Bettino CRAXI - Deputato Astensione
VII Legislatura - Assemblea n. 163 - seduta del 14-07-1977
Sull'accordo programmatico tra Governo e i sei partiti
1977 - Governo III Andreotti - Legislatura n. 7 - Seduta n. 163
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , onorevole presidente del Consiglio , difficile negare oggi la maggiore utilità e concretezza che sarebbe derivata al dibattito se esso avesse potuto svolgersi su una dichiarazione politica e programmatica del Governo. essendogli noti i termini dell' intesa raggiunta dai partiti che hanno partecipato al lungo negoziato avviato alcuni mesi or sono e non essendoci dubbi circa la sua adesione politica, e di massima a questa intesa, il Governo avrebbe potuto fornire al Parlamento tutti gli elementi della sua valutazione di merito e rappresentare in modo specifico la misura e la direzione del suo impegno, a partire da oggi in avanti. avrebbe potuto cogliere, in tal modo, un' occasione utile anche per formulare un apprezzamento esplicito a proposito delle riserve e dei giudizi sospensivi che sono stati espressi da noi, come da altri, ed anche dei contrasti non risolti, di cui è punteggiato il contesto dei nuovi accordi tra le forze politiche che in varia forma, hanno sinora concorso alla sua esistenza. sarebbe valso più di quanto non sia forse servita una rilettura liturgica di accordi già stipulati. il Governo, il Parlamento, le forze politiche , l' opinione pubblica conoscono ormai nel dettaglio i termini dell' intesa sottoscritta dai partiti, ed hanno avuto la possibilità di valutarne la portata, il significato, l' ampiezza, i limiti, insomma i suoi chiaroscuri. invece, conosciamo meno, se non per significative anticipazioni e per il tentativo di clamorose distorsioni, le caratteristiche del secondo tempo, di cui ha parlato il presidente del Consiglio , riferendosi alla vita del suo Governo, con l' aria di dire che, dopo il secondo, ci sarà il terzo. a tale secondo tempo il presidente del Consiglio si è preoccupato — e del resto non è la prima volta — di dare una dimensione innanzi tutto temporale, ponendo il traguardo delle prossime elezioni europee , la cui attuazione entro i termini previsti sappiamo essere problematica, per difficoltà altrui non ancora superate. in altra occasione, l' onorevole Andreotti ha anche anticipato un giudizio complessivo sull' impotenza della legislatura attuale ad esprimere maggioranze organiche ed ha espresso il suo favore per i modelli sostitutivi; il che dovrebbe comportare il definitivo accantonamento di ogni pretesa di uscire dal recinto dei rapporti precari e la necessità di accettare come il massimo di stabilità possibile l' instabilità degli equilibri e l' indeterminatezza dei rapporti politici che hanno caratterizzato l' avvio della VII legislatura repubblicana. e un' opinione lontana dalla nostra, e che potrebbe tuttavia imporsi, anche se necessariamente con il consenso di tutti o di tutti coloro che oggi figurano come firmatari della medesima mozione parlamentare. del secondo tempo siamo, perciò, interessati a conoscere il quadro delle priorità, il calendario degli impegni, le direttive che si intendono far prevalere nelle materie controverse, il metodo che ci si propone di formulare per consentire verifiche e controlli, le garanzie politiche che pur si debbono dare da parte di un Governo che rappresenta solo un settore del Parlamento ed è privo di una reale e operante maggioranza. è attesa quindi la parola del Governo, in un dibattito che, se non può più essere ricollocato nella posizione giusta, cioè con la testa in su e i piedi per terra , non per questo deve ridursi ad una sorta di testimonianza politica, in cui gli interrogativi e i giudizi sospensivi fanno aggio sugli elementi di certezza e di novità. noi naturalmente non sottovalutiamo affatto il valore della testimonianza politica e quindi della riconferma, in una veste parlamentare resa accettabile, di una intesa che è di per sé un atto politico democratico di significato rilevante. esso viene diversamente apprezzato dai vari partiti, ma nessuno di essi ha in definitiva disertato