Marco PANNELLA - Presidente del Consiglio Maggioranza
VII Legislatura - Assemblea n. 260 - seduta del 05-04-1978
1978 - Governo II Moro - Legislatura n. 4 - Seduta n. 179
  • Attività legislativa

la ringrazio, signor presidente . poiché i colleghi ieri sera, nella fase finale della seduta, erano comprensibilmente poco numerosi, penso sia utile che essi possano adesso dedicarci la loro attenzione a proposito di quello che è a mio avviso un punto apparentemente marginale, ma sicuramente limpido e chiaro del nostro regolamento. ricordiamo che l' articolo 82, comma secondo, recita: « salvo diverso accordo di tutti i gruppi, ed a meno che, per urgenza, la Camera non abbia deliberato altrimenti a norma del quinto comma dell' articolo 79, l' ordine del giorno che prevede l' inizio dell' esame di un progetto di legge deve essere annunciato almeno 24 ore prima dell' inizio della discussione sulle linee generali » . ieri sera, signor presidente , colleghi e colleghe, ci eravamo fatti carico di preavvisare l' Assemblea stessa di una situazione che ci sembrava non regolamentare. nel momento in cui la presidenza, alle ore 20 di ieri o anche più tardi, annuncia per la seduta di oggi pomeriggio l' inizio dell' esame della proposta di legge sull' aborto, noi riteniamo che sia disattesa la norma che prevede che tale annuncio debba essere fatto almeno 24 ore prima (e direi che la letteratura critica della Camera dei Deputati su questo è tassativa: si tratta di « almeno » 24 ore prima). noi riteniamo che quando lo articolo 82 prevede un preavviso di 24 ore intenda esattamente (e su questo la letteratura critica della Camera dei Deputati è tassativa) dire 24 ore: ed è per questo che abbiamo asserito che nella circostanza questa prescrizione è stata lesa. a questo punto, certamente sorge in ciascuno di noi la tentazione di dire che « 24 ore prima » o « un giorno prima » sono la stessa cosa e che non vale la pena di formalizzarsi. in realtà, se il nostro regolamento (che è del 1971) sente la necessità di essere così tassativo da dire « almeno 24 ore prima » , vuol dire, probabilmente, che un secolo — o almeno trent' anni — di esperienza parlamentare dimostrano la necessità di mettere il singolo parlamentare, prima ancora dei gruppi, nella condizione di procurarsi in 24 ore (che sono poi pochissime e non possono certo essere tutte di lavoro) una documentazione — se già non l' aveva che gli consenta di formarsi almeno una prima convinzione in merito al tema che deve essere affrontato con l' esame del nuovo progetto di legge . io penso, quindi, che nelle pieghe delle norme più limpide e più marginali del regolamento sia riposta la vera potenzialità di difesa di ciascuno di noi: e indubbiamente molto chiara è la norma che prevede un termine di 24 ore di attesa dopo l' annuncio della discussione di un nuovo progetto di legge . nel nostro regolamento si usano a più riprese termini di altra natura: esso prevede i minuti (per esempio, per la durata degli interventi o per il preavviso della votazione), prevede le ore (articolo 30, secondo comma, sulla convocazione delle Commissioni), prevede i giorni (articolo 30, terzo comma, sulla convocazione delle Commissioni nei periodi di aggiornamento della Camera), prevede i mesi (articolo 72, secondo comma, in merito al divieto di riproporre progetti respinti). nel nostro regolamento, dunque, sono usati termini semantici molto precisi e non in modo indifferente: i minuti, le ore, i giorni o i mesi sono indicati in modo puntuale. si dice in esso molto spesso « non prima di due giorni » , « tot minuti » , « tot ore » , e così via . ciò significa che se il regolamento usa l' espressione « ora » , intende proprio riferirsi all' ora; e in questo caso, in più, si dice « almeno 24 ore » , aggiungendo « almeno » proprio perché molto spesso può non collimare l' ora in cui si affronta il problema con quella d' inizio della discussione: se si parlasse dell' argomento alle 11 di sera, potrebbe non essere possibile cominciare a discutere alle 11 della sera successiva. in altre parole, l' uso del termine « almeno » sta a significare che il regolamento si preoccupa di fare in modo che eventualmente l' approssimazione sia per eccesso, mai per difetto: è escluso che si possa trattare di 24 ore meno un minuto. questa è una prima osservazione e non sarebbe