Luigi BERLINGUER - Deputato Opposizione
VI Legislatura - Assemblea n. 446 - seduta del 20-02-1976
1976 - Governo V Moro - Legislatura n. 6 - Seduta n. 446
  • Comunicazioni del governo

signor presidente , onorevoli colleghi , onorevole presidente del Consiglio , il Parlamento è chiamato ad esprimere il proprio giudizio su una soluzione data ad una crisi governativa che, dallo stesso presidente del Consiglio definita tra le più difficili nella vita della nostra Repubblica, è stata anche — aggiungerei io una delle più incomprensibili ed assurde. non è mia intenzione insistere qui sul dissenso che abbiamo espresso fin dall' inizio nei confronti della decisione del partito socialista di aprire questa crisi. quel che ci è parso doveroso dire lo abbiamo detto ed oggi non vediamo a che cosa servirebbe rinfocolare la polemica. desideriamo invece ribadire una considerazione critica che si riferisce a tutta la vicenda della crisi. essa in tutto il suo corso è stata mantenuta fuori della sede parlamentare. si dirà che non è la prima volta che noi od altri lo denunciamo. ma il nostro rilievo di oggi non vuole essere una lamentela rituale né una semplice critica ad una sconvenienza formale verso quello che dovrebbe essere il corretto funzionamento di un regime parlamentare quale il nostro. noi non contestiamo, del resto, la piena libertà di un partito della maggioranza di dissociarsene e di determinare così una crisi di Governo , se e in quanto a questo venisse a mancare la base parlamentare politica su cui era sorto e si reggeva; né vogliamo criticare la prassi cui di consueto si addiviene nelle crisi di Governo e che comprende anche consultazioni e trattative tra i diversi partiti. il problema che solleviamo è un altro e riguarda sia l' apertura della crisi sia il suo svolgimento. quando il partito socialista ha deciso di aprire la crisi era ormai fissata e imminente la discussione in Parlamento sulla politica economica del Governo, che è stato proprio l' argomento principale con cui i socialisti hanno dato origine alla crisi. ebbene, noi ci domandiamo ancora in che cosa avrebbe nuociuto agli stessi compagni socialisti compiere una verifica in Parlamento della compatibilità tra le loro proposte e la linea degli altri partiti della maggioranza. niente avrebbe impedito al partito socialista di giungere alla medesima conclusione (di aprire la crisi, cioè) qualora ciò fosse stato ritenuto inevitabile; ma in ogni caso si sarebbe avuto il vantaggio di porre e far comprendere meglio ai cittadini i termini reali della vertenza: un vantaggio tutt' altro che trascurabile in una situazione in cui sono già così grandi gli elementi di confusione e di incertezza. per parte nostra, vorrei ricordare che il gennaio, cioè prima che la crisi precipitasse irreparabilmente, avevamo dichiarato. attraverso una intervista dell' onorevole Napolitano, che avremmo compiuto ogni sforzo per trovare tutti i possibili punti di accordo tra noi e i compagni socialisti sul merito delle misure economiche ed anche nei voti. ma perché — ecco un secondo quesito dopo che la crisi si era aperta, anche gli altri partiti più direttamente interessati a risolverla non sono venuti qui davanti alle Camere, e quindi davanti al paese, ad esporre apertamente le loro proposte? non è affatto detto, onorevoli colleghi , che un dibattito parlamentare avrebbe reso più complessa e più lunga la crisi e avrebbe inasprito i contrasti tra i partiti più di quanto essi non siano rivelati dalla dissociazione di cui ha parlato l' onorevole Moro. né si può dire che la soluzione che ne sarebbe scaturita sarebbe stata ancora più deludente e fragile di quella a cui si è poi giunti. è innegabile, comunque, che è stato un grave errore, la cui responsabilità principale ricade sul partito democristiano , l' avere rinchiuso tutto lo svolgimento della crisi in angusti conciliaboli di vertice, in un succedersi affannoso di incontri e di riunioni di delegazioni, di segreterie, di esperti, di correnti. quante persone in totale sono state coinvolte e informate direttamente dell' andamento delle trattative e delle estenuanti consultazioni tra questo e quello? ad essere larghi, un centinaio, forse meno che più, qualcuna delle quali, ogni tanto, si degnava di rilasciare anodine dichiarazioni che potevano essere capite spesso soltanto in quella cerchia di persone e non certo dalle grandi masse dei cittadini. non assolverebbe da questa critica il ricordare che si è sempre fatto così, perché il fatto grave è proprio quello di non voler cambiare questi metodi di fronte ad un paese che, invece, è assai cambiato, che è maturato politicamente e vuole sapere e intervenire, tanto più in un momento così acuto di una crisi generale che, con le sorti del paese, coinvolge quelle di ciascun cittadino. per settimane e settimane le trattative per il nuovo Governo sono state caratterizzate dal succedersi, a volte frenetico, di proposte di pure combinazioni di partiti, senza alcun riferimento ai contenuti e dando l' impressione di considerare come uguali e intercambiabili tutte le formule, comprese quelle che avrebbero potuto segnare comunque una propensione verso il nuovo. la discussione sulle cose, sui programmi, è venuta solo negli ultimi giorni, anche perché ci si è resi finalmente conto che proprio questo chiedevano i cittadini, i lavoratori, le loro organizzazioni sindacali , e chiedevamo noi comunisti. tirando le somme di questa crisi, ci sembra che il bilancio sia tutt' altro che positivo: ne hanno ricevuto un danno l' economia e il prestigio delle istituzioni. la soluzione cui si è giunti è, per riconoscimento generale e per ammissione dello stesso presidente del Consiglio , una soluzione di ripiego. il solo aspetto positivo resta quello di aver evitato lo scioglimento anticipato delle Camere: un risultato importante dovuto anche — crediamo — alla nostra ferma posizione (pur se non solo ad essa), ma che non è possibile considerare sicuramente acquisito. ci si consenta di aggiungere, considerando anche questo un dato positivo per il paese, che sono rimaste deluse le speranze di coloro che pensavano di trovarsi di fronte, a conclusione della crisi, un partito comunista che contasse meno di prima. non insisto su questo perché credo che tutti siano consapevoli che la nostra funzione non è certo destinata a scemare, né nella vita del paese, né nella nostra attività parlamentare. ex malo bonum : ed il bene non sta solo nelle intatte capacità di lotta e di iniziativa del nostro partito; un bene non meno grande si avrà se tutti, in quanto cittadini, partiti, istituzioni democratiche, sapremo trarre le lezioni che vengono da una crisi di Governo assai negativa ma — a me sembra — anche molto istruttiva. riflettiamo per un momento ad alcuni eventi nel corso di questa crisi che hanno suscitato nuovi motivi di preoccupazione, posto nuovi gravi interrogativi e, per taluni aspetti, mosso a vero e proprio sdegno grandi masse popolari , l' opinione pubblica democratica, tutti i cittadini che vivono onestamente del proprio lavoro: deprezzamento della lira, rivelazione di clamorosi e ripetuti interventi di organismi stranieri, quali la Cia, e di inaudite pratiche corruttrici da parte di gruppi monopolistici multinazionali. a quali riflessioni inducono questi allarmanti episodi venuti in luce proprio nel corso della crisi? inducono tutti i cittadini a toccare con mano almeno tre dati di fondo della nostra realtà nazionale. anzi tutto, fanno constatare l' estrema fragilità dell' intera struttura economica italiana, che un' annosa direzione politica inadeguata ha reso esposta quant' altre mai ad ogni soffio di vento. in secondo luogo, tutti hanno ormai la prova che il nostro paese non è stato e non è indipendente, in modo pieno, nella determinazione della sua politica interna . abbiamo letto, a proposito delle rivelazioni venute fuori da Commissioni parlamentari americane, che alcuni uomini politici protestano irati contro l' incompiutezza delle rivelazioni. anche noi chiediamo tutta la verità. ma il vero scandalo, quello più grande, sta nel fatto che le interferenze politiche ci sono state, pesanti e per lungo tempo, e che né il Governo in quanto tale, né i partiti e gruppi politici chiamati in causa hanno levato o levano la loro protesta e la loro denuncia. non lo ha fatto ieri, neanche il presidente del Consiglio . in terzo luogo, l' opinione pubblica sa ormai, senza possibilità di dubbio, che una parte del personale politico, delle alte sfere burocratiche, dei massimi dirigenti economici si lasciano corrompere. ora, noi non siamo tra coloro che spiano ogni occasione per gettare fango su tutti e su tutto; e noi siamo convinti, anzi, che non si tratta di un fenomeno generalizzato. ma proprio per questo esigiamo e sollecitiamo che si accerti rapidamente la verità, affinché chi è colpevole venga colpito, sia esso il corrotto o il corruttore, e invece chi è accusato ingiustamente venga liberato da ogni sospetto. ma il fatto politicamente più rimarchevole, onorevoli colleghi , che emerge dalla conclusione della crisi, è che per la prima volta, se non ricordo male, nella vita della Repubblica, l' Italia ha oggi un Governo che non può contare per la fiducia sul voto favorevole di una maggioranza già costituita. lo ha dovuto ricordare ieri anche l' onorevole Moro. il passaggio alle Camere di questo Governo è affidato, in modo determinante, alle astensioni di due gruppi