Giulio ANDREOTTI - Ministro del Bilancio e programmazione economica Maggioranza
VI Legislatura - Assemblea n. 435 - seduta del 16-12-1975
Bilancio di previsione 1976 e rendiconto esercizio finanziario 1974
1975 - Governo IV Moro - Legislatura n. 6 - Seduta n. 435
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , ringrazio innanzitutto il relatore e gli onorevoli Deputati che sono intervenuti in questo dibattito, scusandomi se non mi sarà possibile nella mia replica aggiungere dati di rilievo rispetto alle dichiarazioni rese in Senato. la positiva novità della rinuncia all' esercizio provvisorio del bilancio ha infatti molto ravvicinato la relativa discussione nei due rami del Parlamento. come ho avuto appunto occasione di affermare al Senato, i dati e le informazioni più aggiornati sulla situazione economica interna e internazionale confermano nelle grandi linee le previsioni formulate in sede di relazione previsionale e programmatica . il reddito nazionale reale non raggiungerà nel 1975 il livello del 1974, già anno di più contenuto sviluppo, perché interessato nella sua seconda metà da una accentuata flessione produttiva. la contrazione non è senza effetti sul piano della distribuzione delle risorse e delle ricchezze prodotte: ci dobbiamo accontentare di una minor quantità di beni e servizi. ma questa minor quota, che in teoria spetta ad ogni cittadino, questa rinuncia che siamo tutti chiamati a compiere può essere valutata in modo diverso se essa servirà come una pausa, imposta da condizioni e situazioni interne e internazionali, che deve trasformarsi in momento di ripensamento destinato ad avviare la trasformazione del nostro modo di crescere tra i paesi più avanzati. la situazione che la crisi ha prodotto in Italia è indubbiamente grave a causa anche delle difficoltà che persistono nell' ambito internazionale. alla fine del 1975, infatti, tutti i paesi industrializzati avranno registrato una sostanziale diminuzione del prodotto nazionale lordo : così insieme con l' Italia che avrà una diminuzione del 3,5 per cento , si avrà il Belgio col 2,5 per cento in meno, la Francia col 2,5 per cento in meno, la Germania col 4 per cento in meno, i Paesi Bassi col 2,5 per cento in meno, il Regno Unito col 2 per cento in meno, gli USA col 3,5 per cento in meno. il solo paese che si prevede potrà registrare un leggero aumento è il Giappone con l' 1,5 per cento , e ciò dipende probabilmente dal fatto che questo paese conserva un fortissimo spirito di lavoro. nel campo produttivo solo gli USA e il Giappone, seguiti a distanza dal Canada, registrano sintomi di recupero e sembrano avviati alla ripresa. negli altri paesi industriali dell' Europa la situazione è più incerta e differenziata. mentre la Germania federale , la Francia e la Danimarca sembrano aver ormai superato il punto più basso della fase recessiva, altri continuano a dibattersi nelle secche della recessione dalla quale si prevede non usciranno prima della prossima primavera, posto che misure espansive adottate all' interno dei singoli sistemi non sono riuscite fin qui a compensare l' effetto depressivo che loro deriva dalla flessione della domanda estera; per essi il momento e l' intensità della futura ripresa rimangono dunque condizionati alla ripercussione sul commercio mondiale della espansione delineatasi, o prevista a non più lontana scadenza, nei grandi paesi industriali. poiché d' altra parte non mancano nemmeno incertezze circa la « quanta » , della ripresa negli stessi USA e nel Giappone — ripresa fin qui legata più ad un effetto tecnico di ricostituzione delle scorte, che ad una vera e propria ripresa già consolidata della domanda finale — l' orizzonte mondiale rimane non chiaro, anche perché si avverte in tutti i paesi la tendenza a contenere le importazioni, ciò che ritarda e limita la propagazione al resto del mondo delle tendenze espansive. pesa inoltre sulle prospettive mondiali il fatto che la ripresa, oltre a delinearsi lenta e più contenuta di quanto non si sia riscontrato in precedenti fasi recessive, si prevede accompagnata in tutte le economie dal permanere di una disoccupazione a livelli sensibilmente elevati. per quanto ci concerne, i dati degli ultimi mesi confermano che l' economia italiana ha continuato in questo scorcio di autunno a risentire della fase di recessione nella quale siamo entrati nella seconda metà del 1974. stiamo attraversando il più