Bettino CRAXI - Deputato Astensione
VII Legislatura - Assemblea n. 10 - seduta del 10-08-1976
1976 - Governo III Andreotti - Legislatura n. 7 - Seduta n. 10
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , onorevole presidente del Consiglio , il voto di astensione che è già stato espresso al Senato lo sarà naturalmente anche di fronte alla Camera, secondo un orientamento verso il quale il partito e i gruppi parlamentari socialisti si erano indirizzati già sulla base degli elementi politici e delle idee per un programma fornitici dal presidente incaricato e dopo aver accertato l' inesistenza, allo stato delle cose , di alternative politiche concrete. è quest' ultima, del resto, la ragione per la quale una soluzione così lontana da quella da noi proposta ed auspicata non si è andata subito ad infrangere contro il « no » della nostra opposizione. il presidente del Consiglio , tuttavia, sa che la sua impresa non può riempirci l' animo di entusiasmo. essa appare inadeguata alle esigenze del momento, che sono soprattutto di stabilità e di autorevolezza, tali quindi da potersi soddisfare solo con prospettive di lungo respiro. il Governo, al contrario, per il suo carattere atipico, fondato sul congegno di astensioni parallele, fa insorgere, credo, in tutti noi il dubbio che non sia in grado di reggere all' impatto con i robusti nodi che si stringono intorno alla crisi della nostra società. ha, in ogni caso, un' evidente natura di transizione, in quanto permangono elementi di continuità rispetto alla politica del « trentennio » , mentre il paese e la nuova situazione richiedono il formarsi di una nuova alternativa politica democratica. cionondimeno, onorevole presidente del Consiglio , abbiamo definito critico e costruttivo lo spirito con il quale, per la parte che ci riguarda, ci accingevamo a dare via libera al suo Governo, e tale intendimento le confermiamo, negli stessi termini, stamane. abbiamo molto insistito, onorevoli colleghi , prima, durante e dopo le elezioni, sull' idea di una maggioranza di emergenza. questa idea, partita solitaria, non appena si è fatta strada, si è scontrata, principalmente ed anzi quasi esclusivamente, con il « no » pregiudiziale della Democrazia Cristiana , in sintonia con un concerto di interferenze esterne alle quali dedicherò più innanzi qualche breve considerazione. eppure essa nasceva dalla convinzione che la forza di una democrazia politica, specie nei momenti di grande difficoltà, sta nella sua capacità di estendere l' area del consenso e quella del compromesso: quella del compromesso ragionevole, che si forma sul terreno pragmatico e senza pretese di ipotecare la storia e che forse — come è stato scritto — è l' essenza vera della politica, certamente l' architrave dell' edificio democratico. ciò era ed è tanto più vero, se si considera l' ampiezza, della crisi economica e sociale in cui siamo precipitati per un cumulo di errori e da cui potrebbe derivare una radicalizzazione dello scontro politico, una esplosione incontrollabile di conflittualità oggi latenti, l' impossibilità di dominare fenomeni di disgregazione e di rovinosa decadenza. solo una convergenza non episodica di sforzi e di autodisciplina consapevoli, solo una pratica di convergenze e di intese programmate tra le organizzazioni pubbliche, il mondo sindacale e l' imprenditoria produttiva, può attuare le correzioni ed imprimere lo slancio di cui la nazione ha bisogno e che è impensabile si manifesti compiutamente senza una adeguata e corrispondente espressione sul piano politico. ciò è ancora più vero se rivolgiamo lo sguardo per un attimo alla storia italiana di questi ultimi anni ed ai suoi conflitti nell' arena civile, sui quali, attraverso gli attentati, i crimini politici, il terrorismo, di vario genere, è più volte affiorata l' ombra di una arena militare, di un processo di destabilizzazione della nostra vita democratica certo voluto e preordinato, che avrebbe dovuto preparare quello che Ortega, definì, con