parlamentari , il socialista ed il repubblicano; astensioni che per di più vengono date con motivazioni divergenti. ma c' è da chiedersi anche dopo il voto espresso ieri nella seduta comune della Camera e del Senato quanto compatti saranno i gruppi parlamentari della Democrazia Cristiana nel sostenere questo Governo di soli democristiani. l' esplorazione stessa, nel corso della crisi, di tutte le combinazioni possibili nell' ambito delle vecchie formule ha contribuito a dare coscienza al paese che in quell' ambito chiuso maggioranze non se ne formano più. da soli, senza la partecipazione del partito comunista , i partiti che hanno finora governato non sono più in grado di costituire una maggioranza. è finita, è crollata definitivamente l' autosufficienza di coalizioni fondate sulla cosiddetta area democratica, della quale ci si è riempiti la bocca per anni, sino alla versione ultima di essa, quella del centrosinistra. aritmeticamente sì, vi è tuttora la possibilità di rabberciare una maggioranza senza il partito comunista ; ma politicamente no. si può, dunque, dire davvero che cori questa crisi e con questo Governo si chiude un' epoca politica, un' epoca durata quasi trent' anni , che ha conosciuto due fasi prima quella del centrismo e poi quella del centrosinistra — tra loro certo diverse (non approfondisco ora questo tema) ma entrambe caratterizzate dalla preclusione verso il partito comunista . sono venute meno le condizioni oggettive, economiche, internazionali e sociali che hanno consentito, pur con danni e ritardi per il paese (dei quali oggi si misurano tutte le gravi conseguenze), l' esistenza di governi in vario modo fondati sulla pregiudiziale anticomunista. sono mutati, a svantaggio della discriminazione verso il nostro partito, i rapporti di forza sociali e politici e gli stessi orientamenti dell' opinione pubblica ; e sono cambiate anche le posizioni dei partiti che finora, in un modo o nell' altro, avevano proclamato o condiviso o subìto la pregiudiziale verso il partito comunista come condizione necessaria per formare le maggioranze ed i governi. l' abbandono di questa pregiudiziale è ormai apertamente richiesto dal partito socialista ; e questa è una posizione di cui noi cogliamo tutto il significato politico positivo. il partito repubblicano , dal canto suo, dichiara esplicitamente che il problema principale per la formazione di governi seri ed efficienti non sta nella loro formula, ma nei contenuti dei loro programmi; ed esso, in precedenti occasioni, ha espresso apprezzamenti positivi su posizioni ed atteggiamenti del partito comunista . persino alcuni esponenti socialdemocratici sono giunti a considerare non più proponibili atteggiamenti di chiusura irrazionale verso di noi. quanto alla Democrazia Cristiana , ha pure un significato il fatto che proprio questo partito, che è quello che più a lungo e più testardamente ha fatto leva sulla pregiudiziale anticomunista e più se ne è valso per edificare e mantenere il proprio sistema di potere, sia oggi la formazione politica più travagliata e scossa dalla crisi. molti, anche tra i democristiani, la chiamano una crisi di identità; a me sembra più corretto definirla una crisi di prospettiva, nel senso che non si vede quale prospettiva la Democrazia Cristiana assegni a se stessa in quanto partito e quale prospettiva proponga agli altri partiti e al paese (né lo abbiamo udito ieri nel discorso del presidente del Consiglio ). quel che si vede, invece, è un andare e tornare di tendenze velleitarie a riesumare esperienze passate e sconfitte, e un manifestarsi di tensioni e ricerche animate dalla consapevolezza di dover muovere verso soluzioni nuove che restano, però, inafferrabili o mal definite. in conclusione, ritengo che il punto a cui si è giunti sia questo: da una parte cresce nel paese, e anche nei partiti, la coscienza che non si può eludere la questione comunista, che l' Italia di oggi non si governa senza il partito comunista ; ma dall' altra parte si esita, o si è incapaci di trarre da questa constatazione tutte le conseguenze necessarie in ogni campo. del permanere di questa contraddizione, di questo problema che è maturo, ma che si lascia irrisolto, sta soffrendo sempre più acutamente la nostra società. chi ne sopporta più pesantemente le conseguenze sono i lavoratori, che sentono e sanno che anche questo Governo che si costituisce in un momento così duro, soprattutto per essi, non è né sarà un Governo di cui possono fidarsi. ma dell' incertezza politica di cui questo monocolore democristiano è conseguenza e simbolo soffrono anche le altre forze politiche , soffre l' intera vita economica nazionale e il prestigio dell' Italia sul piano internazionale purtroppo continua a diminuire. e quali impulsi di novità e di efficienza, onorevole presidente del Consiglio , si può pensare di introdurre nelle strutture amministrative dello Stato finché non si giungerà a dare al paese una direzione politica solida e autorevole? il paese intero vede così consumarsi via via le sue possibilità di ripresa e rischia di affondare, perché ci si accanisce nel rifiuto di innestare nella sua direzione politica l' elemento rigeneratore costituito dal partito comunista . non si riduca questa affermazione ad un vanto, ad una esaltazione delle doti del nostro partito. siano i primi ad avere coscienza che nessun partito ha virtù taumaturgiche. vogliamo dire un' altra cosa ben più concreta e con un preciso significato politico e di classe. l' ingresso del partito comunista nei vertici della direzione dello Stato realizzerebbe un mutamento di sostanza nella natura di classe e politica del potere. infatti, onorevoli colleghi , negli ultimi trent' anni vi sono stati vari mutamenti politici negli indirizzi e nelle coalizioni di Governo e vi sono stati anche momenti di sviluppo e di progresso della società italiana . ma non è ma i mutata la natura delle forze dominanti. l' insieme del potere operaio, delle espressioni politiche in cui esso si è storicamente affermato e si manifesta nel nostro paese non è ancora salito, dopo gli anni 1944-47, alle responsabilità supreme del potere per le quali esso è ormai maturo e pronto. ma proprio questa è oggi la prima ed indifferibile esigenza nazionale. la ricerca di soluzioni al di fuori di questa è vana fatica, è ronzio di un' ape dentro un bugno vuoto. l' esigenza di un cambiamento di sostanza nelle basi politiche e sociali del potere, nel senso di una partecipazione al Governo dell' intero movimento dei lavoratori, può essere sodisfatta in Italia in un solo modo, che non è quello del dominio esclusivo di una sola classe o di un solo partito, ma è quello di una direzione democratica della società e dello Stato da parte di una alleanza, di una coalizione unitaria. ecco in che cosa consiste la questione del partito comunista , in che modo la si può e la si deve risolvere. a quali obiezioni si può ricorrere ancora per sottrarsi a questa conclusione? si dice per esempio che si vuole evitare un nuovo accordo di spartizione del potere. ma questo argomento può venire solo da superficiali, se non da sciocchi, oppure da chi ha compreso bene, invece, che la partecipazione dei comunisti alla direzione del paese significherebbe esattamente l' opposto: e cioè mutare qualitativamente le radici e gli orientamenti del potere e i metodi del suo esercizio. altra obiezione è costituita dall' affermazione della necessità che continuino ad esistere una maggioranza ed una opposizione, i cui ruoli siano ben distinti. abbiamo già risposto che, di fronte all' opera rinnovatrice di una coalizione di Governo che comprendesse anche i comunisti, l' opposizione non mancherebbe davvero e che, proprio per fronteggiarla vittoriosamente nell' ambito della legalità democratica, sarebbe indispensabile che il Governo e la maggioranza avessero le basi più solide ed ampie nel Parlamento e nel paese. noi sappiamo che in molti ambienti, anche democristiani, la preoccupazione del pericolo di una estesa spinta reazionaria è sincera e addirittura assillante. ma ci si rende conto che questa spinta può trovare un fertile terreno, oggi e nell' immediato futuro, proprio nel deterioramento che inevitabilmente consegue ad una situazione nella quale non esistono più governi autorevoli, capaci di dare e ricevere fiducia? ed allora, perché aspettare il momento in cui si imporrebbe a tutti la necessità della formazione di governi unitari di salute pubblica per difendersi dal pericolo estremo, invece di realizzare tempestivamente un' alleanza che prevenga il pericolo reazionario e ad esso via via tolga le basi risolvendo i problemi del popolo e del paese? ma la cosa più singolare è che si possa continuare a discettare sulla necessità della distinzione dei ruoli tra maggioranza e opposizione, ignorando del tutto ciò che dice l' esperienza degli ultimi anni, ed in modo particolare di questa ultima crisi. va bene la distinzione; ma stiamo attenti a non finire nelle nuvole, onorevoli colleghi . volete che ci sia una opposizione distinta dalla maggioranza? ebbene, una opposizione esiste, opera, svolge il suo ruolo democratico: è l' opposizione di questa parte politica , è l' opposizione comunista. ma una maggioranza c' è? oggi essa non c' è più, neppure nella sua materiale consistenza parlamentare, per non dire che da tempo non vi è più una maggioranza che abbia il minimo indispensabile di omogeneità politica, che sappia governare