Luigi BERLINGUER - Deputato Astensione
VII Legislatura - Assemblea n. 10 - seduta del 10-08-1976
1976 - Governo III Andreotti - Legislatura n. 7 - Seduta n. 10
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , onorevole presidente del Consiglio , comincerò col dichiarare che questo Governo è lungi dal sodisfarci. del resto non siamo solo noi comunisti ad esserne scontenti; lo sono anche altri partiti, quali il partito socialista , il partito socialdemocratico , il partito repubblicano , i quali, non per caso, hanno annunciato non un voto di fiducia ma un voto di astensione, con quelle motivazioni critiche che abbiamo ascoltato al Senato e in questa sede — or ora per bocca del compagno Craxi — molte delle quali coincidono con le nostre. anche fuori dalle nostre Aule parlamentari, nel paese, tra i lavoratori, nelle loro organizzazioni, in altre forze produttive, non mi sembra che la costituzione di questo monocolore democratico cristiano abbia suscitato non dirò dell' entusiasmo ma neppure quel consenso fiducioso che sarebbe richiesto dalle condizioni del paese dopo tanti e tanti mesi di pratica assenza di una azione governativa chiara, efficiente, rinnovatrice. questo Governo ha dunque caratteristiche tali da comportare di per sé, per la pletoricità stessa della sua struttura e composizione e soprattutto per l' incertezza del suo indirizzo politico generale, un voto contrario da parte nostra. ma di fronte a questi elementi negativi, a questo quadro di insufficienze, che suscita tante giustificate perplessità nel Parlamento e nel paese, ci sono altri fatti che vanno considerati, e fra questi un fatto assolutamente nuovo per la nostra vita, politica e parlamentare e nella storia dei governi che si sono succeduti da ventinove anni a questa parte. abbiamo atteso di parlarne in questa sede, nel Parlamento che esce dal voto del 20 giugno, e nel primo dibattito da cui prende avvio la VII legislatura, perché è proprio in questa sede, in questi giorni, che tale fatto nuovo si palesa in tutta la sua evidenza davanti al popolo italiano . in che cosa consiste la principale novità? essa sta nel fatto che la responsabilità di dare un Governo al paese, pur rimanendo prioritariamente della Democrazia Cristiana (dato che essa è ancora, ma esiguamente, il Partito di maggioranza relativa), è anche responsabilità nostra, responsabilità del partito comunista . questa novità ormai è chiara, lampante direi, anche a quei cittadini, a quei lavoratori e persino a quegli esponenti politici che non l' avevano intesa fino in fondo, in parte per l' obiettiva difficoltà di seguire ogni passo e ogni piega della complicata vicenda politica che ha portato all' attuale situazione, in parte anche per schiavitù verso certi schemi o per il timore di dover prendere atto di una realtà così diversa da quella che si era immaginata ed attesa. e la realtà oggi è appunto questa: se è vero che non esistono ancora tutte le condizioni per dare al paese il Governo che abbiamo chiesto e che crediamo gli sia necessario per essere in grado di far fronte ai gravi e grandi compiti di questo periodo della vita nazionale, sta di fatto, però che dipende da noi — e, direi, principalmente da noi — che vi sia o non vi sia un Governo e, dunque, in concreto che questo Governo passi o non passi alle Camere. tutti sanno, infatti, ormai, che se noi votassimo contro, il Governo cadrebbe all' istante. ecco come stanno oggi le cose. ma noi abbiamo deciso, come è noto, onorevoli colleghi , di non dare oggi un voto contrario; abbiamo deciso invece di astenerci e quindi di consentire che questo Governo inizi la sua attività, riservandoci sin da domani di giudicarla, momento per momento, e di trarre da questo giudizio in piena libertà — ma soprattutto rimanendo sempre fedeli ai caratteri che distinguono il nostro partito come partito operaio , popolare, democratico, nazionale — i motivi per confermare o cambiare il nostro atteggiamento. perché abbiamo preso questa decisione? perché anche in questa occasione, come sempre, il partito comunista ha avuto come bussola della propria condotta il reale interesse dei lavoratori e del paese. e, proprio muovendo da questa ispirazione, noi abbiamo considerato innanzitutto (dirò poi di altre considerazioni che hanno dettato la nostra scelta) che votare contro, impedire cioè la nascita di questo Governo, già a 40 giorni dalle elezioni e, ripeto, dopo molti, troppi mesi di non-governo, avrebbe significato contribuire noi stessi a gettare il paese in una preoccupante confusione politica. a quali forze avrebbe fatto comodo una tale situazione? non certo, noi crediamo, alle masse lavoratrici occupate e disoccupate, alle loro organizzazioni sindacali , ne a quelle altre categorie e forze produttive che hanno bisogno di avere di fronte, per discutere e trattare problemi che non tollerano rinvii, un Governo operante, e operante — questo è oggi un punto essenziale — in concomitanza con un Parlamento restituito alla sua piena funzionalità e all' esercizio di tutte le sue prerogative costituzionali, d' iniziativa politica e legislativa e di controllo o collaborazione con l' Esecutivo. una situazione di confusione, di crisi prolungata non avrebbe giovato certo alle regioni, alle province, ai comuni, che versano in condizioni drammatiche di indebitamento pauroso: condizioni che non consentono neppure a molte amministrazioni locali di garantire ai propri dipendenti gli stipendi dei mesi prossimi. la nostra ferma e meditata convinzione è che se avessimo deciso di impedire la nascita di questo Governo, si sarebbe fatto il gioco di ben altri interessi, di ben altre forze, tra le quali anche quelle forze di paesi stranieri che hanno cercato e cercano di impedire che avanzi in Italia una prospettiva di unità delle masse popolari , di concordia e di collaborazione tra i partiti democratici. a questo proposito, vogliamo augurarci che il Governo, tenendo fede al suo dichiarato impegno, come ha affermato l' onorevole Andreotti nella sua replica al Senato, di « gelosa difesa della sovranità, autonomia e dignità nazionale » dell' Italia, respingerà fermamente ogni dichiarazione, ogni atto che rappresenti comunque un' interferenza nella vita interna del nostro paese; atti tanto più inammissibili, in quanto nessuno dei principali partiti democratici italiani mette in discussione le alleanze e gli organismi internazionali di cui l' Italia fa parte. un' altra richiesta vorremmo rivolgere al Governo sempre a questo proposito: che esso sappia dar prova di quella decisione, che è mancata fino ad ora, nell' individuare e porre fine (o esigere che si ponga fine) all' attività di quei centri internazionali di sovversione, della cui opera diverse volte hanno parlato, ma solo parlato, negli ultimi anni alcuni dirigenti e alcuni ministri della Democrazia Cristiana . quanto allo schieramento politico italiano, valutando attentamente lo stato, attuale