lungo periodo di recessione del dopoguerra. siamo ormai nel sesto trimestre. le precedenti fasi recessive non erano mai durate oltre quattro o cinque trimestri. dobbiamo tuttavia considerare che negli USA la recessione è durata sette trimestri e che nella Repubblica federale di Germania la fase recessiva dura già da otto trimestri. anche in Italia, tuttavia, pur continuando l' attività produttiva a riflettere i bassi livelli sui quali la domanda permane da oltre un anno, come con un certo tono pessimistico ha detto l' onorevole Giorgio La Malfa , talune diversificazioni che si sono determinate in questi ultimi mesi negli andamenti della domanda fanno pensare che specifici fenomeni amplificativi del ciclo vadano esaurendosi e autorizzano a sperare che non sia lontano l' avvio di un processo di recupero, anche perché tali fatti hanno cominciato a determinare un miglioramento, sia pure contenuto, nel clima psicologico degli operatori. dal lato della domanda, in particolare, si è constatato l' arresto di talune flessioni abnormi, in ispecie per quanto riguarda la domanda intersettoriale. anche se la domanda di investimento appare sempre cedente, quella di consumo ha visto infatti progressivamente decelerare la propria discesa ed ha teso in più di un settore a stabilizzarsi. meno pesante, inoltre, si presenta il Russo di ordinativi alle aziende producenti beni di consumo . nell' ambito della domanda non finale, soprattutto, potrebbe avere preso fine quel cielo delle scorte, che tanto peso ha avuto in tutti i sistemi nell' amplificare la recessione. la rapida e consistente riduzione delle scorte è stata — in Italia come in tutti gli altri paesi industrializzati — la caratteristica principale di questa fase recessiva: una semplice decelerazione di tale fenomeno può tradursi così — nel breve andare — in maggior domanda complessiva e favorire la produzione; il suo arresto fornisce un impulso aggiuntivo non trascurabile, anche se di breve periodo, al sistema. e ciò che sembra essere avvenuto in specifici comparti, in particolar modo producenti beni intermedi destinati a rappresentare componenti di beni di consumo , quali ad esempio industrie tessili, della carta, delle pelli, del cuoio, che dopo una eccezionale caduta di attività nella seconda parte del 1974 hanno segnato a partire dalla primavera un qualche recupero. e una ulteriore comprova di accresciuta attività in atto o in prospettiva è fornita da una sia pur minima tendenza all' aumento, di alcune importazioni. un altro sintomo incoraggiante è dato dalla richiesta di mutui agevolati da parte delle piccole e medie industrie. ad esempio il Mediocredito centrale, oltre ad avere intensificato l' azione di agevolazione in questi ultimi mesi, ha già ricevuto dagli istituti regionali di medio credito segnalazioni di nuovi finanziamenti per il prossimo anno per 400 miliardi di lire . se questi sintomi gettano qualche luce sulle prospettive del 1976, difficile rimane però l' eredità che lascia il 1975. e non è esatto, onorevole Todros, che il Governo sottovaluti la gravità del momento economico. i dati a disposizione indicano che non sono allontanate tutte le precedenti tensioni, alcune delle quali, se nuovamente rafforzate, potrebbero anzi portare il sistema economico al di là dei di sicurezza e far assumere a questa crisi nuove preoccupanti dimensioni. perciò sono giusti i richiami degli onorevoli Serrentino e Altissimo ad un clima di severità pubblica e privata. il permanere di una pesante situazione produttiva si è ripercossa, come in tutti i sistemi economici, sul l' utilizzo dei fattori produttivi. il grado di utilizzo degli impianti — confermo le osservazioni fatte in proposito dall' onorevole Preti — è sceso nel terzo trimestre del 1975 intorno al 64 per cento (70,6 per cento nel secondo trimestre e 77 per cento circa nella media de 1974): flessione che riflette la perdita di produttività del sistema e che può costituire in prospettiva una delle maggiori remore alla ripresa della domanda di investimento, accelerando nel contempo l' obsolescenza di molte strutture. per quanto riguarda l' occupazione, pur avendo registrato un aumento in valore assoluto del numero degli occupati, dobbiamo tuttavia accusare un preoccupante incremento della disoccupazione, soprattutto per quanto riguarda il numero delle persone in cerca di primo lavoro. non si può ignorare che in avvenire singole produzioni