il paese; e le cose sono giunte al punto che la stessa opposizione, cioè la nostra parte politica , in quanto costituita da uomini non irresponsabili, è da tempo costretta — ed in quale misura, onorevoli colleghi — a tenere conto del fatto che non esiste una maggioranza. il vero problema che sussiste oggi in Italia è proprio quello di creare una maggioranza che governi. non dimentichiamo del tutto neppure altre vecchie obiezioni, che suonano però, e non solo al nostro orecchio, più come pretesti o pigre ripetizioni che come validi argomenti. parlo delle obiezioni relative a presunti nodi che ancora dovremmo sciogliere. ma che cosa si vuole? dovrebbe apparire ormai a tutti lampante il carattere irrevocabile delle scelte che abbiamo compiuto per una collocazione pienamente autonoma del nostro partito nel movimento operaio internazionale, per una trasformazione sociale che avanzi e si mantenga nella democrazia e nella libertà, per una sempre più attiva presenza e funzione del nostro paese, e del movimento operaio italiano, in un' Europa occidentale più unita e veramente democratica. tutte queste scelte stanno a provare qual è l' ispirazione costante di tutte le nostre battaglie: superare, insieme ad ogni opportunistica subordinazione alla logica del capitalismo e delle ideologie borghesi, i residui del settarismo, dell' estremismo, del dogmatismo, per conferire il carattere della massima positività, costruttività ed incisività ad ogni nostra proposta, lotta ed iniziativa politica. muove allo sdegno — oppure fa sorridere — sentire anche uno dei dirigenti della Democrazia Cristiana , l' onorevole Forlani, affermare — come ha fatto qualche giorno fa — che noi comunisti avremmo spinto in tutte le direzioni per dimostrare l' ingovernabilità del paese. questo è negare la verità conosciuta. anche da parte di ambienti e cittadini lontani da noi, infatti, non si esita a darci atto di essere una delle forze principali che hanno assicurato la tenuta democratica del paese in tutti questi anni di crisi economica e sociale acutissima e di tentativi avventuristici susseguitisi l' uno dopo l' altro. inoltre voi tutti, onorevoli colleghi , avete potuto constatare quale apporto di proposte costruttive ed anche di voli sia venuto dalla nostra parte in quasi tutte le leggi che sono state qui approvate. e infine vogliamo chiedere se è opera che punta a rendere ingovernabile il paese quella che, tra mille difficoltà, svolgono persone come Zangheri a Bologna, Gabbuggiani a Firenze, Novelli a Torino, Valenti a Napoli, e quelle migliaia di nostri amministratori di comuni, province, regioni, che si affaticano ogni giorno a risolvere i problemi più assillanti del nostro popolo. ma un' ultima cosa vorrei dire, dopo aver ascoltato l' onorevole Moro, in tema di garanzie. e se cominciaste voi, una volta tanto, a gareggiare con noi nella difesa concreta delle libertà democratiche? ma questo, invece, non lo fate. quali garanzie date voi al popolo di essere capaci di fare una politica che arresti il decadimento del nostro regime democratico e imprima un corso politico nuovo, che consenta al paese di risalire la china verso il risanamento della vita pubblica e verso un pieno e sicuro funzionamento delle istituzioni democratiche, a vantaggio della giustizia sociale e del progresso economico e civile? certo, onorevoli colleghi , andare ad una maggioranza che sappia governare l' Italia qual è oggi, e che sia quindi nuova rispetto a tutte quelle passate e ormai dissolte, sottopone tutti ad una prova quanto mai impegnativa. i partiti democratici, la società intera, in ogni sua espressione ed organizzazione, i singoli cittadini, ciascuno sarebbe chiamato a cambiare qualcosa nel suo modo di vedere le cose e nel suo modo di agire. una rigenerazione così profonda colpirebbe inevitabilmente posizioni privilegiate, interessi gretti di gruppo o di casta, abitudini inveterate. ci spieghiamo quindi le esitazioni e le resistenze. ma di contro a queste remore esiste una sollecitazione crescente che viene dal profondo della società, invocando un rinnovamento nella unità. sta qui il vero significato del 15 giugno, che ha premiato il partito che più coerentemente si è battuto per il cambiamento e per l' unità. da quel voto hanno preso nuovo slancio ed hanno trovato più ampia affermazione i rapporti, i processi unitari, le soluzioni unitarie, nelle amministrazioni locali , nelle fabbriche, nelle scuole, tra le organizzazioni sindacali , contadine, cooperative, femminili, giovanili, oltre che nelle Commissioni ed Aule parlamentari. la crisi governativa e la sua soluzione non segneranno una battuta d' arresto di questa tendenza, che cammina ormai nelle fibre della nostra società. il dilemma che sta di fronte a tutti i partiti e gruppi di orientamento democratico riguardo a questa tendenza è se favorirla, o quanto meno assecondarla, oppure contrastarla e tentare di spegnerla. contrastarla, ritardarne le implicazioni politiche generali, è certamente possibile, spegnerla, siamo persuasi di no. ma, in ogni caso, chiunque si colloca in posizione in qualsiasi modo ostile e sospettosa nei confronti di un rinnovamento da compiersi nella più ampia unità deve dire al paese quale alternativa, ugualmente raggiungibile, proponga. anche di qui deriva l' importanza che in questo momento assumono gli imminenti congressi del partito socialista e della Democrazia Cristiana . per quanto riguarda la Democrazia Cristiana , noi non abbiamo mancato di rilevare i segni di novità apparsi dopo il 15 giugno e conseguenti alla sconfitta della linea delle crociate anticomuniste e antisocialiste. che si parli ora, guardando a noi, di confronto non è che di per sé voglia dire molto; la cosa però si presenta in una diversa luce se si riflette alla linea che era prevalsa negli ultimi anni ed è stata sconfitta, dopo il 15 giugno, anche nel Consiglio nazionale democristiano del luglio scorso. come era prevedibile, il semplice avvio di un cambiamento ha spinto i principali fautori della politica democristiana di questi ultimi anni al desiderio e al tentativo di una rivincita. c' è chi afferma che in una posizione mediana si collocherebbe l' onorevole Forlani: è dunque con particolare curiosità che abbiamo letto un suo discorso di qualche giorno fa. ma dobbiamo dire che, a parte qualche differenza di linguaggio e di stile, egli riecheggia la linea della precedente segreteria democristiana. invece di trarre un qualche ammaestramento dai voti popolari del 1972-73, del 12 maggio 1974 e del 15 giugno 1975, l' onorevole Forlani, ed altri che gli hanno espresso la loro solidarietà, sembrano turbati solo da quel tanto di novità che è apparso nella Democrazia Cristiana negli ultimi mesi. ma soprattutto non siamo riusciti a comprendere in quali modi e con quali alleanze si proponga la Democrazia Cristiana di governare il paese in una situazione in cui il ritorno alle formule del passato è diventato impraticabile, non solo per i mutati orientamenti dell' opinione pubblica , ma anche per l' impegnativa posizione assunta dal partito socialista . questo stesso interrogativo si pone però a tutta la Democrazia Cristiana , comprese quelle sue forze che, pur dichiarando di non volere più una contrapposizione di scontri frontali, mantengono una posizione pregiudiziale contro la partecipazione del partito comunista al Governo. l' argomento principe della Democrazia Cristiana è quello che abbiamo ricordato, e cioè la necessità di preservare la distinzione tra maggioranza e opposizione. d' accordo. ma perché all' opposizione sempre il partito comunista ? e sulla base di quale maggioranza si vuole governare il paese essendo noi comunisti all' opposizione? ce n' è forse una? a stare alla situazione odierna non si direbbe, né i dirigenti democristiani riescono a proporne una per l' avvenire. a questo punto, alcuni esponenti della Democrazia Cristiana , per rimanere coerenti al rispetto di una logica formale, giungono ad ipotizzare il passaggio della Democrazia Cristiana all' opposizione. ma se davvero pensate anche a questa eventualità il dilemma diventa assai chiaro, onorevoli colleghi . la Democrazia Cristiana deve cioè decidere e dire se è più conveniente per essa e per il paese mettersi all' opposizione di un Governo democratico e di sinistra, e cioè schierarsi a fianco della destra, oppure stare in un Governo di ampia unità tra le forze popolari che fronteggi democraticamente l' opposizione di forze conservatrici e delle destre. e nel caso che voleste perpetuare, sia pure dall' opposizione, la spaccatura delle forze popolari nel paese, come riuscireste ad evitare di prendere la strada rovinosa di Frei, quella che ha contribuito all' affossamento della democrazia in Cile? i problemi che i compagni socialisti sono chiamati ad affrontare nel loro ormai imminente congresso sono diversi, ma in gran parte attengono anch' essi alla prospettiva politica generale. i compagni socialisti sanno che il nostro augurio, sincero e cordiale, è che il loro partito esca più robusto ed unito dal congresso: così crediamo lo vogliano tutti i lavoratori italiani. non condivido l' opinione di alcuni ambienti politici, secondo la quale i rapporti tra comunisti e socialisti andrebbero deteriorandosi o sarebbero destinati a deteriorarsi rapidamente. vi sono, certo, diversità di analisi, di giudizio, di comportamento; ma vi è anche — ed è venuta estendendosi — una fitta rete di collaborazioni