delle cose, noi siamo giunti, alla conclusione che impedire la nascita di questo Governo avrebbe oggi giovato soprattutto a quelle forze che puntano a cancellare le novità politiche e parlamentari create dal 20 giugno, a soffocarle sul nascere per bloccare tutte le potenzialità che sono in esse (e che hanno solo cominciato a manifestarsi), per riportare quindi all' indietro i partiti e i rapporti fra di essi; per riportarli, cioè, al periodo delle discriminazioni anticomuniste, delle maggioranze delimitate a sinistra, in una parola verso il centrosinistra, poco importa in quali sue varianti formali. sappiamo tutti che i nostalgici di queste soluzioni non mancano dentro la Democrazia Cristiana e probabilmente anche in qualche settore di altri partiti. ma io invito a riflettere anche attorno ad un' altra possibile conseguenza di un nostro atteggiamento di massimalistica ripulsa verso una soluzione parlamentare e governativa che rappresenta innegabilmente il superamento concreto, reale, di fatto di tutto il castello ideologico e pratico del centrosinistra, ed in particolare di quel suo tratto essenziale che è stato costituito dall' autosufficienza politica di maggioranze che escludevano il partito comunista . un nostro voto contrario, tale da impedire, anche solo l' avvio di un esperimento politico nuovo, consentito oggi dalla nostra astensione, non crediamo affatto che avrebbe portato, nelle condizioni attuali, dopo quel cosiddetto « braccio di ferro prolungato » , di cui taluno ha parlato, che taluno ha auspicato, ad una soluzione governativa e parlamentare più avanzata, ma avrebbe dato nuove chanches a quelle forze della Democrazia Cristiana che vorrebbero rimettere in piedi, in questa o in quella forma, una alleanza con i partiti che hanno fino ad ora collaborato con essa. ed infatti — forse a questo non si è sufficientemente riflettuto il nostro voto contrario non soltanto avrebbe regalato argomenti agli anticomunisti più incalliti per condurre nel paese una agitazione denigratoria contro di noi, ma, avrebbe determinato anche, assai probabilmente, una polemica ed una tensione fra noi e gli altri partiti che hanno deciso di astenersi. noi stessi (avremmo, dunque, fornito un' arma alla Democrazia Cristiana per ricostituire quel vecchio e comodo sistema di rapporti politici e quei governi che le hanno consentito di affermare negli anni la propria posizione di predominio e di trattare con la nota arroganza gli altri partiti. non sarebbe davvero brillante il bilancio che avremmo potuto presentare in questo caso al nostro elettorato, al nostro partito, al paese dopo il nostro successo del 20 giugno! solamente dei superficiali e degli schematici possono non vedere che la soluzione governativa e parlamentare che si determina oggi con il nostro e con gli altri voti di astensione è invece il segno manifesto che quel sistema politico e quel predominio di un partito, che hanno caratterizzato i governi a direzione democratico cristiana subiscono un altro colpo ed hanno iniziato la loro parabola discendente. comprendo che a taluni può apparire in qualche modo paradossale parlare di questo declino in presenza di un Governo formato da soli democratici cristiani . ma la storia reale e la vita politica vanno avanti anche attraverso i paradossi, e solo chi ragiona per schemi astratti può non rendersi conto che l' attuale Governo monocolore è frutto di una situazione ben diversa da quella nella quale sorsero altri governi monocolori. del tutto diversa, infatti, è la base parlamentare che gli permette di esistere, che lo condiziona e con la quale dovrà confrontarsi; diverse sono le cause e le motivazioni politiche che hanno indotto la Democrazia Cristiana a doverlo fare, dopo aver perseguito vanamente altre soluzioni, che i suoi dirigenti ritenevano più convenienti per il loro partito. ecco, dunque, alcune delle ragioni che hanno spinto il nostro partito a scegliere una via diversa da quella del voto contrario. con la nostra astensione, registriamo (direi quasi mettiamo all' attivo, ma all' attivo della causa dello sviluppo democratico del paese, oltre che — se permettete — anche della nostra politica) le novità che sono insite in questa soluzione del problema del Governo, che non ci vede più esclusi, ma determinanti, pur senza essere ancora partecipi diretti di responsabilità di Governo. al tempo stesso , la nostra astensione, mentre costituisce un pungolo a cui l' azione quotidiana del Governo non potrà certo sottrarsi, servirà anche a sollecitare nella Democrazia Cristiana , sulla base, delle nuove esperienze, ulteriori e più approfondite riflessioni sul significato del voto del 20 giugno, sul ruolo stesso che è chiamata a svolgere, più in generale, sulle vie peculiari che possano assicurare all' Italia un avvenire di progresso democratico e sulle condizioni oggettive attraverso le quali passa un rinnovamento effettivo della società e della sua direzione politica in Italia. a questo proposito, vorrei dire che, avendo noi comunisti italiani dimostrato con il mostro pensiero, con la nostra prassi, con atti concreti, con una elaborazione originale, che abbiamo espresso in Italia e in sedi internazionali e che ormai è un dato universalmente riconosciuto, che non guardiamo né pensiamo di trasferire qui da noi modelli di società e di Stato di altri paesi, sarebbe bene che gli altri partiti democratici riconoscessero che non è possibile (e secondo noi non sarebbe nemmeno augurabile) perseguire in Italia, come se questo fosse il supremo bene, l' imitazione dei modi in cui in altri paesi si esprime la dialettica democratica. in quale altro paese esiste un partito comunista come il nostro, ma anche una Democrazia Cristiana , un partito socialista , un partito repubblicano che abbiano le tradizioni e le caratteristiche peculiari che tali partiti hanno qui da noi? dunque, si cessi di considerare come anomalie o deviazioni, quelle peculiarità che sono il prodotto della storia d' Italia e, in essa, delle lotte, del cammino ascendente di quelle classi lavoratrici che furono una volta le « plebi » , le « classi subalterne » , ma che sono ormai maturate per assurgere, nell' unità, alla guida politica della nazione. proprio questo, da quasi trent' anni , è il problema politico centrale della società italiana , dello Stato, della vita, dello sviluppo stesso delle nostre istituzioni democratiche. la crisi che attraversa il nostro paese ha le sue radici più profonde in questo problema ancora irrisolto. ha scritto giustamente nei giorni scorsi uno dei dirigenti del nostro partito, il compagno Chiaromonte, che l' acutezza della crisi italiana, pur essendo collegata alla crisi più generale delle società capitalistiche dell' Occidente, è caratterizzata da una contraddizione di fondo: « in uno Stato come il nostro, che ha la sua origine nella Resistenza e che poggia su una Costituzione come quella che abbiamo, in una Repubblica