l' appuntamento finale. il fatto che in un arco così vasto e rappresentativo di forze politiche , anche le più distanti fra loro, si sia deciso di giungere ad una comune piattaforma di indirizzi e di obiettivi, è il segno della volontà diffusa di far prevalere elementi di convergenza e di coesione pur facendo vivere pregiudiziali che non costituiscono, o non dovrebbero costituire, un impedimento ad un lavoro comune. poco o tanto che duri, un' intesa siffatta non può non apparire come un atto di responsabilità delle forze politiche verso in paese e verso le istituzioni, in un momento in cui tutti percepiscono che crisi economica , crisi dello Stato e crisi morale possono, sommate insieme, aprire la strada a situazioni imprevedibili ed incontrollabili, almeno dal punto di vista di chi crede nella superiorità e nella insostituibilità del sistema democratico. nella diversità delle sue componenti e nella molteplicità delle sue voci, la democrazia appare così più forte. non sarebbe così se si trattasse di dar vita ad una specie di « Fronte nazionale » , garantito dal compromesso tra i due maggiori partiti e temperato da un pluralismo concesso e controllato. si tratta invece di far prevalere la tendenza all' incontro, al negoziato, alla collaborazione, rispetto allo scontro, alla manovra, al partitismo deteriore, al « gioco al massacro » delle forze politiche . fino a quando il paese non sarà posto fuori almeno dell' area più pericolosa che caratterizza la sua crisi, ogni sacrificio in questa direzione avrà la sua giustificazione, purché la terapia mostri in tempo i suoi effetti e non si riveli lungo la strada addirittura controproducente. onorevoli colleghi , l' interpretazione della nostra condotta, secondo la quale noi saremmo giunti restii e di malavoglia ad aderire a questa intesa, è priva di un fondamento politico e logico. in primo luogo perché questo processo, che ha visto un serrato confronto tra le forze politiche e che si conclude con un accordo positivo, anche se, delimitato, non si discosta, se proprio non deriva, da quella sorta di filosofia dell' emergenza di cui siamo stati da tempo sostenitori, cioè da quando cominciò a prendere corpo e rilievo sempre più visibile e preoccupante la natura della crisi che investiva la società italiana . il presupposto di questa impostazione non era la difesa del sistema capitalistico, ma la difesa del sistema democratico. una democrazia parlamentare non può pensare di affollare e vincere un processo inflattivo, presentatosi con caratteristiche tutt' affatto nuove e in forma acuta, se contemporanee niente viene data via libera ad ogni forma di tensione, di scontro, di disgregazione delle volontà e degli interessi e se non tenda, al contrario, di mettere in opera tutti i possibili meccanismi di contenimento, di compensazione, di previsione controllata e quindi anche il raggiungimento del grado più vasto possibile di consenso politico. la nostra è stata una campagna di difesa democratica in favore di una alleanza politica e di una maggioranza che rispondesse, nel modo più adeguato, alla fase nella quale il paese era entrato e dalla quale non è certo ancora uscito. l' idea stessa dell' emergenza, e delle conseguenze politiche che andavano tratte, è stata lungamente contestata: le ragioni particolari e gli interessi di parte hanno continuato a pesare negativamente, rendendo più confusa la visione e la valutazione degli interessi generali. non sarebbe inutile ripercorrere il filo polemico delle contestazioni che sono state rivolte da più parti ad un' impostazione politica alla quale, realisticamente, ci si è in qualche misura accostati, sia pure nei limiti di una soluzione la cui efficace permane dubbia e i cui sviluppi ulteriori sono difficilmente prevedibili. del resto, noi stessi abbiamo dato impulso nei mesi scorsi a questo processo di incontri, assumendo una iniziativa che si proponeva di giungere appunto a soluzioni parlamentari e di Governo che potessero rispondere in modo organico alle esigenze dell' emergenza. l' iniziativa è stata dirottata dalla Democrazia Cristiana su un terreno indefinito, che