Giulio ANDREOTTI - Presidente del Consiglio dei Ministri Maggioranza
VI Legislatura - Assemblea n. 138 - seduta del 28-05-1973
Sulle trasmissioni televisive via cavo
1973 - Governo II Andreotti - Legislatura n. 6 - Seduta n. 138
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , non sfugge davvero ad alcuno di noi il contesto di carattere politico nel quale si inserisce il tema particolare che forma oggetto di questa nostra seduta. credo però che sia indispensabile, affinché non restino equivoci in merito, cercare da parte del Governo di rendere edotto il Parlamento, più di quanto non possa esserlo ad iniziativa di colleghi che abbiano studiato specificamente il problema di cui si discute, dei reali termini del problema stesso, per dar ragione dell' indispensabilità, anche da un punto di vista giuridico, di certe conseguenze tratte. mi spiego. innanzitutto credo che possiamo prendere atto — e possono, alcuni gruppi che a ciò hanno sollecitato, rivendicarne meriti particolari — che mai come nell' ultimo anno il Parlamento ha avuto occasione di discutere di problemi della radiotelevisione, e che con una disposizione alla quale nessuno ha fatto riferimento (perché qualche volta capita che si chiedono documenti fino a che i documenti non arrivano, ma quando poi arrivano rimangono come atti di archivio) abbiamo introdotto l' innovazione di una relazione mensile, per questo anno di proroga, proprio a testimoniare che era un periodo di gestione che non doveva rispondere soltanto a obblighi normali, ma aveva un obbligo suppletivo, quello di dare mensilmente notizie dettagliate della gestione e di offrire la documentazione, in positivo e in negativo, che nulla veniva cambiato, in modo da lasciare intatte al Parlamento le possibilità di stabilire quale dovesse essere la struttura della Rai-TV dopo la riforma. la riforma, a mio avviso, deve essere fatta prima della scadenza. non vi è moltissimo tempo, tuttavia vi sono sei mesi e non è un periodo del tutto trascurabile. deve essere fatta, perché penso che consentire un altro periodo di proroga probabilmente complicherebbe ulteriormente il discorso politico generale; e poi toglierebbe anche la possibilità di introdurre tempestivamente le riforme, che io ritengo non debbano essere soltanto esteriori o marginali. noi avevamo pensato di poter presentare al Parlamento il disegno di legge subito dopo le vacanze di Pasqua. ciò non è stato possibile, in parte — non è un mistero — perché quello in discussione è uno degli argomenti su cui più difficilmente si trova una concordia (e questo non si limita, ritengo, allo stretto ambito governativo), ma più che altro perché abbiamo ritenuto che fosse doveroso da parte del Governo acquisire gli elementi più ampi possibili. e la relazione della commissione Quartulli, come si è sempre detto e ripetuto, non rappresenta, un progetto di governo, ma solo una base per poter porre su un terreno concreto la discussione sulla riforma della radiotelevisione. abbiamo diffuso questa relazione non soltanto a tutti i gruppi parlamentari e alla commissione parlamentare di vigilanza, ma anche ai membri del comitato di vigilanza culturale sui programmi della radiotelevisione, alle regioni, ai sindacati e ad una piccola rosa di enti e di istituzioni accademiche aventi un particolare significato. sono venute alcune risposte; ma non vi è stata da parte dei gruppi parlamentari , almeno nella forma che era stata da noi richiesta, una corresponsione. vi sono state però delle manifestazioni pubbliche, di cui ovviamente si è presa conoscenza, in questa fase di prima elaborazione dello schema di riforma. e si sono tenuti contatti, in particolare con la commissione parlamentare di vigilanza, nell' ambito della quale, come i colleghi sanno, non si è ancora pervenuti da parte di tutti i componenti all' espressione del parere su questo argomento. credo che, se noi avessimo tirato le conclusioni prima di avere almeno questa risposta, probabilmente non sarebbero mancate delle critiche per scarsa osservanza della forma dei rapporti politici e parlamentari. comunque, credo di dover dire che entro termini ormai brevissimi vada comunque dato modo al Parlamento di iniziare la discussione sulla riforma della