in cui — per la prima volta nella storia d' Italia — le masse lavoratrici e popolari furono parte fondamentale e decisiva della lotta e della iniziativa politica per la sua fondazione, e sono state per trent' anni il baluardo fondamentale per la sua difesa, in questa Repubblica è stata perseguita un' azione testarda per tenere queste masse lavoratrici lontane ed estranee dalla direzione politica nazionale. questa azione non poteva, alla lunga, che mostrare la corda del suo fallimento, e era destinata anche a portare — come ha portato — l' intera società italiana in un vicolo cieco » . il centrismo è stata la negazione di questo problema, mentre il centrosinistra ne è stato la falsa coscienza, nel senso che esso era l' indice del suo incontenibile riproporsi. ma il centrosinistra è stato anche il tentativo di risolverlo in modo fittizio, giacché si basava sul presupposto dell' esclusione dal Governo del paese, e persino sul tentativo di isolamento di quella parte decisiva delle classi lavoratrici che è organizzata ed espressa dal partito comunista italiano. anche questo esperimento, dunque, non poteva non fallire, coinvolgendo in periodi vari nella sua crisi i partiti che lo avevano costituito e realizzato. altre volte abbiamo riconosciuto che il periodo del centrosinistra, che pure ha procurato al paese molti guasti e gravi storture, non è stato solo negativo, soprattutto in quanto in quel periodo si è venuta sviluppando più largamente la vita democratica nella società. ma già dal 1967-1969, particolarmente dopo le elezioni politiche del 1968, dopo le grandi lotte operaie e dei movimenti studenteschi di quegli anni, si ebbe il chiaro avvertimento che il paese chiedeva si andasse oltre il centrosinistra; che le preclusioni anticomuniste non reggevano di fronte alle spinte delle masse, alla crescita della maturità democratica e ad una politica — come quella del partito comunista — che aveva accettato la sfida, che aveva sconfitto i tentativi di isolamento, che aveva rifiutato, insieme con le illusioni riformiste, le tentazioni settarie e si era collocato al centro di un movimento reale e unitario, che chiedeva si compisse una vera svolta politica. era dunque ormai evidente, sin da quegli anni, che il tema che ritornava prepotentemente alla ribalta, senza più possibilità di essere ignorato, era quello che noi chiamammo la « questione comunista » , e cioè la questione della partecipazione al Governo dell' insieme delle classi lavoratrici e popolari, in tutte le loro espressioni politiche, compresa dunque anche la forza del nostro partito che, non solo era rimasta intatta, ma andava crescendo. il centrosinistra — che poteva essere considerato e che anche oggi possiamo considerare come un passaggio forse politicamente obbligato nella vita italiana — aveva esaurito così il suo ciclo e la sua funzione. basta ricordare che, proprio nel 1969 andò in frantumi, grazie anche alla ritrovata autonomia del partito socialista italiano, quell' ambiziosa operazione di unificazione socialista e socialdemocratica che avrebbe dovuto essere uno dei pilastri della prospettiva del centrosinistra, in quanto stabile soluzione del problema politico italiano. malgrado tutto ciò, le vicende politiche degli ultimi anni hanno visto invece il succedersi di tentativi per mantenere comunque in piedi governi sempre fondati sulla preclusione anticomunista. non voglio rievocare la cronaca, assai travagliata, dei governi di questi anni. in sintesi, penso si possa da tutti riconoscere che nessuno di essi ha più saputo essere una guida capace di dare una prospettiva di ampio respiro al paese, il quale, per questa ragione, ha pagato prezzi altissimi, e non solo sul terreno economico e sociale , ma anche su quello dell' ordine civile e democratico e della vita morale. possiamo oggi dire, di avere finalmente un Governo che dà al paese la prospettiva, la guida che gli mancano da troppi anni? certamente no, perché questo Governo non supera, quella contraddizione di fondo di cui ho parlato, tra l' ampiezza delle forze sociali e politiche da cui ha tratto origine il nostro Stato repubblicano, e che ne sono più che mai oggi la forza essenziale, e la ristrettezza artificiosa: delle coalizioni governative che hanno retto il paese fino ad oggi. questo, dunque, non è il Governo dell' unità dei lavoratori, delle forze popolari, dei partiti democratici. la contraddizione di fondo di cui ho parlato non è ancora superata; e noi vogliamo ribadire, a questo punto, che la lotta per il suo superamento rimane il nostro impegno primo e fondamentale. questo Governo non può avere, dunque il nostro voto favorevole, appunto perché siamo convinti che ben altro è il Governo di cui ha bisogno l' Italia in questa fase della sua vita nazionale. ma, pur non accordando all' attuale Governo la nostra fiducia, noi constatiamo — e con noi lo constatano i lavoratori e il paese — che per la prima volta da quasi trent' anni questo è un Governo che non nasce sulla base della pregiudiziale anticomunista, ma anzi, di fatto, nasce e può vivere e operare, solo se e in quanto quella pregiudiziale viene del tutto abbandonata. ecco perché, diciamo che siamo in presenza di una soluzione governativa che per quanto ancora inadeguata ed insufficiente — pure indica la fine dell' epoca in cui i governi hanno avuto come perno e cemento la preclusione verso il partito comunista italiano. questo è il risultato che fa del 20 giugno il voto forse più importante e innovatore dopo quello con il quale il popolo italiano , il 2 giugno del 1946, fece dell' Italia una Repubblica democratica ed elesse l' Assemblea che ci ha dato la Costituzione; e questa è stata il frutto di quel clima di collaborazione tra le grandi forze politiche italiane, a cui significativamente si è richiamato il presidente del Consiglio del primo Governo nato dopo il voto del 20 giugno 1976. abbiamo preso atto di questo richiamo e soprattutto del senso che, più esplicitamente, l' onorevole presidente del Consiglio gli ha dato nel suo discorso, di replica al Senato. in realtà, però, onorevoli colleghi , l' imprescindibile necessità, dell' abbandono della pregiudiziale anticomunista era già matura prima del 20 giugno. già con il voto delle elezioni amministrative e regionali dell' anno scorso era divenuto evidente che quella pregiudiziale era una diga che non reggeva più. quel voto, prima di tutto, ha trasformato radicalmente il panorama politico delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, dando luogo ad una varietà di governi locali, di nuove maggioranze, di intese programmatiche , di rapporti tra i partiti che si sono mossi tutti, o quasi tutti, nel senso di una apertura alla collaborazione con il partito comunista . ed è stato sempre sull' onda del risultato del 15 giugno dell' anno scorso che anche nel Parlamento e nei rapporti tra le forze politiche sul piano nazionale si è fatta più stringente la