essa tuttavia giudica come il solo accettabile e compatibile con le sue esigenze politiche ed in armonia con i mandati ricevuti dai propri iscritti e dal proprio elettorato. se questo è il limite che la Democrazia Cristiana considera invalicabile, non vi chi non veda il carico di insidie che lo accompagna. proponendo prima un Governo di emergenza, poi una maggioranza politica comprendente tutta la sinistra come base di sostegno per governi di coalizione, indicavamo una prospettiva — sia pure transitoria — che avrebbe potuto dare stabilità di assetto, sostegno e corresponsabilità piena nella direzione politica del paese. la legislatura compie oggi solo il suo primo anno di vita: non è accettabile che essa possa essere percorsa per intero mantenendosi il regime monocolore della Democrazia Cristiana assai più logico e più facile ricercare una sistemazione equilibrata dei rapporti politici e parlamentari nella fase iniziale della legislatura che non nelle fasi successive. avanzando oltre senza aver individuato i termini di una soluzione e di un equilibrio accettabile per tutti, sono destinati ad aumentare i motivi di differenziazione, a riemergere i potenziali conflitti tra le forze politiche . la nostra insodisfazione, il nostro nervosismo — come è stato scritto — sono nati e cresciuti la misura che si andava delineando la non volontà, o l' impossibilità della Democrazia Cristiana di affrontare e risolvere problemi di questa natura: in tal modo si è lasciata vivere un' ipoteca che grava sul futuro della legislatura e sminuisce il significato degli accordi raggiunti, mentre non rassicura nessuno circa le prospettive politiche verso le quali la situazione, può essere incanalata, non offre traguardi visibili e non tranquillizza affatto rispetto alla possibilità che, una volta esaurita la carica che può derivare dal primo approccio dell' intesa non appena sottoscritta, tutto possa rotolare verso soluzioni traumatiche. si tratta di un' ipotesi negata e rinnegata, ma che continua a far capolino di tanto in tanto e che affiorerà, sempre più minacciosa, via via che si consoliderà nel Partito di maggioranza relativa la convinzione che sia cresciuta nell' elettorato la disponibilità a confermare il valore della insostituibilità e del primato della Democrazia Cristiana che tende a rinnovarsi così nei decenni. ecco, onorevoli colleghi , la riserva politica di fondo che ribadiamo di fronte al Parlamento nel momento stesso in cui confermiamo il nostro impegno a sostegno dell' intesa raggiunta. nella riserva ragionevolmente motivata, una preoccupazione che nessun accento entusiastico o superficialmente trionfalistico riesce a rimuovere. si è voluto cogliere il segno di una contraddizione tra l' insistenza con la quale i socialisti hanno caldeggiato l' idea di un' intesa politica che abbracciasse anche il partito comunista e il timore che essi manifesterebbero rispetto ad un' intesa diretta fra i due maggiori partiti politici . non sono mancate le critiche malevole anche da parte di chi — a ben pensarci — meno avrebbe diritto o interesse a formularle. tuttavia la nostra posizione era e rimane lineare. abbiamo rifiutato il ritorno alle coalizioni del passato nella convinzione che esse non avrebbero potuto più corrispondere alle esigenze attuali del paese, allo stato ed alla difficoltà della sua crisi e all' evoluzione dei rapporti politici abbiamo sollecitato una intesa con tutta la sinistra politica sindacale del paese, abbiamo chiesto che essa si realizzasse sul terreno, che meglio potesse consentire il pieno esercizio della sua responsabilità democratica, abbiamo in questo modo determinato o concorso a determinare una situazione diversa, che nasce sì per l' affermarsi di nuovi rapporti di forza, per le trasformazioni che faticosamente e non senza contraddittori sviluppi instaurano nei partiti, ma anche per la nostra azione coerente e difficile, mal compresa dagli elettori e fortemente esposta al rischio di logoranti contestazioni. se qualche tratto di diffidenza può essere invece colto nel nostro giudizio sullo sviluppo degli avvenimenti, essa è originato