unitarie nelle amministrazioni locali , nelle organizzazioni sindacali , nella lega delle cooperative, nel movimento contadino, in quello femminile, in quello studentesco e in altre associazioni di massa. su questa solida base è possibile fare leva per migliorare sempre più le relazioni tra i due partiti, anche sul piano nazionale (ne abbiamo avuto, del resto, un segno nella riunione che abbiamo fatto nella seconda metà di gennaio), condizione questa necessaria per una più ampia e solida unità tra le classi lavoratrici italiane. quanto alla linea politica, è assai importante, come ho già detto, che il partito socialista sia giunto, come noi, a considerare non più prolungabile l' esperienza del centrosinistra. acquisita questa premessa, si apre certo il problema della prospettiva. si dichiara che si è usciti dal centrosinistra; ma per andare verso quale nuova soluzione? la cosiddetta alternativa di sinistra? sono note le ragioni delle nostre riserve, e non starò qui a ripeterle. del resto (lo accenno solo per inciso e tra parentesi) vi possono essere modi diversi di intendere la stessa alternativa di sinistra, a seconda che la si concepisca oppure no in contrapposizione alla prospettiva di una più larga alleanza democratica. quello che desidero qui ora rilevare è che gli stessi compagni socialisti collocano questa soluzione in una prospettiva che essi stessi dichiarano di non vicino avvenire, tanto più in quanto — mi si consenta di aggiungere — alcuni esponenti del partito socialista condizionano la realizzazione dell' alternativa di sinistra a un sostanziale mutamento dei rapporti di forza fra i partiti di sinistra. ma, intanto, come si risponde all' esigenza urgente di governare in modo nuovo il paese? secondo noi non vi è altra strada che quella di una convergenza di sforzi e di una alleanza tra le forze in cui si configura oggi il movimento popolare italiano. questo che chiamiamo « compromesso storico » . ma noi non siamo attaccati alle parole, ci interessa la sostanza, ci interessa, cioè, arrivare a quell' ampio incontro unitario senza il quale non vi può essere salvezza del paese, stabilità politica , soluzione dei problemi dei lavoratori. l' ultima obiezione che può essere fatta e che alcuni fanno a che il partito comunista sia forza costitutiva di un nuovo Governo è che questa soluzione non sarebbe matura. questa è una questione reale. ma enne si misura questa maturità? se il metro di misura sono le condizioni generali del paese e le attese, le aspirazioni della sua parte più attiva e responsabile, a noi sembra che i tempi siano più che maturi, che i tempi stringano. ogni ritardo, anzi, fa diventare sempre più difficile e costoso il necessario mutamento e rischia per un verso di deprimere, per altro verso di esasperare le energie che premono per un rinnovamento. se invece la immaturità è nei partiti, e in particolare nella Democrazia Cristiana e in una parte del suo elettorato, allora la cosa più corretta e più utile è di dirlo apertamente al paese. un simile riconoscimento sarebbe già un primo passo , perché esso, di per sé, impegna a lavorare per accelerare il processo di maturazione. la nostra opinione resta che i partiti politici non possono ridursi ad adagiarsi sulle posizioni della parte più torbida e tarda del loro elettorato. questo significherebbe una abdicazione alla funzione che dovrebbe essere propria di tutti i partiti democratici, cioè quella di guidare, promuovere, formare una coscienza politica più avanzata. e poi, riflettete bene, colleghi della Democrazia Cristiana , anche dal punto di vista di una ristretta convenienza di partito. fino a qualche tempo fa l' assecondare passivamente gli orientamenti più arretrati ha reso, forse, in voti ed in potere. ma nell' Italia di oggi, nella quale il moto verso il nuovo è un fatto di fondo in ogni campo e vengono franando tanti preconcetti del passato e tanti tabù, il rischio cui vi state esponendo è quello di distaccarvi progressivamente dalla corrente viva dei nostri tempi. abbiamo già detto, onorevoli colleghi , e non siamo certo i soli, che l' attuale Governo monocolore democristiano, fondato su una maggioranza incerta e precaria, è necessariamente un Governo di transizione. sorge dunque l' interrogativo: transizione verso che cosa? il presidente del Consiglio non ha potuto ripetere l' auspicio — del resto lo ha lealmente ammesso — che aveva formulato al momento della presentazione alla Camera del suo precedente Governo che si reggeva, anch' esso, su una combinazione transitoria ed anomala. si trattava dell' auspicio che si potesse arrivare al più presto alla costituzione di un quadripartito organico di centrosinistra. oggi — e l' onorevole Moro ha riconosciuto anche questo — questa prospettiva non può più essere riproposta, non foss' altro che per la chiara posizione del partito socialista . ebbene, uno sbocco può essere questo: che il paese, o per deliberato calcolo o per inerzia, errori ed incapacità, sia portato alle elezioni politiche anticipate. questa, però, sarebbe una colpa grave al cospetto del paese, il quale non ha certo bisogno, tra poche settimane, di trovarsi precipitato in una nuova crisi, privo di Governo, con un vuoto legislativo e di potere democratico e in un clima di contrasti politici esasperati. non è difficile prevedere quali conseguenze deleterie un simile fatto provocherebbe sulle attività economiche e produttive, sullo stato dell' occupazione operaia, sul valore della lira, sul costo della vita e sulle relazioni economiche internazionali. chi se la sentirebbe di assumersi questa responsabilità? che senso avrebbe aver fatto o aver consentito che si facesse questo Governo per giungere fra uno, due o tre mesi allo scioglimento delle Camere ? l' altra strada è quella di operare senza riserve e senza complessi per cominciare a risolvere i problemi più pressanti del paese. è necessario che si compia un passo avanti nel rapporto positivo con noi comunisti. perché ho detto che si deve fare tutto questo senza complessi? perché, una volta che avete deciso di fare questo Governo, non mi pare sia edificante, né per il paese, né per il Parlamento, né per voi stessi, che presentiate così insistentemente il compito che vi siete assunti come una croce. ella, onorevole Moro, non avrebbe dovuto ieri usare espressioni così sconsolate e scoraggianti nel momento in cui chiedeva al paese una fiducia, uno slancio ed una volontà di ripresa. la situazione è così ardua che qualsiasi governo, anche il più debole per la sua base parlamentare, ha il dovere di far sentire al paese che esso è deciso a lavorare con il massimo vigore. c' è un' espressione che ricorre spesso nei discorsi degli esponenti della Democrazia Cristiana e che abbiamo ascoltato anche ieri: « lo spirito di servizio » . ebbene, questo « servizio » dovete assolverlo. il paese sarà severo verso le deviazioni da questo dovere; sarà severo contro chi fra voi, ancora una volta, invece di servire la nazione e lo Stato se ne servirà. onorevoli colleghi , sul Parlamento, sul Governo, sui partiti incombono tre o quattro grosse questioni di fronte alle quali non è più possibile tergiversare o perdere tempo: l' approvazione degli indispensabili provvedimenti economici, l' adozione di misure energiche per la moralizzazione della vita pubblica e dell' attività statale, la nuova legge sull' aborto. il problema più urgente e, al tempo stesso , complicato e difficile che abbiamo dinanzi è quello dell' aborto. anzi, più che urgente direi che, in un certo senso, esso è pregiudiziale. oggi non può più sfuggire a nessuno, infatti, che sarebbe vano elaborare una linea e un programma di Governo e proporsi di attuarli con l' urgenza, la decisione e l' impegno necessari — rivolti a far fronte alla grave crisi economica , alla disoccupazione, all' inflazione, al ristagno della produzione; rivolti a stornare le minacce che la crisi economica e la crisi politica e morale, che alla prima si accompagna e si somma, possano precipitare — senza che si sciolga il nodo dell' aborto, e lo si sciolga nel solo modo positivo e costruttivo possibile: quello costituito dall' approvazione di una legge che dia una giusta ed equilibrata regolamentazione della materia e, al tempo stesso , abroghi la vigente normativa fascista, ispirata al razzismo, repressiva. all' infuori di questa soluzione, lo scorrere dei giorni e delle settimane porta automaticamente al referendum. ma c' è un' altra eventualità: quella delle elezioni politiche anticipate. probabile che tutta una parte della Democrazia Cristiana , in considerazione della posizione particolarmente difficile in cui il partito verrebbe a trovarsi in una campagna sull' aborto, e con i costi e i rischi che il referendum comporterebbe, sia spinta a cercare di provocare, o a vedere con favore, lo scioglimento anticipato delle Camere. altre forze, per motivi e fini diversi, convergerebbero nell' azione diretta a provocare lo stesso scopo. insomma, in una situazione così contraddittoria ed incerta, con una soluzione governativa che si presenta già tanto inadeguata e reca in sé elementi di debolezza e di precarietà, il problema dell' aborto, ove non venga sollecitamente risolto, portando all' automatico sbocco del referendum, non sarebbe più solo causa di turbamento dell' intero quadro politico — come lo è stato nel mese di dicembre, nel corso stesso della crisi — ma diverrebbe ormai fattore scatenante