necessità di un dialogo positivo con il nostro partito, ciò che ha condotto in alcuni casi ad affrontare, un po' più a fondo che nel passato, una serie di problemi. tutti voi sapete che, la nostra condotta, dopo il 15 giugno dell' anno scorso , è stata diretta a far maturare sempre più quei processi di avvicinamento e di intesa, fino a dare ad essi un' espressione che fosse politicamente significativa a livello nazionale . anche per questo, noi siamo stati avversari aperti dello scioglimento anticipato delle Camere, pure essendo certi che il ricorso alle urne non ci sarebbe stato sfavorevole. ma quanti della Democrazia Cristiana pensavano che la convocazione dei comizi elettorali ed il loro esito avrebbero interrotto i processi unitari aperti dalle elezioni amministrative dell' anno scorso ; si sono invece trovati davanti ad un risultato che ha reso patente in modo definitivo che con la pregiudiziale anticomunista, ormai, non è più possibile formare governi. per questo ci apparve subito poco realistica ed incauta la posizione della Democrazia Cristiana all' indomani del 20 giugno. essa, tutta presa dalla immediata sodisfazione per il risultato elettorale, certo cospicuo, che aveva conseguito (è noto che noi non eravamo tra quelli che pronosticavano un crollo elettorale della Democrazia Cristiana , ed è noto, più in generale, che noi consideriamo il confronto con la forza della Democrazia Cristiana uno dei dati essenziali della nostra politica) la Democrazia Cristiana , dicevo, non è stata però in grado di valutare il voto popolare nel suo insieme, ed ha creduto possibile tornare a riproporre le tradizionali maggioranze, le vecchie solidarietà, le antiche preclusioni, ripetendo dopo il 20 giugno quella arbitraria tesi per la quale il partito comunista dovrebbe essere mantenuto, quasi per sua natura, all' opposizione. questa tesi è crollata nel giro di pochi giorni. il primo segno delle novità introdotte dal 20 giugno è stato l' accordo per le presidenze delle Camere, che ha portato un comunista, il compagno Ingrao, a presiedere questa nostra Assemblea: a lui rinnovo il nostro affettuoso augurio, nella certezza — che credo non sia solo nostra — che egli saprà guidare i nostri lavori con quella perizia che tutti gli riconoscono e con quella imparzialità che noi per primi rispetteremo. pochi giorni dopo sono venuti gli accordi per le presidenze delle Commissioni parlamentari; ma è soprattutto significativo che anche i modi secondo cui si venivano svolgendo le consultazioni del presidente incaricato di formare il nuovo Governo rivelavano la necessità imprescindibile di trattare con noi. poi, è divenuto via via più manifesto che era impossibile ricostituire una maggioranza e formare un Governo senza fare i conti non solo con le nostre proposte, che non abbiamo mancato di presentare negli incontri avuti con l' onorevole Andreotti, ma con il nostro voto. a questo punto, desidero riconoscere tutta l' importanza dell' atteggiamento dei compagni socialisti i quali, dopo il 20 giugno, hanno mantenuto fermo il loro rifiuto di consentire o avallare la formazione di governi ancora fondati sulla preclusione anticomunista. hanno avuto anche il loro peso le decisioni del partito socialdemocratico e del partito repubblicano di non partecipare al Governo e di non dare un voto che andasse al di là dell' astensione. comprendiamo bene che, per quei colleghi della Democrazia Cristiana che ancora oggi inseguono la chimera del ritorno al centrosinistra, le posizioni del partito socialista , di quello socialista democratico e di quello repubblicano riescono assai sgradevoli e suscitano in qualche parlamentare democristiano — ne abbiamo un' eco anche nella stampa di oggi — toni addirittura irati e ricattatori. noi, invece, consideriamo quelle posizioni in modo positivo, anche perché esse sono la testimonianza della volontà di questi partiti di esercitare pienamente la loro autonoma funzione politica di forze intermedie. naturalmente io non colloco tra le forze intermedie il partito socialista italiano, che sta nettamente nell' area della sinistra, con una propria peculiare funzione e fisionomia. sta di fatto che, con le loro decisioni, il partito socialista , quello socialdemocratico, quello repubblicano, hanno contribuito a far risultare in tutta la sua evidenza, la novità costituita dal carattere determinante dell' atteggiamento del partito comunista . di questa novità la Democrazia Cristiana ha dovuto prendere coscienza con travagliata fatica, non solo perché questo fatto inusitato ha rotto bruscamente una costruzione ideologica ritenuta per tanti anni, valida e incrollabile, ma soprattutto perché la nuova collocazione dei partiti costituzionali di fronte a questo Governo pone fine a quel sistema di alleanze politiche del quale la Democrazia Cristiana è stata arbitra per tre decenni. noi — lo ripeto ancora — consideriamo positivo che non sia riuscito il tentativo di ricostituire una maggioranza di vecchio tipo, quale la Democrazia Cristiana aveva auspicato anche dopo il 20 giugno, perché questo fatto, che ad alcuni può apparire, forse, quasi come una disgrazia, può dare invece un respiro più ampio a tutta la vita politica italiana e contribuire ad imprimere ad essa una dinamica che vada veramente verso il nuovo. ma non è vero che non sia stato, che non sia possibile — come afferma la Democrazia Cristiana — precostituire in questo Parlamento una maggioranza. questa maggioranza ci sarebbe, ma solo alla condizione, oggi, che fosse comprensiva del partito comunista . questa soluzione la Democrazia Cristiana non l' ha voluta. se quindi l' Italia ha oggi un Governo privo di maggioranza, la responsabilità non è né nostra, né dei compagni socialisti, né del partito socialdemocratico , né di quello repubblicano, ma della Democrazia Cristiana , che o non se l' è sentita, o non ha voluto, o non è stata in grado (si dica come vuole) di sperimentare questa che per noi resta la via maestra per risolvere la crisi italiana e per dare finalmente al paese un Governo dotato della necessaria autorità politica e morale, perché forte del consenso e della fiducia della grande maggioranza dei cittadini. dunque, la crisi politica del paese è ancora fondamentalmente legata alla Democrazia Cristiana , alle sue contraddizioni, alla sua mancanza di coraggio, alle sue insufficienze. il Governo che ci è di fronte, onorevoli colleghi , è in sostanza lo specchio di questo quadro politico in cui vecchio e nuovo si intrecciano, ed in modo veramente complicato. non siamo certo ad una svolta effettiva nella direzione del paese, ma siamo ad un punto che la sollecita e può farla avanzare. tutto il nostro atteggiamento è ispirato dalla consapevolezza che il paese è entrato in una delicata fase di transizione. l' avanzata verso la formazione di una nuova guida politica della nazione, lo sappiamo, non sarà né piana, né tranquilla; d' altra parte, non