un eufemismo immaginifico, l' intervento ortopedico dell' apparato dello Stato. la stessa corretta valutazione delle situazioni nuove createsi nelle regioni, e nei comuni, dopo il 15 giugno 1975 ed il turno amministrativo del 20 giugno suggerisce un diverso assetto politico sul piano nazionale. respingiamo perciò le interpretazioni polemiche e distorte della nostra posizione in favore di un Governo o di una maggioranza di emergenza, provenienti, in genere, dalle varie destre, ma non solo da loro. per questi nostri avversari e critici essa è niente più che un espediente volto ad aprire le porte del potere al comunismo nel nostro paese, il che è certamente una delle cose che non vogliamo. ne respingiamo la interpretazione qualunquistica e volgare che va sotto il nome di « ammucchiata » . meriterebbero forse un discorso a parte i nostri errori, errori di linguaggio e di rigide semplificazioni, di cui si è parlato nell' autocritica avviata dal nostro partito dopo il risultato elettorale negativo, ma altrettale discorso meriterebbero anche le obiettive difficoltà che, in un clima elettorale confuso, il partito socialista ha incontrato nel difendersi dalle ritorsioni polemiche in danno della propria autonomia. la nostra posizione che, mossa fondamentalmente da preoccupazioni democratiche, si propone obiettivi di consolidamento della democrazia, non ha mai ignorato i problemi delle garanzie che debbono darsi reciprocamente tutte le forze politiche . onorevoli colleghi , ho letto che oltre Atlantico si è riesumato il fantasma di Gottwald e di tragiche esperienze, che certo non si possono cancellare e che del resto si sono rinnovate, e viene proposta una analisi politica dei fatti — nuovi verificatisi nel comunismo occidentale secondo un parametro che fa un salto all' indietro di trent' anni , nel contesto dell' Europa orientale occupata dall' Armata rossa e comunque tanto diverso dal quadro dell' odierna Europa occidentale . è un' analisi che non condividiamo. in ogni caso, francamente, va sottolineato che non abbiamo proposto alla Democrazia Cristiana di affidare il ministero della Difesa all' onorevole Boldrini, o il ministero dell'Interno all' onorevole Natta, richiedendo per loro un diritto di accesso che, guarda caso , i socialisti non hanno mai avuto, mentre semmai hanno potuto godere del privilegio non di controllare, ma di essere controllati dai servizi speciali che da questi ministeri dipendono. al contrario, caldeggiavamo la possibilità e l' utilità di dar vita ad una maggioranza parlamentare , ad un programma collegialmente espresso, ad impegni vincolanti per tutti, oppure, in una ipotesi ancora minore, ad un accordo programmatico contrattato esplicitamente. si sarebbero, penso, ottenuti risultati meno fluttuanti, si sarebbe compiuto un atto di solidarietà e di unità nazionale che avrebbe avuto il significato di una grande prova di maturità e di consapevolezza democratica: per un paese come il nostro, che da anni ormai va facendo acrobazie sull' orlo di periodici collassi, non sarebbe stato né poco né vano. la Democrazia Cristiana ci ha opposto un rifiuto graduato, lasciando poi alle attività diplomatiche il compito di attenuarne i possibili contraccolpi negativi. certo comprendiamo, se non tutte, alcune delle molte difficoltà tra le quali si destreggia l' onorevole Zaccagnini, ma noi possiamo dire, più di altri, che ogni partito democratico è chiamato a pagare, nei momenti decisivi della vita del paese, un suo proprio tributo, anche al prezzo di una ripresa delle polemiche interne e di dolorose lacerazioni. la Democrazia Cristiana è stata protagonista di un processo di rivitalizzazione, che ha risucchiato voti sulla destra missina e ha devastato l' area dei partiti laici minori. ha ottenuto un risultato — per dirla con le parole che l' amico Biasini ha pronunciato al Consiglio nazionale del partito repubblicano — che ne accresce la solitudine, ne inasprisce le contraddizioni interne, ne accentua la crisi