Giovanni SPADOLINI - Deputato Opposizione
VI Legislatura - Assemblea n. 328 - seduta del 23-01-1975
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
1975 - Governo II Cossiga - Legislatura n. 8 - Seduta n. 148
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli Deputati , desidero in primo luogo ringraziare tutti coloro che sono intervenuti in questa ampia discussione su un tema che ha appassionato la società civile italiana; in particolare, nell' ordine, i deputati Badini Confalonieri , Giannantoni, Achilli, Nicosia, Biasini, Aloi, Masullo, Romita e Bardotti, i quali tutti hanno portato un contributo importante di esperienza e di osservazioni alla definizione di una materia che, nella sua vastità e complessità, trascende certo i confini del ministero che ci accingiamo a costituire, se la fiducia della Camera seguirà a quella del Senato. un particolare ringraziamento rivolgo al relatore, onorevole Vecchiarelli, per la limpida esposizione e per la puntuale replica. egli ha colto le linee fondamentali dell' intervento di emergenza che il Governo ha voluto compiere, ricorrendo ad uno strumento certo eccezionale come il decreto legge , tanto eccezionale — come disse il presidente del Consiglio nel suo discorso programmatico alle due assemblee — era l' esigenza cui si intendeva rispondere. strumento eccezionale che vuole indicare una volontà politica eccezionale, quale la gravità del deterioramento crescente negli ultimi anni del patrimonio culturale e naturale della Repubblica ha posto all' attenzione della classe politica , all' attenzione di tutti i partiti, senza distinzione. riuscirà lo strumento per ora limitato e certo insufficiente, contenuto nel testo di questo decreto sottoposto alla vostra conversione, onorevoli Deputati , a risolvere i tanti, drammatici e complessi problemi cui vogliamo far fronte, se non ci sarà successivamente la fiducia del Parlamento anche sulle varie iniziative legislative che il Governo si propone di presentare? se non ci sarà lo stesso slancio che, tutto sommato e nonostante comprensibili riserve, viene dimostrato da tutti i settori di questa Assemblea? sono sicuro che quello di oggi è soltanto il primo necessario passo per la grande opera di reintegrazione e di recupero, anche alla coscienza culturale del paese, di questi valori troppo spesso dispersi, frantumati o negletti. la scelta che ha ispirato questo provvedimento del Governo è stata una scelta culturale prima ancora che politica. il Governo ha voluto cioè recepire, negli scarni e avari articoli di questo decreto legge , il travaglio di un decennio di vita italiana. un decennio che — come è stato ricordato da parecchi componenti di questa Assemblea — si può far risalire alla data d' inizio dei lavori della commissione Franceschini (1964), quella commissione che dopo un' ampia, analitica, approfondita indagine durata tre anni, consegnò le sue conclusioni in un documento fondamentale sullo stato, già allora allarmante, di depauperazione e di decadimento dei nostri beni e dei nostri valori culturali, con la finale proposta di una gestione autonoma, sia pure in quella fase, come hanno opportunamente ricordato gli onorevoli Masullo e Romita, secondo la semplice formula di una agenzia, cioè di un' arma ancora più snodata e sottratta ai vincoli e ai lacci, tanto spesso paralizzanti, della Pubblica Amministrazione . questo travaglio subì poi un' ulteriore evoluzione con la successiva commissione Papaldo che, proprio di fronte alle difficoltà spesso insormontabili del nostro apparato amministrativo (così obsoleto e legato a strutture antiquate), ravvisò l' opportunità della creazione di un vero e proprio ministero, affinché esso avesse (lo ha detto bene l' onorevole Bardotti poco fa) l' autorità di essere l' unico interlocutore del Parlamento. ed ecco oggi il ministero, come interlocutore del Parlamento, come promotore di una iniziativa unitaria culturale e politica in vista di apprestare a tutti i livelli gli strumenti necessari perché a questa tutela si provveda in forme meno sporadiche, meno frammentarie, meno disarticolate, meno inefficaci del passato lontano e recente. troppo grave è davanti a tutti noi quello che in questa alta discussione, da tutti i settori di questa Assemblea, è risuonato: il cahier de doléances che riunisce gli ambienti più disparati del paese, che ha alimentato iniziative benefiche di associazioni come « Italia Nostra » (per ricordarne solo una) che fu un po' profeta e anticipatrice in questo campo per la tutela dei beni culturali non meno che ambientali, che ha sollecitato — l' ha detto l' onorevole Giannantoni — un' infinità di dibattiti, di convegni, che tanto più hanno elevato la loro voce negli anni scorsi, tanto meno è sembrato che si riflettessero in atti conseguenti e compiuti di volontà politica da parte del centro. e vorrei ricordare che il problema, già grave intorno agli anni Settanta , il problema punteggiato dai fatti di Venezia e di Firenze che pure qui sono stati ricordati, diventò gravissimo nel momento in cui un precedente Governo di centrosinistra compì, sotto la presidenza dell' onorevole Rumor, una scelta coraggiosa, che fu quella, nel luglio del 1973, di nominare un ministro senza portafoglio per i beni culturali . questo fatto non doveva essere certo la prefazione o l' auspicio dell' aggiunta di un motivo ornamentale e decorativo, come troppo spesso sono in questo paese i ministri senza portafoglio , ma doveva costituire soltanto il primo passo per una definizione di competenze fra i settori che avevano prima giurisdizione sui beni culturali e quest' unico centro motore su cui ormai convergevano tutte le forze politiche e culturali, destinato a tradursi — sia pure nei limiti angusti di leggi vecchie — nel solo strumento possibile, fino a che non riformeremo tutti i ministeri e le nostre strutture amministrative (e temo che ci sia ancora del tempo, tempo in ogni caso che i nostri beni artistici e culturali non possono aspettare), cioè il ministero. nel 1973, con l' instaurazione di quel ministero senza portafoglio affidato al collega Ripamonti ed abbinato ad un altro senza portafoglio per l' ambiente (più nel senso ecologico che nel senso che oggi preciseremo del nostro ministero) affidato al collega Corona, fu sanzionata da parte del potere politico una scelta culturale e politica insieme che sull' immediato non solo non dette risultati positivi, ma aggravò una situazione già grave. e perché? ma perché generò un moto di aspettazioni, di fervori, di speranze, nella stessa negletta e trascurata amministrazione delle belle arti , cui non corrisposero i fatti. nonostante il suo personale e generoso impegno, che ho avuto occasione di ricordare al Senato, il collega Ripamonti neanche riuscì a portare al concerto dei tanti ministri interessati, a questi concerti che sembrano inseparabili dalla nostra Pubblica Amministrazione , il pur meditato, esauriente ed equilibrato progetto di legge che certo servirà per l' ulteriore normazione legislativa di questo settore, relativo alla trasformazione del ministero stesso in un organo pieno con competenze ben delineate e precisate. certo questo lavoro della commissione Ripamonti, che opportunamente sondò anche gli organismi regionali interessati in via primaria a questo settore — come avrò modo di chiarire nel corso della mia replica — è stato prezioso perché noi oggi, a tempi di primato, tempo che il Parlamento ha rispettato con la sua volontà