semmai dal fatto che in assenza di una definizione nitida dei rapporti politici, della formazione — per intenderci di una maggioranza che dia a ciascuno dei suoi membri il diritto di far valere poteri di controllo garanzia come il diritto di rinunciarvi a farne parte, possa prendere corpo in sua vece la pratica degli accordi di fatto, dei compromessi reali, una entente poco rispettosa delle esigenze di tutti, delle voci minori, della nostra, che conta per quel che conta, ma che non è disposta a fare il coro. al di là comunque di queste considerazioni, che valgono rispetto alle ipotesi che devono essere verificate, resta il fatto positivo che dei passi in avanti sono stati compiuti nella direzione da noi auspicata, il campo delle responsabilità si estende in modo significativo. le forme politiche possono riconoscersi ormai alla pari sul terreno del confronto democratico, sono cadde discriminazioni e veti, ognuno potrà far valere meglio il proprio apporto alla vita democratica . che nel definire il punto di approdo attuale di questo lungo sforzo, cui noi abbiamo partecipato con piena convinzione, risultassero alla fine prevalenti le volontà dei due maggiori partiti, stava e sta nella forza nelle cose; essi avevano l' onere di amministrare nel modo che ritenevano più utile a se stessi ed al paese la vittoria elettorale di cui sono stati entrambi protagonisti fa; ad essi spetta oggi la maggiore responsabilità rispetto alla realizzazione di un accordo in cui, come era naturale, hanno avuto ed hanno da oggi in avanti, un ruolo preminente: ad essi spetta la maggiore responsabilità rispetto agli sviluppi ulteriori ed in rapporto alla evoluzione dei rapporti politici. si tratterà di una realizzazione non facile per la natura stessa dell' accordo, che in molte sue parti verte su enunciazioni di principio, su dichiarazioni di intenti e direttive programmatiche e che, quindi, si affida ad ulteriori precisazioni e alla coerenza e tempestività dell' iniziativa legislativa e della gestione di Governo. si è scritto giustamente che per molte sue parti questa intesa, che viene definita scrupolosamente programmatica, non è niente altro che un' intesa politica; realizzazione resa ancor più difficile per l' assenza di garanzie politiche visibili: il che finirà con l' esporre tutti, Governo, alleati, interlocutori, agli oneri di una difficile concentrazione e al rischio di quotidiani contrasti e defatiganti rincorse. ma tant' è; abbiamo accertato cornice degli accordi così come si è venuta definendo; ci siamo armati di realismo e non faremo mai mancare il nostro apporto costruttivo. assolveremo la nostra parte di responsabilità, garantendoci la piena disponibilità del solo valore che può compensare in certe situazioni la sproporzione del peso numerico, cioè l' assoluta libertà, di giudizio, la più ampia autonomia di comportamento. il paese, nelle sue componenti più vitali, nelle sue forze di rinnovamento e di progresso, non si trova di fronte alla svolta storica, alla quale aspira e per la quale può tuttavia continuare a lavorarle, guardando ad ipotesi più lontana, approfondendo il dibattito sui programmi e la ricerca di alternative. si sono tuttavia suscitate attese cui bisognerà dare una risposta e rispetto alle quali il Governo dovrà superare presto la prova dei fatti. le risposte più urgenti sono attese dalle regioni meridionali , dove le caratteristiche del mancato sviluppo fanno da moltiplicatore agli effetti negativi della crisi. il divario tradizionale non ha fatto che accentuarsi: tutti gli indici puntano in basso, rendono più acute le distanze, spingono all' esasperazione le tensioni sociali, alimentano un senso disperato di sfiducia; i dati negativi si accumulano in modo impressionante; la popolazione, che è ancora soggetta ad un incremento naturale superiore a quello del centro; flussi migratori che si correggono riducendosi o rovesciandosi; si riduce il reddito procapite, giunto a poco più della retta rispetto al reddito procapite del centro-nord; inferiori alla media nazionale i consumi; inferiori di gran lunga gli investimenti. la disoccupazione trova