di identità, giacché in essa non si avverte solamente la contrapposizione tradizionale tra le due anime, quella moderata e quella popolare, ma l' emergere di componenti che si collegano alla società civile , coltivando ipotesi « giscardiane » . e tuttavia la Democrazia Cristiana non può non porsi il problema politico di questa legislatura, delle sue prospettive — che devono essere costruttive — degli equilibri possibili. una risposta non può venire dal puro e semplice recupero socialista, che è poi il secondo corno del teorema italiano di Kissinger, come ha appena avvertito il collega Granelli in un articolo su Il Popolo dedicato alla questione socialista. se potessi affidarmi, nella interpretazione del voto di astensione del partito socialdemocratico , alle voci che caldeggiano un riavvicinamento al partito socialista in luogo della tradizionale polemica tra i due partiti, dovrei dedurne che l' idea di un recupero di un quadro politico tradizionale non incontra solo la nostra opposizione. ai capi dei governi amici ed alleati, che si sono occupati attivamente delle nostre cose saranno — penso — rintronate le orecchie, tanto acute e corali sono state le reazioni che le loro grossolane interferenze hanno suscitato nel nostro paese. le correzioni, le smentite, i silenzi imbarazzati, le precipitose marce all' indietro cui abbiamo assistito in queste settimane (ultima in ordine di tempo la nota della casa bianca verso l' iniziativa chiarificatrice promossa dal senato degli USA) non sono valsi a cancellare la sgradevole impressione che i piccoli Metternich di Portorico abbiano discusso del nostro paese come se non si trattasse di una grande nazione, ma di una colonia di altri tempi. nel suo ultimo numero, il settimanale londinese New Statesman definisce questo fatto « una ingerenza nella sovranità italiana ed un grottesco tradimento, per lo meno, da parte dei fratelli tedeschi ed inglesi, del partito socialista italiano » è un giudizio brutale, ma certamente non si può non condividere l' opinione del New Statesman , quando in altra parte dell' articolo si chiede ironicamente se « davvero il governo inglese si senta nella posizione di poter dettare a chicchessia le condizioni di un prestito internazionale e se non si sia reso conto di aver partecipato al gioco al rialzo dell' anticomunismo elettorale tra Ford e Reagan » . questo gioco al rialzo, probabilmente, è stato fatto a proprio tornaconto anche dal cancelliere tedesco in vista di una competizione elettorale che si annuncia difficile, ma nella quale il grande partito dei lavoratori tedeschi e di Willy Brandt, la Spd, ha molte carte da giocare per ottenere la conferma del suo primato senza bisogno che uno dei suoi leaders ricorra ad espedienti di questa sorta. anche nel caso della Germania c' è da chiedersi su quali basi si fondi un atteggiamento siffatto, che ostenta di ignorare la necessità, per la Germania, di buone e strette relazioni con l' Italia, se non altro per il fatto che il mercato italiano è il secondo o il terzo, in ordine di importanza, per le esportazioni tedesche ed è più redditizio, dal punto di vista economico, dello stesso mercato americano. in proposito, vorrei ripetere alla Camera ciò che ho già avuto occasione di dire al presidente Andreotti nel corso delle consultazioni per, la formazione del nuovo Governo; e ciò che non sono consentiti silenzi, reticenze o sottovalutazioni: a questo mondo è servo solo chi vuol esserlo, e noi abbiamo a cuore l' indipendenza della politica estera del nostro paese almeno quanto la sua libertà. ma l' episodio rimane significativo anche perché ci riconduce a due temi di fondo della nostra posizione internazionale e della politica estera italiana, che il Governo non può non sentire in tutta la loro importanza: il problema dell' unità europea e la nostra posizione nell' Alleanza Atlantica . l' unità europea va vista in una prospettiva di aumento dell' indipendenza e del peso politico dei paesi europei , nei