certo compiere un atto di senno, proprio della diligenza del buon padre di famiglia, dire, di fronte ad un sospetto di formalismo che è invece rispetto della formalità, che è uguale parlare di 24 ore o di un giorno. non è così e, nel momento in cui un precedente del genere dovesse affermarsi, la capacità di noi singoli deputati (che è già distrutta dallo svolgimento dei problemi parlamentari degli ultimi sessanta o trent' anni ) di operare finirebbe per comprimersi al di sotto dei limiti dell' immaginabile. invece, deve essere garantita quanto meno la possibilità teorica di un processo conoscitivo a ciascuno di noi sui progetti di legge che vengono in esame. e questo è stato ulteriormente precisato nel regolamento del 1971, signor presidente , colleghi, colleghe. nel 1971 tutti conoscevano benissimo quali fossero le prassi, gli andazzi, le difficoltà della vita parlamentare ed è per questo che si è sentito il bisogno, nel preparare il nuovo regolamento, di precisare, all' articolo 28, che « i termini indicati nel regolamento si intendono computati secondo il calendario comune » , il che significa anche secondo l' ora solare, secondo l' orologio. la letteratura critica, l' esegesi della Camera dice chiaramente che si è fatto questo perché contro una prassi precedentemente seguita, si è voluto rendere tassativi i termini aumentando il tempo a disposizione delle Commissioni per svolgere il loro lavoro, per rendere tassativo il principio della corrispondenza del calendario con l' orario effettivo — non con quello di Camera aperta o di Camera chiusa — quindi con un orario non relativo ai nostri orologi ma relativo all' economia dei nostri lavori. prima connessione: articolo 82 — le ore, non i giorni e la precisazione, all' articolo 28 del nostro regolamento, il quale asserisce che le ore sono le ore, i giorni sono i giorni, quali che siano le vicende di Camera chiusa o di Camera aperta o le incidenze di altra natura. il presidente ieri ci ha menzionato l' articolo 26. leggiamolo: « il presidente della Camera o il presidente della Commissione annuncia, prima di chiudere la seduta, l' ordine del giorno e l' ora delle sedute dei due giorni successivi di lavoro » — attenti colleghi, stiamo veramente e costantemente camminando sul terreno minato ogni giorno, delle prassi seguite, magari in modo totalitario, senza che si senta il bisogno, dopo sette anni, di modificare la norma perché se si usasse il sistema novellistico di riforma verrebbero fuori degli inconvenienti molto gravi; per evitare, quindi, la riforma del regolamento di tipo novellistico, applichiamo lo stesso attraverso delle prassi e degli alvei che sono esplicitamente posti a regolamentare — « fermo » — ieri non ci è stato ricordato — « sempre » — badate sarebbe bastato dire « fermo restando » invece si dice « fermo sempre » — « il termine previsto nel secondo comma dell' articolo 82 » . vedete allora colleghi che qui si dice: « almeno ventiquattro ore » e « fermo sempre » . signor presidente , sono andato a leggere altri articoli del nostro regolamento, il 109, il 110 e il 111 e in tutti questi articoli è detto: « fermo sempre il termine del secondo comma dell' articolo 82 » . allora che cosa ne consegue? ne consegue che dobbiamo cercare di capire e di farci carico noi, signor presidente , di quali sono i motivi pratici, concreti, direi di diligenza del buon padre di famiglia, che possono spiegare questo continuo rincorrersi di questa novellistica giurisprudenziale nei confronti dei richiami al regolamento radicali che hanno portato in sei sedute ben cinque situazioni di questo genere. mi pare chiaro, e ieri il presidente ce lo ha ripetuto, colleghi e colleghe, e ringrazio i non pochi che vedo avere la pazienza di ascoltarmi e di seguire questa attenzione al fatto regolamentare, cosa ci viene detto. ci viene detto: in realtà se adesso — adesso ieri sera ore venti — noi accettassimo questa cosa delle ventiquattro ore ci troveremmo paralizzati. devo dire che in certi casi si smarrisce la bussola solo perché ci si trova ad avere la bussola ufficiale e non guardare quindi il sole che a volte può essere anche un miraggio. signor presidente , che cosa, in realtà, si può verificare? almeno ventiquattro ore era previsto quando è detto « almeno ventiquattro ore » . in una seduta di pomeriggio evidentemente