di una nuova crisi politica . ribadito che noi ci opporremo fermamente alle elezioni anticipate per i motivi generali già detti (cui si aggiunge il motivo specifico secondo il quale consideriamo inammissibile una prassi in base alla quale, per rinviare un referendum, si ricorre allo scioglimento delle Camere ), con altrettanta chiarezza diciamo che lo svolgimento del referendum è, da un lato, non necessario e, dall' altro, dannoso per il paese e, perciò, da scongiurare. dicendo ciò non disconosciamo che la raccolta delle firme e la richiesta del referendum per la cancellazione della barbara legislazione fascista sull' aborto abbiano avuto un valore di stimolo e pongano oggi le forze conservatrici ed oscurantiste di fronte alle loro insuperabili contraddizioni. tuttavia, in questo momento, è necessario fare la legge sull' aborto; il referendum, invece, non è necessario anche perché, con la sola eccezione del Movimento Sociale , tutti i partiti, compresa la Democrazia Cristiana , si sono pronunciati per la cancellazione del titolo decimo del codice penale . inoltre, una volta abrogata, attraverso il referendum la normativa repressiva penale oggi vigente, resterebbe ugualmente la urgente necessità di una legge sull' aborto, che ne regolamenti condizioni, limiti e modi, istituendo la necessaria assistenza e le garanzie a salvaguardia sia della formazione della vita sia della salute e dignità della donna. perché dunque non provvedere subito ad approvare la legge, evitando lo scontro e risparmiando al paese i pesanti costi, non solo finanziari ma, soprattutto, sociali e politici, del referendum? sforziamoci di immaginare, onorevoli colleghi , cosa potrà essere, cosa rischierà di essere una campagna referendaria sull' aborto, tenendo conto che questo, sempre, anche quando si sia costretti a farvi ricorso quale estremo rimedio, è fatto traumatico e doloroso. e dovremmo fare una campagna propagandistica, scontrandoci su questi temi, quando il popolo italiano è assillato dalla disoccupazione, dai licenziamenti, dal costo crescente della vita, è angosciato dal dilagare di una criminalità feroce (e più ancora dallo smarrimento e traviamento di tanti giovani adolescenti e dai pericoli cui sono esposti gli stessi scolari, fatti segno dell' assalto infame degli spacciatori di droga), è indignato per il dilagare della corruzione e degli scandali e chiede che su tutto questo si faccia luce? si risparmi dunque al nostro paese un tale diversivo, destinato a produrre danni politici difficilmente calcolabili; e si risparmi al nostro paese questa ulteriore mortificazione che l' Italia — ultimo tra i paesi civili moderni ad essersi dato, a prezzo di una lunga e difficile lotta e grazie ad una splendente vittoria democratica, una legge sul divorzio — sia oggi costretta a pagare il prezzo di uno scontro per darsi una regolamentazione, dell' aborto che non ferisca i diversi orientamenti e principi etici e religiosi di nessuno, ma solo si proponga di sanare, per quanto è possibile, una piaga sociale. noi pensiamo che sia possibile raggiungere un tale risultato: che il Parlamento tempestivamente approvi una buona legge sull' aborto. un lavoro molto serio ed importante è stato già compiuto in questo senso dal Parlamento, frutto di una impegnata dialettica e lotta democratica, a cui non è rimasta estranea la Democrazia Cristiana . dunque, non si parte da zero, tutt' altro. il testo uscito dalle nostre Commissioni giustizia e sanità può essere perfezionato. noi confidiamo che tutte le forze democratiche antifasciste, nessuna esclusa, nel Parlamento e nel paese, sappiano dare un loro contributo costruttivo alla soluzione di questo delicato e grave problema. non si tratta di contrapporre i non cattolici ai cattolici, i non credenti ai credenti e viceversa: il principio laico, la concezione laica dello Stato, cui ci manteniamo rigorosamente fedeli, per noi significano la chiara distinzione tra ogni singola corrente politica ideale, tra ogni diversa tradizione culturale e organizzazione religiosa da un lato, e dall' altro lato lo Stato democratico , il quale non deve identificarsi con nessuna di queste correnti, ma deve garantire ad ognuna di esse il pieno diritto e la piena possibilità di esprimersi e di affermarsi in una libera dialettica, assicurando all' intera comunità nazionale il terreno unitario e gli orientamenti che consentano quella libera dialettica e insieme, e soprattutto, il progresso democratico e civile. qualsiasi forza democratica che si estraniasse da un tale impegno sullo specifico terreno politico e legislativo — tanto più se tale impegno, come nel caso della Democrazia Cristiana , è necessario per la soluzione di un problema di tale importanza nazionale — non solo non assolverebbe la funzione che le compete di fronte al popolo italiano , ma si renderebbe responsabile delle molte conseguenze che ne deriverebbero. di qui, in conclusione, il nostro appello, che si rivolge non solo a tutte le forze antifasciste, a tutti i gruppi dell' arco costituzionale del Parlamento, ma alle masse popolari , a tutte le forze sociali , culturali, religiose del nostro paese, animate da ideali ed aspirazioni di umanità e libertà, di civiltà, di verità, di pulizia. il nostro appello va anzitutto alle donne italiane: adoperatevi — ecco il nostro appello — con spirito di collaborazione, di concordia, di unità ed esercitate la vostra pressione democratica! se si vuole, si può in breve tempo dare all' Italia una legge che elimini l' ignominia dell' aborto clandestino , nel rispetto dovuto alla sicurezza, alla dignità, alla libertà delle donne, nel rispetto dovuto alla maternità e alla formazione della vita, nel rispetto dovuto ai sentimenti più gelosi e a tutti i principi etici, religiosi ed ideali. sia questa battaglia per una civile e moderna regolamentazione dell' aborto un momento importante della lotta per l' emancipazione della donna e per la costruzione di una società nuova! vengo ora, onorevoli colleghi , alle questioni economiche. sembra sfuggire ancora a molti la portata delle questioni che stanno di fronte al paese, delle decisioni da prendere. se dovessimo fare riferimento alla esposizione dell' onorevole Moro dovremmo dire — ed il nostro rilievo critico non è di poco conto che anche al Governo manca, sembra mancare la consapevolezza della gravità della situazione. la nostra: opinione invece è che le condizioni della nostra economia non sol, tanto sono gravi, ma drammatiche. è un fatto che a periodi di espansione hanno fatto seguito, in modo via via più rapido, più frenetico e con inversioni di marcia sempre più onerose, periodi di depressione e di caduta della domanda e della produzione. non oserei dire che le forze dominanti in Italia, politiche ed economiche, abbiano mai saputo esercitare un effettivo controllo del ciclo; ma in qualche modo, ed anche per l' operare di protezioni interne ed esterne, abbiamo avuto fino ad oltre la metà degli « anni Sessanta » dei cicli di un certo respiro. poi abbiamo dovuto cominciare a misurare le fasi di espansione e recessione a bienni. oggi, con il 1975, siamo ai semestri, siamo cioè di fatto al sommarsi, al sovrapporsi di tutti i danni dell' inflazione e della recessione. il monito più recente viene dalla caduta della lira, intervenuta in modo brusco ed allarmante proprio nel momento in cui si annunciava qualche timido segno di ripresa e nel momento in cui si arrestava la continua caduta della nostra produzione industriale e si passava ad uno « sviluppo zero » , non ad una risalita. l' andamento economico italiano è giunto dunque a questo punto che ha del paradossale: ogni intervento per frenare l' inflazione e migliorare i nostri conti con l' estero determina immediatamente una recessione; ogni intervento per favorire la ripresa determina immediatamente una forte accelerazione del processo inflazionistico, un aumento allarmante del deficit della bilancia dei pagamenti , una caduta della lira. e così, prima ancora che si verifichi la ripresa produttiva, si deve correre verso misure restrittive e deflattive. indubbiamente a determinare la congiuntura odierna hanno concorso non soltanto spinte speculative, ma anche scelte deliberate di quei gruppi industriali che, avendo una propria bilancia valutaria non coincidente con quella generale del paese, pur essendo soprattutto interessati all' esportazione, hanno puntato alla svalutazione per accrescere temporaneamente la loro competitività sui mercati esteri . ma sbaglieremmo a ricondurre quanto è accaduto soltanto ad oscure manovre, che pur ci sono state ed hanno pesato. il dato di fondo che si esprime dietro il paradosso di cui prima abbiamo parlato è l' incapacità generale delle società capitalistiche nell' attuale fase — e quella specifica della società italiana — di uscire dalla crisi con la terapia tradizionale del sostegno indiscriminato della domanda, e cioè con le solite iniezioni di liquidità. e bastato che nel secondo semestre del 1975 il Tesoro allentasse la stretta ed allargasse la base monetaria perché la liquidità. in assenza di adeguati sbocchi interni e in assenza di un quadro di riferimento e di un qualsiasi elemento di programmazione per gli investimenti, debordasse all' estero, travolgendo la lira. ma è stato così travolto anche il mito secondo cui la leva principale da usare per superare ogni periodo di stagnazione sarebbe l' allargamento del risparmio, dato che — si