostacoli, l' aborto rimane reato. non solo, ma se per caso una compagna, che ha imparato ad usare il self-help, aiuta una donna ad abortire, questa compagna è pregata di accomodarsi in galera da sei mesi a tre anni. poiché poi questo intervento si fa in tre o in quattro insieme, si aggiunge anche l' associazione per delinquere. in realtà, è venuto fuori che esiste la donna buona e quella cattiva, l' aborto buono e quello delinquenziale e criminale punito con la galera. rispetto a questa discriminazione di fondo, io non mi sento di appoggiare questa legge, non fosse altro che per questo principio fondamentale di uguaglianza tra le donne, che intendiamo affermare. l' autodeterminazione, poi, è un' altra cosa folle. l' unica cosa che assicura questa legge è la libertà di mentire senza in realtà il diritto poi del medico, o di chi per esso, a fare le azioni ispettive per accertare se si è detta la verità o meno. questa legge crea una situazione analoga a quella data da una grande massa di persone che si trovino a dover uscire da una stanza con un' unica porta stretta, su cui è scritto: libertà di uscire. in realtà, di questa grande massa di persone, riusciranno ad uscire solo quelle che spingono più forte, che sono più prepotenti, quelle che riescono a farsi strada e che sono più vicine all' uscita. le altre persone presenti nella stanza sono pregate, per uscire, di buttarsi dalla finestra. con questa legge si ha la stessa situazione. esiste un numero enorme di persone che debbono abortire, ma saranno ritenute buone solo quelle che riusciranno a superare questa trafila burocratica. le altre sono pregate di arrangiarsi e rimangono delinquenti a piede libero, colpevolizzate, sottoposte alla speculazione dei medici che, come oggi, avendo lo spauracchio di tre anni di galera, non faranno altro che tenere il prezzo a un milione e mezzo. qual è stato l' effetto del codice penale sulla classe medica in Italia in questo campo? se in Italia si verificano dai trecentomila al milione di aborti — la cifra esatta non importa, non ne faccio un problema — esisteranno anche i medici che li eseguono. a parte le mammane, esistono anche i medici, che non sono stati affatto frenati dal codice penale , figuriamoci. l' unico alibi che il codice penale ha dato a questi medici e stato quello di alzare il prezzo a un milione e mezzo e non altri. quindi, questa legge che prevede le stesse pene per il medico che fa gli aborti senza la trafila, non li impedirà, ma gli darà semplicemente l' alibi di continuare a sfruttare le donne a un milione per volta. rispetto a questa ambiguità, è uscito fuori, ormai da molto tempo, il discorso del valore sociale della maternità. si è affermato che la donna, quando abortisce, non deve essere lasciata sola ma deve essere sostenuta dalla società, eccetera. quello che è grave, però, è che non abbiamo sentito fare altri discorsi al di fuori di questo, secondo cui, appunto, la donna non deve essere lasciata sola al momento dell' aborto. dopo non ci pensa più nessuno. non solo, ma se per caso si convince, non abortisce e partorisce, gli impegni concreti e precisi di seguire la donna che abbia deciso di essere madre non sono stati rivendicati da nessuno. l' unica cosa che è stata qui rivendicata è — ripeto — quella che la donna non deve essere lasciata sola nel momento in cui decide di abortire. qual è, in realtà, il problema? voi avete individuato nei consultori il momento in cui la donna non viene lasciata sola. allora, forse, è il caso di parlare un po' di questi consultori. mi sembra che Giovanni Berlinguer abbia detto nel suo intervento che, in realtà, solo una legge che sia approvata da una larga maggioranza, e quindi coinvolga tutte le forze politiche , abbia una qualsiasi possibilità di essere applicata, riconoscendo quindi che un provvedimento che venga approvato a stretta maggioranza non ha alcuna possibilità di essere applicato. a questo proposito, devo dire che le ultime leggi approvate contraddicono