radiotelevisione. nel frattempo è stata nostra cura evitare di fatto che fossero, come ho detto prima, compromesse le situazioni oggettive. non conosco, né dalle relazioni mensili né da altra documentazione, fatti che inducano a ritenere che si stiano modificando le strutture; potremo, nella sede della Commissione di vigilanza o altrove, vedere di che cosa si tratta. posso dire però che, per quanto riguarda la pubblicità, non mi pare obiettivo il rilievo sul rapporto Governo-Rai-TV: noi sappiamo che, pur essendo consentita nella vecchia convenzione e nella convenzione di proroga la destinazione alla pubblicità di una percentuale del 5 per cento dello spazio totale delle trasmissioni, di fatto, proprio per intervento politico del Governo, non si è autorizzata l' accettazione di pubblicità per un tempo superiore non al 5, ma al 4 per cento . e non sono mancati rilievi da fonti, che pure hanno l' autorità per farlo, che hanno insinuato una scarsa legittimità di questa limitazione. noi riteniamo, proprio per i motivi che sono stati qui più volte illustrati, che il Governo avesse il dovere di far questo, e avesse il dovere di autorizzare, la Rai-TV ad incassare per la pubblicità, in questo anno, non di più di quanto avesse introitato nell' anno precedente . c' è una novità, sopravvenuta in questo anno: ed è una attenuazione del carico fiscale in materia di pubblicità. quando si parla di incasso, è chiaro che, mentre nel passato la quota da destinare al fisco era più alta, adesso, è più bassa. però, onorevole Bogi, questo vale non soltanto per la Rai-TV ma anche per tutte le altre forme di pubblicità. e se qualcuno, com' è accaduto, ha detto che la Rai-TV pagava regolarmente la tassa ed altri non la pagavano, è chiaro che nessuno di noi può prendere in esame questo se non il fisco, che credo abbia il dovere di farlo attraverso gli organi competenti. quindi l' indirizzo consistente nel mantenere la pubblicità (come introito di bilancio per la Rai) alla quota dell' anno scorso è un indirizzo preciso che non può essere considerato superato. i colleghi sanno, lo abbiamo anche detto e posso assicurarlo, che anche le altre forme di introito non devono superare le misure raggiunte nel 1972; e questo postula per evitare alterazioni dell' equilibrio di bilancio una serie di economie che gli amministratori dell' ente radiotelevisivo debbono assicurare ad evitare naturali incrementi di spese. il discorso che oggi qui conduciamo non riguarda, almeno direttamente — e spiegherà il perché — la Rai-TV; anche se è chiaro, onorevole Bertoldi, che quando si discutono argomenti relativi ad impianti radiotelevisivi si è in connessione con il rapporto che intercorre con l' ente concessionario dei principali servizi radiotelevisivi. pregherei gli onorevoli colleghi , in occasione delle loro repliche, di spaziare come credono (non in ordine di tempo, perché non spetterebbe a me il dirlo, ma in ordine di intensità) nel campo delle critiche al Governo; prego però di voler pronunciare una frase che non lasci dubbi su questo punto: sulla legittimità della norma. se per ipotesi non avessimo avuto il testo unico , ma solamente le norme precedenti, non dobbiamo avere dubbi sul fatto che (forse le parole suscitano degli equivoci), non in relazione al monopolio di concessione dei servizi radiotelevisivi alla Rai-TV, ma in relazione alla riserva totale che lo Stato ha sugli impianti radiotelevisivi di qualunque genere, avremmo ugualmente non solo il diritto, ma anche il dovere di impedire che, senza concessione da parte del ministero delle Poste e telecomunicazioni , si impiantasse comunque una struttura, benché minima, di televisione per via di cavo. onorevole Granelli, se avessimo ritenuto necessaria una legge (e per motivi politici poteva anche esserlo: dirò alla fine come vedo io una soluzione diretta a risolvere questo problema) e se avessimo presentato un disegno di legge , avremmo fornito una interpretazione autentica ad avallo di quella che è un' opinione a nostro avviso sbagliata, consistente nel ritenere che, senza una nuova norma di legge, chiunque potrebbe avviare l' esercizio di impianti televisivi via-cavo. d' altra parte, questo è pacifico: o almeno dovrebbe esserlo. questa norma è