l' inizio dell' esame, signor presidente , può cominciare nella mattina del: « dopo un giorno e mezzo » . è chiaro, signor presidente , che se noi ci occupiamo alla fine delle sedute dell' ordine del giorno e viene detto « almeno ventiquattro ore » è evidente che l' indomani non cominceremo in via normale una seduta nel momento in cui normalmente vengono fatte terminare. almeno ventiquattro ore significa che responsabilmente chi ha votato questo regolamento si è reso conto che dicendo « almeno ventiquattro ore » significava la seduta del mattino ancora successivo o, se siamo in sede di mattino, la seduta del pomeriggio del giorno dopo. allora quello che spinge e stimola chiunque ad occuparsi di regolamento è certo il doveroso interesse politico; il tentativo cioè di trovare nelle nostre norme comuni, nelle regole del gioco , dei margini costanti di rispetto di un comune modo di comportarci dal quale possiamo trarre un vantaggio. qual è il vantaggio, in concreto, che può essere addebitato come tentativo di vantaggio al gruppo radicale? è, quello, forse, di guadagnare mezza giornata di questo dibattito. credete davvero che per fare questo noi sottoporremo — è solo questo — al logoramento tanti colleghi — oggi siamo tanti — costringendoli a venire magari per il voto a scrutinio segreto , solo per guadagnare sei ore? ma guardate l' ostilità che questo crea. a volte — è umano — vi è una reazione contro di noi quando facciamo queste cose. evidentemente è per noi un costo umano e politico di molto maggiore alle quattro o cinque ore che in questo modo guadagnamo. ma abbiamo veramente timore, colleghe e colleghi, che ormai costantemente mozione non significa più mozione — vi ricordate quanto accadde a luglio? — e le cose più limpide e semplici, le più marginali sono invece piegate alle esigenze dell' efficacia pronta o assoluta e immediata. quindi, a questo punto, io ripropongo questo argomento. si dice — ed è questo l' argomento centrale, credo — che l' articoli 26 del regolamento fa riferimento all' ordine del giorno e all' ora delle sedute dei due giorni successivi di lavoro. ecco, colleghi, questo è il centro, non il centro naturale, ma quello a cui volontariamente si vuole ricondurre questa vicenda. noi sappiamo dal regolamento che abbiamo, da una parte, un programma, che non può andare oltre i tre mesi e, dall' altra, abbiamo un calendario che non può andare oltre i quindici giorni. abbiamo poi un ordine del giorno che non può andare oltre le 48 ore, secondo il regolamento. nel 1971 si è stabilito questo. ora, in questa legislatura, cosa sta accadendo? per fatti della maggioranza, programmi non sono più nemmeno tentati, e il signor presidente ce ne può dare — credo — tranquillamente atto; non si tentano nemmeno, perché le vicende di questa legislatura sono state tali che una programmazione trimestrale da parte e del Governo e delle maggioranze — astensioni o no — non è stata sostanzialmente tentata. siamo arrivati, qualche volta con difficoltà da parte delle opposizioni e qualche volta di altri, ad avere il calendario fino ai 15 giorni. adesso dovremmo avere l' ordine del giorno per le successive 48 ore, ma non abbiamo nemmeno quello. perché? perché, in realtà, questa norma, che stabilisce che l' ordine del giorno è di 48 ore, è largamente e costantemente disattesa. in realtà, abbiamo le 24 ore. alla fine delle sedute, normalmente il presidente ci propone l' ordine del giorno per le 24 ore successive. gli uffici, ancora una volta preziosi nel loro contributo, ci hanno fatto sapere che, in realtà, dopo poco dall' approvazione di questo regolamento del 1971, dopo ben poco, è cominciato ad andare in desuetudine l' ordine del giorno di 48 ore, e si è stabilito l' uso di fissare l' ordine del giorno solo per le 24 ore successive. allora, anche qui io devo dire che forse non è un buon metodo, non è un buon sistema quello oggi di dire: abbiamo avuto sei anni di desuetudine completa di una norma e l' affermarsi di un' altra figura di ordine del giorno per le 24 ore successive. in questo caso dovrebbero intervenire la Giunta del regolamento e l' Assemblea. qui sì che una modifica novellistica diventa giusta, obbligata. perché? perché quella esperienza di allora potrebbe non essere, signor presidente , automaticamente riconducibile ad oggi. ma allora si dice: visto