esattamente questa affermazione. la legge sui consultori, per esempio, fu approvata da tutti — quelli che c' erano — e non funziona; quella sulla parità dei sessi è stata approvata dall' intera Camera, salvo alcune eccezioni, e anch' essa non funziona: la legge sull' avviamento giovanile è stata votata da tutti, dalla Democrazia Cristiana al partito comunista , e sappiamo tutti che fine ha fatto. a mio avviso, non è vero allora che una legge è tanto più applicata quanto più è votata e sostenuta dalle forze presenti in Parlamento. infatti, questi esempi dimostrano che le leggi votate all' unanimità in realtà non si applicano mai. basta considerare la legge sui consultori, la legge sull' occupazione giovanile o quella, fantomatica, sulla parità dei sessi. quali sono, in realtà, le leggi che hanno poi la possibilità di essere applicate? sono soltanto le leggi meno ambigue, più snelle, più chiare anche in termini di linguaggio e di diritto positivo , quelle che non cercano di tradurre in diritto positivo i concetti filosofici o sociali o morali, ma codificano solo degli atteggiamenti. voglio fare un esempio a questo proposito: la legge sul divorzio, che pure passò a strettissima maggioranza, è quella che invece è facilmente ed ampiamente applicata nel nostro paese. questo contraddice esattamente la tesi politica sostenuta oggi dallo schieramento laico, il quale sostiene che più siamo a votare questa legge, più questa legge verrà applicata. questo non è affatto vero. in realtà, anche se il 95 per cento di noi voterà questa legge (e nel calcolo vi sono anche le astensioni), questa legge non sarà applicabile per le ambiguità intrinseche che contiene. si dice, per esempio, che la donna non sarà più lasciata sola e che vi saranno i consultori. l' articolo 2 spiega che cosa dovranno fare i consultori nei riguardi della donna che vuole abortire. debbo dire che il collega Mellini mi ha fatto venire in mente un esempio estremamente chiaro a questo proposito, che ora voglio qui citare, augurandomi che non sembri poco rispettoso. sotto il governo del Papa si obbligarono gli ebrei a sentire la predica una volta ogni quindici giorni, predica nella quale un prete cattolico cercava, con le minacce sulla loro vita temporale e soprattutto sulla loro vita futura, di convincerli al cattolicesimo. gli ebrei andavano alle prediche — dice la storia — con i tappi di cera per non sentire. e esattamente, a me pare, la funzione dei consultori. infatti, la mia esperienza di sei anni di impegno sull' aborto mi dice che le donne, nella stragrande maggioranza, quando si recano in un consultorio hanno già ampiamente deciso che cosa vogliono fare, e quindi le persone con le quali avranno il colloquio, in realtà, a seconda della gestione dei consultori (e qui torna il problema della gestione dei consultori), potranno magari trasformare l' informazione in persuasione, più o meno paternalistica e più o meno occulta. ed io immagino questa donna che si trova a sentire questa predica. ritengo che in coscienza il sentire o meno una predica sia una scelta che uno può fare, ma che appunto non deve essere obbligato a fare. no, perché? finora non c' è stato nessuno; non c' è problema. se si aveva l' interesse, si stava a sentire. se non interessa, come non detto. non mi pare che ci sia qui l' elenco delle presenze; del resto una cosa di questo genere non mi sembra sia stata ancora instaurata. mi pare allora che, rispetto a questi problemi e a questo problema in particolare, non possiamo scoprire oggi il piagnisteo sulla prevenzione, perché in realtà la politica che noi riteniamo si debba usare in questo caso, per questo problema particolare, è una politica assolutamente diversa da quella che voi intendete usare. noi riteniamo che esista un problema fondamentale oggi; quello dell' aborto clandestino . esiste poi l' altro problema che è quello dell' aborto tout court , dell' aborto semplice. allora mi sembra che la politica giusta da seguire sia quella in