stata definita liberticida, ma non lo è, nemmeno per sogno; surrettizio è il modo con cui si voleva entrare in questo campo, e lo ha ricordato l' onorevole Bogi. dal dicembre ad oggi, era intervenuto un fatto nuovo, in temi assai complessi anche tecnicamente. è chiaro che talvolta le dizioni, nella sostanza, possono comprendere tutto, ma nella forma possono non sembrare appropriate a caratteristiche nuove. lo stesso pretore di Biella, di cui molto si è parlato e che si trova al centro di una serie di discussioni di questo genere, non ha lasciato dubbio alcuno su questo: perché la sua sentenza ha assolto il responsabile dell' impianto a Biella della televisione via-cavo, ma lo ha assolto in quanto ha ritenuto (si era in epoca precedente al testo unico ), nella sua interpretazione, che non fosse possibile configurare, agli effetti della sanzione penale, il fatto nuovo del cavo, non essendo a suo avviso operabili interpretazioni estensive in questa materia in modo automatico. lo stesso pretore di Biella — dicevo — che non riscontra nel caso sottoposto al suo giudizio una responsabilità di carattere penale, afferma però in modo che non possa essere assolutamente discusso: « non si ravvisa nella fattispecie un' ipotesi di reato. ma l' articolo 166 del decreto del 27 febbraio 1936 dispone che nessuno può eseguire od esercitare impianti di telecomunicazione senza avere ottenuto la relativa concessione » . quello che dà luogo ad incertezze è l' articolo 178, che riguarda la parte penale, cioè le ammende per coloro che abbiano impiantato esercizi telegrafici o telefonici senza concessione. la sentenza del pretore di Biella dice con assoluta chiarezza che è indubbio che, senza la concessione amministrativa, non si possa impiantare alcun allestimento di trasmissione radiotelevisiva; ed esclude soltanto la parte relativa alla responsabilità penale. questo è un punto che è tuttora pendente a proposito del testo unico ; mentre, però, si deve chiarire con immediatezza che non è possibile alcun impianto di trasmissioni radiotelevisive senza una concessione amministrativa. ed era questa l' unica arma che il Governo aveva in mano: l' attenersi ad un principio sul quale credo non vi sia assolutamente discordia, a mio avviso e ad avviso della gran parte dei giuristi (l' unanimità dei giuristi, specie di quelli che esercitano la professione, non è mai esistita, credo, su temi così delicati e difficili). credo, analogamente, che non vi sia assolutamente dissenso da parte delle pubbliche amministrazioni, a cominciare dal ministero di Grazia e Giustizia , sul fatto che questo principio si dovesse attuare con una dizione esplicativa, ma assolutamente senza bisogno di una innovazione legislativa; anche se potremmo ricordare (ma non voglio qui fare la casistica) che non a caso, nella concessione della delega di cui ci stiamo occupando, si è proprio voluto stabilire che si potessero fare — oltre a quei lavori di limatura e di collegamento che sono propri di un testo unico — anche delle innovazioni per ammodernamento; il relatore, non contestato, disse che si sarebbero potute fare anche delle innovazioni sostanziali. io credo che « innovazioni sostanziali » non voglia certamente dire creare delle fattispecie nuove, bensì potere adottare nuove procedure; e tuttavia non è il caso di cui ci stiamo occupando. anche se non avessimo avuto il testo unico , credo che avremmo potuto ugualmente adire l' autorità giudiziaria , ritenendo in via principale l' ammissibilità della norma piena di tutela a cui prima mi sono riferito citando la sentenza del pretore di Biella. comunque, avremmo avuto il potere di intervenire ai sensi delle normali regole della polizia postale. ed è questa la strada che in questo momento si sta seguendo. è ovvio che questo noi lo si fa nei riguardi di Telebiella e anche nei riguardi delle altre nove stazioni già impiantate in qualche modo. si è proceduto anche ad una diffida per gli altri 32 casi di preannuncio di questi allestimenti. perché ho detto l' altro giorno che, se non avessimo fatto questo, saremmo stati manchevoli? non solo perché non avremmo applicato una norma, che noi riteniamo debba essere applicata; ma anche perché il nostro discorso sarebbe stato certamente