confronti della politica mondiale e in una linea di progressiva apertura verso i paesi del Mediterraneo. quest' ultima area è tuttora gravida di tensioni: la questione palestinese resta tutt' altro che risolta; il massacro di libanesi e palestinesi continua dopo 55 inutili tregue; permane la tensione fra i paesi arabi (l' ultimo episodio di tale situazione è l' accusa del Cairo a Tripoli di ammassare sul suo territorio ingenti quantitativi di armi di provenienza sovietica); la ferita di Cipro è tuttora pericolosamente aperta. da questo insieme deriva un quadro denso di pericoli, assai lontano da quell' idea di un Mediterraneo pacifico che è certamente nelle aspirazioni di tutti i popoli rivieraschi, se non proprio di tutti i governi. e la domanda sul ruolo dell' Europa in questo contesto rischia di essere meramente retorica: quel ruolo è pressoché nullo, anzi, per taluni aspetti, negativo. ma lo scadimento in politiche di dimensione meramente regionale, la conseguente condizione subalterna dei paesi e il rischio di interferenze di tipo imperialistico possono trovare un antidoto in una nuova coscienza europea, in nuove istituzioni, quali potrebbero scaturire da una benefica reazione all' attuale stato di decadenza, reazione di cui non mancano segni rivelatori. beninteso, penso ad un' unità reale e non ad una fondata su un rapporto di dominio di alcuni paesi sugli altri. l' Alleanza Atlantica è il fulcro della difesa europea e tale rimarrà, in assenza di alternative valide. quell' alleanza si presenta come un patto fra Stati « determinati a salvaguardare le libertà dei loro popoli, la loro comune eredità e la loro civiltà fondata sui principi della democrazia, delle libertà individuali, del regno del diritto » . la verità è che troppo spesso c' è stato un divario tra le enunciazioni e l' attuazione di tali principi. noi chiediamo, cioè, che nell' Alleanza Atlantica l' Italia non sia considerata solo oggetto di protezione, ma soggetto partecipe di una libera associazione; che l' alleanza non si presti ad essere uno strumento di ingerenza degli Stati più forti su quelli considerati più deboli. ciò che noi chiediamo, in sostanza, è quanto dovrebbe stare a cuore a tutto il Parlamento: un ruolo non subalterno dell' Italia rispetto ai suoi alleati; un effettivo potere di iniziativa nel processo di distensione e di cooperazione internazionale: una riorganizzazione sul piano politico e organizzativo delle sue pur limitate strutture di elaborazione e di attuazione della politica estera . non dovremmo aver bisogno di avvocati difensori stranieri in questa materia, specie se questi si chiamano Breznev che — con tutto il rispetto dovuto al capo di un grande paese — rappresenta pur sempre il massimo teorico di quella « sovranità limitata » che egli stesso ha attuato otto anni or sono, sulla pelle del partito comunista e del popolo cecoslovacchi. comunque, nonostante gli ostacoli e le resistenze, la prospettiva di fondo che mantiene per noi immutata la sua validità è quella di un' Europa unita e indipendente, senza consoli o direttori, alleata degli USA ed amica dell' Unione Sovietica . le elezioni europee (che speriamo possano aver luogo nel 1978, una volta superate le difficoltà e sciolte le riserve che ancora permangono), rappresentano un appuntamento fondamentale non solo per quello che è stato chiamato l' « eurosocialismo » , e che è la forza politica più consistente del nostro continente, ma anche e forse a maggior ragione per la « ricerca » , come la definisce il compagno Berlinguer, in cui è attualmente impegnato l' eurocomunismo. qualche osservatore, riferendosi al processo di revisione in corso in un importante settore del comunismo occidentale, e di cui il partito comunista italiano è il protagonista di maggior rilievo, ha usato l' espressione « silenziosa » già riferita all' esperienza di Bad Godesberg , intendendo riferirsi alla carta con la quale la socialdemocrazia tedesca sancì, nel 1959, il suo distacco dal marxismo