è neppure sicura. ma le sue possibilità sono però oggi maggiori di ieri. non mancherà di farsi sentire, fuori e dentro i partiti — e non solo in Italia — l' azione di forze protese a ridurre queste possibilità, a tentare di spegnerle. ma ci sono anche forze, oggi più vigorose ed ampie di ieri, che spingeranno perché dalla singolare soluzione politica e governativa, cui si è giunti oggi, si esca andando avanti, verso un Governo di collaborazione democratica. ciò corrisponde all' oggettivo interesse del paese: e anche questa esigenza oggettiva è una forza che conta. da tutto quanto ho detto deriva che il nostro voto di astensione non è la resa dinanzi allo stato di necessità, che imporrebbe anche a noi la scelta del minor male, del meno peggio. no: ben altra è la realtà delle cose e ben altro lo spirito con cui abbiamo preso la nostra decisione. la nostra non è una decisione rassegnata, ma un atto che consegue coerentemente da un giudizio che coglie, insieme con le contraddizioni e ai limiti, tutti gli elementi nuovi che si esprimono nell' attuale soluzione governativa; che consegue dalla volontà di mettere tali elementi in piena luce di fronte al paese, al movimento delle masse, al nostro stesso partito; dall' impegno di iniziativa, di lavoro e di lotta per consolidarli e svilupparli. questa linea comporta alcune immediate conseguenze sul nostro comportamento nei confronti del Governo sulla attività delle assemblee parlamentari e delle loro Commissioni, sull' azione nel paese. dico subito che la prospettiva per la quale noi lavoriamo ci porta ad un atteggiamento che, in linea di partenza, non ha come suo obiettivo il fallimento ma il superamento, in positivo, dell' attuale approdo politico e governativo. rileviamo, senza alcun infingimento, la complessiva limitatezza di questo approdo; siamo critici su molti aspetti delle dichiarazioni che ha fatto il presidente del Consiglio ed aggiungo anche — per essere del tutto chiaro — che siamo animati da una diffidenza che non vuole essere preconcetta, ma che ci sembra del tutto legittima, anche per determinate esperienze del passato. ma nel nostro atteggiamento c' è anche non dirò la disponibilità — che è parola che può contenere quasi un senso di passività — ma la disposizione a sviluppare un attivo, sistematico, incisivo intervento per concorrere lealmente a far sì che Governo e Parlamento facciano ciò che serve al paese. onorevoli colleghi , un aspetto non secondario della nostra critica ed insodisfazione — e non solo nostra, del resto — riguarda la struttura e la composizione di questo Governo. prendiamo atto, onorevole Andreotti, che sono state compiute significative esclusioni di alcuni « membri fissi » dei passati governi. ci ha colpito sfavorevolmente, però, il fatto che lei non abbia voluto, o forse non sia riuscito — costretto dalla vecchia prassi del dosaggio tra le correnti interne della Democrazia Cristiana a operare quello snellimento della compagine governativa che non solo era necessario ed atteso dall' opinione pubblica ma che era tanto più possibile trattandosi di un Governo formato da uomini di un solo partito. questo mancato snellimento è poi particolarmente negativo perché accompagnato dal suo silenzio (al quale solo in piccolissima parte ha rimediato nel suo discorso di replica al Senato) sugli impegni del suo Governo nel campo della moralizzazione della vita pubblica . ora, è vero che questo capitolo della moralizzazione è fatto di molti paragrafi, che non sto qui a rammentare perché sono note le nostre proposte; ma uno di questi paragrafi è quello che riguarda la necessità di porre fine a quella pletoricità dei governi che è stata di cattivo esempio per tutte le altre espressioni della vita pubblica , che costituisce uno spreco di per sé, ed è fonte, al tempo stesso , di moltiplicazione di altri sprechi e di parassitismi. il Governo non dimentichi quanto grande sia diventata la sensibilità del paese nei confronti di un tema così scottante come quello della moralità pubblica, che implica la lotta contro i privilegi sfacciati, contro i favoritismi, le clientele, i fenomeni di corruzione, di sperpero, di inefficienza nella vita dell' Esecutivo, dell' amministrazione statale, degli enti pubblici , dei partiti. e neppure dimentichi quale sterzata risanatrice sia invocata ed attesa in questi campi, non solo dai lavoratori e dai ceti più poveri della popolazione e da tutti i cittadini italiani, ma anche da larghi strati dell' opinione pubblica internazionale. non avevamo nascosto la nostra severa critica, così come non l' avevano nascosta i compagni socialisti, per l' assenza nell' esposizione programmatica del presidente del Consiglio di un preciso riferimento alla volontà del Governo di richiamarsi e tener fede, con dichiarato impegno e con atti coerenti, all' ispirazione antifascista, che è la sostanza stessa, la radice del nostro regime democratico, nonché una delle ragioni di convergenza fra i partiti democratici e costituzionali. abbiamo preso atto che nella sua replica al Senato, l' onorevole Andreotti è stato chiaro, ha colmato questa lacuna. lo stesso giorno, l' organo della Democrazia Cristiana ha scritto opportunamente che « il riferimento preciso di Andreotti allo spirito che ha animato l' iniziativa e l' azione della fase costituente, esclude rigorosamente il MSI-Destra Nazionale dal discorso relativo a questo e, diciamo, a qualsivoglia altro governo democratico, e conferma l' incompatibilità del fascismo, sotto qualsiasi forma, con il processo di evoluzione del paese. al quale invece è necessario il costruttivo apporto delle forze che alla Costituzione appunto si richiamano, pur nella diversità degli orientamenti e delle motivazioni ideologiche » . sempre nella sua replica al Senato, l' onorevole presidente del Consiglio ha colmato un' altra lacuna, accennando — forse, però, troppo fugacemente — a quel serio problema costituito dall' esigenza di una nuova regolamentazione dei rapporti fra la Repubblica italiana e la Chiesa cattolica . il suo stesso richiamo alle mozioni parlamentari del 1967 e del 1971, sottolinea da quanti anni i governi a direzione democratico cristiana sono rimasti inerti nella pratica risoluzione di questo problema; speriamo che al più presto vengano spiegate le cause e le responsabilità di tanto ritardo. comunque, quel che conta oggi è che il Governo si decida finalmente ad agire, perché la questione è ormai divenuta fra le più urgenti. mi si lasci dire che anche altri grandi temi della vita nazionale ci aspettavamo fossero tenuti presenti nelle dichiarazioni del Governo , a significare l' attenzione di esso verso quelle energie della nostra società, che sono divenute portatrici di una volontà di cambiamento e di progresso, costituite oggi dalle grandi masse femminili, le quali non possono certo ritenersi appagate dal solo fatto che figuri una donna tra i ministri di questo Governo. il programma