riteneva e si ritiene ancora — « risparmio » ed « investimenti » sarebbero termini equivalenti. ebbene, l' esperienza dimostra che nell' ambito del capitalismo quale esso è oggi non basta mettere a disposizione del sistema una maggiore quantità di risparmio, volontario o forzato, perché esso lo tramuti in investimenti, in ricchezza della nazione. no: il sistema lasciato a se stesso non è più capace di compiere questa operazione, non è più capace di garantire lavoro e occupazione crescenti, o ne è capace solo temporaneamente e a prezzo di rinunciare ad altri obiettivi, quali la stabilità della moneta e l' equilibrio nei rapporti economici con l' estero, e dunque preparando più acute e ravvicinate crisi, che non solo mettono in discussione lo sviluppo economico e il tessuto democratico, ma accrescono sempre più la dipendenza economica e politica del paese dalle maggiori potenze capitalistiche straniere. ecco il nodo che sta di fronte a noi: ed è lo stesso su cui richiamammo l' attenzione delle altre forze del paese quando la crisi del petrolio, mettendo a nudo drammaticamente le storture profonde dello sviluppo economico e sociale italiano, offrì un' occasione storica per ripensare criticamente e superare il vecchio modello di produzione e di consumo, il vecchio modo di utilizzare, o piuttosto di sperperare, le risorse del paese. questo nodo non può essere affrontato solo con operazioni di ingegneria finanziaria e monetaria, le quali possono dare al massimo qualche dilazione, al pari dei prestiti esteri, che però già pesano in modo preoccupante sulle prospettive del paese, e non solo per il pagamento degli interessi. ciò che è necessario è cessare di ragionare esclusivamente in termini di pure quantità, soprattutto monetarie, e cominciare finalmente a vedere quali domande sostenere e quali no, quali produzioni e quali importazioni incoraggiare e quali scoraggiare. ecco il punto che abbiamo messo al centro della nostra proposta: finirla con gli interventi puramente quantitativi, sempre più onerosi e inutili (a che fine abbiamo bruciato, nella difesa del cambio della lira , milioni e milioni di dollari , se dietro questa difesa non c' era nessun disegno che andasse oltre l' immediato?) e intervenire invece con scelte capaci di orientare il sistema verso un nuovo sviluppo produttivo e verso una nuova qualità dei consumi. al succedersi di politiche rivolte ora a iniettare indiscriminatamente liquidità, ora a toglierla, noi abbiamo proposto di sostituire una politica che, in modo selettivo, lievitasse stabilmente la liquidità verso alcuni sbocchi e la negasse ad altri. da qui è scaturita a settembre la nostra richiesta di un programma a medio termine ; da qui è scaturita la battaglia, non solo nostra ma dei sindacati, per alcune priorità (agricoltura, edilizia popolare e scolastica, energia, trasporti collettivi) nelle quali concentrare la spesa pubblica e per alcuni settori produttivi ai quali riservare incentivi e finanziamenti pubblici. ma esistono i mezzi, si domanda, per perseguire oggi queste priorità, nel vivo della bufera monetaria e del crescere dell' inflazione e del deficit del bilancio dello Stato ? capovolgiamo la questione. che cosa è più conveniente: spendere in modo consapevole per perseguire certi fini, per aprire nuovi sbocchi stabili agli investimenti e alla produzione, oppure spendere per salvataggi casuali, per erogazioni prive di qualsiasi corrispettivo di utilità nell' interesse dello sviluppo generale del paese? questo è l' interrogativo reale, nel momento in cui, per fortuna dell' Italia, la classe operaia è sufficientemente forte per impedire un secco ridimensionamento dell' occupazione. io credo che dobbiamo salutare come positiva la linea che la federazione sindacale unitaria si è data, linea che pone, come primo obiettivo, l' occupazione. è questo un grande contributo dato al paese per spingere all' ampliamento della base produttiva , invece che al suo restringimento. ci rammarichiamo che il presidente del Consiglio non abbia colto, nel suo discorso, il valore nazionale di questa linea e si sia rivolto ai sindacati con i consueti moniti e inviti alla moderazione. come si è risposto finora all' esigenza di allargare la base produttiva e dell' occupazione? quando si è fatto tanto, ci si è limitati al « caso per caso » , senza inquadrare le singole situazioni in una complessiva politica di riconversione industriale. troppo spesso, cioè, la risposta si è esaurita nei salvataggi dell' esistente, qualunque esso fosse e così come era: in altri termini, si è fatta dell' assistenza. i danni di questa linea sono molto gravi, in primo luogo per il Mezzogiorno. in un paese già profondamente squilibrato, come il nostro, si rischia di avere una base produttiva efficiente sempre più ristretta e, accanto ad essa, un sempre più ampio settore sovvenzionato, privo di capacità competitive, che ritarda e compromette lo sviluppo economico , il cambiamento del suo corso e delle sue finalità. ecco come rispondiamo a quanti sollevano problemi di spesa e di copertura finanziaria, ma lasciano che si continui a sperperare migliaia di miliardi nell' attuale « giungle » delle agevolazioni e degli interventi clientelari! ma non vogliamo sottrarci ad una risposta più specifica sulla copertura della spesa pubblica . intanto noi chiediamo, per prima cosa, che venga data un' informazione al Parlamento, che dovrebbe essere periodica, sui flussi reali di cassa; in secondo luogo, il Parlamento deve essere dettagliatamente informato dello stato di attuazione della spesa decisa con i decreti congiunturali: quanto si è effettivamente speso, quante delle opere progettate sono state iniziate o fatte e quante no, di che natura sono gli ostacoli, i ritardi, le strozzature. a che serve dar luogo a nuove spese se quelle decise ristagnano in qualche banca? ciò che ha detto il presidente del Consiglio , circa il deludente ritmo della spesa prevista dai decreti, si conferma nelle nostre critiche e preoccupazioni e ci spinge a sollecitare l' accoglimento della proposta da noi da tempo avanzata di dare alle regioni, nell' ambito delle priorità generali fissate, una certa autonomia di trasferimento dei fondi da una destinazione all' altra, nel caso di strozzature e ritardi. in terzo luogo, è necessario affrontare immediatamente il problema dei depositi bancari degli enti pubblici non territoriali. è assurdo che i fondi dati a questi enti accrescano le uscite di cassa dello Stato per andar poi, per mesi e mesi, ad allargare la liquidità delle banche e, spesso, ad alimentare interessi « neri » . la linea sulla quale ci si dovrebbe muovere non è quella rivolta a distruggere la liquidità: altrimenti si torna al taglio indiscriminato della domanda, compromettendo la ripresa produttiva e danneggiando in modo particolare la piccola e media impresa . la liquidità va governata in modo da spostarla dagli attuali impieghi speculativi, o dal suo ristagno nelle banche, verso impieghi produttivi, verso la creazione rigorosamente selezionata di sbocchi di domanda pubblica. per attuare tali spostamenti ha una grande importanza l' uso dello strumento fiscale, ma proprio per questo sono pericolose o velleitarie le improvvisazioni. prendiamo atto che il presidente del Consiglio non insiste su talune proposte che avevano sollevato la critica vivace nostra, del partito repubblicano e di altri. nell' immediato, occorre migliorare al massimo il funzionamento dell' attuale sistema e di conseguenza porre fine, in primo luogo, alle scandalose evasioni fiscali, accorciare i tempi di riscossione per i tributi arretrati, attuare in modo più idoneo la riscossione dell' IVA. il presidente del Consiglio ha affrontato anche i problemi delle rivendicazioni salariali e degli alti stipendi. la prima questione, quella dei salari, è la sola tra quelle economiche per la quale l' onorevole Moro ha avuto accenti quasi drammatici. e deplorevole che, come sempre, i moniti più severi vengano riservati agli operai ed ai sindacati e mai alle organizzazioni padronali! la nostra convinzione resta che nessun limite in materia salariale, comunque mascherato, può essere deciso dall' esterno. la libertà di contrattazione sindacale è un elemento costitutivo della democrazia e a tale libertà gli operai ed i sindacati non possono rinunciare, e non rinunceranno. e indubbio, certo, che sarebbe molto importante, ai fini di una valutazione di tutti i dati economici del 1976, sapere al più presto quanto incideranno gli aumenti salariali. ma per questo la via maestra è quella di giungere il più rapidamente possibile alle conclusioni delle trattative con i sindacati, superando ecco la questione che l' onorevole Moro ha ignorato — le capziose pregiudiziali che la Confindustria ha opposto alla discussione delle piattaforme rivendicative . quanto all' ammontare delle richieste economiche, i lavoratori e i sindacati interessati lo valuteranno autonomamente. tutti dovrebbero sapere e comprendere che, in questa valutazione, la classe operaia ed i sindacati terranno conto del complesso dei loro obiettivi, del clima politico e morale generale e delle risposte che riceveranno alle loro richieste relative agli investimenti, all' occupazione, ai consumi primari ed ai servizi sociali . il lavoratore sa benissimo, senza bisogno che glielo spieghi il Governo, che è importante per lui ricevere contropartite in beni reali (un servizio di trasporti e