come ideologia ufficiale, così come oggi il partito comunista starebbe attuando il suo distacco dal leninismo. il nostro apprezzamento sui singoli passi fatti in direzione di questa revisione, come nel senso di una tendenza autonomistica rispetto a quella che per mezzo secolo è stata la centrale e la guida dei movimento comunista internazionale, è stato ed è positivo. consideriamo il partito comunista per quello che è e che ha saputo essere: un partito cioè che rappresenta una parte importante del popolo lavoratore. e lo giudichiamo anche secondo il suo contributo alla vita democratica del nostro paese. siamo interessati a che il processo avviato si sviluppi coerentemente e riteniamo che, se ciò avverrà, si determineranno sempre maggiori fattori di novità positiva non solo in Italia, ma in molti paesi europei e nell' insieme dell' Europa occidentale . certo, sono anch' io del parere, espresso anche recentemente dal compagno De Martino , che occorrerà del tempo, dopo che la revisione sarà stata condotta alle sue conseguenze sul piano dei principi, prima che possa modificarsi la natura storica del partito comunista , si da risultare adeguata ai nuovi principi che esso professa. e tuttavia, ragionando con mente aperta e critica di fronte ai fatti della storia, è giusto attenersi alla semplice verità per la quale la violenza genera la violenza e non la libertà, il terrore è il terrore e non una via per la giustizia, ma altresì il buon uso della, libertà genera la libertà, e la democrazia, quando si radica negli animi e nel costume, genera la democrazia. abbiamo fatto, per quel che ci riguarda, ciò che ci era parso giusto, ciò che ci era sembrato essere il nostro dovere verso la democrazia allo scopo di far cadere una discriminazione, che è caduta. ora ciascun partito è posto di fronte, in maniera chiara e con maggiore autonomia, alle proprie responsabilità. abbiamo combattuto e contrastiamo le chiusure tipiche di una posizione egemone non per aprire la strada ad un' altra egemonia. consideriamo importanti le convergenze unitarie e le possibilità attuali e future di obiettivi comuni tra le forze della sinistra, pur in presenza di strategie non identiche. ma, colleghi, sentiamo anche e fortemente la necessità dello sviluppo autonomo di una forza socialista, che si atteggi in maniera tutt' altro che rassegnata e subalterna nei confronti dell' eurocomunismo; una forza che ricavi sempre più la sua identità dai filoni più attuali e più vivi della sua tradizione; da quella scuola riformista che fece capo, ad un grande socialista lombardo, dalla critica che ai limiti e alle debolezze di quella esperienza mossero le più acute intelligenze del pensiero socialista e democratico meridionalista, dalla sintesi preveggente del socialismo liberale di Carlo Rosselli, dal rigore, dei gruppi che concepirono la Resistenza come rivoluzione democratica, dalla coerenza dell' antifascismo socialista, dall' insegnamento che si può trarre dalle ricche e molteplici esperienze, del socialismo europeo occidentale, democratico e gradualista, in un confronto non imitativo e superficiale, ma critico e disponibile. non vogliamo battere le strade né del socialismo della miseria, né del socialismo della burocrazia, quel neofeudalesimo burocratico di cui parlava il filosofo ungherese Lukacs. la nostra strada vuole essere quella di, un socialismo moderno che non volti le spalle al problema fondamentale della nostra civiltà, che è quello di far avanzare ad un tempo la giustizia sociale , la libertà politica e la efficienza produttiva; di una forza socialista autonoma che sia impegnata nella fondamentale ricerca di conciliazione tra i valori del cristianesimo e i valori umani e liberatori di cui si è fatto portatore nella sua storia il movimento socialista. ci aiuterà, io spero, la rigorosa verifica programmatica condotta assieme ai partiti laici, interessati come siamo a superare, se possibile, le polemiche del passato e a stabilire un rapporto