o interi settori produttivi si troveranno comunque emarginati dal mercato. tali produzioni dovranno quindi essere rimpiazzate da altre a più elevato contenuto tecnologico, atte a dar lavoro particolarmente alle nuove leve. ecco perché, come ha detto l' onorevole Aiardi, occorre programmare anche in nuove forme, corsi di qualificazione per i giovani in cerca di prima occupazione, in modo da prepararli a compiti diversi da quelli di coloro che li hanno preceduti. e concordo pienamente con l' onorevole Giolitti — e con gli altri colleghi che hanno affrontato il problema — circa l' esigenza di impostare una nuova e concreta politica « attiva » nel campo del lavoro che, oltre a predisporre una serie di misure immediate che permettano di superare la fase più acuta, affronti il problema della disoccupazione nella necessaria visione di medio e lungo periodo. in tutti i paesi industrializzati , i giovani appaiono sfavoriti sul piano dell' occupazione e la ricerca di un posto di lavoro è diventata ormai un problema strutturale. creare posti di lavoro per le nuove leve è il fine non ultimo della ristrutturazione che auspichiamo per il nostro sistema produttivo . grazie al meccanismo della cassa integrazione guadagni la difficile situazione del settore industriale si è sino ad ora principalmente tradotta in una riduzione nel numero delle ore lavorale per addetto piuttosto che in una riduzione del numero degli occupati. tuttavia negli ultimi mesi l' occupazione dipendente nella grande industria mostra una progressiva tendenza al peggioramento. nel complesso dei primi dieci mesi dell' anno si è registrata, rispetto allo stesso periodo del 1974, una riduzione del numero degli occupati dello 0.8 per cento cui si accompagna una riduzione delle ore lavorate per addetto del 6,5 per cento . nel contempo, il ricorso alla cassa integrazione guadagni nei primi dieci mesi dell' anno ha raggiunto circa i 300 milioni di ore (contro i 130 milioni dello stesso periodo del 1974). ma tale meccanismo — ha ragione qui l' onorevole Isgrò — è tuttavia uno strumento parziale, perché se offre una tutela economica ai già occupati, non può venire incontro alle esigenze — economiche e anche psicologiche — di quanti sono fuori dal mondo del lavoro , giovani in primo luogo. anche gli equilibri monetari verso cui ci si è andati progressivamente avvicinando nel 1975 non possono dirsi consolidati. con la ripresa autunnale, le pressioni sui prezzi — che si erano nettamente affievolite alla fine del 1974 — si sono di nuovo leggermente accentuate. pur tenendo conto del normale modello stagionale, il fenomeno non devo essere sottovalutato. anche l' interscambio con l' estero avrebbe registrato un qualche peggioramento: il disavanzo commerciale, che nella prima parte dell' anno era stato mediamente paria 120 miliardi di lire al mese, è salito a 410 miliardi a settembre, è stato di 197 miliardi ad ottobre. ciò in relazione ad una consistente ripresa delle importazioni alimentari (da 330 miliardi mensili nei primi otto premi dell' anno a 550 miliardi in settembre e oltre 400 miliardi in ottobre), ma anche — come già ricordato — per una ripresa, sia pure contenuta, di specifici approvvigionamenti per l' industria di trasformazione. ed è anche questa una delle contraddizioni del presente delicato momento di transizione: non si può avere una ripresa produttiva senza accrescere determinate importazioni, e quindi poterne constatare l' aumento è fatto in sé positivo; ma la copertura delle maggiori importazioni sottointende la necessità di maggiori esportazioni, e pertanto un risveglio della domanda internazionale, fin qui ancora nelle speranze di tutti i sistemi ma non ancora nella realtà. va comunque sottolineato che nell' insieme dell' anno l' Italia è stata fra i pochi paesi che sono riusciti a mantenere ed in qualche misura ad aumentare la propria quota di mercato, grazie allo sforzo di penetrazione compiuto dai nostri operatori sui mercati dei paesi dell' Opec e dei paesi dell'est . tale penetrazione, per altro, non è agevole per specifiche produzioni, in ispecie destinate al consumo, che ancora tanta parte rivestono nelle nostre strutture produttive: né si può ignorare, che le previsioni formulate in sede Ocse e Cee circa la futura espansione della domanda di tali paesi non sono rassicuranti. questo un altro motivo per compiere ogni sforzo diretto a diversificare le nostre esportazioni