che noi, contro l' indicazione del regolamento, non abbiamo ordini del giorno di 48 ore e ne abbiamo uno di 24... con questa indicazione rischiamo di rendere ulteriormente complicata e difficile l' elaborazione di questo ordine del giorno di 24 ore. signor presidente , la mia ignoranza è senza limite: non sapevo di avere un quarto d' ora di tempo. d' accordo. io credevo che per richiamo al regolamento vi fosse un quarto d' ora a disposizione per gli interventi a favore e contro, ma non per il proponente. questa è una interpretazione come un' altra dell' articolo 41. sentite, colleghi, perché far dell' ironia? e se fossi solamente utile nel dire: credevo che? volevo dire, signor presidente , soprattutto che non mi pareva di starmi minimamente ripetendo. mi pare che io stessi svolgendo l' unico punto del mio intervento che non era stato trattato né ieri né oggi dai miei colleghi. mi avvio a conclusione. se i precedenti facessero — come non fanno — prassi, dovrei darle atto che almeno in tre casi lei mi ha consentito di svolgere i richiami al regolamento in questa legislatura ampiamente oltre il quarto di ora. andate allora a leggere l' articolo 41: la lettera attribuisce il quarto d' ora solo a chi parla a favore o contro, ma... credo che potrò concludere, se potessi svolgere quest' ultimo argomento che stavo svolgendo. l' osservazione che si fa è: poiché ci troviamo, nella sostanza, innanzi a una prassi totalmente diversa dalla lettera del regolamento e non abbiamo ordini del giorno di 48 ore, ma di 24, questa norma delle ventiquattr' ore creerebbe delle complicazioni ulteriori e successive perché finirebbe, in realtà, per esserci una coincidenza tra il tempo massimo di ordine del giorno (le ventiquattro ore). no, perché è qui la differenza: noi abbiamo... signor presidente , non dubito della sua grande comprensione. ho constatato la mia assoluta incapacità di farmi comprendere. il mio è un ragionamento di interpretazione. allora, se abbiamo le ventiquattr' ore ... voglio sottolineare: non votiamo l' ordine del giorno per le ventiquattr' ore successive, signor presidente ma lo votiamo per il giorno successivo e le ore possono essere anche trentasei, se la seduta è di mattina. questo è un problema centrale, sul quale è necessario riflettere un momento, tant' è vero che , a parte il fatto che il rispetto dell' articolo in questione non ci vieta di affrontare... per questo motivo, che ritengo di non aver spiegato, ma che non ritengo più possibile spiegare, anche per questo, signor presidente , termino. termino, a questo punto, enunciando le tre conseguenze che possono essere tratte per noi da questa situazione. la prima è che noi riteniamo (senza nessuna offesa: è una interpretazione) che la decisione di ieri sera, essendo non regolamentare, è viziata in qualche modo di nullità e che, di conseguenza, non si tratta adesso solo del recupero delle due o tre ore che mancherebbero rispetto alle ventiquattr' ore . in subordinata, signor presidente , voglio far presente che il nostro regolamento prevede la possibilità di inserire d' ufficio, subito, un punto all' ordine del giorno della seduta in corso , ma non per iniziativa presidenziale: per iniziativa della maggioranza. questo si legge all' articolo 27. signor presidente , non concludo: termino e taccio. chiedo di parlare per proporre una inversione dell' ordine del giorno . signor presidente , l' inversione che propongo e che mi auguro mi consenta brevemente di illustrare è quella di reintegrare.... certo, signor presidente . in realtà, colleghi, non propongo tanto, come può sembrare, una inversione dell' ordine del giorno , quanto la reintegrazione di un ordine del giorno che a dicembre era stato un punto di onore comune di tutti i gruppi, cioè propongo che il dibattito sull' aborto segua e non preceda l' approvazione della riforma sanitaria che da quindici anni ormai, per evenienze dei tipi più diversi, non riusciamo a varare. vorrei ricordare semplicemente che quando già le urgenze, come dire, del superamento della possibilità di referendum erano concordemente avvertite dall' arco cosiddetto costituzionale dei partiti, unanimi i capigruppo riconobbero la necessità di far seguire e non precedere il dibattito sull' aborto al dibattito sulla riforma sanitaria . il perché lo sappiamo. e dobbiamo proprio dire