nuovo, così come ci aiuterà il terreno comune, per quel tratto importante che ci lega al radicalismo socialista. e aperto il dialogo con la Democrazia Cristiana o almeno, con quella parte di essa che mostra di comprendere che siamo alle prese con un capitolo nuovo e diverso della storia del nostro paese. e ritorno a lei, onorevole Andreotti, e al suo Governo, per dare una risposta alle voci che accompagnano questo difficile parto: per quanto ci riguarda, siamo contrari ad una esperienza « balneare » , il Governo vivrà nella misura di ciò che sarà capace di fare e per quanto riuscirà ad essere utile al paese e alle forze politiche . ma anche nel mare delle astensioni ci vuole la bussola; non basterà la diplomazia che dice e non dice, servirà la politica. vede, onorevole presidente del Consiglio , uno scrittore inglese. ha definito il diplomatico « un galantuomo che si invia all' estero perché menta per il bene del suo paese » . ella per il bene della Democrazia Cristiana — mi consenta — una piccola bugia la dice quando sorvola sul problema politico costituito dalle forze su cui il suo Governo si potrà reggere. ella sa benissimo che il suo Governo deve cercare di reggersi a sinistra, sfuggendo ai condizionamenti della destra, principalmente quella interna al suo partito, che ella del resto conosce bene, e che oggi già le si rivolge con la poco amichevole reminiscenza del « governo amico » . a sinistra ci sono voti determinanti — badi bene — non solo dei comunisti, ma anche dei socialisti e, per la parte nostra, avrà il suo valore anche l' opinione di chi ha ritenuto, in questa crisi, di non discostare il suo atteggiamento dal nostro. se la sua divisa è la concretezza, come dice il titolo della rivista che cortesemente ci invia da tanti anni, questa si riflette solo in parte nella piattaforma programmatica del suo Governo. tuttavia, sono indicate scadenze importanti che costituiranno altrettante occasioni di verifica parlamentare. l' esaltazione del ruolo del Parlamento sarà, del resto, la caratteristica di questa legislatura. la preoccupazione fondamentale rimane il processo inflazionistico in corso , tutt' altro che debellato, destinato ad avere nei prossimi mesi, dopo la prima fase benefica per le esportazioni, nuovi impulsi proprio dagli effetti della svalutazione. ci interroghiamo se i mezzi proposti siano i più efficaci e, soprattutto, ci chiediamo quale possa essere la base di un accordo con i sindacati per la ripresa degli investimenti, la protezione dei redditi minimi, le misure a favore dell' occupazione giovanile, così come per ottenere efficaci interventi sul fronte dei prezzi dei beni di largo consumo e sui nodi speculativi delle intermediazioni, interventi che consentano di attraversare i passaggi obbligati della riduzione del costo del lavoro e dell' aumento della produttività. i provvedimenti urgenti per fronteggiare la situazione nel breve periodo non debbono però rinviare a data da destinarsi una riconsiderazione complessiva della programmazione, dei suoi metodi e dei suoi strumenti. il programma del Governo, invece, rimanda la ristrutturazione degli organi di programmazione all' esame del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro , ossia alle « calende greche » . l' austerità costituisce un dramma per i gruppi sociali che sono al minimo vitale: inchiodati a livelli di pura sussistenza, per i quali occorre prevedere interventi protettivi, mentre richiede da altri cittadini sacrifici sopportabili in cambio di una maggiore sicurezza, di una migliore qualità della vita per l' avvenire: l' austerità, insomma, deve comportare una riduzione drastica di ciò che è superfluo, dello spreco individuale o collettivo, di quanto è lusso e privilegio sempre più intollerabile in una società in cui deve invece imporsi i sempre più lo spirito di eguaglianza e di solidarietà. riduzione dei deficit, razionalizzazione del sistema, snellimento delle procedure, eguaglianza delle retribuzioni, lotta alla corruzione