sanitario efficiente, casa a più basso costo, scuole che funzionino) piuttosto che qualche migliaio di lire in più, che la svalutazione o l' inflazione a poco a poco eroderanno nel loro potere di acquisto . ma la scelta è solo in piccola parte nelle mani del lavoratore. se certe contropartite non vi saranno, la spinta alla monetizzazione diventerà più forte. circa la questione degli alti stipendi, concordiamo sulla esigenza di fermare per un congruo periodo gli aumenti di coloro che ricevono una retribuzione complessiva annua superiore ad un certo « tetto » . e giusto, infatti, preoccuparsi anzitutto delle necessità delle categorie peggio pagate e accogliere la spinta perequativa che viene dagli operai, dalle masse più povere, dal Mezzogiorno. anche in quest' opera, volta a realizzare una perequazione delle retribuzioni all' interno dei vari settori e fra settore e settore, si deve però procedere con serietà e rigore. un passo in questo senso sarebbe, ad esempio, la eliminazione di fenomeni quali il « fuori busta » , facendo in modo che nessun compenso possa essere dato fuori dello stipendio e perseguendo severamente i reati, non solo fiscali, che un simile modo di procedere configura. per quanto riguarda gli indirizzi generali della politica economica , vogliamo richiamare ancora una volta il Governo alla necessità che i provvedimenti legislativi non affrontino solo l' immediato, il contingente, ma comincino a dare una prospettiva per il futuro, con un rigore che ci sembra sia mancato, purtroppo, nel lungo elenco esposto dal presidente del Consiglio . speriamo che sia veramente sollecita la discussione dei provvedimenti per il fondo di riconversione per il Mezzogiorno, ma rivendichiamo anche che siano consolidati al più presto, con una proiezione pluriennale, le direttive ed i programmi di spesa per l' agricoltura, l' edilizia, le ferrovie ed i trasporti collettivi. la contestualità tra meccanismi di finanziamento della riconversione e apertura di nuove prospettive alla produzione sembra essenziale per affrontare il problema della mobilità, della manodopera. nulla ho da aggiungere a quanto implicitamente ho detto quando ho criticato la politica dei salvataggi caso per caso. la mobilità all' interno della fabbrica, da fabbrica a fabbrica dello stesso settore e da settore a settore è la conseguenza logica di quella riconversione e di quell' ampliamento dell' apparato produttivo che noi stessi rivendichiamo e per cui si battono i lavoratori ed i sindacati. ma la mobilità può attuarsi solo nel rispetto di una condizione inderogabile: la garanzia di una nuova e stabile occupazione per coloro che debbono essere spostati da produzioni obsolete o sovrabbondanti. prendiamo atto che nel programma del Governo il problema dell' occupazione giovanile è stato posto, tenendo conto in qualche modo delle richieste avanzate dai movimenti dei giovani e degli studenti, dai sindacati e dai partiti di sinistra. si deve, però, dire che questo problema viene affrontato dal Governo in modo insodisfacente dal punto di vista della quantità e soprattutto del metodo e della qualità. noi rivendichiamo infatti, anzitutto, che il numero dei giovani interessati sia più ampio di quello finora previsto. occorre poi vedere meglio quale lavoro si vuole offrire a questi giovani. si vuole elargire loro una assistenza appena mascherata o li si vuole realmente impegnare in lavori utili, che contribuiscano ad aumentare le risorse del paese, riqualificandoli professionalmente e preparandoli ad un ingresso definitivo nella vita economica e sociale? abbiamo ascoltato dei propositi; attendiamo di vedere il testo degli annunciati provvedimenti. il rigore e la severità che sono indispensabili per la mobilitazione e nell' uso delle risorse nazionali rendono più acuta la necessità di mettere mano ad un' opera seria ed attenta di moralizzazione della vita politica, di risanamento dell' amministrazione pubblica . guai a non aver coscienza che gli allarmi, i moniti, gli appelli per lo stato critico della nostra economia rischiano di trovare scarso ascolto, di non produrre risultati se nello stesso tempo non vengono segni persuasivi, per l' opinione pubblica , per le classi lavoratrici innanzitutto, di un mutamento nel costume politico, nei metodi di direzione, nel funzionamento dello Stato. non si può tardare oltre. non si può procedere come di consueto. ma proprio per questo è davvero sconcertante che il presidente del Consiglio abbia dedicato a questo argomento solo poche parole: ventidue righe, una cartella, sulle 56 delle sue dichiarazioni programmatiche . eppure i casi che in queste settimane sono venuti alla luce in seguito alle indagini delle Commissioni parlamentari degli USA sul finanziamento della Cia e sulle attività delle compagnie multinazionali ci hanno portato ad un punto limite. in causa è il prestigio, già scosso, di chi dirige il nostro paese. interrogativi preoccupanti si sono addensati sullo stesso funzionamento delle istituzioni, dei meccanismi statali e parlamentari di controllo e anche su un qualche mancamento del senso dello Stato, della difesa, degli interessi nazionali che potrebbe emergere da questa trama oscura. ma non sono solo la gravità dei fatti e l' autorità delle fonti da cui viene la denuncia a suscitare un senso di sgomento e di allarme; è la richiesta dell' accertamento delle verità e responsabilità. il governo italiano deve contribuire con ogni mezzo perché la magistratura e il Parlamento vadano fino in fondo in questo intrico. il colpo, però, risulta più grave per gli errori finora commessi, perché non c' è stata finora la volontà di affrontare in modo tempestivo e serio i troppi precedenti casi di malcostume, di lassismo, di colpevole inefficienza e di corruttela nella vita politica e nell' amministrazione della cosa pubblica : dal fenomeno intollerabile dell' evasione fiscale , agli scandali dei finanziamenti occulti e illegittimi ai partiti governativi. si sconta oggi il fatto grave che, dopo una decisione come quella del finanziamento pubblico dei partiti, che doveva segnare (ricordiamo tutti l' impegno preso in quest' Aula da ogni partito) l' avvio di un processo di moralizzazione, si è fatta impantanare la commissione inquirente; si sconta che in due anni non sia stato possibile concludere l' indagine sulla vicenda dei contributi delle compagnie petroliere e degli eventuali reati ministeriali; si sconta che la maggioranza della Commissione inquirente abbia fatto ricorso alla pratica delle avocazioni, al metodo dei rinvii, ai tentativi di insabbiamento. è questo un errore politico capitale, è la via per far diventare certezza anche i sospetti, per avvilire e svuotare garanzie e istituti fondamentali del nostro regime democratico. io non voglio tornare ad insistere sulle cause politiche della crisi morale. mi preme dire che tale crisi ci riconduce certo al problema politico di fondo; che la verità è che i malanni e i guasti più rilevanti — quelli del sottogoverno, del clientelismo, delle spartizioni del potere, delle confusioni tra pubblico e privato, delle commistioni tra potere politico e potere economico, dell' inceppamento dei meccanismi del controllo democratico, dell' abitudine all' impunità sono stati il portato di una organizzazione del potere fondata per lungo tempo sulla discriminazione anticomunista, sul monopolio e il predominio della Democrazia Cristiana , sulla dichiarata impossibilità di una qualche alternativa a quel tipo di regime, sia nel periodo centrista sia in quello del centrosinistra. che da questo tipo di direzione politica e dal tipo di sviluppo economico siano derivati i processi degenerativi che hanno finito col coinvolgere la stessa Democrazia Cristiana , non mi par dubbio. tuttavia, non si tratta di pronunciare sommarie condanne moralistiche. è certo però che siamo di fronte ad un decadimento, ad una perdita di autorità politica e morale dei gruppi dirigenti; e siamo di fronte al rischio che in qualche misura sia offuscato quel cardine della democrazia costituito dal sistema dei partiti, e quella conquista della Resistenza che fu la costruzione dei grandi partiti democratici di massa. per questo, l' esigenza della moralizzazione della nostra vita pubblica e di un recupero di valori, appare oggi così forte e ripropone quella svolta politica, quel ricambio e rinnovamento della classe dirigente per cui è essenziale il partito comunista . ma noi non intendiamo limitarci a ribadire la nostra proposta politica generale. ci preme che oggi siano dati esempi di una volontà di cambiare quanto mai necessaria in questo momento. è. un fatto positivo, lo dico apertamente, che l' onorevole Gui, coinvolto — a torto o a ragione: non intendiamo azzardare supposizioni, e tanto meno giudizi — nella vicenda della Lockheed, non sia entrato a far parte del Governo. era un dovere di correttezza, un' esigenza per la stessa sua più efficace difesa. non si comprende invece perché un comportamento. che dovrebbe essere normale e d' obbligo, sia stato oggetto di una travagliata decisione, sia diventato un caso quasi straordinario. tutto ciò ci dice che non siamo ancora sulla giusta strada; e lo conferma il fatto che un commento del giornale ufficiale della Democrazia Cristiana , secondo il quale altri, che in circostanze analoghe si sono comportati diversamente dall' onorevole Gui, avrebbero sbagliato, abbia dovuto ricevere immediate rettifiche, a chiarimento