del Governo è stato elaborato con un metodo che a noi è sembrato positivo ed anche nuovo: la consultazione su di esso non solo ha visto la partecipazione di tutti i partiti democratici, ma ha consentito al presidente designato di ascoltare le richieste e le proposte delle organizzazioni sindacali , delle regioni, dei comuni e degli altri enti locali . il valore di questo fatto sta nell' affermazione di un metodo che ci auguriamo sia continuato e divenga stabile nella normale attività del Governo, sia per l' attuazione del programma stesso, sia in presenza di eventi importanti nella vita del paese. tale metodo di ampia consultazione ha avuto qualche riflesso anche nel contenuto di una serie di proposte e di impegni da lei enunciati, onorevole presidente del Consiglio . per diversi provvedimenti sono state fissate date di scadenza abbastanza precise, e anche questo è un fatto positivo, non tanto perché accoglie richieste nostre, dei socialisti e di altre forze, nonché delle grandi organizzazioni sindacali dei lavoratori, quanto perché offre al Parlamento la possibilità di un controllo più serrato ed efficace anche sui tempi dell' azione del governo . possiamo assicurare che il nostro gruppo — e credo anche gli altri gruppi che insieme con noi si astengono — avrà l' occhio attento al calendario degli impegni assunti dal Governo. non voglio ora entrare nel merito delle indicazioni fornite nella esposizione del presidente del Consiglio sui disegni di legge e sugli altri provvedimenti che il Governo si è impegnato a preparare. si può riconoscere, in generale, che le questioni poste sono quelle di cui il paese esige un pronto avvio a soluzione; ma, circa le soluzioni, mentre su alcuni punti l' esposizione del presidente del Consiglio ha consentito di intravvedere qualche linea delle proposte che il Governo avanzerà, su altri punti vi sono state una maggiore vaghezza e anche alcune contraddizioni: ne ha rilevate alcune, ieri, l' onorevole Napoleoni. ancora vaghi, ad esempio, risultano i criteri a cui si ispirerà la condotta concreta del Governo nel settore finanziario e nella politica del Tesoro; incerte e per certi aspetti contraddittorie ci sono apparse le parti del programma relative alla scuola ed all' università. forse il presidente del Consiglio potrà essere più preciso e concreto già nella sua replica per quanto riguarda gli orientamenti del Governo su questi argomenti e su altri, non meno importanti, quali il piano per l' occupazione giovanile, i provvedimenti nel settore della stampa e dell' informazione, la riforma del Sid, tema riproposto acutamente proprio nei giorni scorsi dalla sentenza del giudice Migliaccio, nella quale è confermata ormai a tutte lettere la complicità diretta di settori e di esponenti di questo servizio nella strage di piazza Fontana , e non solo nella copertura dei suoi responsabili. non continuerò in questi rilievi anche perché posso richiamarmi alle osservazioni critiche ed ai suggerimenti che ha già fatto su questi punti il presidente del nostro gruppo al Senato, compagno Perna, e perché avremo tutte le possibilità di precisare le nostre posizioni sui singoli problemi nelle discussioni sui disegni di legge che verranno proposti, sugli atti di Governo che verranno compiuti, e, naturalmente, attraverso la nostra iniziativa anche sul piano legislativo. vorrei accennare, invece, ad alcuni atti di Governo che non possono attendere la ripresa dei lavori parlamentari, perché si tratta di affrontare questioni di bruciante attualità, che sono in questi giorni di fronte alla coscienza allarmata nostra e di milioni di italiani. alludo a questioni come quella della tragedia delle popolazioni dei territori attorno a Seveso, Meda e Cesano Maderno , colpiti dalla nube tossica . attendiamo che il Governo dica subito come sta procedendo la bonifica igienico-sanitaria della zona ed entro quanto tempo è prevedibile che essa sarà compiuta. e dica anche il Governo quali garanzie di occupazione vengono assicurate non solo ai lavoratori dell' ICMESA, ma anche a quelli delle vicine aziende artigianali e industriali, che sono state sgombrate e chiuse; ed infine ci dica come e quando verranno risarciti i danni enormi di cui sono rimaste vittime le famiglie colpite. ma, mentre l' opinione pubblica è sempre più profondamente turbata dalla tragedia di Seveso, già scoppia un dramma analogo, quello della frazione siracusana di Priolo. è una nuova testimonianza delle conseguenze di una politica di insediamenti industriali condotta in modo irresponsabile, incontrollato, caotico e senza che siano state previste e adottate per tempo le necessarie misure di controllo, di disinquinamento, di protezione della salute dei lavoratori e dei cittadini. anche a proposito del caso di Priolo, vorremmo conoscere quali sono le intenzioni del Governo. tra le questioni di più bruciante attualità che poniamo in primo piano , vi è quella delle popolazioni friulane colpite dal terremoto. la stagione fredda è ormai vicina, e vi sono gravi ritardi, colpevoli ritardi, nell' opera di ricostruzione che bisogna invece assolutamente accelerare attraverso l' approvazione di un piano organico, di sviluppo che sia fondato sulla collaborazione dei poteri centrali e di quelli locali, e anche dei partiti, dei sindacati e delle organizzazioni di altre forze produttive. senza entrare ora — ci saranno, spero presto, altre occasioni — sui problemi della politica estera , vorrei richiamare il Governo alla necessità di una iniziativa immediata ed efficace, che potrebbe avvalersi anche dell' opera dei partiti, per contribuire a far cessare finalmente il massacro dei palestinesi e il bagno di sangue che provoca ogni giorno centinaia di morti e di feriti fra le popolazioni del Libano. la sola soluzione possibile di questo conflitto è quella di favorire un dialogo fra tutte le forze libanesi e con la piena partecipazione dei rappresentanti del popolo palestinese. il principale ostacolo immediato all' apertura di questo dialogo e al raggiungimento di una tregua è oggi costituito dalla presenza e dall' intervento dell' esercito siriano, che si è fatto strumento, però, degli interessi di quelle forze dell' imperialismo internazionale e di quelle forze più reazionarie sia dello Stato di Israele sia dei paesi arabi, che danno ormai sempre più chiaramente l' impressione di agire per giungere a una sorta di « soluzione finale » del problema palestinese: una soluzione, cioè, che punta sullo sterminio di questo popolo. non si può assistere passivamente all' esecuzione fredda e spietata di questa infamia. né ci si può limitare ad auspici, appelli, invocazioni. noi chiamiamo le masse popolari italiane a levare alta la loro voce, ma chiediamo anche che il Governo assuma una chiara posizione e prenda una sua iniziativa. oltre a ciò — e ne ho avuto conferma dalle cose che mi ha detto proprio ieri il segretario del partito comunista libanese — c' è anche grave e pressante la necessità di una solidarietà materiale per lenire le sofferenze di tanti uomini, donne e bambini feriti, mutilati e affamati. chiediamo al Governo di trovare le possibilità di inviare dei medicinali, generi alimentari e ogni altra cosa che possa aiutare in questo momento la popolazione libanese e i palestinesi. onorevole presidente del Consiglio , la sua esperienza politica, la sua perspicacia l' hanno portata certamente ad intendere bene il significato della nostra astensione. il nostro voto non sarà una manifestazione di fiducia nel suo Governo, e soprattutto non si tradurrà in una attesa passiva, in un benevolo confidare nell' opera sua e dei suoi ministri. la nostra astensione vuol dire che riteniamo di potervi mettere alla prova. la prova ovviamente non riguarderà solo il Governo, ma tutti i partiti, compreso il nostro, giacché anche noi, con la nostra scelta, affrontiamo una esperienza senza precedenti nella storia del Parlamento, dei governi della Repubblica e nella nostra stessa storia di partito. siamo del tutto consapevoli, perciò, che la prova non sarà facile neppure per noi, come non lo sarà per la Democrazia Cristiana , per il partito socialista , per gli altri partiti democratici. non sono d' accordo, però, con chi, guardando a questa prova a cui saranno sottoposti i partiti, riduce tutto allo scambio di un guanto di sfida . la sfida c' è, ma essa viene a tutti noi dal paese, dalle sue aspirazioni, dalla necessità di sciogliere passo passo, ma con decisione, il groviglio di problemi economici, sociali, amministrativi e morali che si sono accumulati da anni e che minacciano di soffocare la nostra Repubblica democratica. di fronte a questo groviglio di problemi ci vorrebbe — sono costretto a ripeterlo ancora una volta — un ben altro governo, un Governo che avesse dentro di sé, impegnati direttamente nell' azione quotidiana di esecuzione, tutti i partiti democratici. questo oggi non c' è, ed è evidente perciò che la responsabilità di questa quotidiana azione esecutiva ricade sulla Democrazia Cristiana e sui suoi rappresentanti nel Governo. sottolineo questo punto non solo perché sia chiaro che noi non possiamo considerarci ed essere considerati corresponsabili di un' opera di Governo della quale non siamo partecipi diretti, ma anche e soprattutto per ricordare il limite politico che in sé ha questo Governo. questo stesso limite, tuttavia, espresso quasi plasticamente dal fatto che l' attuale Governo non è una coalizione di partiti e non ha neppure una maggioranza, può essere volto in positivo, almeno per un aspetto essenziale: quello di esaltare come non mai la funzione del Parlamento e dei partiti. è già evidente, del resto, che nei rapporti tra i partiti si sono rapidamente attenuate la tensione e le esasperazioni polemiche dei mesi passati, e comincia a crearsi un clima improntato ad una maggiore apertura e costruttività, che ovviamente non offusca le differenze di linea politica. nei giorni scorsi, conversando con esponenti dei partiti democratici spagnoli, che sono convenuti a Roma per la riunione del comitato centrale del partito comunista di quel paese, ho sentito da loro un' affermazione assai significativa perché veniva da esponenti politici che conoscono l' Italia, che hanno viaggiato per l' Europa: tutti erano stati colpiti da un fatto peculiare che contraddistingue la vita politica del nostro paese, il fatto — come appunto uno di loro si è espresso — che vi sono qui, tra i partiti democratici, dei rapporti « civili » . bene prezioso, questo, momento di superiorità — io ritengo — della vita politica italiana rispetto alla vita politica di molti altri paesi europei . se durante gli ultimi anni il paese ha tenuto, se la democrazia italiana ha superato prove difficilissime (la strategia della tensione , una grave e prolungata crisi economica ), ciò si deve anche al sfatto che i momenti di scontro, di polemica anche aspra tra i partiti, che pure ci sono stati in questo periodo, non hanno impedito che si mantenesse, ora tenue, ora più robusto, ma mai spezzato, il filo di un rapporto unitario, di una comune convergenza nella difesa dei fondamenti della democrazia italiana tra tutte le forze più responsabili della nostra vita politica. quella dialettica del tutto libera nelle assemblee parlamentari, che noi da anni rivendichiamo, quel confronto aperto e costruttivo tra forze politiche diverse, di cui hanno cominciato a parlare anche alcuni dirigenti democristiani ad un certo tempo, divengono oggi il metodo indispensabile e obbligato per potere elaborare ed approvare le leggi e per potere effettuare un controllo puntuale sulle attività del Governo, dell' amministrazione, degli enti pubblici , delle aziende a partecipazione statale . finalmente, le varie questioni di legislazione e di controllo potranno essere affrontate e risolte attraverso la formazione di maggioranze e minoranze non più coartate e distorte da discriminazioni preconcette. caduta la pregiudiziale anticomunista, il Parlamento riassume nella sua pienezza la funzione che gli assegna la Costituzione repubblicana. non sono d' accordo con l' onorevole Zanone, il quale sembra ritenere che questa situazione rappresenti un colpo al pluralismo politico. io penso il contrario; penso che oggi il confronto di idee, di proposte e prospettive diverse può divenire più aperto proprio perché cadono le preclusioni preconcette. ogni, partito, più liberamente, può esprimere gli orientamenti, le vocazioni che gli sono proprie, gli interessi che difende. è vero, invece, che l' attuale situazione, che per altro tutti consideriamo di passaggio, accresce le responsabilità dei partiti e dei loro gruppi parlamentari , perché spinge tutti a, fare ogni sforzo possibile per ricercare le intese necessarie a decidere le questioni che verranno sul tappeto. i nostri gruppi, ognuno dei nostri parlamentari, daranno tutto il loro apporto affinché il Parlamento assolva fino in fondo i compiti sempre più importanti che gli derivano da questo suo accresciuto ruolo, consapevoli come siamo che questo richiederà superamento di certi difetti, affinamento della preparazione, della conoscenza, dello studio in tutte le materie; ma soprattutto richiederà un collegamento più continuo ed assiduo con la società, con le masse popolari . il nostro non è, infatti, un partito soltanto parlamentare: è un partito di lotta e di massa, che ha legami propri e diretti con i lavoratori e con tutti gli strati del popolo, che ha uno dei suoi caratteristici modi di essere e di operare nello sforzo di mobilitazione e di organizzazione delle masse. questo nostro modo di essere , questo metodo che si sforza di combinare e di rendere complementari l' iniziativa politica con il movimento di massa e con l' azione nel Parlamento e nelle altre assemblee elettive, non lo abbandoneremo certo nel momento in cui, dando un voto di astensione, non