e agli sprechi, maggiore efficienza: tutto ciò, insomma che ci riconduce alla esigenza di risanare la situazione, qualche volta disperante, della — nostra Pubblica Amministrazione , non può che essere, incoraggiato: e giudicato dalle proposte specifiche e dal loro significato economico, sociale e morale; così come i propositi enunciati nel campo della sanità, della scuola e della giustizia, dove tutto scoppia nel divario tra bisogni reali e mezzi, ordinamenti, strutture in atto. i buoni propositi possono aprire — come lei mi insegna — la strada alle cose buone come alle cattive azioni; nella scuola, dove si sono accumulati ritardi su ritardi, tutto appare in crisi, dai gradi inferiori fino all' università, che, priva com' è di una programmazione adeguata del suo sviluppo, è diventata una grande fabbrica di disoccupazione intellettuale. così non devono restare in ombra i problemi della ricerca scientifica , il cui evolversi condizionerà in modo determinante il nostro avvenire. anche l' autoregolamentazione nell' esercizio del diritto di sciopero, nei servizi di fondamentale interesse collettivo, deve avere un seguito concreto; si tratta più in generale del problema non risolto di uno spirito di responsabilità — e, di collaborazione collettiva. è un problema che viene posto da chi rivendica i diritti dell' impresa che però non può disgiungersi dai problemi moderni: della, partecipazione del controllo e della democrazia industriale. leggi di inasprimento delle sanzioni penali in materia di evasioni fiscali sono le benvenute, anche se probabilmente vale, date le condizioni in cui, opera il nostro apparato fiscale, l' antico detto cinese che dice « più sono le leggi, più sono i ladri » , mentre ciò, che non può essere trascurato è la più rapida accelerazione possibile dell' opera di rammodernamento delle strutture tecniche ed organizzative. c' è grande attesa nei comuni e nelle regioni, gran parte dei primi in condizioni di paralisi e le seconde non, ancora nella possibilità di dispiegare per intero la loro funzione di decentramento e di coordinamento, mentre per le amministrazioni provinciali vale l' interrogativo circa l' utilità del loro ruolo attuale e la loro destinazione nel quadro di una riorganizzazione complessiva degli enti locali . sono problemi che vanno affrontati in modo risoluto. spero che finalmente sarà possibile affrontare in radice i mali dei nostri servizi di sicurezza , che sono; o sono stati, lo scandalo degli scandali; screditati e sospettati dei peggiori crimini contro lo Stato. ricordo che anni fa, quando apparve la definizione « strage di Stato » se ne parlò come di una bestemmia, il frutto di una fantasia attraversata da incubi giallo-politici. oggi è assai diffusa l' opinione che le cose sono andate, se non proprio così, certo in qualche modo assimilabile, ma non si sa come, n' è si sa chi sia stato. far luce nel passato è il tributo che la democrazia deve a, tante vittime innocenti. occorre organizzare i controlli per l' avvenire senza che questo vada a scapito dei compiti istituzionali dei servizi, ma solo e principalmente per impedire che essi tornino, per una tentazione che potrebbe investire anche gli uomini nuovi, che sono necessari, alle deviazioni multiformi ed al servizio di mille bandiere. la ristrutturazione in campo industriale ed agricolo ripropone il problema della protezione; sociale necessaria e della rivalutazione del ruolo della piccola e media impresa , dell' impresa artigiana e dell' impresa cooperativa. per quanto riguarda la prima — la ristrutturazione industriale — , non si può partire, come se nulla fosse accaduto, da punti che originarono forti dissensi; ma occorre approfondirne e chiarire tutti i termini del problema, nell' intento di avvicinare i differenti punti di vista ; così come la riorganizzazione delle partecipazioni statali avrà un senso se non si limiterà a cambiare organigrammi funzionali perché tutto rimanga come prima. ci sono troppi regni in