primo luogo della depenalizzazione totale dell' aborto per toglierlo dalla clandestinità e, in secondo luogo, colleghi democristiani, quella degli interventi legislativi di carattere sociale per prevenire l' aborto. siamo in ritardo di trenta anni, ma comunque potremmo almeno cominciare. ritengo però che sia poco dignitoso dire alla donna che deve abortire tra quindici giorni, per esempio, di aspettare un attimo, dal momento che nel frattempo noi facciamo gli interventi sociali di cui sopra, che potevamo fare da trent' anni a questa parte, che non abbiamo mai fatto, ma che d' ora in poi sicuramente faremo. il collega Guarino diceva al Senato « noi ci interessiamo delle donne che non sanno e, non sapendo, sono delle minorate sociali » , ponendo in alternativa alle minorate sociali le donne che nei salotti profumati offrono il « labbro tumido al peccato » . intanto, contesto decisamente questa concezione perché questa divisione tra donne non è un' alternativa molto piacevole: se devo scegliere tra quella che offre il labbro tumido al peccato o una minorata sociale, devo dire che non mi trovo di fronte ad una alternativa particolarmente affascinante. pare inoltre che le minorate sociale il labbro non l' abbiano per niente. comunque, le donne non sanno e, non sapendo, sono minorate sociali; ma a questo punto mi chiedo chi mai le abbia tenute nell' ignoranza. infatti, nelle scuole si sa tutto sui gigli, su Manzoni, su Napoleone, sui mammiferi, ma come funzioni un organismo umano non è dato sapere, e se per caso c' è uno scheletro umano, intanto è uno scheletro un po' asessuato in quanto altrimenti turba, e se per caso è presente la fascia muscolare, questa si ferma alla vita. in realtà non c' è un' informazione sessuale, e anzi ciò mi preoccupa abbastanza perché quando si parla di informazione sessuale nelle scuole, qualcuno ha ventilato l' ipotesi di chiamare gli esperti o il teologo moralista. devo dire di avere insegnato per poco tempo nelle scuole medie, ma le domande dei giovani, già difficili nei confronti dell' insegnante di tutto l' anno, diventano impossibili di fronte alla divisa dell' esperto o del teologo moralista. tutto ciò a causa dei problemi che esistono, che è difficile sconfiggere in quanto inculcati da mille anni a questa parte. quindi, troviamo delle donne che non sanno e che, non sapendo, sono delle minorate sociali; però bisognerebbe ribaltare la responsabilità della minoranza sociale che noi rappresentiamo. venendo al problema dell' aborto, al Senato, Bufalini ha detto: « a Palermo, dove ho vissuto per molti anni, ci sono i catoi, una specie di cantina, di fogna abitata dove proliferano famiglie e purtroppo anche topi; a Napoli ci sono i bassi, a Roma ci sono le casette... » . ebbene, se in queste condizioni, che chiamano in causa, sia pure in modo diverso, le responsabilità di tutti noi, una povera donna che ha avuto sette od otto figli e forse anche il marito disoccupato e poi è rinsecchita e riarsa, non sopporta più una nuova gravidanza, pare che sia giustificabile e l' aborto deve essere concesso. d' altra parte, è intervenuta la collega democristiana Ines Boffardi, la quale sostiene: « sappiamo invece che spesso sono le donne ricche che amano le proprie comodità e certe libertà » — certe, non meglio definite — « quelle che abortiscono normalmente, non le povere; lo testimoniano le femministe » . non si sa come, prescindendo dal fatto che il metodo Billing è scientificamente valido, ma forse è meglio sorvolare un attimo. da una parte esiste una situazione tragica, dall' altra invece l' aborto viene visto come l' esigenza di quelle che porgono il labbro tumido al peccato. sull' aborto clandestino non vi sono casistiche ufficiali; tra l' altro, essendo un fenomeno clandestino, è difficilmente riconducibile a statistiche. il CISA, nel 1976, aveva chiesto alla Demoskopea un' indagine sulle donne che abortivano presso il centro in relazione ad un questionario distribuito e compilato da mille