altrettanto rapida di approfondire e portare a termine questa discussione, abbiamo potuto presentare in questo testo quello che era un po' il frutto di una communis opinio maturata precedentemente e tante volte riflessa nelle aule delle Commissioni parlamentari e delle assemblee: il fatto di un dicastero capace di svincolare dal ministero della Pubblica Istruzione tutta l' area dei beni non scolastici e di sottrarre al ministero dell'Interno tutta l' area degli archivi di Stato, che sono un settore essenziale del patrimonio culturale del paese, non meno dell' area dei beni culturali e non dell' informazione, legati alla Presidenza del Consiglio . su questa parte, che si traduce nel testo emendato, migliorato e arricchito dal Senato, non c' era sostanzialmente contrasto laddove — lo tratterò più a fondo nel corso della mia replica — esistevano ed esistono dubbi sull' area dello spettacolo, che pure, secondo gli intendimenti del Governo, dovrà passare — sono d' accordo, onorevole Romita — al ministero per i beni culturali e ambientali non appena risolti quei problemi di definizione legislativa — voi sapete quanto drammatici — che attendono ancora il loro scioglimento. ebbene, l' istituzione della carica di ministro senza portafoglio aveva avuto la virtù di accentuare queste attese e di accentuare la disperazione per le attese mancate; di generare nei settori periferici delle belle arti , delle antichità, delle accademie, una speranza cui non aveva corrisposto nessuna effettiva realizzazione; di distaccare ancora di più questo settore dalla pubblica istruzione , senza creare un interlocutore valido per gli interessati stessi. già nella storia italiana questa delle antichità e belle arti , che è poi il nucleo centrale del nuovo ministero, ha sempre avuto una sua vita in qualche misura autonoma dalla pubblica istruzione ; è un tema degno di essere ricordato. non a caso nacque esattamente cento anni fa, di questi giorni, e fu per molti decenni la sola direzione generale della pubblica istruzione , quasi il nucleo di un piccolo ministero autonomo, che proprio nel 1919, nell' autunno dell' età liberale, si tradusse in un tentativo, che durò pochissimi anni, che poi il fascismo soppresse, di sottosegretario alle belle arti e alle antichità, con rango di dicastero. tanto è vero che al termine « dicastero » si riferisce, nella circolare inviata al suo personale, il primo titolare di questo sottosegretariato, un grande studioso di arte veneziana, Pompeo Molmenti , il quale sottolineava, nel novembre 1919, che proprio con questo organo finalmente l' Italia provvedeva a una migliore tutela e conservazione dei beni culturali e archeologici. un dicastero che recepiva il travaglio legislativo dell' Italia giolittiana, di quell' italietta che, pur coi suoi limiti, fin dal primo decennio del secolo, aveva impostato con chiarezza il problema del valore pubblico e collettivo del patrimonio artistico . negli stessi anni in cui Giolitti realizzava il monopolio delle assicurazioni e preparava il suffragio universale , il valore di bene pubblico del bene culturale emergeva dalle leggi Rosadi, cioè di un uomo che poi dieci anni dopo doveva essere, insieme con Benedetto Croce , ministro dell' Istruzione , sottosegretario alle belle arti , seguendo a Pompeo Molmenti e precedendo l' ultimo, che fu un altro insegne umanista, Giovanni Calò. una direzione quindi delle belle arti che ha una sua storia autonoma, che ha espresso addirittura un suo dicastero autonomo, persino riaffiorato dopo la Liberazione con il breve sottosegretariato alle belle arti , che un illustre studioso toscano, Carlo Ludovico Ragghianti, occupò proprio nel fervore delle speranze immediate, successive alla Liberazione e ancora precedenti alla Costituente, fervore che poi di nuovo fu sommerso nel grande mare della pubblica istruzione . e qui dobbiamo essere molto chiari; certo, molti colleghi, in Commissione e in Aula, sentono la preoccupazione da me condivisa — l' ha detto con efficaci parole un uomo di scuola vera qual è il collega e amico Biasini, che affettuosamente ringrazio per il suo caldo augurio — che possano sorgere steccati fra i due mondi. è una preoccupazione cui, almeno per la parte che mi riguarda, cercherò di rispondere creando le più ricche e capillari forme di integrazione fra il settore scolastico ed il settore non scolastico, di cui ha bisogno, e urgente bisogno, il nostro paese. ma, nella situazione attuale, un punto è certo: il ministero della Pubblica Istruzione non poteva far fronte a tutti i bisogni, quelli della scuola e gli altri di questo immenso patrimonio non scolastico. non a caso, in regimi diversi, in ordinamenti capitalistici o comunistici, dalla Francia all' Unione Sovietica , per citare solo due casi, tutto questo settore è stato da molti anni sottratto alla competenza dei ministeri educativi; a parte il fatto che i compiti educativi, per richiamarsi all' esempio di un paese che molto ha dedicato all' educazione, l' Urss, non sono neppure concentrati in un solo ministero, ma suddivisi in tre o quattro dicasteri. e in Italia esiste una polemica aperta circa l' opportunità di collegare la ricerca scientifica alla stessa università. io ricordo che il senatore Fanfani, nell' ultimo tentativo quadripartito, prima del Governo bicolore dell' onorevole Moro, ribadì la volontà di costituire un ministero della ricerca e dell' università. questo è un problema, onorevole Romita, su cui il Parlamento sarà chiamato a discutere nei prossimi anni, anche perché mi pare difficile unire l' università alla ricerca finché non saremo riusciti almeno a riformarla e ad adeguarla a strutture moderne e corrispondenti alle nuove e moltiplicate esigenze della popolazione scolastica. comunque, sulla divisione fra il bene culturale , inteso come dato preliminare della stessa scuola, e la scuola, intesa come alimentatrice di una cultura di massa, esisteva ed esiste una convinzione assoluta: l' associata gestione burocratica era, in questo senso, perfino tecnicamente impossibile. non a caso ci siamo preoccupati — nel leale accordo realizzato con il collega Malfatti, che colgo l' occasione per ringraziare dell' aperto spirito di collaborazione dimostrato — di assicurare che nessun settore scolastico, in questo momento, rebus sic stantibus , passi sotto la direzione dei beni culturali , neanche i licei artistici, neanche le accademie di belle arti , pur così collegate con gli istituti nazionali di cultura. tutto ciò che è scolastico necessita di personale scolastico, in particolare dopo l' importante svolta dei decreti delegati , salvo poi ritrovare, in un futuro speriamo non lontano, per quanto riguarda le accademie, i conservatori, i licei e le scuole d' arte, quei punti di integrazione operativa e funzionale, che sono certamente indispensabili. si è detto da molte parti, anche in questa Assemblea (lo ha detto con particolare impegno, in un discorso ampio ed articolato, l' onorevole Giannantoni) che il trasferimento di competenze da solo non basta a realizzare un nuovo ministero che sia capace di promuovere una nuova politica della cultura. certo, collega Giannantoni e collega Romita (che pure ha trattato questo tema), il trasferimento di competenze non basta, ma senza di esso è impossibile pensare di iniziare quella più vasta, moderna e adeguata politica dei beni culturali che da tanti anni è sollecitata da varie sponde, ma che mancava, anche nel contatto con il Parlamento