così il suo epicentro esplosivo soprattutto là dove si sono create da anni attese, che rischiano di essere vanificate dal sopravvenire, di cui si discute, di diverse condizioni strutturali o di mercato e dalla assenza di concrete alternative di valore equipollente e di pratica e sicura realizzabilità. la mobilitazione di risorse finanziarie e tecniche, uno sforzo di concentrazione di nuove iniziative, il risanamento delle condizioni ambientali e la lotta alle degenerazioni che si manifestano in modo grave, uno sforzo congiunto dell' azione dello Stato, degli enti locali , dell' industria pubblica e privata, di produttori agricoli, di associazioni di categoria e dei sindacati, devono trovare sostanziali elementi di coesione e una salda direzione politica. il vero primo grande banco di prova sarà così la questione meridionale . è un tema da riproporre con crescente energia a tutto il paese, che non può considerarsi una nazione ed accettare di vivere in modo così squilibrato il tema da riproporre con insistenza ai nostri partners europei. contribuendo per parte nostra a favorire le condizioni di un loro accordo e di un loro intervento non marginale, ma neppure prevaricatore. non meno urgenti ed indispensabili sono i provvedimenti necessari per consentire ai comuni e alle province di svolgere la loro attività, senza il ricorrente pericolo di interruzione dei servizi pubblici , di erogazione dei servizi sociali . il già promesso consolidamento dei debiti pregressi deve essere attuato sollecitamente. è ormai largamente condivisa, d' altro canto, la proposta socialista di restituire ai comuni parziale capacità impositiva. abbiamo in questi mesi affermato e dimostrato che siamo sostenitori della necessità di una politica rigorosa della spesa, della riduzione dei costi generali mediante la razionalizzazione dei servizi, della necessità di stabilire anche nella impresa pubblica locale equilibrio tra costi e ricavi. pure urgente porre finalmente mano ad una razionale sistemazione delle autonomie locali. le regioni come enti a cui attribuire vaste competenze legislative di programmazione e di orientamento, i comuni come unici enti per la gestione dei servizi sul territorio: questi sono i principi che devono ispirare la riforma, da attuare in tempi brevi. le questioni dell' ordine pubblico mantengono la loro drammatica priorità. su di esse non abbiano mai fatto concessioni alla demagogia autoritaria, né vogliamo farne al permissivismo astratto. vogliamo che l' azione di prevenzione si organizzi in modo efficace nel quadro dei principi costituzionali. più forte e più degna di fiducia e di rispetto sarà l' azione dello Stato se essa non pretenderà mai di giustificare una qualsiasi rinuncia alle prerogative di una civiltà che si vuole imperniata sulla difesa dei riconosciuti e fondamentali diritti dell' uomo . in una non lontana occasione, il presidente del Consiglio ha avuto modo di dire che lo Stato è in ritardo di fronte alle necessità create dal dilagare della criminalità nelle sue varie gradazioni delittuose. sembrava voler dire che, sebbene in ritardo, lo Stato è in marcia per recuperare il terreno perduto. speriamo che sia così, auguriamoci che sia così. ogni passo giusto in questa direzione avrà il nostro appoggio e il nostro consenso. quanto si dovrebbe andare in profondità nella riorganizzazione di servizi segreti ce lo dice il processo di Catanzaro, con il suo sfondo sfuggente di fantasmi politici. la riforma delle strutture, il coordinamento, i diritti dei corpi di polizia sono la base stessa di una ripresa di efficienza non effimera, non superficiale. se, insieme ai problemi della polizia e della sicurezza, i difetti del nostro sistema di giustizia e del nostro ordinamento carcerario, focalizzati in modo sodisfacente, verranno gradualmente rimossi secondo le linee indicate, le questioni dell' ordine pubblico sono destinate a rientrare nella normalità fisiologica. la democrazia non è in pericolo per i fenomeni eversivi, che pure continuano a manifestarsi in forme varie e che sono tuttavia una escrescenza marginale. i gruppi terroristici, che