che forse si è arrivati in questo Parlamento, colleghi, a dare prova tutti di una profonda sensibilità, pur di iniziare, di incardinare e di arrivare alla conclusione di questo dibattito (credo che la collega Maria Eletta Martini e i colleghi della Commissione sanità potranno testimoniarlo), ad un impegno straordinario credo mai avvenuto — della Camera, della istituzione (si è lavorato di notte, si è lavorato durante i giorni festivi; io penso che la presidenza, tutti si siano posti in una situazione straordinaria quasi di emergenza rispetto al pericolo ancora una volta di slittamento di questa riforma). e perché, colleghi, credo che non possiate a cuor leggero in effetti accettare la proposta che vi viene fatta? perché noi sappiamo tra l' altro che nella riforma sanitaria — anche se il nostro giudizio è abbastanza negativo su questa riforma — vi sono pure degli interessi che si ledono in qualche misura. sappiamo che a proposito della riforma sanitaria , se non siamo riusciti da sinistra in quindici anni ad ottenere qualche cosa, malgrado l' opera dei compagni socialisti al Governo, malgrado il tallonamento costante dei compagni comunisti in tutte le legislature su questo, è per la resistenza feroce, accanita di interessi che non possono non essere lesi e superati dalla realizzazione di questa riforma, anche se minima, anche se riformistica e non riformatrice. allora adesso qual è la ratio? perché d' un tratto? e questo, colleghi, che mi pare sia importante. a volte sembra che noi si sia eccessivi, quando diciamo che il Parlamento adesso ha un solo dovere, sembra avere un solo imperativo categorico (non discutere di ordine pubblico , di Brigate Rosse , tallonare il Governo): quello di far fuori i referendum, quello di legiferare in due-tre giorni su temi sui quali non si è legiferato per anni o quinquenni, di legiferare in fretta, con dibattito estremamente limitato, pur di poter ottenere questo. forse che l' aborto depenalizzato con referendum non ci consentirebbe di portare poi entro 50 o 40 giorni a conclusione meglio questa nostra fatica? certo, che urgenza oggettiva c' è se non quella di evitare la « lacerazione » di un esercizio effettivo della iniziativa popolare costituzionale nel momento in cui le cronache del nostro paese sono invece piene della presenza di 100 o 200 o 300 persone le quali appunto, invece di puntare all' esercizio dei diritti del gioco democratico, hanno ritenuto di poter mettere in corto circuito i nostri meccanismi? in che modo? usando la pistola invece della penna, della carta stampata , della richiesta di poter delegare al paese una volta tanto quello che tra l' altro mai è stato delegato nei confronti del Parlamento. quindi non è semplicemente — lo è anche — una riaffermazione di principio che viene fuori dal gruppo radicale che ritiene qui di esprimere concretamente il diritto di 6.200.000 firmatari autenticati di richieste di referendum, i quali si trovano dinanzi ad una scelta politica incomprensibile (mobilitati noi contro questi, non contro altro). niente misure economico-sociali. ma che esempio diamo? ci sono le Brigate Rosse , diciamo sempre che vi sono delle cause sociali e civili, abbiamo la legge sulla riforma sanitaria , potremmo concluderla oggi, quando non si sono del tutto riorganizzati certi interessi, e invece fra cinque, sette, dieci giorni la sospenderemo a termine indefinito, perché dopo l' aborto, in base alla stessa logica, avremo il superamento della legge Reale , i decreti incostituzionali che continuano ad arrivarci addosso, il problema relativo all' inquirente, agli istituti manicomiali e ogni misura di emergenza, con la quale si è giustificata la crisi; quelle di tipo economico e sociale ci sono per la prima volta e ufficialmente tolte. per questo, signor presidente , chiediamo l' inversione all' ordine del giorno e in questo momento l' inversione che proponiamo è relativa al seguito della discussione dei progetti di legge Triva, Gorla, Tiraboschi, Zanone, e successivamente la discussione della proposta di legge Balzamo ed altri sull' aborto. signor presidente , non lo avrei fatto se non avessi udito testé la esposizione del collega Pennacchini e se, tra l' altro, non avessimo comunque da attendere il decorso dei termini. sarò breve e non toglierò altro tempo oltre quello, appunto, che ci è in