oltre che con il paese, di uno strumento centrale, cui attribuire le responsabilità (e saranno tante, troppe quelle che saranno attribuite al responsabile dei beni culturali , per colpe certo non sue). ebbene, su questo punto si innesta una polemica, che ha avuto larga eco anche sulla stampa in questi giorni, la polemica, cioè, se questo ministero debba essere — come ha scritto l' amico Argan in un articolo sul « Il Corriere della Sera » ripreso qui dal collega Giannantoni e da altri — un « ministero di competenti » , oppure un ministero che si perda nei meandri della burocrazia e che uccida ogni slancio rinnovatore nei gorghi del tran-tran quotidiano, di cui anch' io, per la mia brevissima esperienza di Governo, ho già pagato, quasi con fisica sofferenza, le spese. anche su questo punto bisogna dire che, per realizzare il ministero non burocraticizzato e non centralizzato che ho auspicato (concetto ripreso anche dal collega Bardotti), occorre partire da quanto la situazione del paese ci consente, cioè da strumenti operativi. il decreto legge ha solo questo obiettivo, assai modesto, di assicurare strumenti operativi, perché il ministero possa realizzare, con successive leggi, un ordinamento più snello e moderno, anche in collegamento con quella ristrutturazione, ricordata dal collega Romita, di tutta la Pubblica Amministrazione , che è stata già approvata dal Senato e che verrà alla Camera per un più ampio e approfondito esame, esame destinato a modificarne parecchi lineamenti. in quell' occasione, dovremo affrontare il gravissimo problema, che tutti conoscete meglio di me, relativo alla ristrutturazione delle competenze passate alle regioni. questa è una ventata che trasformerà la struttura di molti degli attuali ministeri, ai quali sono rimaste le facciate, senza avere, all' interno, le stanze, un po' come accadde ai palazzi di Vienna, dopo i bombardamenti aerei: andando a Vienna nel 1945, si potevano vedere questi palazzi in piedi, ma col resto dell' edificio svuotato e sventrato dall' interno. in questa opera, il nostro è forse l' unico ministero che riesca a cogliere, nella realtà frastagliata e spesso paralizzante degli ordinamenti attuali, un lineamento del futuro, e che cerchi di obbedire a un' ispirazione rinnovatrice, creando con gradualità e pazienza, senza miracolismi, almeno i mezzi che via via ci consentiranno di andare incontro a queste esigenze e di promuovere una più larga politica di intervento dello Stato in questo settore. dico dello Stato perché affronto qui il terzo tema, affiorato in questo dibattito, come già al Senato — che è poi il tema di fondo — del rapporto con le regioni. non c' è alcun dubbio che l' area dei beni culturali fu chiaramente divisa dal Costituente in una sfera di pertinenza esclusiva delle regioni e in una sfera di pertinenza esclusiva dello Stato. il che pone il problema di una integrazione e di un coordinamento necessari e improrogabili, proprio al fine di assicurare quella che l' articolo 9 della Costituzione chiama la tutela del patrimonio storico e artistico della nazione, oltre che la tutela del paesaggio. questa è una funzione che spetta alla Repubblica. se questo ministero non fosse nato dopo quattro anni di iniziative di protezione e di tutela da parte delle regioni, iniziative stimolanti e significative, dopo i vari progetti di legge che giacciono in questa Assemblea, lo Stato, cui la Costituente affidò questo compito, avrebbe del tutto abdicato a questa funzione. le metodologie scientifiche non possono non essere affidate allo Stato, attraverso le sovrintendenze, anche nel coordinamento con l' autonomia operativa dei musei locali, musei che spesso funzionano meglio di quelli nazionali, oberati da pesi schiaccianti, privi di mezzi, spesso abbandonati o trascurati. come possiamo pensare a questa difesa con criteri unici, scientificamente unici, del patrimonio artistico se non creando uno strumento il più possibile agile, che trasmetta queste direttive attraverso un rinnovato Consiglio superiore , attraverso rinnovati strumenti di contatto con gli esperti, a tutto il mondo che si articola nella ricca e molteplice vita delle regioni? il fatto dell' esistenza di questi poteri regionali, che questo ministero non vuole toccare, che anzi intende rispettare, pone più che mai il problema di una iniziativa dello Stato e di un rinnovamento della legge di tutela; legge di tutela che è vecchia, che corrisponde ad una società essenzialmente agricola, come poteva essere quella del 1939, di fronte ad un paese che si è radicalmente trasformato, che ha conosciuto forme di industrializzazione e migrazioni interne molto più grandi di quelle che caratterizzarono il medioevo. desidero soffermarmi sul motivo per il quale abbiamo ritenuto di escludere dal testo di legge il termine, che è pure nella Costituzione, di « paesaggio » . i colleghi liberali al Senato proposero di chiamare il nostro dicastero « ministero dei beni culturali e del paesaggio » . in quella occasione ribadii che il termine « ambiente » , seppure opportunamente corretto al Senato con l' aggettivo al posto del sostantivo, coglie molto meglio questa realtà di quanto non possa farlo il termine « paesaggio » , un termine che nasceva proprio dalla concezione tradizionale, innestata sul fondo della pur tanto benemerita estetica crociana, della distinzione tra bello e non bello, del valore paesistico come puro valore di conservazione oligarchica dei « rariora » riservati ad una società di ottimati. cosa vuol dire « ambiente » ? che il bene culturale non può non essere inserito nella cornice del bene naturale. qui vorrei soffermarmi un momento, anche per raccogliere gli spunti stimolanti dell' onorevole Romita e di altri, sul perché questo ministero abbia rivendicato la competenza su beni ambientali, il che non vuol dire competenza su tutto il termine « ambiente » nella sua triplice accezione. cosa si intende per « ambiente » nella letteratura giuridica moderna? il concetto di bene ambientale è già definito in un articolo preciso della commissione Franceschini. cioè tutte le zone naturali, in cui il bene culturale si colloca e si inquadra, sono beni pubblici, non meno dei beni artistici, su cui lo Stato deve esercitare la sua sovranità quando i privati non rispettino le leggi dello Stato, con maggior fermezza di quanto non sia stato fatto in questi anni. c' è poi il secondo concetto di ambiente, come insediamento territoriale, come pianificazione del territorio. in proposito sono lieto di aderire a quanto è stato detto da vari oratori circa la necessità del rinnovamento della legge di tutela: il termine di pianificazione del territorio non può essere disgiunto dalle competenze, che non possono essere certo, in materia, esclusive del ministero per i beni culturali , che presuppongono un operante concerto con lavori pubblici . mi soffermo brevemente sull' osservazione fatta dall' onorevole Masullo, che pure ringrazio per le espressioni di personale cortesia, al di là del dissenso della sua parte, circa il « sentito dal ministro dei lavori pubblici » . qui bisogna intendersi: capisco che sia una conquista modesta quella del penultimo comma dell' articolo 2, ma vorrei sottolineare che costituisce una conquista importante rispetto all' attuale stato della legislazione. infatti, dopo il passaggio del settore dell' urbanistica alle regioni, la mancanza di una legge quadro tale da fissare i limiti degli interventi dello Stato rischiò