hanno continuato ad assassinare, a ferire — ed è giunto il turno dei dirigenti della Democrazia Cristiana ai quali va la nostra più viva solidarietà — a compiere atti dimostrativi di vandalismo fanatico, non sono tali da poter minacciare seriamente la stabilita e la sicurezza delle istituzioni. i gruppi violenti che si mescolano ai movimenti di protesta giovanile sono del tutto minoritari. i più acuti fenomeni di criminalità, che si presentano soprattutto nei grandi agglomerati urbani, non sono in assoluto di proporzioni maggiori di quelle rilevabili in altre società industrializzate, anche se sopravanzano di molto la capacità e la possibilità di prevenzione e di difesa dei nostri apparati. in questo senso non c' è nulla che possa autorizzare qualsiasi indulgenza verso psicosi di destabilizzazione e qualsiasi sfiducia nella possibilità di realizzare un' efficace protezione democratica, che abbia il suo fondamento migliore nella fiducia e nella collaborazione dei cittadini. una democrazia ha il dovere di difendersi e di proteggere i valori che sono il comune fondamento della nostra collettività. una pesante ipoteca si è accesa sul futuro della nostra società: essa nasce dalle contraddizioni fra una università divenuta di massa e l' angustia, l' arretratezza delle sue strutture, il caotico procedere della sua vita interna, l' allontanarsi dalle effettive esigenze del mondo scientifico e produttivo, la degradazione culturale, l' incerto avvenire e le delusioni cocenti che si preparano per la vita di centinaia di migliaia di famiglie. il restringersi del mercato del lavoro , la stagnazione produttiva, la cattiva organizzazione delle strutture pubbliche, mettono brutalmente a nudo uno stato di cose che si è stratificato in una irresponsabile mancanza di previsione e di programmazione. si è formato, o è in via di formazione, un vasto proletariato intellettuale, le cui caratteristiche presentano una scissione troppo evidente con le possibilità reali di inserimento produttivo e di effettiva promozione sociale. di qui le esplosioni, destinate a ripetersi e a riaffiorare, i rischi di conseguenze sociali e politiche di incalcolabile portata, se non interverrà una azione energica di riforma in tutti gli aspetti di una struttura ad un tempo sempre più estranea e sempre più vitale per il futuro del paese. o questo un terreno sul quale abbiamo avanzato molte riserve rispetto delle linee di intervento proposte che faremo valere nel modo più costruttivo. giustamente, io penso, vari esponenti comunisti — Gerardo Chiaromonte su L'Unità , Luciano Barca su Rinascita — hanno respinto a più riprese, la definizione che dell' intesa programmatica era stata data, come se si trattasse di qualcosa di infima consistenza, appunto di un « mini accordo » . in realtà la materia che è stata esplorata e che ha costituito oggetto del lungo negoziato è stata vasta ed ha toccato i punti cardine del Governo del paese, delle questioni decisive per il superamento della crisi, per attraversare una fase necessaria di risanamento dell' economia e di riorganizzazione delle strutture pubbliche. che l' opera di chiarificazione e di individuazione dei mezzi concreti di intervento sia rimasta ancora in superficie non toglie valore al lavoro che è stato svolto ed al quale il mio partito ha dato, per parte sua, un contributo che pensiamo sia risultato utile, sia nella impostazione stessa del terreno del confronto, attraverso la elaborazione di un documento programmatico introduttivo, che poi è servito di base all' avvio del negoziato, sia partecipando con impegno alle fasi successive, nelle quali non siamo stati mai assenti né disattenti. su molte questioni restano, come dicevo poc' anzi , aperte riserve che abbiamo formulato in modo esplicito; un giudizio sospensivo non può non essere formulato sull' insieme della politica economica , dove l' esperienza ci dice in modo eloquente quanto valgano i programmi e quanto valgano i fatti, le volontà concrete, la capacità di vincere resistenze e di sciogliere contraddizioni. certo è che, se dovessimo giudicare le capacità di governo dell' economia e del