ci collochiamo formalmente all' opposizione, ma nemmeno, formalmente, nella maggioranza; siamo infatti coscienti che è possibile che decidiamo domani di tornare ad essere l' opposizione così come è possibile che diveniamo parte della maggioranza e del Governo. singolare è, dunque, la nostra odierna posizione, così come è singolare l' a posizione del Governo rispetto al nostro partito. è evidente che, come è sincera la nostra volontà di concorrere allo svolgimento positivo dell' azione di governo , così è evidente che potrà variare il nostro voto sulle singole leggi e provvedimenti; ed è altresì evidente che nel nostro comportamento, nel Parlamento e nel paese, resterà anche quello che chiamerei l' « artiglio dell' opposizione » , nel senso che tutte le volte che lo riterremo necessario, si sentirà il vigore della critica, della denuncia oltre che della proposta sostitutiva. da questa tribuna vogliamo richiamare i lavoratori, i cittadini, i nostri compagni alla necessità di evitare ogni attendismo. ci sembra senza effettivo costrutto la disputa per stabilire se, quali e quante garanzie vi siano oggi che questo Governo possa e voglia affrontare meglio dei precedenti i gravi problemi del paese, a cominciare da quelli che più assillano la vita e il lavoro degli operai, dei contadini, della parte più povera della nostra società, delle donne, dei giovani dei ceti medi . a questo interrogativo noi rispondiamo che se vi è oggi una situazione politica e parlamentare che può aprire l' animo a sperare in qualche cosa di nuovo, che questo nuovo effettivamente vi sia, che i problemi siano risolti, che l' Italia esca, dalla crisi e progredisca dipende dalle lotte, dall' intervento, dalla pressione democratica, dalla partecipazione attiva e consapevole dei lavoratori, delle masse popolari e delle loro organizzazioni, dai passi in avanti che compirà la loro unità. spetterà a noi: alle altre forze popolari e alle grandi organizzazioni dei lavoratori operare affinché le lotte abbiano obiettivi coerenti con un piano organico di difesa degli interessi delle masse popolari , di risollevamento dell' economia, di risanamento e di democratizzazione dello Stato, di rinnovamento della società. ecco dunque, dove deve essere individuata la garanzia fondamentale, affinché siano evitati errori ed illusioni, ma anche perché non ci lasciamo dominare e paralizzare, dalla paura di cimentarsi in prove e problemi diversi dal passato. una forza quale noi siamo oggi non può avere timori di tal genere, e tanto meno può averli in presenza di una situazione politica e parlamentare che in larga misura è frutto della nostra lotta politica e dei nostri successi. lasciamo ai consequentiarii il pedante rilievo che questo Governo, non essendo esattamente quello per cui ci siamo battuti e continueremo a batterci, non avrebbe dovuto ricevere il nostro voto di astensione. noi non, siamo dei pedanti, dei « logici » , e sappiamo, in base ai nostri principi e all' esperienza delle lotte del proletariato e delle classi lavoratrici in Italia e in altri paesi, che i cambiamenti nella vita della società e nella vita politica non avvengono mai nei modi e secondo i tempi che vengono proposti e per i quali si lotta. guai se il movimento operaio , i suoi partiti, non avessero una chiara strategia, non si fissassero degli obiettivi chiari e precisi, non indicassero alle masse e al paese una prospettiva politica, oltre che un progetto di società nuova che, per noi, la società socialista così come l' abbiamo delineata in tutta la nostra elaborazione! ma guai anche se il movimento operaio e i suoi partiti non comprendessero che il processo storico reale va avanti lungo vie che non sono mai esattamente quelle che vengono immaginate e progettate prima. il problema vero è dunque di stabilire in quale direzione, se di progresso o di regresso, vanno gli eventi che si determinano, le situazioni che si creano. tale è anche il quesito che ci siamo posti di fronte alla situazione così singolare che si è prodotta ora. la nostra risposta precisa è che questa situazione apre maggiori possibilità per affrontare, attraverso una collaborazione di forze democratiche e un rapporto più fecondo fra Governo, Parlamento, partiti e paese, alcuni dei problemi più urgenti. in questa situazione, inoltre, possono prendere nuovo slancio e ampiezza, in tutta la superficie del paese, i processi di avvicinamento, di comprensione, di intesa fra i partiti democratici e antifascisti, fra tutte le forze popolari. e quali sono stati e sono, se non questi, gli obiettivi della nostra iniziativa, della nostra lotta unitaria, da anni ed anni? ecco perché noi consideriamo che la situazione attuale offra un terreno di lotta più avanzata e più favorevole per il movimento operaio ; perché esso, nel suo insieme, vede accresciuto il proprio peso e le proprie possibilità di influenzare il corso delle cose, gli sviluppi politici e, sia pure non direttamente, la stessa azione del governo . il voto di astensione del partito comunista italiano non è dunque solo una prova di responsabilità nazionale; non è solo un atto che aderisce all' attuale contingenza politica, ma si colloca come un passo coerente che sta dentro quella strategia unitaria e rinnovatrice che negli ultimi anni ha preso il nome di « compromesso storico » e che, nel corso della campagna elettorale , si è espressa nella proposta di un Governo, di solidarietà e unità democratica; proposta che corrispondeva e corrisponde all' esigenza di far fronte alla crisi del paese. siamo convinti che le novità della situazione richiedono a noi un sempre più alto senso delle nostre responsabilità nazionali e dei nostri compiti peculiari verso la classe operaia , le masse lavoratrici , il popolo tutto. richiedono la capacità di affrontare problemi e di superare difficoltà che sono in gran parte di tipo nuovo. ci richiedono quindi un forte sviluppo della nostra iniziativa politica, parlamentare e di massa, in tutti i campi: una iniziativa che dovrà assumere anch' essa certe caratteristiche nuove. è per ciò che, concludendo, rivolgiamo, da queste tribune ai nostri compagni, al nostro elettorato, ai lavoratori tutti, ai cittadini di sentimenti democratici l' invito ad esercitare, sì, un vigile controllo, un' attenta e indispensabile critica sull' operato del Governo, dei partiti, del Parlamento, ma soprattutto a partecipare sempre più attivamente alla vita politica, facendolo nella maniera più efficace e cioè raccogliendosi insieme, discutendo, organizzandosi, agendo, lottando, con l' obiettivo di dare soluzioni positive ai problemi del paese. nostro compito, nostro dovere, nostro impegno, è quello di lavorare, possibilmente insieme con gli altri partiti democratici, perché oggi più di ieri il popolo italiano sia desto, vivo e, soprattutto, attivo, perché in ciò sta la condizione prima della salvezza, della rinascita, del rinnovamento del nostro paese.