di provocare il caos in questo settore. inoltre dalla legge del 1939 non è previsto il potere di concertazione tra il ministro allora della pubblica istruzione e oggi dei beni culturali e il ministro dei lavori pubblici ogni volta che si investano questioni di carattere artistico ed ambientale. tale concertazione è soprattutto necessaria quando le regioni disattendono i vincoli paesaggistici imposti dalle sovrintendenze. il problema posto dall' onorevole Romita è proprio questo: quello di realizzare un nuovo concerto con le regioni e con i lavori pubblici . su questo mi impegnerò a fondo. attraverso la legge quadro urbanistica saranno definiti le competenze e le iniziative dello Stato, il ruolo centrale insostituibile delle regioni e la competenza del ministero per i beni culturali in relazione a tutto ciò che riguarda la difesa dei beni culturali inseriti nel nostro territorio e visti in una più larga e intima connessione con il territorio stesso. siamo, quindi, di fronte ad una triplice riforma: la legge quadro urbanistica, la revisione della legge di tutela e la definizione del rapporto stato regioni . quest' ultimo rapporto dipende soprattutto dall' azione svolta dai sovrintendenti — 69 in tutta Italia — nei confronti delle regioni. giorni fa sono stato a Firenze alla riunione degli amministratori locali. ebbene, proprio la regione Toscana, che è stata la prima ad elaborare piani stimolanti per la valorizzazione dei beni culturali , vede oggi la necessità di coordinare queste sfere di potere e queste competenze. quindi, se noi restiamo fedeli al dettato costituzionale, troveremo senz' altro la strada per sciogliere i nodi posti dal problema dei rapporti tra Stato e regioni. lo Stato non dovrà comunque sottrarre nulla alle regioni per le cose di loro competenza. lo Stato — dicevo — (e ha ragione l' onorevole Piccoli sui tanti felici paradossi) non deve sottrarre nulla di quanto è di competenza delle regioni, ma deve altresì essere cosciente del compito che gli spetta e che non può essere che suo. si tratta di un compito di guida e di coordinamento, soprattutto scientifico e tecnico. alla luce di queste premesse posso rispondere con chiarezza al dubbio che tormentava l' onorevole Giannantoni e che è risuonato anche nell' intervento dell' onorevole Masullo. essi temono che questo possa diventare un « ministero burocratico » più che di competenti. ebbene, deve diventare un « ministero di competenti » partendo da quella che mi sembra la premessa indispensabile, cioè dal punto di partenza di una amministrazione autonoma. per quanto concerne la delega, essa non è altro che uno strumento, di ambito limitato, volto a sciogliere la questione del personale. la delega non vuole creare i lineamenti del ministero come organo culturale; vuole soltanto risolvere — d' accordo con i sindacati — i problemi piuttosto complessi di tre amministrazioni diverse: Interni, pubblica istruzione e Presidenza del Consiglio . la delega ha solo questo obiettivo. a questo proposito, preannuncio ai colleghi comunisti che mi è difficile accogliere il loro emendamento circa l' anticipo al 31 agosto. ritengo infatti di essere stato abbastanza cauto nello stabilire al 31 dicembre il termine necessario per riordinare questi tre settori. pregherei, anzi, i colleghi comunisti di ritirare quell' emendamento, facendo loro presente che quando essi avevano chiesto al Senato qualcosa di simile, non era ancora avvenuto il trapasso degli archivi. è questo un settore di oltre 1.000 funzionari di ruolo speciale, inseriti nel meccanismo abnorme del ministero dell'Interno . a questo proposito voglio ringraziare, per la comprensione dimostrata, il collega Gui. ebbene proprio il riordino del ruolo degli archivi impone questi tempi che, a mio parere, non sono poi neanche tanto lunghi. tale riordinamento avverrà sotto la sorveglianza del Parlamento e con la collaborazione dei sindacati, i quali entrambi vigileranno sulla necessità che tale ristrutturazione non si discosti dalle linee del riordinamento generale della Pubblica Amministrazione , prevista dalla legge numero 114. l' anticipazione del termine aggraverebbe e complicherebbe soltanto i problemi che dobbiamo risolvere in relazione al personale. voi sapete, amici dell' opposizione, quanto sia difficile oggi il dialogo con i sindacati; sapete inoltre che la direzione generale delle antichità e belle arti conta 8.700 dipendenti, anche se 1.400 posti sono ora scoperti a causa della lentezza delle procedure. io conto molto sul Parlamento e, in particolare, su questo ramo di esso (la prossima settimana, infatti, sarà portato all' esame della Commissione pubblica istruzione un complesso provvido di misure urgenti, già studiate da tutti i partiti, volte ad accelerare questi concorsi), per uno sveltimento delle procedure. i musei sono chiusi per mancanza di custodi, malgrado esista già la copertura finanziaria per circa 1.000 posti: noi chiediamo al Parlamento di aiutarci a sbloccare la situazione, dal momento che il ministro non ha alcun potere discrezionale in proposito. sono infatti la Camera e il Senato gli organi che possono attribuirgli la facoltà di integrare con rapidità questi ruoli e di realizzare indispensabili misure tampone. esse, d' altro canto, vengono richieste anche dalle regioni a causa dei riflessi gravissimi che potrebbero avere sul turismo. è stato segnalato da varie parti il problema del turismo, danneggiato dalla situazione critica e, in molti casi, disastrosa dei musei. ricorderò ad esempio che la pinacoteca di Brera può tenere aperte solo 10 sale, mentre le altre 40 restano chiuse con il rischio che vadano distrutte insigni opere d' arte. vorrei anche ricordare, come ho già fatto presso la Commissione affari costituzionali, un mio recente incontro con il personale del Grand Hotel di Firenze, l' albergo che ospitò per decenni il turismo di élite del mondo anglosassone, nel corso del quale venne richiesto il mio interessamento presso il Governo a difesa dei sacrosanti livelli occupazionali di cento persone, licenziate con procedure certamente disinvolte. io risposi a quei sindacalisti: « aiutatemi a vostra volta, affinché io possa ottenere dai sindacati del settore dei musei l' aiuto necessario affinché siano allungati gli orari dei musei fiorentini » — so quanto stia a cuore ai parlamentari di questa città tale problema — « altrimenti fra sei mesi ci troveremmo a discutere della chiusura dell' Excelsior oltre che del Grand Hotel » . è questo il motivo per il quale questo nuovo ministero fa appello al Parlamento, alle regioni, ai sindacati, a tutte le forze della società per uno sforzo eccezionale che, in qualche misura, onorevoli colleghi , rispecchi quella formula di emergenza dell' « alta amministrazione » o dell' « amministrazione autonoma » che scaturì dalla commissione Franceschini. sforzo che ci faccia avere accanto ai mezzi ordinari — che, onorevole Masullo, non sono che una piccola ed angusta parte di quello di cui abbiamo effettivamente bisogno — mezzi straordinari di intervento che solo il Parlamento ci può dare. è stato detto che i fondi sono scarsi: io sono grato della attestazione di stima e di fiducia che il Parlamento ha dimostrato implicitamente con tale constatazione; vi dirò tuttavia che un giornale fiorentino scrisse, in occasione di quella riunione che ebbi qualche giorno fa: « ho un portafoglio vuoto, dice il ministro a Firenze » . io ho corretto tale affermazione perché