che l' allusione non riguardava alcun componente dell' attuale Governo. la rinuncia dell' onorevole Gui e la sua vicenda ripropongono in ogni caso il problema della commissione inquirente. a quanto risulta, l' indagine sulla questione del petrolio è conclusa da tempo. la commissione, dunque, deve decidere: decida, senza ulteriori indugi. ed è saggezza politica, prova necessaria di responsabilità — consentite che lo diciamo nel modo più schietto e fermo a tutti i gruppi — che questa vicenda, e le altre che sono di fronte alla commissione inquirente, vengano portate all' esame del Parlamento, che su di esse si discuta apertamente e responsabilmente, e si decida. è interesse generale che emerga la verità dei fatti, se vogliamo, al di là delle vicende dei singoli, mettere un punto fermo a metodi e pratiche degenerative nella vita dei partiti e dello Stato. debbono indurci e ci sollecitano ad una rapida revisione della legge e dei regolamenti sui giudizi d' accusa sia l' esperienza negativa finora compiuta, sia la necessità di rendere reali ed efficienti i poteri di sindacare e mettere sotto accusa i ministri per eventuali reati compiuti nell' attività di Governo, poteri che la Costituzione affida al Parlamento. il nostro gruppo presenta qui alla Camera una proposta che mira in primo luogo a definire con chiarezza l' ambito di competenza della commissione inquirente, che è esclusivamente quello del reato ministeriale, in modo da impedire estensioni per connessione o avocazioni arbitrarie: in secondo luogo a garantire soprattutto che la commissione inquirente abbia carattere referente, e che il giudizio sia in ogni caso affidato al Parlamento; in terzo luogo a dare anche alla fase istruttoria la massima pubblicità possibile, anche a garanzia e a tutela degli inquisiti, ed a stabilire procedure che assicurino la maggiore rapidità nell' accertamento dei fatti e delle responsabilità. ricordiamo che sta per iniziare la sua attività la Commissione d' inchiesta sulla cosiddetta « giungla retributiva » . ci auguriamo poi che sia presa in considerazione la nostra proposta di istituire una commissione parlamentare d' inchiesta sulle, forniture militari, e che il comitato di cui ci ha parlato l' onorevole Moro non sia un espediente per eludere tale proposta. aggiungiamo che è urgente l' esame, nelle assemblee, delle conclusioni e delle indicazioni della commissione parlamentare d' inchiesta sul fenomeno della « mafia » in Sicilia. queste nostre proposte e richieste sollecitano risposte immediate a problemi su cui più acuta è oggi la sensibilità dell' opinione pubblica . è chiaro, tuttavia, che una linea di moralizzazione e risanamento deve affrontare questioni e campi di ben maggiore portata, come abbiamo più volte sottolineato. mi riferisco, in primo luogo, alle misure per garantire e rendere più incisivi i poteri di indirizzo e controllo democratico del Parlamento, in particolare nel campo dell' economia, delle partecipazioni statali , della finanza pubblica e nei settori più delicati ed essenziali per l' indipendenza e la sicurezza della nazione. recupero pieno, quindi, della funzione centrale del Parlamento; riforma della Pubblica Amministrazione ; revisione dell' assetto e del funzionamento dell' Esecutivo; amministrazione tempestiva e certa della giustizia. tali obiettivi sappiamo bene che comportano un' opera di rinnovamento di grandi proporzioni: per compierla, è necessaria una volontà politica che indichi una traccia nuova e promuova al più presto possibile qualche fatto significativo. si tratta cioè, appunto, di determinare quel clima di tensione politica e morale, di dare quegli esempi dall' alto che sono indispensabili se si vogliono mobilitare ed unire le grandi, sane energie del nostro popolo, se si vogliono orientare ed impegnare in senso democratico gli apparati ed i corpi dello Stato e dare fiducia a tutte le forze — la polizia, la finanza, la magistratura — più direttamente impegnate in quell' altro compito fondamentale che è la lotta contro le manifestazioni più sconvolgenti della criminalità. per concludere, qualche accenno rapidissimo sulla politica estera , soltanto per i problemi che sono collegati a quelli di cui ho finito ora di parlare. del resto, onorevoli colleghi , la nostra posizione generale è nota: al centro di tutto poniamo l' obiettivo che la distensione vada avanti e che l' Italia vi contribuisca in modo molto attivo. questa è una esigenza ed un interesse primario della nazione, dell' Europa e di tutti i popoli. è solo nella prospettiva di una avanzata del processo della distensione e della cooperazione internazionale che noi consideriamo realizzabile il graduale superamento della divisione in blocchi militari contrapposti e la riduzione degli armamenti. la ragione principale dell' accettazione anche da parte nostra delle alleanze che l' Italia ha contratto si basa sulla persuasione che una rottura unilaterale di esse altererebbe l' equilibrio strategico fra i due blocchi , facendo venir meno una condizione essenziale della distensione. ma, di fronte ai gravi episodi di cui sono piene le cronache di questi giorni, e dei quali ho parlato or ora , vogliamo ribadire con la massima energia che stare in un' alleanza non può, non deve comportare che si subiscano inammissibili, umilianti ingerenze straniere nella nostra vita interna. il rispetto delle alleanze non significa che l' Italia debba tenere il capo chino. i rapporti di amicizia e di cooperazione con gli USA, che anche noi vogliamo coltivare, e la simpatia che proviamo verso il popolo americano , non possono escludere, ma anzi richiedono, la protesta e la ripulsa contro ogni intrusione nelle questioni sulle quali soltanto a noi italiani spetta decidere. questa posizione — che è di amicizia a insieme di gelosa tutela della nostra indipendenza — è del resto la regola generale a cui noi comunisti vogliamo che si ispirino i rapporti dell' Italia con tutti gli Stati e paesi, senza eccezione alcuna. voi sapete quale rilevanza economica e politica noi attribuiamo allo sviluppo delle relazioni dell' Italia con i paesi ed i popoli in via di sviluppo della Africa, dell' Asia e dell' America Latina . abbiamo notato con compiacimento che nei rapporti economici del nostro paese con quelli del « terzo mondo » vi è una tendenza ad un apprezzabile incremento, per esempio, nella percentuale delle esportazioni italiane in quei paesi. un segno delle molte possibilità che si offrono all' Italia di fare degli scambi con quelle aree del mondo uno dei mezzi per sviluppare e ammodernare la nostra economia, e soprattutto la nostra industria. ma per avvalersi di queste grandi occasioni è necessario che con maggiore decisione, tempestività e coerenza l' Italia differenzi la sua condotta da quella propria delle potenze neocolonialiste. vada anche da questa tribuna del Parlamento italiano la nostra calorosa solidarietà a quei popoli che, incoraggiati dalla dura e splendida vittoria dell' Angola lottano per liquidare gli ultimi, infami baluardi del razzismo e del colonialismo nell' Africa meridionale ed australe. quanto all' Europa, dovrebbe essere evidente per tutti che, mentre auspichiamo un proseguimento ed una espansione delle relazioni di amicizia e di collaborazione con i paesi socialisti, siamo fautori decisi dello sviluppo di un nuovo processo unitario e di rinnovamento democratico nell' ambito delta comunità economica europea e dell' Europa occidentale , tenendo conto e mettendo in risalto i tratti e gli interessi comuni di questi paesi e di questi popoli. è noto che anche in seno al movimento comunista e all' intero movimento operaio noi ci siamo impegnati a fondo per fare emergere e rendere operante una serie di affinità di giudizio e di elaborazione e quelle convergenze e relazioni che trovano un fondamento, dei connotati comuni nella storia civile e politica delle popolazioni dell' Europa occidentale . questi sono i fatti: sono le precise scelte politiche che noi siamo venuti compiendo nel corso degli anni, la linea di politica estera organica e coerente che siamo venuti elaborando e che svilupperemo e a cui ci atteniamo con la nostra azione. di fronte a questa realtà, nessuno ormai dovrebbe avere dubbi sul fatto che la via da noi prescelta, con decisione irrevocabile, è una via di avanzata al socialismo che assume ed esprime le peculiarità proprie del nostro paese e più in generale dell' Europa occidentale . signor presidente , onorevoli colleghi , ho finito, e concludo riaffermando che per quanto ci riguarda la nostra opposizione sarà attenta e rigorosa, ma, anche secondo la responsabilità che sentiamo come grande partito nazionale, pronta a cogliere tutte le possibilità per favorire le soluzioni più adeguate dei problemi sul tappeto e per spingere avanti, momento per momento, i processi unitari. e voi, signori ministri, governale, ma governate nel solo modo in cui si compie oggi efficace opera di Governo, e cioè in modo aperto e democratico. il che vuol dire mettere il Parlamento in condizioni di lavorare più speditamente e a ritmi più intensi, consultare i partiti che vi sostengono e consultare anche noi in quanto opposizione democratica, senza timori. consultate poi, in modo metodico, le regioni, le amministrazioni locali , le loro associazioni unitarie, i sindacati, le altre forze produttive e le associazioni nelle quali si esprime la multiforme vita e il nuovo della società italiana .