questo momento consentito di usare. non sarei intervenuto se la difesa di una certa posizione da parte del collega Pennacchini non avesse in un modo limpido, colleghe e colleghi, posto in evidenza quanto una certa posizione significhi completamente una volontà, oggi specifica, di agire in frode della legge, in base ad una legge che certo fu votata allora in quattro e quattr' otto per rispondere alle esigenze del professor Gabrio Lombardi e dietro di lui della Cei. non a caso, collega Pennacchini, non vi eravate mai inchinati ai valori costituzionali e avevate sempre impedito che l' istituto del referendum fosse realizzato e attuato, smentendo una volta di più le vostre posizioni durante la Costituente, timorosi già allora di giudizi popolari; e fu varata una legge che da tutte le parti ci rendiamo conto fa acqua. desidero semplicemente fare riflettere i colleghi sulla tesi secondo la quale il Parlamento può fino all' ultimo minuto mutare qualcosa, e può quindi rendere impossibile il referendum anche attraverso una non integrale abrogazione. questa è la realtà della posizione del collega Pennacchini. certo, modifiche o abrogazioni nella direzione voluta. bene, chi accerta collega Pennacchini. l' ufficio centrale, la Corte di cassazione deve accertare se... no, mi spiace, la Corte costituzionale in seguito, ma è l' ufficio centrale. guardate cosa accade: se noi il 10 giugno votiamo un piccolo emendamento qualsiasi, magari di tipo peggiorativo, collega Pennacchini, e non migliorativo, a questo punto l' ufficio centrale della Cassazione gli riconosce non altro che l' efficacia di far depennare dal referendum quella norma superata dalla decisione del Parlamento. ma a questo punto interviene la impossibilità « tipografica » di tenere il referendum. se noi votiamo, collega Pennacchini, il 10 giugno il ministero dell'Interno non ha tempo di ritirare le schede, mutarle, togliere una delle norme che nel frattempo non sono più sottoposte a referendum e consentire la costituzione dei seggi. e la nostra tesi, ma è evidente che nessuna lettura dell' articolo 39 della legge può essere tale da invalidare le modalità costitutive della legge stessa. quella è una legge di attuazione del principio costituzionale per attuare, garantire l' esercizio del diritto di referendum. in realtà cosi come lo interpretate nei silenzi, quelli per i quali non ci sono più termini a quo e ad quem , sempre, fino all' ultimo minuto, fino ad un minuto prima che i presidenti proclamino aperti i seggi, è evidente che consente operazioni ufficiali, formali in frode della legge e dei motivi per i quali la legge è stata votata per far rispettare la Costituzione e regolamentare il diritto dei cittadini, non vanificarlo e annullarlo attraverso operazioni fraudolente, come quelle di votare il 20 maggio per cui il ministro dell'Interno , richiamandosi a conflitti tra poteri dello Stato e constatando che il Parlamento ha ritenuto che si potesse votare anche fino al 24 maggio, può dire di essere nella impossibilità tipografica di far rispettare la Costituzione. questa è la linea sulla quale vi muovete e noi sottolineiamo che questa, in realtà, è una linea violenta, di frode della Costituzione, della legge e non l' eccesso radicale. tra l' altro, il giorno in cui le Brigate Rosse accerteranno queste cose accompagnandole con il corpo di qualche assassinato, i vostri giornali, la vostra radiotelevisione di Stato questi motivi li amplificheranno e comunicheranno; ma qui resteranno chiuse all' interno di questo Parlamento, perché guai se questo dibattito sui referendum, in corso da un anno e mezzo, fosse stato davvero conosciuto dalla gente e laicizzato. non a caso lo avete tenuto sequestrato, non a caso lo state votando all' ultimo momento e volete votare queste cose in 48 ore. vero Piccoli? tutti sappiamo, colleghi e colleghe, che il tempo parlamentare è uno degli elementi fondamentali della lotta politica. quando la Dc farà finta di essere contro l' aborto di Stato, ma in realtà lo consentirà, impedendo ai propri deputati di intervenire su questo fatto di coscienza, in sostanza, per questo aborto di Stato si sarà pronunciata nei fatti anche la Dc, come chi, anni fa, prima si assicurava che i compagni socialisti votassero in favore della legge Reale e che la legge sarebbe stata approvata, e poi votava contro.