sui mercati mondiali. i pochi dati esposti mostrano dunque come il 1975 si avvia a chiudersi in un clima di incertezza sia sul piano interno (che risente anche del clima di attesa che deriva a tutto il sistema dalle vertenze in atto per i rinnovi contrattuali), sia su quello internazionale. non c' è dubbio infatti che il modo in cui evolverà nei prossimi mesi la domanda esterna, è fondamentale ai fini della ripresa della nostra economia. ma la ripresa economica — sono d' accordo in ciò con l' onorevole Napolitano — è legata anche alle capacità del paese di sviluppare azioni autonome di sostegno alla produzione. non possiamo soltanto attendere che la ripresa venga indotta dal comportamento di altri paesi industrializzati , ma dobbiamo essere capaci di sostenere la nostra produzione indirizzando le risorse disponibili verso settori che, oltre a soddisfare bisogni fondamentali della società, siano in sé trainanti di ulteriori attività economiche. in questo momento — e considerato il grande fabbisogno di beni e servizi sociali — tale funzione può essere svolta soprattutto dagli impieghi sociali del reddito e spingendo specifici investimenti. è necessario dunque accelerare gli interventi nella edilizia abitativa, economica e popolare e nell' edilizia scolastica, universitaria e nell' edilizia ospedaliera; spingere la realizzazione di un più sodisfacente sistema di trasporti urbani ed extraurbani; imprimere nuovo impulso all' attività agricola, che rimane punto critico del nostro sviluppo, per i problemi che pone per l' equilibrio dei conti con lo estero, e, più in generale, per i problemi di ordine sociale, di sviluppo equilibrato e di riduzione dei divari settoriali e territoriali. un più ampio trasferimento di risorse ed una attività politica di ristrutturazione dell' agricoltura, nel quadro di nuovi indirizzi economici generali, può contribuire e qui mi riferisco a quanto ha detto l' onorevole Salvatore Urso — ad ampliare la domanda interna in fondamentali settori industriali quindi agire da stimolo al sistema economico . le misure di sostegno degli investimenti adottate dal Governo nell' estate scorsa e sul cui stato di attuazione ha nei giorni scorsi dettagliatamente riferito il ministro del Tesoro , tuttavia, non possono da sole avviare e garantire un processo di ripresa, che, deve poter contare — oltreché su una razionale ed equa ripresa della crescita dei consumi interni — su di una espansione delle esportazioni che ci consenta di sostenere le necessarie maggiori importazioni. è in questa ultima ottica — vorrei fare notare all' onorevole Corti — che il Mediocredito centrale ha già accolto, nel corso del 1975, nuove richieste di credito agevolato alla esportazione per oltre 1.700 miliardi di lire e altre potrà accoglierne ancora prima della fine dell'anno , avvicinandosi così ai duemila miliardi. deve essere chiaro che la scelta diretta a « privilegiare » le esportazioni costituisce solo la premessa per irrobustire il nostro sistema e non già per indebolirlo. l' Italia è un paese trasformatore, è un paese — tuttavia — di limitate dimensioni, così come lo sono tutti i paesi d' Europa. ognuno di essi, non può dunque essere autosufficiente; ben pochi sistemi lo sono, del resto, e comunque devono avere dimensioni continentali. un paese come il nostro deve costantemente confrontarsi con i suoi concorrenti per vendere i suoi prodotti, per poter acquistare ciò che gli necessita. e i suoi concorrenti non restano fermi. sui mercati internazionali si affacciano ogni giorno di più i paesi nuovi, che vanno realizzando anch' essi una loro « rivoluzione industriale » , che offrono beni a scarso contenuto tecnologico ma anche a basso costo, e che progressivamente emarginando le produzioni similari — e però a costi più elevati — dei paesi, a più antica industrializzazione. quei paesi, tuttavia, richiedono in misura crescente beni capitali ai paesi industrializzati , e non è un caso che proprio l' affermazione delle nostre esportazioni nei paesi Opec o nei paesi dell'est abbia riguardato essenzialmente i beni di investimento. da questo punto di vista , il vincolo della bilancia (lei pagamenti può non essere dunque una pastoia ma un pungolo a progredire. ed è in questa prospettiva che l' azione di breve periodo deve innestarsi e saldarsi a quella di più largo respiro. oltre ai problemi di bilancia commerciale e di bilancia dei pagamenti , vi