in realtà ebbi a dire, volto al presidente socialista della regione Toscana: « ho un portafoglio vuoto, ma si riempirà, perché anche noi laici crediamo nei miracoli, come l' amico La Pira » . ebbene, ho fiducia che questo portafoglio vuoto si riempirà ma, come ha fatto giustamente notare l' onorevole Masullo con cifre molto precise (ricordando gli stanziamenti previsti dalla commissione Franceschini); ma quali sono le armi per rompere questa inerzia dello Stato italiano se non ritagliare immediatamente le dotazioni di bilancio esistente già fortunatamente aumentate, almeno in un settore, dal ministro Malfatti? infatti le antichità e belle arti hanno avuto un aumento di stanziamenti sensibile, non tanto rispetto alle esigenze quanto rispetto al bilancio precedente. questi 70-80 miliardi sono veramente una goccia nel mare, onorevole Masullo, ma costituiscono un punto di partenza per l' amministrazione che, basandosi su tale cifra, potrà chiedere al Parlamento interventi settoriali e coordinati insieme per affrontare le spese più urgenti, per fissare agli occhi del Parlamento e del paese quelle priorità che non devono restare tali sulla carta o nei proclami, che debbono tradursi in atti conformi del potere legislativo e del potere esecutivo . questo è il traguardo cui dobbiamo tendere, altrimenti rischieremmo, come è stato ricordato dall' onorevole Giannantoni, di veder chiusa, fra tre mesi, la Biblioteca nazionale di Roma che sarà inaugurata fra pochi giorni dal Capo dello Stato . non ho mancato di far notare questo pericolo allo stesso presidente della Repubblica . e a tale evenienza si dovrà far fronte con una legge autonoma perché quando l' onorevole Nicosia chiese in Commissione che si provvedesse con un emendamento, emersero subito difficoltà insuperabili, in quanto sarebbe stata necessaria una compensazione di voci, e non è stato possibile farlo sul bilancio della pubblica istruzione . potremo farlo con una legge speciale che io presenterò al Parlamento entro pochi giorni, ma che il Parlamento dovrà pure approvare se non vogliamo che entro tre mesi la Biblioteca nazionale di Roma richiuda, come è stata chiusa per quattro anni, con vergogna per il nostro paese in tutto il mondo. ecco dove è utile il bilancio autonomo, onorevole Masullo. il bilancio autonomo, che è spaventosamente povero, che è incredibilmente povero, consente di vedere dentro, ciò che non si poteva fare con tre 12 voci di bilanci diversi e dispersi in varie amministrazioni; il bilancio autonomo consente di fissare gradualmente, in accordo con il Parlamento, una scala di priorità, una scala di interventi di urgenza, non miracolistici, torno a dire, perché nessuno può pensare in sei mesi di risolvere problemi che si sono aggravati e incancreniti per anni, ma tale almeno da definire le responsabilità di tutti, da accertare dove si può operare. certo vi sono enti inutili da abolire — e, nella pertinente sede, chiarirò la mia posizione sull' Ente nazionale biblioteche popolari e scolastiche che i comunisti hanno fatto oggetto di un ordine del giorno — spese da recuperare, dispersioni infinite da evitare nella spesa corrente improduttiva e troppo spesso parassitaria. l' onorevole Badini Confalonieri ha un po' ironizzato sulla austerity lamalfiana e ha messo insieme in luce che i 50 milioni di aggiunta agli stanziamenti di questo ministero sono ridicoli per il mantenimento. mi è parso di cogliere, devo dire con tutta amicizia per i colleghi liberali, una qualche contraddizione fra l' ironia verso l' austerity e l' ironia sui limitatissimi stanziamenti che questo ministero è destinato a ricevere. mi auguro anche da parte del partito liberale , promotore di antiche campagne per i beni culturali , i consensi ed i suffragi necessari perché alle intenzioni di oggi corrispondano mezzi adeguati: mezzi che si possono benissimo spostare da altri settori del bilancio statale con un' opera accorta, senza aggravare la spesa generale, ma riducendo dove lo Stato disperde — e disperde tanto — senza vantaggio per nessuno. in questo dibattito è pure emerso da tutte le parti politiche un unanime consenso sulla novità che il Senato ha introdotto rispetto al testo originario del Governo, la novità, cioè, di collegare il patrimonio storico al patrimonio artistico , secondo il dettato costituzionale. debbo ringraziare in particolare il presidente del Consiglio che in questo settore si è impegnato di persona perché il precetto del comma terzo del decreto legge originario si traducesse in un articolo operativo del disegno di legge di conversione, cioè perché quella prospettiva un po' avveniristica delle competenze future in materia e di archivi e di spettacolo, destinate a passare con legge successiva, diventasse, almeno per la parte più urgente delle due competenze, e per la parte sulla quale vi era il consenso comune e generale, cioè gli archivi, elemento integrativo ed essenziale di questo disegno di legge di conversione. non ho sentito, né nell' altro ramo del Parlamento né in questo, una sola obiezione circa la legittimità, l' opportunità del passaggio degli archivi di Stato; lasciatelo dire a chi come storico porta a questo settore una attenzione ed una passione del tutto particolari. è un merito di questo Governo, torno a dire in particolare del presidente del Consiglio , se questo voto degli studiosi emerso in tanti — troppe volte inutili — congressi è stato accolto con estrema rapidità e sanzionato, dopo le sollecitazioni avanzate in particolare dal gruppo socialista, nel testo dell' attuale disegno di legge di conversione. certo, anche qui il problema non è risolto definitivamente e non tanto per l' atto legislativo che lascia solo alla competenza degli Interni i documenti riservati degli ultimi 50 anni (50 per gli istituti, 70 per le persone) ai sensi delle leggi vigenti, quanto per la polverizzazione anche in questo settore delle competenze, delle attribuzioni dello Stato che vede, accanto agli archivi centrali dipendenti dal ministero dell'Interno , archivi autonomi di altre due amministrazioni, gli Esteri e la Difesa, che allo stato degli atti conservano quelle competenze che sono competenze, onorevole Nicosia, monarchiche, del vecchio Stato monarchico, che si ricollegano alla concezione del re, del re sabaudo addirittura, che sceglieva lui — e Giolitti pure ne seppe qualche cosa — i ministri degli Esteri e della Difesa, che non intendeva rendere omaggio al Parlamento in quelle scelte maiestatiche; ricordo che la legge sull' autonomia dell' archivio degli Esteri è del 1853, cioè della monarchia sarda, ancora anteriore alla costituzione dello Stato unitario . ma anche in questo campo, siccome la storia non si fece mai in un giorno, e chi si ispira allo storicismo — ed anche al marxismo — sa che tutto è opera lenta, graduale e paziente (onorevole Masullo, tutti dobbiamo lavorare e portare il carico di responsabilità che non possono mai tradursi nell' attuazione completa delle nostre speranze e dei nostri sogni: Croce ci è maestro in questo), ebbene anche qui dobbiamo dire che un primo passo è stato compiuto. questa rottura da una dipendenza assurda e innaturale, al di là degli sforzi lodevoli che negli ultimi anni l' amministrazione degli Interni aveva compiuto per migliorare il settore, crea le premesse per una riforma e regolamentazione globale del settore archivistico, con il recupero anche tendenziale di queste competenze separate, che il Parlamento potrà affrontare