donne. in realtà, è una statistica che parte con alcune limitazioni in quanto comprende solo le aree metropolitane . infatti, non siamo presenti nelle campagne, nel profondo sud e quindi è una statistica che riguarda solo le donne che vivono in una città metropolitana del nord. probabilmente, alcuni dati di queste i quali normalmente dividono le donne che abortiscono tra le sottoproletarie e le ricche amanti dei lussi e dei vizi. per esempio, l' età media di queste mille donne che hanno abortito presso il nostro centro è di ventisei anni e solo il dieci per cento delle donne ha meno di diciotto anni. le sposate erano il 53 per cento , di cui il 68 per cento aveva già abortito almeno una volta. le occupate erano il 48,5 per cento , di cui il 50 per cento impiegate, il 20 per cento operaie, il 15 per cento insegnanti, il 2 per cento dirigenti. le non occupate erano il 51,5 per cento , di cui il 60 per cento casalinghe, il 15 per cento studentesse, il 6 per cento disoccupate. come vedete, mancano le cifre delle donne sottoproletarie e contadine, ma non è un caso, poiché in realtà il CISA è una organizzazione a dimensioni ridotte, che si trova nelle grandi città e non nelle campagne. mi sembra, comunque, che questi dati smascherino definitivamente anche la falsa propaganda democristiana, secondo la quale ad abortire sarebbero solo le minorenni drogate, senza famiglia, ed avanti di questo passo. in realtà, abortiscono proprio le donne, quelle (tra virgolette) normali, quelle che sono madri di famiglia (sempre tra virgolette) modello, quelle che in realtà sono poi le mogli, le madri, le figlie, le spose degli italiani in generale. se passiamo, ad esempio, alla motivazione (l' articolo 4 della proposta di legge al nostro esame enuncia una casistica che parla di motivi economici o di salute psicofisica della donna), rileviamo che tra quelle mille donne del 1976 abortivano per motivi economici il 30 per cento e per motivi di salute l' 8,7 per cento . quindi, il 60 per cento delle donne, allora, dichiarava di abortire per motivi, che vanno da quelli di ordine sociale (per la famiglia, sono troppo giovane, eccetera), a quelli di carattere strettamente personale (ho già altri figli, il 20 per cento ; non sono preparata alla maternità, il 9 per cento ; non voglio avere figli, il 5 per cento ). le donne che non vogliono avere figli sono ancora oggi considerate delle devianti, tanto è vero che ad una donna che va a chiedere di abortire viene affibbiata una presunzione di scervellatezza (il medico la invita a soprassedere per sette giorni; non per sei, poiché sono troppo pochi, non per otto, non si sa per quale motivo). questa donna, in realtà, è sospetta di essere un po' scervellata: il medico la rimanda a casa, dicendole: « lei ci ripensi, perché mi pare una decisione un po' affrettata » . devo dire che, in realtà, le condizioni anche psicologiche che ci accompagnano nei giorni che sono drammatici per le donne, quelli che vanno dalla constatazione del ritardo mestruale a quello in cui si sa con certezza di essere incinte, sono di un certo tipo. si tratta di giorni non solo drammatici, ma di giorni in cui (mi rivolgo proprio allo schieramento che vuole chiamare in causa il padre, per obbligo, il compagno o che so io), quando esiste un rapporto buono, ad esempio tra la ragazza e la famiglia o tra la donna e il suo compagno (marito o altri), si discute moltissimo, normalmente. si passano le notti a discutere! ma, se non c' è questo rapporto buono, non esiste disposizione che tenga! vi è stato un periodo, ad esempio, al CISA in cui alle minorenni abbiamo detto: « sentite, fate il favore di tornare accompagnate o dai genitori o da una persona, maggiorenne, della famiglia » . era, se vogliamo, quello che voi state stabilendo per legge, una sorta di ricatto. « sentite, siete minorenni, vedete di tornare accompagnate o da un genitore (ne chiedevamo solo uno) o comunque da una persona maggiorenne della vostra famiglia » . la realtà è