paese in crisi con il metro che possiamo ricavare dalla vicenda della Montedison e dal modo con cui si affrontano decisioni di tanto rilievo e di tale importanza, dovremmo fin d' ora allargare le braccia e voltare le spalle. il « cominciamo male » con cui si intitolava un articolo dell' Avanti! dei giorni scorsi era solo una constatazione e neppure tanto polemica. emblematica, sotto questo profilo, la vicenda in corso riguardante il trasferimento di poteri alle regioni secondo il dettato costituzionale. il testo concordato fra i partiti, e unanimemente approvato dalla commissione parlamentare , rappresenta un valido ed equilibrato compromesso che può non soltanto restituire alle autonomie locali il ruolo che ad esse compete, ma avviare la riforma delle amministrazioni centrali , promuovere la revisione della legge comunale e provinciale, aprire la strada all' approvazione delle grandi riforme sociali della sanità, dell' assistenza e della formazione professionale . lo schema del Governo ha, viceversa, stravolto le proposte della commissione, modificandone per due terzi gli articoli. esso si ispira ad una gretta ed arretrata visione centralistica, esprime una linea di difesa ad oltranza dei centri di potere burocratico e clientelare, degli enti inutili, degli organismi corporativi. è una linea che rende impossibile un corretto, avvio, del processo di riforma dello Stato ed avrà effetti dirompenti sulla dinamica della spesa pubblica . il partito socialista italiano non può accettare questa grave violazione del patto appena sottoscritto. modifiche o miglioramenti tecnici al testo della Commissione potranno essere accettati. per parte nostra siamo disponibili a discutere emendamenti che rendano chiaro che non è messa in discussione la legittima autonomia di istituzioni ed enti che realmente esprimano realtà religiose o, di pluralismo associativo (nessuno intende riaprire anacronistiche contese tra guelfi e ghibellini!), ma non possiamo accettare le molte e rilevanti modifiche che mortificano le autonomie locali e nascono dall' intento di difendere posizioni di potere clientelare o corporativo. in ogni caso, onorevoli colleghi , aggiungo subito che noi non siamo dell' opinione di chi aveva pensato (e non so se pensi ancora) che tanto valeva chiudere in fretta ed alla belle meglio, adesso, per riaprire tutto e di nuovo in autunno. non ci siamo acconciati a subire una procedura che ha protratto una trattativa per circa quattro mesi, solo al fine di consentire il passaggio indolore dell' estate! se i fatti saranno più forti dei nostri buoni propositi, prenderemo le distanze in modo accorto, non proponendo da soli crisi senza sbocco ed evitando di incoraggiare soluzioni traumatiche. se il Governo è in condizioni di assumere impegni precisi e mostra di potervi far fede, non gli attraverseremo la strada con polemiche inutili. vi saranno, del resto, occasioni significative ed importanti di pubblico dibattito, di confronto aperto ed anche di competizioni di fronte agli elettori, che saranno sia di rilievo nazionale sia, forse, di rilievo internazionale. a questo proposito, in rapporto ai prevedibili calendari, osservo che una più razionale sistemazione dei turni elettorali, per quanto riguarda le elezioni amministrative parziali, sarebbe auspicabile, in modo da evitare il susseguirsi quasi incessante di votazioni elettorali parziali e conseguire, invece, i vantaggi della concentrazione in un turno annuale. una decisione in questo senso ci consentirebbe di affrontare a primavera un turno elettorale unico, che vedrebbe chiamati alle urne diversi milioni di elettori. la tarda primavera potrebbe essere il teatro di una storica consultazione elettorale, per la prima elezione del Parlamento europeo . un complesso di circostanze non ancora definite fa sì che l' ipotesi di un rinvio sia tutt' altro che da scartare. tuttavia, penso che ogni adempimento debba essere da noi compiuto in tempo utile; il discorso cade sulla legge elettorale nazionale, per la elezione degli 81 rappresentanti dell' Italia e sulla necessità di una sua sollecita e concertata approvazione. il