è poi da considerare il problema dell' equilibrio finanziario delle imprese produttrici di beni e servizi. un equilibrio che occorre ricercare attraverso la riduzione dei costi unitari di produzione e la realizzazione dei margini necessari al risanamento finanziario senza produrre effetti perversi sui prezzi. mai come in questo momento appare necessario un forte incremento della produttività, richiesto per difendere i redditi da lavoro, per pagare i debiti contratti con l' estero, per sostenere i costi delle trasformazioni sociali che vogliamo operare dotando la società di moderni ed efficienti servizi e degli indispensabili beni sociali. e in questa chiave che diventa necessaria una attenta e responsabile gestione delle vertenze sindacali in corso . e il momento della lotta all' assenteismo. la riconversione, la ristrutturazione della nostra economia comportano inevitabilmente un certo grado di mobilità del lavoro, ovviamente assistita e sorretta da politiche capaci di annullare gli svantaggi che la mobilità può arrecare. e d' altronde l' alternativa sarebbe assai più grave, giacché dal dissesto a lungo prolungato delle imprese non può che nascere la disoccupazione. è questo anche il momento di convincerci che le conquiste sociali e quelle economiche non possono derivare solo da politiche di redistribuzione del reddito, verso le quali dobbiamo essere disposti tutti nella consapevolezza della necessità di rimediare alle ingiustizie sociali. ma sono legate specialmente — come ha sottolineato anche l' onorevole Malagodi — a fasi di politica produttivistica e di grande efficienza. questa politica, d' altronde , deve percorrere la via di una domanda di beni privati qualificata. quindi imprese in equilibrio per i nuovi compiti, per una domanda di mercato che cambia, per un mercato che deve essere orientato in funzione delle esigenze di crescita ordinata e qualitativamente impegnata, da qui una maggiore consapevolezza della necessità della riconversione industriale, che richiede un grande fabbisogno finanziario. nel quadro delle azioni specifiche che dovranno dare contenuto effettivo alla dichiarata esigenza di una politica a medio termine finalizzata all' ammodernamento delle nostre strutture produttive, vanno collocati i programmi in corso di definizione o di attuazione nel settore dell' energia, della chimica e, per quanto concerne sempre il settore agricolo, nel campo dell' irrigazione, della forestazione! e della zootecnia, come pure la riconsiderazione dei numerosi problemi concernenti lo sviluppo del Mezzogiorno. il potenziamento degli interventi straordinari nel sud è uno degli obiettivi che il Governo si è prefisso di perseguire nel quadro di nuove azioni di politica economica di medio periodo dirette ad incidere profondamente sul tessuto produttivo dell' intero paese. durante il quinquennio di operatività della legge numero 853, del 1971 — nell' ambito del quale si è registrata, è bene ricordarlo, anche la più tormentata e grave fase economica attraversata dal paese negli ultimi trenta anni — la Cassa per il Mezzogiorno , istituita per svolgere una incisiva azione sulle strutture economiche e sociali del sud, è stata chiamata a dare alla sua azione un ruolo anche congiunturale. il giudizio che a posteriori si può dare di tale azione è che essa si è manifestata di assoluto rilievo. per comprendere il senso di questo giudizio basti considerare il ritmo degli impegni e della spesa effettiva nel periodo tra il 1971 e il 1975 per il quale è già disponibile un pre-consuntivo. gli impegni sono passati da 581 miliardi nel 1971 a tremila miliardi circa nel 1975. la spesa effettiva, a sua volta, è passata da 445 miliardi nel 1971 a 1675 miliardi nel 1975. anche se si considera questo andamento in lire costanti 1975 si rileva per gli impegni un incremento da mille miliardi a circa tremila miliardi e per le spese da 775 a 1.075 miliardi; si è cioè più che raddoppiata la capacità operativa della Cassa in termini di impegno. poiché a chiusura dell' esercizio 1975 la somma degli impegni che daranno luogo ad esborsi a partire dal 1° gennaio prossimo ammonterà a 4.128 miliardi, si deve affermare che sono state poste le premesse per assicurare un flusso crescente della spesa durante il 1976 ed anche negli anni successivi, supposto, s' intende, che l' assunzione di nuovi impegni mantenga dopo il 1° gennaio 1976 un ritmo almeno uguale a quelle