che o la ragazza minorenne già la prima volta veniva accompagnata dall' intera famiglia, dalla zia, dalla sorella maggiore, o che so io, perché il rapporto era tale che ne aveva parlato in casa, oppure non tornava più; anzi, spesso è tornata, disperata, due mesi dopo, quando ormai era tardissimo e quando ormai bisognava mandarla a Londra (cosicché in realtà ha subito traumi molto più grandi). voglio, allora, dire ai colleghi che parlano sempre delle minorenni: insomma, una minorenne oggi può essere madre, può partorire, senza il consenso ed il beneplacito di nessuno! eppure a me pare che la maternità sia una responsabilità molto maggiore per se stessa e per l' individuo che nasce; è una responsabilità enorme, che si prolunga nel tempo. voi invece dite in sostanza che la ragazzina di quattordici anni è in grado di assumersi questa responsabilità, perché nessuno le può impedire di essere madre e quindi ha la maturità per mettere alla luce un figlio e per allevarlo. poi, invece, venite a dire che la ragazzina non è abbastanza responsabile per decidere sull' aborto. in queste vostre posizioni risulta chiara una cosa: il senso di possesso rispetto ai figli. credo che se una mia figlia abortisse senza dirmelo, mi porrei molto di più il problema di esaminare in che cosa sia stato sbagliato il mio rapporto con lei, piuttosto che il problema rivendicativo, di possesso o di rabbia, perché non sono stata informata. il problema, dunque, non consiste nella tassatività di informare, tranne che non si accetti l' ottica di considerare i figli un possesso, che è poi la stessa ottica per cui la donna è possesso dell' uomo, del compagno o del proprietario dello spermatozoo, perché identica è in realtà la concezione. queste cose mi appaiono veramente sconvolgenti, perché non mi pare che si comincino a vedere le donne, indipendentemente dalla loro età, come soggetti capaci di intendere e di volere. e ciò è tanto più vero se si considera che a quattordici anni sono già in grado di fare un figlio, così come voi dite, sostenendo anzi che sono ampiamente responsabili per farlo. successivamente, però, voi dite che a quattordici anni non sono responsabili per abortire. questo è un nodo che in qualche modo dovrà essere sciolto. se esiste un rapporto buono tra la ragazza e la famiglia non solo il colloquio sarà immediato, ma la stessa ragazza lo cercherà per prima; se questo rapporto non esiste, non sarà certamente una legge ad imporlo. questa legge lascerà semplicemente le minorenni nelle mani dei medici speculatori o delle « mammane » o, se per caso la ragazza per fortuna le troverà, delle compagne femministe che avranno ancora il coraggio di continuare a fare il self-help anche dopo l' approvazione di questa legge. un altro problema che mi premeva e mi preme di sottolineare riguarda l' aborto in sé e per sé. la proposta di legge al nostro esame afferma all' articolo 1: « lo Stato... tutela la vita umana dal suo inizio » . a mio avviso il termine « dal suo inizio » è convenzionale, così come convenzionali sono stati tanti altri termini usati nel corso dei secoli. per esempio, il noto decreto di Graziano del 1140 diceva che il momento a partire dal quale il feto va considerato non sopprimibile è quello della sua animazione. evidentemente anche questo è un termine convenzionale. lo stesso si può dire per il criterio, di epoca medievale, secondo cui il feto per gli uomini era da considerarsi vivo dopo quaranta giorni, perché vi era l' anima, mentre per le donne — che sono sempre ritardate — l' anima arrivava dopo ottanta giorni. convenzionale fu anche il criterio sancito da San Tommaso secondo il quale il feto è vivente quando movet se ipsum . Monod dice che il feto diventa individuo quando inizia l' attività del sistema nervoso centrale e cioè dalla coscienza. la Corte suprema degli USA pone l' inizio della vita, con un altro termine convenzionale, anche se molto libero, nella ventottesima settimana. in un documento che ho ricevuto dal