condizionato, se — nel momento in cui, anche di qui a pochi mesi, dovremo discutere della situazione generale dei servizi radiotelevisivi — avessimo avuto funzionanti in dieci o venti città italiane delle piccole televisioni via-cavo. noi diciamo che oggi nessuno, ivi compresa — questo sia chiaro a tutti — la Rai-TV, potrebbe senza concessione (e questo non, è compreso nella concessione che la Rai-TV ha dallo Stato) impiantare, lo ripeto ancora, televisioni via-cavo. ma dirò di più, sempre con estrema chiarezza: che l' amministrazione — lo diciamo in modo assolutamente impegnativo in Parlamento — non darà alcuna concessione in questo periodo fino a che il Parlamento non abbia deciso su tutta la materia della riforma dei servizi radiotelevisivi. questo è il senso principale della posizione del Governo. dobbiamo rispondere ad un' altra obiezione, che è importante e forma oggetto di uno dei ricorsi alla Corte costituzionale . partendo dall' articolo 21 della Costituzione, secondo il quale ognuno è libero di esprimere il proprio pensiero con la parola, lo scritto e gli altri mezzi di diffusione del pensiero, si dice: limitare questo — e cioè dire che è necessaria la concessione per poter esercitare anche una piccola televisione via-cavo — sarebbe contro la libertà di espressione. ora, non voglio certamente dare per scontate le future decisioni della Corte costituzionale ; però penso si possa riconoscere che il fatto di avere nel nostro sistema amministrativo una serie di norme che richiedono concessioni o autorizzazioni particolari per alcune attività non sia stato mai contestato. credo che nessuno abbia mai contestato che esistono determinati rapporti nella legge e determinate procedure da seguire per aprire una sala cinematografica, pur essendo libera l' espressione del pensiero attraverso la formazione di una pellicola cinematografica. credo che dobbiamo stare attenti, allora, quando facciamo certe affermazioni. noi abbiamo avuto da parte delle regioni uno studio piuttosto elaborato e c' è stato anche un convegno interessante in materia di radiotelevisione: in essi, tra l' altro, sono stati rivolti in termini assai espliciti questi inviti a non dare concessioni, a non compromettere la situazione. noi, quando esamineremo questo tema, potremo vedere se le norme che la stessa Corte costituzionale pose a sostegno della nota decisione con cui rigettò i ricorsi avverso la costituzionalità del monopolio televisivo si debbano applicare in tutto e in parte a questo, settore. è un tema che dovremo vedere con assoluta libertà. e probabilmente è un tema che, venendo meno al concetto che è uno dei punti base della sentenza della Corte costituzionale , e potendo inquadrare il problema in termini di sfere più piccole, di ambiti più limitati, potrebbe anche costituire, credo, una delle soluzioni da potersi adottare: cioè quella di prevedere proprio un' area di oligopolio regionale di questa concessione. è una delle tesi che possono essere prese in considerazione; e da un punto di vista tecnico il ministero delle Poste sta proprio predisponendo, per averlo a disposizione quando si discuterà questo argomento, uno studio di carattere tecnico in materia; questo considerando la situazione attuale: perché certamente, quando si dice che forse i satelliti tra tre-quattro anni creeranno nuovi problemi, si dice cosa vera, anche se è altrettanto vero che, intanto, i problemi di ricezione sono diversi dai problemi di trasmissione. ma allora esamineremo il problema: quando cambieranno completamente le situazioni attuali, sorgeranno fattispecie nuove, che saranno esaminate con il codice attuale alla mano e con innovazioni legislative che si rendessero eventualmente necessarie. sulla possibilità illimitata di utilizzo della televisione via-cavo, ad esempio, non concordo neppure con l' onorevole Quilleri. questo è un sintomo che si tratta di temi che dovremo esaminare a fondo. d' altra parte, le diverse opinioni si intrecciano in modo del tutto particolare in questa materia, e sarà estremamente interessante constatarlo quando discuteremo nel merito. il Governo si è mosso sulla base della legge di delegazione, che fu esaminata prima dalla commissione parlamentare competente e subì