raggiunto nell' anno in corso . considerato, inoltre, che al 31 dicembre 1975 si realizzerà un equilibrio pressoché totale tra crediti della Cassa verso il Tesoro e somme impegnate, la gestione del quinquennio si chiuderà senza lasciare disponibilità residue ancora impegnabili. va pertanto constatato che l' attuale sistema di spesa della Cassa ha eliminato praticamente — per quel che la concerne — il fenomeno dei residui passivi . il Governo intende ora proseguire nella azione intrapresa nell' ormai lontano 1950, tenendo però conto della realtà regionale estesa a tutto il territorio interessato e alla luce delle esperienze acquisite. e assicuro gli onorevoli Bandiera e Pandolfi che il programma di interventi per il Mezzogiorno costituisce un aspetto concreto del più ampio disegno dei rinnovamento economico generale che il Governo intende promuovere. il nuovo progetto di legge che il Governo ha elaborato e che sarà sottoposto nei prossimi giorni, all' approvazione del Consiglio dei ministri , si propone — onorevole Revelli — di perseguire tre obiettivi di fondo e cioè: garantire massicci stanziamenti aggiuntivi per proseguire l' intervento straordinario nei territori meridionali; corresponsabilizzare le regioni meridionali al perseguimento degli obiettivi di tale sviluppo nel rispetto delle loro competenze costituzionali; assicurare la occupazione in loco del massimo di mano d'opera , favorendo gli investimenti produttivi nel settore industriale. nella nuova fase dell' intervento, la Cassa per il Mezzogiorno si configurerebbe come organismo operante per conto dello Stato e al servizio delle regioni meridionali . il criterio di corresponsabilizzazione delle regioni — come ha auspicato l' onorevole Ciampaglia — risponde non soltanto alla domanda regionale di partecipazione (il che sarebbe ancora poca cosa) quanto soprattutto ad una concezione istituzionale basata sull' intesa tra Stato e regioni, per una strategia unitaria per risolvere i problemi del sud. ai mezzi finanziari che saranno legislativamente assegnati per il Mezzogiorno, si aggiungono quelli che il fondo europeo di sviluppo regionale, nel quadro della politica regionale della Cee, assegnerà ulteriormente all' Italia. le norme relative a questo fondo sono già operanti ed entro il 30 settembre 1975 erano state presentate dal Governo alla Commissione delle Comunità economiche europee domande di contributo che coprivano largamente la disponibilità di impegni del fondo per l' anno corrente, disponibilità che, come è nodo, per il 1975 è per l' italica pari a 75 miliardi di lire . per tali domande, infatti a fronte di infrastrutture e attività industriali da realizzare noli Mezzogiorno per un investimento complessivo di 604 miliardi di lire , il contributo richiesto ammontava a 98 miliardi di lire circa. con l' ultima seduta del 9-10 dicembre 1975, il comitato di gestione del fondo ha completato l' esame di tutte le domande presentate dai vari stati membri e già istruite dalla commissione Cee , dando parere favorevole, per quanto attiene all' Italia, a domande relative ad investimenti per 502,5 miliardi di lire cui corrispondono contributi per 86,6 miliardi di lire , cioè per 11,6 miliardi di lire in eccedenza rispetto alla quota destinata all' Italia per l' anno 1975. nel contempo, però, alcuni stati membri non sono stati in grado di presentare domande di contributo in misura tale da coprire la loro quota annuale per il 1975; per cui la Commissione entro corrente anno ha la possibilità di assegnare ad, altri stati membri , tra cui l' Italia, questa parte del fondo non utilizzata. in definitiva, quindi, tra impegni ammissibili a fronte della dotazione per il 1975 e impegni che potranno essere assunti nel prossimo gennaio a fronte della dotazione dei 1976, per domande già approvate, l' Italia ha acquisito un complesso di contributi pari a 86,6 miliardi di lire . poiché a fronte del citato ammontare di impegni la Comunità ha la possibilità di effettuare erogazioni, nel corso del 1975, pari al 50 per cento di tale somma, da parte del Governo si è già provveduto ad inviare alla commissione stessa una prima tranche di domande di pagamento in relazione ai contributi approvati nel mese di ottobre. sono già in corso di predisposizione le domande di pagamento relative ai contributi approvati il 9 e 10 dicembre, e per i quali la formalizzazione da parte della Commissione dovrebbe avvenire