controllo parlamentare sulle nomine negli enti pubblici presupporrà un più stretto rapporto di consultazione anche tra i partiti. l' esperienza di quest' ultimo anno fornisce molti esempi significativamente negativi di ciò che non si dovrebbe fare, senza abusare della fiducia o del non sfiducia altrui. vi è in questo campo non solo l' esigenza di un equilibrio più corretto nella rappresentanza delle varie forze, ma anche l' esigenza di un rinnovamento profondo, di un ricambio di responsabilità, di una più accurata selezione di competenze e di capacità, evitando tra l' altro, se possibile, di confermare vispi settuagenari in incarichi di alta responsabilità manageriale nell' industria pubblica, o di avviare altri, ultrasettuagenari, a nuove carriere, sottraendoli al meritato risposo. l' accordo programmatico, spogliato da ogni segno di alleanza politica maggioritaria, avrebbe dovuto essere accompagnato da adeguate garanzie politiche. la questione, che noi abbiamo insistentemente tenuto aperta, come è noto, è rimasta irrisolta. è bastato un lento e silenzioso cenno di diniego dell' onorevole Moro per farla sparire dal tavolo delle trattative. che una questione di questa natura potesse avere qualche rilievo per il Governo lo dimostra il fatto che su di essa si era esercitata. la buona volontà e la fantasia dello stesso onorevole Andreotti e dei suoi collaboratori. nell' intervista al quotidiano francese Le Monde , il presidente del Consiglio aveva dato un cenno di disponibilità per una presenza nella compagine governativa di tecnici non democristiani. altre indicazioni di metodo sembravano scaturire dalla medesima fonte. il problema esiste, quale che sia lo sviluppo ulteriore dei rapporti politici: poche le garanzie politiche, che riguardano la consultazione preventiva, il controllo, la concertazione; poche le possibilità di attenuare la precarietà dei rapporti che, almeno per quanto riguarda noi, continua a circondare l' azione del governo . approvando la mozione politica, che riassume i termini dell' intesa programmatica raggiunta dai partiti impropriamente definiti dell' arco costituzionale , noi confermiamo anche la linea che abbiamo adottato un anno fa. non ci sarà il voto di fiducia per il Governo, anche se questo assume di aver avuto l' approvazione per il primo tempo e di essere avviato ad inaugurare il secondo. la questione è stata accuratamente evitata, quasi a voler lasciare le cose in modo che chi ritiene che il quadro politico non sia mutato possa continuare legittimamente a ritenerlo, e chi al contrario pensa che il quadro politico sia mutato possa continuare a pensarlo senza essere disturbato; oppure per permettere, se mi si consente, agli amici repubblicani di evitare il difficile passaggio da un voto favorevole sulla mozione a un voto di opposizione al Governo. chiamati ad esprimerci sulla fiducia, avremmo per parte nostra confermato il voto di astensione. i limiti entro cui viene mantenuta l' evoluzione politica che abbiamo sollecitato e sostenuto con convinzione non ci consentono di andare oltre; la responsabilità verso il paese e la sua difficile crisi ci impediscono di trarre conseguenze diverse dai motivi di insodisfazione. c' è un' opera di risanamento e di riorganizzazione della società e dallo Stato che deve avanzare nel Parlamento e nel paese. per essa noi lavoreremo, sui due piani che ci sono consentiti: quello più immediato, che caratterizza lo sforzo congiunto che, in una comune responsabilità democratica, conservatori e progressisti intendono compiere alla ricerca di una mediazione costruttiva che salvaguardi interessi fondamentali e generali del nostro paese, alle cui sorti ci sentiamo legati da un comune, profondo sentimento di solidarietà; un piano, poi, di prospettiva, che deve vedere impegnate tutte le forze di rinnovamento e di progresso, laiche e cattoliche, nella ricerca di un' alternativa che si impegni a collegare la necessaria azione di risanamento con una opera di sviluppo e di trasformazione in senso egualitario, che sappia ridare ad una società in crisi fiducia in se stessa e nel proprio avvenire.