professor Nicolodi, presidente dell' ordine nazionale dei biologi, questo inizio viene fissato dopo sei mesi. anche il criterio più aperto, quello di Custer, secondo cui vivere è respirare, presenta una dose di convenzionalità. ma allora la vita quando comincia? ho sentito qui dire, da parte democristiana, che l' ovulo fecondato, quindi lo zigote, è vita umana , perché ha già in sé tutti i caratteri. ora io non faccio polemiche, perché sano contentissima che esista in Italia la spirale, come mezzo anticoncezionale; sono felice di questo ma chiedo tranquillamente ai colleghi che sostengono questa teoria se l' uso della spirale contraddica questo principio. sappiamo come funziona; in realtà, per le donne che hanno la spirale, esiste l' ovulazione, l' ovulo viene fecondato, ma non si annida. in realtà lo zigote si forma, ma non si annida. il collega Giovanni Berlinguer mi ha detto prima che all' interno della Chiesa si è svolto tutto un dibattito per conoscere se l' inizio della vita fosse rappresentato dalla fecondazione o dall' annidamento, ma questo era solo per dire come fosse un termine assolutamente convenzionale quello dell' inizio della vita umana . la Chiesa può avere una posizione dogmatica di fede, e se la Chiesa mi dice che per dogma di fede la vita umana ha inizio all' atto della fecondazione, sono tenuti a rispettare questo dogma i cattolici ma non — vivaddio! — i non cattolici. ma poiché la Chiesa sostiene oggi che la vita inizia dalla fecondazione non per dogma ma per scienza provata, devo dire che si pone in condizione di essere smentita, per esempio, dalle prossime ricerche. in realtà, a questo riguardo persino la sentenza della Corte suprema degli USA pose giustamente il problema; la Corte suprema si pronunciò nei termini seguenti: « noi non abbiamo bisogno di risolvere la complessa questione relativa al momento in cui la vita comincia. quando gli esperti nelle rispettive discipline della medicina, della filosofia e della teologia sono incapaci di arrivare ad un accordo, il potere giudiziario , al punto attuale dello sviluppo della conoscenza umana, non è in condizione di dare una risposta al riguardo » . mi pare che la proposta di legge in esame abbia scelto una posizione diversa, tanto è vero che questo esempio non è stato seguito. proprio al primo comma dell' articolo 1 si dice che lo Stato tutela la vita umana dal suo inizio, e questo mi pare un pessimo esempio per una legge che dovrebbe recare una moderna regolamentazione dell' aborto, non solo perché comincia con il porre a base delle proprie norme un fatto che scientificamente non è provato né accettabile, qual è quello della vita umana , ma anche perché crea la prospettiva per cui ci si preoccupa, prima che di tutelare la libertà e la privatezza della decisione della donna, che dovrebbe essere l' unico obbiettivo della legge, di una entità fantomatica, che è la potenzialità della vita umana . rispetto a questa ambiguità, mi pare che la tesi della Chiesa o dei cattolici o della Democrazia Cristiana , o si fonda su un dogma di fede, ed allora non è controvertibile scientificamente ma è valida solo per i credenti, oppure si fonda su un dato scientifico, che invece è scientificamente inaccettabile. conosciamo, ad esempio il fenomeno della gemellazione ed altri aspetti, oltre a quello considerato, che non ci consentono di accettare questo principio. rispetto all' ambiguità di fondo, di chi vuole l' inizio della vita umana subito, o dopo sei mesi, o dopo ventotto settimane, o dal primo respiro, eccetera, l' unica seria posizione è quella di depenalizzare sempre l' aborto. l' aborto non è reato mai per nessuna di noi; ma per tutte noi è una violenza perché non sappiamo, appunto, e non sapendo siamo delle minorate mentali, oppure perché, per esempio, conoscendo, magari, i mezzi contraccettivi che sono in commercio oggi, sappiamo che non danno quella sicurezza o quella tranquillità, forse perché appunto studiati dai maschi, con la conseguenza che