proprio oggi 16 dicembre, in modo da ottenere il massimo dei pagamenti possibili già entro il primo bimestre del 1976. l' impostazione data al problema del Mezzogiorno, specie in relazione alla collaborazione tra i diversi centri decisionali di spesa (Stato, Cassa e regioni) dimostra a sufficienza come il Governo è impegnato a tradurre in puntuali provvedimenti il regionalismo della Costituzione. come ho avuto occasione di evidenziare in sede di replica al Senato, l' azione di politica economica , tanto quella volta a contenere gli effetti della crisi nel breve termine , ma ancor più quella tesa a modificare le strutture nel più lungo periodo, si dovrà largamente appoggiare — è questa una esigenza di funzionalità oltre che un preciso dettame costituzionale — sulle istituzioni regionali. tale convincimento ha già avuto modo di esplicarsi in concreti atti di Governo: nel costruttivo confronto in sede di Commissione interregionale e di comitato per la programmazione economica, nella sollecita applicazione delle leggi che predispongono stanziamenti a favore delle regioni, attraverso l' attuazione della delega conferita dal Parlamento con la legge numero 382, del 1975. si estrinsecherà ancora nella definizione di un organico sistema di finanza regionale e degli enti locali . in particolare, vorrei ricordare al, l' onorevole Giolitti che il Governo è impegnato nella rapida approvazione del disegno di legge , già presentato in Parlamento, in materia, di contabilità, regionale. la capacità di operare in tempi brevi è certamente una delle domande che il paese pone allo Stato nella sua nuova articolazione, quale condizione essenziale per fronteggiare adeguatamente gli adempimenti normali e per cooperare all' attività di programmazione. al riguardo voglio anche auspicare che trovi finalmente definizione il problema della localizzazione delle centrali per la produzione di energia elettrica , che ormai si trascina da troppi anni e che rischia di pregiudicare il piano volto a fronteggiare nel prossimo futuro il fabbisogno energetico; piano la cui attuazione è resa sempre più urgente dai problemi derivanti dalla crisi petrolifera. un altro esempio della sempre maggiore importanza e completezza dei compiti cui sono chiamati ad operare i poteri locali è offerta, proprio in questi giorni, dall' approvazione da parte del Consiglio dei ministri del disegno di legge che stabilisce le premesse di una nuova disciplina urbanistica. e giusto anche, come hanno fatto l' onorevole Principe e l' onorevole Machiavelli, richiamare l' importanza del problema del risanamento dei bilanci municipali. lo sforzo e l' impegno che il momento richiede devono sollecitare l' operatività di tutti gli organi istituzionali. a questo proposito mi si consenta di richiamare l' attenzione sulla necessità di un colloquio che deve essere stabilito in via permanente tira lo Stato e le singole parti. e qui, non si deve solo pensare a istituti nuovi e a nuovi organi o a contatti diversi, oppure cercare nuovi punti di incontro tra le parti; si devono rendere più operativi e più efficienti — del caso con le necessarie modifiche — organi già esistenti, quali il Cnel, il Cipe, ed altri cui il nostro ordinamento affida compiti fondamentali. il Governo ha esplicato e sta esplicando azioni decise per frenare la recessione e per far riprendere all' economia il ritmo di sviluppo al quale eravamo abituati, in un contesto di linee qualitative più attente ai problemi sociali e alla qualità dei beni e dei servizi offerti. dal punto di vista congiunturale, non credo che in questo momento si possa fare di più di quanto si sta facendo, se non operare affinché quanto è stato deliberato e le spese già stanziale si traducano al più presto in opere concrete ed esplichino il più rapidamente possibile i loro effetti. non giovano, onorevole Turchi, Delfino e Galasso, certi pregiudiziali pessimismi politici! le nostre difficoltà, i nostri problemi sono molti e difficili e per la loro soluzione è indispensabile la partecipazione di tutte le parti sociali con uno spirito consapevole del comune interesse da perseguire, come ben ha posto in luce uno dei nostri più giovani colleghi, l' onorevole Benedikter. se un eguale impegno ci legherà in una comune opera di collaborazione, si potrà — come è nostro dovere — contribuire a porre termine alle gravi difficoltà che tuttora incombono sull' orizzonte del nostro paese.