negli anni prossimi. ed è pure questo un settore che conferma il legame indissolubile fra la cultura storica e la cultura artistica, non concepita — voglio qui darne assicurazione a tutti i colleghi che in modo diverso hanno toccato questo tema — soltanto come pura conservazione di valori o in termini prevalentemente estetici, ma come recupero alla coscienza delle grandi masse popolari italiane di questi valori, attraverso un' opera di conservazione prima e di promozione poi. si è molto discusso su questi due momenti — conservazione e promozione — e sono d' accordo che questo deve essere un ministero promotore, come dice anche il secondo comma dell' articolo 2 del testo in esame; ma non può promuovere se non conserva quello che sta andando a pezzi in tante parti d' Italia. quindi promozione nella linea di tendenza , ma conservazione nella urgenza immediata. però, conservazione non antiquariale (questo è il punto); conservazione, vorrei dire, non conservatrice nel senso caratteristico di una certa estetica cui obbediva, appunto, il conservatore di musei; ma conservazione nel senso di creare le premesse per una fruizione più larga di questi beni culturali ad opera di un' intera società civile che ha dimostrato, soprattutto in questi dieci anni (Firenze e Venezia sono gli esempi più alti), di possedere interiormente questi valori meglio di molti di noi appartenenti alla classe politica , che non abbiamo saputo ascoltare queste voci o tradurle tempestivamente in atti legislativi e di Governo. le ha sapute cogliere meglio la società civile , che quindi ha in questo campo un diritto che io giudico prioritario, un diritto a cui lo Stato deve soltanto offrire gli strumenti essenzialmente tecnico-scientifici di tutela, senza sovrapporsi con iniziative che sfruttino la cultura a fini pretestuosi e di parte. tanto è vero che questo non è stato chiamato il « ministero della cultura » e non deve essere il ministero della cultura (ha ragione l' onorevole Bardotti) né tanto meno, il ministero della cultura popolare; ma in genere di nessun' altra cultura, perché lo Stato democratico non è possessore di una cultura. lo Stato democratico è difensore di un patrimonio culturale, che è patrimonio di tutti, ma non deve gestire esso, e cioè strumentalizzare, la cultura. su questo punto voglio essere chiaro: è un argomento che è stato toccato in vari interventi, in particolare dall' onorevole Nicosia. questo ministero, nella mia concezione e almeno finché io ne avrò la titolarità, non deve diventare responsabile dei servizi di informazione della Presidenza del Consiglio . vi è stato un equivoco nella stampa, a causa di una certa virgola (alle volte le virgole cambiano tutto), che ha fatto credere, dopo la approvazione avvenuta al Senato, che l' intera competenza dei servizi informazione e proprietà letteraria e artistica della Presidenza del Consiglio fosse passata al mio ministero. è un equivoco che ho chiarito al Senato e che, di fronte agli scioperi della stampa che, direi, stanno ritmando la nascita di questo ministero, intendo chiarire ancora una volta. voglio precisare che questo servizio rimane alla Presidenza del Consiglio . anche, onorevole Nicosia. la Presidenza del Consiglio ristrutturerà quel servizio nel quadro della legge delega , secondo le forme di cui tratta l' ordine del giorno Agrimi che ho accolto al Senato. noi abbiamo assorbito solo due divisioni delle dieci che costituiscono, diciamo così, il patrimonio della Presidenza del Consiglio in materia: la prima divisione per la diffusione della cultura, in quanto investe proprio i problemi del libro e delle riviste scientifiche (e non le « penne d' oro » e i premi, che costituiscono un tema di mecenatismo nella cui area il ministro della cultura poco potrebbe intervenire); e la discoteca di Stato, in quanto raccolta archivistica che si collega alle altre raccolte, come domani la cineteca di Stato o altri strumenti di conservazione di strumenti non soltanto librari. queste sono le due sole divisioni passate al mio ministero: nessuna delle divisioni del vero e proprio servizio informazioni, che riguarda informazioni, sì, culturali, ma anche politiche, tali da dare al nostro ministero un carattere di influenza o potenziale condizionamento sui giornali che noi non vogliamo avere, un carattere di intervento su questioni di opinione politica, che non è il nostro. e tali competenze debbono rimanere alla Presidenza del Consiglio la quale ne potrà fare oggetto — come fu all' epoca del Governo Scelba — di un sottosegretario alle informazioni. ricordo un grande galantuomo ed amico, Raimondo Manzini, che fu, appunto, sottosegretario alla informazioni nel Governo Scelba-Saragat, nel quadripartito centrista del 1954 (Governo in cui l' amico Gaetano Martino era ministro della pubblica istruzione ). ebbene, questa sarà la scelta che il Parlamento compirà al momento opportuno quando ristrutturerà i ministeri, ma non è competenza che spetti al nostro dicastero. è un chiarimento che debbo dare, perché non nascano equivoci sui limiti e sui connotati peculiari ad ogni politica culturale come politica dello Stato per la cultura: politica di promozione, di valorizzazione, di fruizione dei beni culturali come patrimonio collettivo, come bene della collettività. è un potere primario nella fissazione di criteri scientifici necessari a tale conservazione e nella dotazione dei mezzi per attuarla e garantirla. in questo senso anticipo la mia impossibilità di accogliere, almeno nella sua lettera, l' ordine del giorno comunista, qui come già al Senato, relativo alla trasformazione del Consiglio superiore . certo che sono favorevole a rinnovare, con legge ordinaria e entro tempi ragionevolmente brevi, i tre consigli superiori, che passano alle competenze di questo ministero (antichità, accademie, archivi); tra l' altro, perché sono regolati da leggi diverse. pensate che il Consiglio superiore per gli archivi è solo di nomina governativa, senza neppure una nomina elettiva; gli altri due sono, invece, in parte di nomina elettiva, in parte governativa. sono tutti, comunque, insufficienti rispetto alle strutture ed alle esigenze attuali. il mio pensiero è quello — già indicato, d' altronde , nel progetto Ripamonti — di un Consiglio superiore unificato per i beni culturali , che stabilisca il collegamento con le regioni, che dia una larga rappresentanza alle stesse nella fase politica, ma che assicuri contemporaneamente una rappresentanza essenzialmente tecnica, ai tecnici, nella parte di conservazione e di tutela. la tesi comune ai migliori uomini di cultura dell' attuale Consiglio superiore delle antichità, da De Angelis d' Ossat ad Argan a Pallottino. i sistemi per restaurare, per esempio, devono restare quelli propri dell' istituto del restauro, della patologia del libro, cioè di organi centrali, i quali si articoleranno e snoderanno poi secondo le competenze regionali. ecco il Consiglio superiore che intravedo. si parla di una consulta, si fa riferimento ad uno schema, certo significativo e stimolante, che la regione Toscana ha elaborato in questi anni, con il concorso di uomini illustri della cultura e della critica d' arte, tra cui il compianto Bianchi Bandinelli , alla cui memoria pure io rivolgo un pensiero reverente, associandomi al saluto del collega Giannantoni. quella consulta, come lo stesso Bianchi Bandinelli ebbe occasione di scrivermi, in una lettera successiva alla nascita del ministero, formulava