si studia solo la contraccezione femminile perché la contraccezione maschile, figuriamoci, non esiste! oggi in realtà non c' è sicurezza neanche sui metodi contraccettivi in commercio. non solo bisogna sapere, ma neppure sapendo si è sempre tutelate. sostenere una discriminazione tra le donne che riusciranno a seguire questa trafila e quindi saranno perdonate, e quelle che non vi riusciranno e quindi saranno un po' criminali a piede libero, mi sembra una posizione anche di principio assolutamente inaccettabile. mi sembra inaccettabile perché, in realtà, se noi sosteniamo che l' aborto è una violenza sempre per tutte noi, non è pensabile la posizione di chi, più privilegiata, riesce a spintonare con forza e a farsi sentire in ospedale. in Italia oggi vi sono 500 mila posti letto — questi sono dati del ministero della Sanità il quale asserisce che in Italia vi sono 500 mila letti fra tutte le specializzazioni — e la poesia del parto, della maternità, di questa cosa bellissima, noi la viviamo in corridoio parlo del San Camillo di Roma, non di un ospedale del profondo sud — e tra un po' inventeranno i letti a castello. la colpevolizzazione dell' aborto non so dove, negli ospedali, ce la faranno vivere perché se il fatto di essere madri, con tutta la poesia, la gratificazione sociale, la tutela del valore sociale della maternità, lo si vive in corridoio, la vergogna dell' aborto non ho capito bene come e chi mai riuscirà ad ottenerla. sono, queste, considerazioni abbastanza scontate. giustamente si dichiara che nessuna legge sull' aborto, in nessun paese, ha avuto dei risultati buoni od immediati, ma sono continuati gli aborti clandestini . scusa tanto, se prima erano clandestini la cifra non esisteva: il clandestino non si certifica. come si fa a dire che aumentano sempre quelli clandestini di cui nessuno sa mai niente? mi pare una cosa abbastanza strana. se un fenomeno è clandestino tu puoi dare delle stime, ma sicuramente non mi puoi dire che la legge aumenterebbe tali aborti. quando passò la legge sul divorzio si disse che chissà cosa sarebbe successo. non è successo nulla. è accaduto che le coppie separate da molti anni hanno regolarizzato — così dite voi — la loro posizione. ora si dice che introducendo l' aborto chissà cosa accadrà. voglio dire che qui non si tratta di introdurre, di permettere, di consentire l' aborto; l' aborto in Italia è introdotto, consentito e permesso, purché sia fatto nella clandestinità, purché sia fatto con vergogna e con senso di colpa. lo sanno anche i sassi come si fa ad abortire, basta avere i soldi; lo sanno anche i sassi che basta cercare sulle pagine gialle le varie cliniche private! ma voi di questo non vi scandalizzate mai. non si tratta, quindi, né di introdurre né di permettere, poiché in una situazione di ipocrisia totale l' aborto in Italia esiste, è permesso ed è consentito con una discriminazione di classe anch' essa da voi accettata tranquillamente. non è vero che legiferare oggi sull' aborto significhi che le donne, improvvisamente prese da estasi, abortiranno di più: ma neanche per sogno, non è assolutamente vero. normalmente si abortisce per necessità anche se le cause di necessità sono soggettive. nessun altro può, a mio avviso, verificare o capire fino in fondo le motivazioni, che possono essere gravissime per una donna che abortisce e che invece a chi è estraneo possono apparire meno gravi. se è vero che nessuna legge ha finora risolto il problema, ritengo non sia opportuno seguire questi esempi. credo si possa proporre una soluzione di depenalizzazione e di mutualizzazione. perché volete tutelare l' aborto che è una violenza? la violenza non si risolve con il colloquio col medico o nelle liste di attesa negli ospedali. in realtà neanche per il parto, che è una cosa felice, rosea, bella, esiste alcuna regolamentazione; non esiste alcuna regolamentazione per nessun altro intervento. in realtà la regolamentazione dell' aborto parte dalla considerazione che le