successivamente una serie di rielaborazioni. a questo proposito, anche in altro campo abbiamo compiuto un passo avanti per eliminare un equivoco: nell' iter dei decreti delegati di riforma tributaria abbiamo introdotto la novità di sottoporre alla commissione, anziché il testo predisposto dal ministero delle Finanze , e quindi soggetto, dopo l' esame della commissione, all' esame degli altri ministeri e del Consiglio dei ministri , un testo di cui il Governo rispondeva già all' atto della prima fase dell' esame da parte della commissione parlamentare . dopo l' esame della Commissione il testo è stato portato in Consiglio dei ministri . nei dieci giorni successivi sono state avanzate alcune osservazioni. il provvedimento è stato sottoposto all' esame della Corte dei conti . la Corte è considerata, per alcune cose, sacra e inviolabile dal Parlamento; per altre no, a seconda che essa abbia o no dato ragione alla tesi che in quel momento il Governo sostiene. anche su questo argomento, onorevole collega, credo che il discorso sia stato fatto molto a caldo. quando si rifarà « a freddo » il discorso generale sull' argomento della registrazione con riserva dei decreti legislativi , ritengo che vi saranno anche spostamenti di posizione. questa è la mia opinione. onorevole Napolitano, vedo che ella fa e disfà molto. finché si tratta di interruzioni come questa, va benissimo; ma quando ha svolto la sua interpellanza ha parlato con una tracotanza che, mi permetta, ella non è autorizzato ad avere. onorevoli colleghi , il Governo ha emanato un provvedimento, come ho detto, nelle forme richieste dalla legge. il provvedimento è stato letto e approfondito da ciascuno di noi. esistono presunzioni di carattere legislativo e procedurale che non posso certamente disattendere. quando uno di noi firma un provvedimento, non può non assumersene le conseguenze. prego però i colleghi di riflettere su questo argomento, che mi pare interessante: l' introduzione dell' articolo che (senza tema di dubbi esterni, secondo noi infondati, lo ripeto) ha esplicitamente introdotto la televisione via-cavo tra le materie soggette a concessione, evitando dubbi che sarebbero stati certamente molto pericolosi, non significa affatto che si intenda procedere in via amministrativa. direi che, forse, nel testo è contenuta una garanzia implicita, perché la stessa materia della televisione via-cavo, pur essendo come genere riconducibile agli impianti di telecomunicazione in generale, ha una serie di peculiarità tali che forse la stessa dizione del testo unico non sarebbe idonea a regolarlo in maniera particolare. credo che si possa allora, una volta chiarito che nessuno può utilizzare una presunta vacatio legis per precostituire situazioni di fatto, dire che tutta questa materia andrà elaborata, da cima a fondo, in sede di riforma della Rai-TV, o parallelamente alla riforma di servizi, di radiotelevisione. ritengo, onorevoli colleghi , che su questo argomento si abbia un obbligo: quello di portare avanti la riforma, di cercare di ottenere quell' accesso il più ampio possibile ai servizi che è una delle basi su cui la Corte costituzionale ha fondato le sue argomentazioni sulla legittimità del monopolio televisivo. tutto ciò potrà essere realizzato da un Governo, o da un altro. la cosa che credo importi è che si ricerchino, il più rapidamente possibile, le linee per poter condurre avanti tale legislazione di riforma. abbiamo altre volte visto — per altri settori — che, per il desiderio di fare riforme ottime, si è finito con il dover differire le stesse continuamente; ed il tempo quasi mai ha aggiustato le cose; normalmente, anzi, le ha peggiorate. il Governo ritiene di aver fornito al Parlamento la spiegazione di quanto accaduto, per dimostrare la necessità di un chiarimento diretto a non creare l' ipotesi di una mancanza di norma legislativa che legittimasse le iniziative di fatto che noi non volevamo reprimere, ma volevamo e vogliamo impedire, perché non le reputiamo conformi alla legge ed al disegno politico legislativo di un assetto generale del settore. questo il senso del nostro esercizio della delega che il Parlamento ci aveva dato; questa la risposta che ritengo dovessimo alla Camera dei Deputati .