proposte che non possono essere pedissequamente recepite in una iniziativa legislativa del potere centrale; proposte che dovranno essere valutate, ma anche commisurate, all' unità di questo consiglio (non consulta, a mio avviso). per cui potrei accettare quell' ordine del giorno come raccomandazione, ma non come indicazione testuale che sarebbe tale da non corrispondere ai criteri che già nell' altro ramo del Parlamento ho enunciato, per il pur indispensabile rinnovamento dei consigli superiori: quale del resto è chiaramente indicato in un emendamento aggiuntivo del Governo, là dove si dice che il Consiglio superiore delle antichità e belle arti è prorogato fino allo stabilimento di nuove norme in materia (una proroga, quindi, necessariamente limitata). a proposito di un' osservazione dell' onorevole Badini Confalonieri , debbo dire, per chiarire un dubbio, che gli archivi ecclesiastici passano, quanto alla vigilanza, alle dipendenze di questo ministero; vi passano come tutti gli altri archivi che finora dipendevano dalla vigilanza del ministero dell'Interno . vigilanza: ecco un altro tema che richiede strumenti maggiori di quelli in nostro possesso, perché oggi come oggi si dà la vigilanza a ministeri che non sanno come esercitarla (voglio dirlo con tutta chiarezza e lealtà). l' argomento dei beni ecclesiastici, pur così importanti nella panoramica della cultura assegnata a questo dicastero, mi fa fermare un momento l' attenzione su un altro ordine del giorno che i deputati comunisti hanno presentato, relativo alla necessità di inserire, nelle prossime trattative per la rinnovazione del Concordato, auspicata da tutte le sponde politiche e compresa nel programma del presidente del Consiglio , anche la materia dei beni di proprietà ecclesiastica. è un suggerimento che accolgo senz' altro, convinto come sono che il ministero dei beni culturali non possa non essere inserito, per la parte di sua competenza, nell' esame di quelle che saranno la definizione e la tutela dei beni ecclesiastici, che la stessa Santa Sede chiede di fissare con criteri comuni alle due rive del Tevere. ecco un caso, se mai, di « Tevere più stretto » , è non di Tevere più largo, perché certamente questi beni di proprietà ecclesiastica appartengono al godimento di tutto il popolo italiano ed esigono criteri di difesa che non possono essere diversi fra l' una e l' altra sponda del Tevere. a tale proposito, debbo aggiungere che questo è l' unico ministero in cui (come ho già detto ieri, facendo sorridere l' amico Restivo) si conserva un residuo giurisdizionalista; è l' unico ministero cui, per il residuo delle leggi eversive dello Stato laico successivo al 20 settembre, competa l' autorità e la potestà su dodici abati: gli abati delle biblioteche monumenti nazionali di Montecassino e di Grottaferrata. queste biblioteche, fra l' altro, sono abbandonate in condizioni veramente pietose; e credo che uno dei primi gesti del ministro, anche per dimostrare il superamento del conflitto tra laici e cattolici, debba essere quello di sovvenire ai bisogni di questi dodici abbandonatissimi abati e di questi preziosi patrimoni bibliografici affidati alle loro cure. interventi altrettanto importanti questo ministero deve riservare, oltre che ai beni artistici, ai valori delle biblioteche e delle accademie. lo stesso onorevole Malfatti mi diceva giorni fa, a proposito di quanto aveva potuto fare per le antichità, che nulla aveva potuto fare per gli stanziamenti in bilancio a proposito delle biblioteche e delle accademie, che rappresentano il settore certamente più trascurato, in gara forse solo con gli archivi, nelle miserabili (ha ragione, onorevole Masullo) dotazioni di oggi, nell' assoluta insufficienza ho citato il caso della Biblioteca nazionale come caso limite e nella materiale impossibilità di provvedere anche alle elementari funzioni di conservazione dell' inestimabile patrimonio bibliografico del nostro paese. il nostro è il solo paese, tra l' altro (voglio ricordarlo, come fiorentino), che ha due biblioteche nazionali con il diritto della copia d' obbligo. le biblioteche — torno a dire — richiederanno interventi appropriati da parte nostra, sempre nel rispetto preciso del dettato costituzionale, che assegna alle regioni la competenza sulle biblioteche locali, ma lascia a noi la cura di oltre quaranta biblioteche nazionali, tra cui (come è stato giustamente ricordato dall' onorevole Giannantoni) quelle gloriose biblioteche universitarie — come l' Alessandrina — che dispongono di dotazioni vergognose (come i quindici milioni ricordati in questa Aula), che dovranno essere evidentemente aumentate nella misura in cui , attraverso note di variazioni già nel presente bilancio o nel prossimo, riusciremo ad ottenere mezzi superiori a quelli assolutamente inadeguati di cui disponiamo. mi sia consentito toccare un altro punto importante, relativo alle accademie. queste ultime passano alla vigilanza del mio ministero proprio a pochi mesi dai giorni in cui, in questo ramo del Parlamento, è stata approvata una legge che ha suscitato critiche nel mondo degli studiosi e la cui — io penso — cattiva lettura ha determinato l' impressione che lo Stato considerasse insigni accademie anche a carattere nazionale, con l' eccezione dell' Accademia dei Lincei , come enti inutili da sopprimere. ritengo che questa cattiva lettura possa essere, comunque, migliorata dal Senato; ma per ora riaffermo, come ministro competente del settore, che lo Stato non ha neanche il diritto di sopprimere le accademie, le quali spesso, come organismi, preesistono allo stesso Stato unitario , rappresentano il congiungimento di iniziative private, religiose, di gruppi confluite dentro l' organismo dello Stato unitario , ma tali che noi non abbiamo il potere di sopprimere. potremmo, se volessimo, togliere i contributi, ma non considerarle alla stregua di enti inutili, che lo Stato ha creato e che può distruggere, essendo esse l' espressione di una civiltà pluralistica, come è quella del nostro paese, preesistente al Risorgimento nazionale ed alla stessa unificazione territoriale della nazione. pertanto, per la parte di mia competenza, mi rivolgerò all' altro ramo del Parlamento, chiedendo la precisazione, se non altro, o integrazione o correzione di questo testo, affinché non minacci la soppressione di istituti che sono, sì, spesso vecchi e polverosi, ma che, di fronte alla necessaria riforma universitaria , che sarà in qualche misura inevitabilmente una licealizzazione dell' università, non foss' altro per l' avvento di una grande società di massa , debbono vedersi riservare funzioni di ricerca scientifica peculiari ed insostituibili, tali da integrare l' attività universitaria, che da sola non potrà più colmare queste esigenze e rispondere a queste attese. è una integrazione che in altri paesi, come ad esempio l' Unione Sovietica , trova addirittura un potenziamento delle accademie, molto maggiore, talvolta, di quello dell' università. non posso fare richiamo a quella esperienza, che nasce da una società centralizzata e caratterizzata da una pianificazione scolastica diversa dalla nostra; devo dire, però, che anche in una società pluralistica, come la nostra è ed intende restare, la funzione delle accademie deve essere difesa e protetta contro ogni tentativo di liquidazione. è assurdo considerarle come inutili relitti del passato, quando ad alcune di esse (mi sia lecito ricordare un altro