donne che rifiutano un figlio sono ancora un po' devianti: esse si devono per lo meno giustificare davanti a qualcuno, che rappresenta lo Stato, per questa loro devianza. forse bisognerebbe distinguere due tempi: esiste prima il problema dell' aborto clandestino , che è un problema immediato, che abbiamo sottolineato e che sottolineiamo da una decina di anni; poi esiste il problema della prevenzione dell' aborto. a mio avviso, si tratta di due problemi che non possono essere affrontati nella stessa legge. a mio avviso serviva una legislazione di depenalizzazione e di mutualizzazione dell' aborto, per cui l' aborto venisse considerato alla stregua degli altri interventi. esiste poi un problema di volontà politica di mettere in atto tutti quei provvedimenti di tipo sociale che possano appunto prevenire l' aborto o sconsigliarlo. mi pare che questo sia estremamente importante. mi pare che la stampa sia sempre stata attenta nei confronti delle donne che fanno il self-help. in realtà, le donne che non sono medici — io non sono medico imparano a fare aborti. io ne ho fatti molti. in realtà, la stampa, che è sempre molto attenta, non ha potuto trovare nessuna di noi che abbia mandato qualche donna all' ospedale. perché? perché abbiamo usato il metodo Karman, il metodo per aspirazione e gli strumenti di plastica. abbiamo scoperto, per esempio, che l' aborto si può fare entro le prime otto settimane di gravidanza a livello ambulatoriale, anche senza anestesia totale. molto spesso è sufficiente l' anestesia locale, e talvolta si può anche evitare. abbiamo imparato che ci si può tranquillamente alzare subito dopo, che non è necessario il ricovero se non in certi casi. questa ci pareva l' avanguardia delle scoperte: sappiamo oggi dagli USA che questa avanguardia rischia di diventare passato archeologico — non passato prossimo, ma passato archeologico — per via della pillola del giorno dopo e degli ovuli di prostaglandine. tutto questo ci dice che questo provvedimento sarà un reperto archeologico tra due anni rispetto a queste novità e che allora si porrà un problema analogo a quello che abbiamo avuto a proposito della pillola. infatti, abbiamo per anni fatto la lotta perché la pillola fosse venduta in Italia. ancora oggi la pillola non è venduta come contraccettivo. per carità! e un po' volgare parlare di contraccettivi! la pillola viene venduta come regolatore dei disturbi mensili. magari dovremo lottare per anni, facendo il contrabbando dalla Svizzera con gli ovuli e le prostaglandine. in Italia non saranno vendute, oppure, se le venderanno, saranno vendute come ricostituenti, per esempio, in omaggio alla ipocrisia nazionale. non condivido la conclusione dell' intervento del collega Brusca, il quale ha affermato che, poiché ci sono le prostaglandine, con quello che ciò comporta, proprio per questo bisogna regolarizzare. io ritengo che si potrà anche regolarizzare ma, se saranno in vendita le prostaglandine, non si potrà controllare più niente. mi pare dunque che con questa legge, finché non vi saranno questi ritrovati, si andrà avanti con il raschiamento di Stato, l' unico che fanno gli ospedali e che richiede il ricovero, oppure con l' aspirazione. questa legge non funzionerà per via delle strutture ospedaliere, di cui dicevo prima. non funzionerà domani se saranno introdotti in Italia i ritrovati moderni, in quanto sarà una legge da reperti archeologici. mi pare che questa sia una cosa importante, perché molto spesso i movimenti di opinione hanno dimostrato di essere più avanzati della classe politica , che probabilmente poteva fare questa legge nel 1974. nel 1974 sarebbe stata accettata dal movimento delle donne, mentre nel 1978 ha semplicemente l' odore non solo di oppressione, non solo di controllo sulle donne, ma anche dell' inutilità e della funzionalità solo agli accordi di partito, agli accordi di vertice, volti ad escludere nel modo più totale le donne come soggetti politici, le donne come movimento organizzato.