questa Repubblica, regni di origine ereditaria e regni instaurati sulla proprietà collettiva. per quanto riguarda il Mezzogiorno noi condividiamo l' opinione secondo cui oggi meno che mai il Mezzogiorno può essere considerato un problema residuo da affrontare solo se e dopo che si sia risolto quello del rilancio dell' economia e sottolineiamo la triplice esigenza della qualificazione in senso meridionalistico delle azioni volte a favorire la ripresa, la garanzia che l' intervento nell' area non subisca interruzioni, la necessità di future integrazioni delle assegnazioni finanziarie disposte dalla nuova al nord, l' ampiezza della tragedia del Friuli dovrebbe essere efficacemente affrontata con una legge speciale, mentre il grave inquinamento di Seveso mostra a quali rischi è esposto l' ambiente naturale ed umano delle aree industrializzate in modo selvaggio e ancora prive delle protezioni e delle prevenzioni adeguate. il nostro « no » alla stampa di Stato ed alla difesa di privilegi delle corporazioni è netto, così come alle proprietà ed ai bilanci misteriosi; il nostro « sì » è senza riserve per la dignità, l' autonomia e la libertà di chi lavora nell' impresa giornalistica. l' impegno che sollecitiamo riguarda la razionalizzazione di tutti gli aspetti del settore, le giuste provvidenze dirette a questo scopo, la massima protezione possibile dei lavoratori. è importante anche che la problematica dei diritti sindacali alle forze di polizia non sia più considerato un tabù. esse d' altro canto debbono essere messe sempre più in condizioni di intensificare la lotta alla criminalità, alla quale hanno pagato un alto tributo di sangue e di sacrifici, ma deve essere assolutamente scoraggiata, con norme e direttive, la psicosi del « grilletto facile » che ha provocato in un anno decine di vittime innocenti tra ladruncoli, ragazzi cittadini ignari. è urgente, nel campo militare, affrontare il problema del nuovo regolamento di disciplina e della riforma dei tribunali militari. è importante che sulla questione dell' aborto il Governo non si avventuri in arbitrati, ma mantenga la posizione di neutralità di chi lo ha preceduto. ma non deve rimanere neutrale rispetto all' urgenza determinata dai casi di gravidanza pericolosa, conseguenza della nube tossica di Seveso, per i quali va espressa, subito una direttiva. per il Concordato solleciteremo una iniziativa attiva che parta da un esame preliminare del Parlamento il quale, in materia di revisione, aveva già detto una parola rimasta però lettera moria. se dall' insieme dell' attività del Governo emergessero efficaci iniziative di moralizzazione, queste saranno il migliore ricostituente nei confronti della sfiducia ormai generalizzata verso lo Stato. il Governo sa così di avere degli interlocutori ad un tempo ragionevoli e severi. scruti con attenzione scrupolosa la sua rotta nel mare degli astensionisti che sono, pur sempre una maggioranza. noi non staremo sull' Aventino, né ci chiuderemo nella pur doverosa, riflessione interna. siamo consapevoli del ruolo che ci spetta in questo Parlamento, anche dopo una prova elettorale che nel suo esito non ci ha dato ragione. per chiarezza debbo ribadire che impiegheremo la nostra iniziativa per aprire nuove vie alternative e non ci faremo sorprendere a stazionare in area di parcheggio in attesa di un ritorno alle esperienze del passato alle varie esperienze del passato, che sono state diverse ed anche contrastanti tra loro. poca o tanta che sia useremo la nostra forza per aiutare tutti coloro che vorranno essere aiutati in uno sforzo di rinnovamento e di risanamento della crisi nazionale. rinnovamento che è agli antipodi della restaurazione del potere incontrollato di grandi gruppi capitalistici privati e della conservazione dello stato di disordine, egualmente incontrollato, in cui versa il capitalismo di Stato . useremo la nostra forza, per consolidare, in ogni direzione, economica, sociale e politica la democrazia e mai per indebolirla.