grande studioso scomparso, Giacomo Devoto), come l' Accademia della Crusca , spettano compiti essenziali nella stessa fissazione dei limiti e delle origini della nostra lingua nazionale, quella lingua che ha avuto tanta parte nella formazione della nostra società e nella preparazione delle condizioni dello stesso riscatto nazionale dell' Ottocento. credo ormai di aver risposto a tutti i problemi che sono stati sollevati in questa Aula: devo ancora un chiarimento su un tema che è risuonato negli interventi dell' onorevole Achilli — che pure ringrazio per le espressioni di personale cortesia e per la adesione preannunciata del gruppo socialista — dell' onorevole Romita, dell' onorevole Nicosia, dell' onorevole Giannantoni, il tema dello spettacolo, sul quale voglio chiarire solo quello che ho avuto occasione di dire nella replica al Senato, precisando che intendimento del Governo rimane quello di assegnare il settore dello spettacolo, senza distinzione fra spettacolo come industria e spettacolo come cultura, a questa competenza. ma in prospettiva oggi come oggi non è stato ritenuto — ed io sono di questo avviso — che esistessero le condizioni di comune consenso su questo trapasso, come esistevano per l' area dei beni culturali , storici e naturali della Repubblica. a tal fine si è pensato di rimandare tale adempimento ad una seconda fase, attraverso una legge ordinaria con la quale il Parlamento potrà largamente dibattere questo tema. già a Palazzo Madama , come a Montecitorio, sono emerse tesi diverse, mentre non c' è stata obiezione sugli archivi, sulle accademie, sulle biblioteche, il che dimostra che il problema esiste, che deve essere affrontato, ma che non è ancora maturo per una definizione legislativa, certamente non per una definizione legislativa radicale, quale quella rimessa ad uno strumento di per sé — torno a dire — eccezionale come il decreto legge . anche qui dobbiamo dire che altri paesi, che hanno un ministero della cultura, lo fondano sulla protezione dello spettacolo; vorrei però ricordare che nessun paese, né la Francia né la Russia. l' Unione Sovietica ; adesso parlavo come storico dell' Ottocento. né la Francia, né l' Unione Sovietica hanno enti lirici da proteggere; vorrei ricordare che la protezione dello Stato in questi paesi è riservata ad uno o due grandi organismi, come ad esempio l' Opéra in Francia, il Bolscioi in Russia, e che bisognerà pur un giorno, attraverso anche una congrua definizione di competenze con le regioni — che io vedrei meglio dello Stato nella tutela di taluni enti lirici — chiarire questo problema preliminare ad ogni altro nella ristrutturazione dell' intero settore (è un tema risuonato molte volte nella Commissione pubblica istruzione , belle arti e spettacolo che io avevo l' onore di presiedere al Senato prima dell' assunzione di questo dicastero). mi pare indispensabile un ulteriore momento di meditazione e riflessione su questo settore, consapevoli che i valori culturali, soprattutto nel teatro, sono assolutamente inseparabili dal patrimonio culturale unitario della Repubblica, ma consapevoli anche che attraverso leggi spesso frammentarie si sono create situazioni, talvolta perfino patologiche, che forse dovranno essere affrontate dal legislatore preventivamente all' attribuzione di queste competenze al nuovo ministero. e credo in questo di interpretare anche il sentimento dell' onorevole Badini Confalonieri , che ha pure rivendicato — e come linea di tendenza sono d' accordo — la necessità che il ministero del Turismo e Spettacolo possa cedere gran parte delle sue competenze, fino addirittura a trasformarsi in un organismo diverso ed omogeneo. avrei invece taluni dubbi per quanto riguarda il turismo che, per la limitata parte non ancora passata alle regioni, mi sembra materia da considerare a valle dei beni culturali . i beni culturali devono creare le premesse perché il turismo funzioni ma io vedrei con qualche dubbio l' associazione del settore turistico (per la parte ancora rimasta allo stesso ministero del turismo e dello spettacolo) ai beni culturali . ricordo a questo proposito obiezioni importanti di storici dell' arte ed esperti autorevoli della materia, contrarissimi ad inserire la parola « turismo » in qualunque valutazione dei beni culturali , conferendo con questa parola un che di politicizzato, di strumentale, di propagandistico ad un ministero che non può in nessun caso essere un ministero di propaganda. avrei dunque molti dubbi su questo inserimento del turismo, anche se indubbiamente la materia sarà ripresa, insieme con quella dello spettacolo, nel dibattito parlamentare che seguirà alle opportune iniziative legislative volte a definire compiutamente questo settore. mi avvio alla conclusione, ringraziando ancora tutti i gruppi che hanno annunciato la loro adesione, i gruppi perplessi e anche quelli contrari. ringrazio tutti coloro che vorranno contribuire a questo tentativo, non senza sottolineare che chi ne assume la responsabilità è sottoposto, da questo momento in avanti, certo più al peso delle critiche che al fervore degli elogi. di fronte all' immensa mole di problemi che si pongono, di fronte alle difficoltà di affrontarli, alla povertà dei mezzi, alla inadeguatezza delle strutture, alla vecchiezza degli strumenti, io so che cresceranno con il tempo le critiche e diminuiranno i consensi che hanno accompagnato gli inizi di questo ministero. so che questa via sarà lastricata di difficoltà per chi vi parla e per chi gli succederà. so che questo è il ministero più povero della Repubblica per il patrimonio più ricco, se è vero quello che il direttore generale della Banca d'Italia , Paolo Baffi, mi scrisse quando divenni ministro: « lei diventa ministro della parte più preziosa dell' economia, i beni non riproducibili e quindi come tali più bisognosi di conservazione » , ma — aggiungo — con i minori mezzi e quindi con il maggiore varco alle delusioni e alle mortificazioni. ma una cosa so (e voglio rispondere con una parola di fiducia agli accenti di sfiducia che hanno venato taluni interventi): che, al di là degli strumenti limitati di cui disponiamo, al di là dell' insufficienza del decreto legge , dell' insufficienza paurosa dei mezzi, con questo meccanismo si mette in moto un processo inarrestabile. con la creazione di questa gestione autonoma dei beni culturali si inizia, ben al di là dell' occasione parlamentare cui è legata, un processo che porterà — forse negli anni Ottanta o forse anche più in là — a individuare una priorità più prioritaria di ogni altra, quale è quella dei beni culturali in un paese come l' Italia. lasciatemi concludere con la lettura di una frase della lettera che appunto Ranuccio Bianchi Bandinelli mi inviò il 22 dicembre: « interpreti questa mia lettera come un segnale di fiducia e di speranza nella sua presenza al ministero per i beni culturali . ma soprattutto come espressione dell' angoscia che pervade molti di noi, cultori di storia e di arte, per lo sfacelo cui sono giunte le nostre istituzioni di tutela » . in nome di quell' angoscia, prima ancora che di quella fiducia, io rinnovo l' appello a tutti i settori di questa Assemblea per un gesto di buona volontà , per un gesto almeno di benevola attesa in direzione di uno sforzo volto a risolvere uno dei più drammatici e angosciosi problemi di questo nostro paese, in vista di uno sforzo che tende a trasformare l' Italia, anche in questo campo, in un grande paese moderno.